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Autore: Lelusc    15/08/2015    0 recensioni
Gemma è la figlia di un famoso archeologo e i genitori sono divorziati, ma la cosa strana è che vede molto spesso degli occhi color Ambra, che le ricordano una persona conosciuta con il padre quando aveva sei anni. Perchè li vede? Scopritelo, ringrazio chiunque voglia farmi una mini recensione, Lelusc. ;D
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Apro gli occhi e mi guardo intorno. Il sole entra dalle finestre e illumina la camera. Mi metto a sedere sul letto, assonnata e faccio uno sbadiglio che soffoco istintivamente con la mano, quando improvvisamente ricordo tutto quel che è successo e spalanco gli occhi del tutto sveglia e vigile.

Ieri notte... penso toccandomi i fianchi, dove quell'uomo che voleva rapirmi mi aveva afferrato per portarmi via. Non posso credere sia successo veramente, penso toccandomi le labbra. Mi vengono i brividi al solo ricordare quella grande mano che mi copriva la bocca per non permettermi di urlare.

Improvvisamente mi appaiono davanti gli occhi di Emanuele ancora più color ambra del solito e dalla pupilla mostruosa, come quella di un serpente e mi vengono i brividi. Mi si spezza il fiato e mi stringo le braccia al petto per darmi un po' di sicurezza e far passare la paura. Ora ricordo tutto, ma che cos'era quella cosa di ieri? Mi chiedo alzandomi e camminando su e giù per la stanza, fra poco creo una trincea a terra, ma non è che m'interessi tanto.

Quegli occhi. Quella voce. No, non può essere Emanuele, lui è diverso, così dolce, così imprevedibile; un attimo prima parliamo tranquillamente e l'attimo dopo mi trovo sotto di lui e l'attimo dopo ancora mi sta guardando imbarazzato, sembra sempre un'altra persona, è così lunatico, ma non può essere il mostro dell'altra notte; va bene essere lunatici, anzi, dirò di più, mi attira questo suo lato, ma da qui a diventare quel mostro ce ne vuole di strada, insomma, non può essere lui no? O sì? Mi chiedo confusa e ancora spaventata.

 Odio non capire niente e sentirmi così impotente. Lancio uno sguardo alla sveglia, le dieci, faccio un sospiro e decido di vestirmi e andare di sotto per iniziare a preparare il pranzo, ormai è ora.

Mi vesto, mi lego i capelli in una coda alta, ed esco dalla camera.

Non appena muovo un passo verso le scale, mi fermo turbata. E se lo incontro che faccio? E se mi conferma che il mostro di ieri era lui? E se invece m'ignora per via di quello che ho scoperto? E mi sorprendo nel pensare che la cosa che mi farebbe più paura e male, è proprio la possibilità che lui possa non parlarmi più, non il fatto che in verità  possa essere lui il mostro, cosa impossibile, anche se spiegherebbe molte cose.

Primo: il fatto che abbia affermato che era stato lui a salvarci quella volta, quando avevo sei anni, ma è impossibile, da allora il suo aspetto non è cambiato minimamente.

Secondo: I suoi occhi che vedevo ovunque. Forse era veramente lui, quindi per davvero non aveva mai smesso di guardarmi in tutti questi anni, infatti mi ha salvata quando ero caduta dal burrone. Come avrebbe fatto se non mi stava guardando?
Poi forse centra qualcosa anche la sua strana dieta. Insomma è molto misterioso, non mi ha detto nemmeno in cosa consisteva, anche il fatto che ieri notte non dormiva ma era sveglio, quello magari era solo un caso,ma chissà, se quando scendo non lo incontro, vuol dire che ho ragione, ma sicuramente starà giù e quando mi vedrà ci sarà un silenzio tesissimo e non saprò che accidentaccio fare e dire.

Dai è impossibile che sia lui quel mostro, sarà stato sicuramente un sogno, mi dico molto più sicura e questa volta riesco tranquillamente a scendere le scale.

  Di sotto mi fermo, come pietrificata. No! Penso sconvolta.

La sala è silenziosa e di lui neanche l'ombra, ma c'è una cosa che per poco non mi fa svenire, ovvero i cocci del vaso che ieri ho urtato e fatto cadere a terra. Non è stato un sogno, è successo tutto veramente, quel mostro è reale, ed è Emanuele, perchè lui non è sveglio come sarebbe dovuto essere, come avevo sperato e tanto che fosse, lui non è qui.

Rimango impalata dove mi trovo, sono così sconvolta che non capisco nemmeno se voglio scappare. Ho paura, non capisco più niente, non voglio credere che esista una creatura simile né tanto meno che sia Emanuele.

 Lui è...E mi viene in mente l'immagine perfetta del suo volto e del suo sorriso.

Accidenti! E poi questi pensieri, che cavolo mi prende? Mi rimprovero, arrabbiata. Sono in procinto di piangere, non voglio credere sia lui il mostro, non voglio, anche se purtroppo è ovvio.

Troppe cose strane, troppi segreti, lui che mi dice "non ti posso dire tutto, non capiresti, o almeno non ora" e tutte le altre frasi strane. Non so che pensare, non voglio e ho paura, paura di scoprire che tutti i miei timori sono fondati, di scoprire che non posso più avvicinarmi a lui perchè terrorizzata o che lui non mi parli e guardi più, che tutto quello che abbiamo costruito, per quanto poco, grazie a questo sparisca, ma è anche probabile che non sia lui, penso e ci spero con tutto il cuore e con tutta l'anima.

Mi fermo all'improvviso, non ci ho fatto caso ma ho ricominciato a camminare avanti e indietro per la sala, strano non si sia formata una fossa, tento di ironizzare, ma alla fine non mi fa sentire meglio e scelgo di fare qualcosa di utile che mi distragga e cerco la scopa per spazzare i cocci da terra.

Butto i cocci, ma quel peso enorme nel cuore non è andato con loro nella pattumiera, è ancora lì ed è tenace, tanta preoccupazione per una persona che neanche conosco, il fatto è troppo strano.

Sospiro non capendo quello che provo e me stessa; una persona normale a quest'ora sapendo che la porta è aperta, sarebbe già scappata a gambe levate da un pezzo, ma io no, perchè?

 Perchè io sono una scema, una completa demente, ritardata, che non ascolta cosa il cervello gli sta urlando da tre ore e non capisce i suoi numerosi sentimenti, che non sa dare una risposta ai suoi dubbi e alle sue molteplici domande del cavolo e che tanto per dirne un'altra, è troppo curiosa e avventata.

Cosa diceva mio padre... La curiosità uccise il gatto e in questo momento io sono un persiano, ecco perchè sono ancora qua e credo ci sia anche un'altro dannato motivo che non voglio disperatamente accettare e ammettere, anche se l'ho compreso e non da poco, mi dico spalancando il frigo.

 Decido di preparare qualcosa di semplice. Non ho per niente fame, ma devo pur fare colazione per restare in piedi, così mi metto a cucinare un uovo al tegamino, ma si rompe e diventa strapazzato, poi mi preparo un caffè, ma dimentico di mettere sia l'acqua che il caffè, così per poco non mi gioco la
caffettiera.

Mi va tutto storto oggi, sono un perfetto pericolo in questo momento, non faccio che pensare a quello che è successo ieri, ho paura di porre le domande, ho paura di sapere le risposte, ma cosa ancora più strana, è che nonostante tutto voglio sapere la verità.

Mi siedo a tavola con l'uovo davanti e il caffè che ho fatto bollire per qualche secondo, poi mi porto il bicchierino alla bocca e prendo un sorso di caffè che mi va di traverso. Splendido, che felicità! Penso sarcastica, mentre tossisco.

Comunque sono certa che se non ho le risposte starò male, con i dubbi e le mie paure e non riuscirei a continuare a fare la mia vita normale, mi dico giocherellando con l'uovo strapazzato nel piatto, mente mi reggo la testa con l'altra mano, pensierosa.

Un attimo! Esclamo alzandomi di scatto dalla sedia. Ora che ci penso adesso non ho più limitazioni o problemi, posso uscire e lasciare la stanza d'hotel e potrei andare anche via volendo, ma prima devo avere delle risposte, per quanto paura posso avere, non posso scappare come una codarda e poi, anche se il mostro esistesse veramente e fosse Emanuele, mi basterebbe stargli alla larga, non credo mi farebbe male, mi ha salvata, penso anche se qualche dubbio ancora mi resta.

Non sono certa sia una buona idea rimanere qui ora che so che quell'essere potrebbe essere veramente Emanuele, ma rischierò comunque e sarà meglio liberare la stanza d'hotel alla svelta, sperando non mi facciano pagare la notte in cui non sono rientrata, mi dico mangiando alla svelta e senza alcun appetito l'uovo strapazzato in cui noto solo ora, non aver messo il sale, per quanto riguarda il caffè che ho fatto bollire, lo rovescio direttamente nel lavello e lavo velocemente le stoviglie, poi salgo di sopra, prendo la borsetta e vado alla porta.

Mi blocco proprio lì davanti come l'altra volta, ma non ho più paura ad uscire, non che avessi paura prima, ma...lasciamo stare. Comunque la cosa che mi lascia perplessa è se c'è la possibilità che Emanuele sapendo che ho scoperto il suo segreto, anche se ancora spero non sia lui il mostro, mi abbia chiuso dentro casa.

Così poso la mano sulla maniglia, faccio un grosso respiro e tiro verso di me una parte della doppia porta.

Non si apre. Che sia dannato! Mi ha chiusa dentro casa!

Aspetta un attimo, la porta si apre dall'esterno non dall'interno, mi dico, così spingo verso fuori ed ecco che si apre.

Cavolo, penso ridendo della mia stessa stupidità e sorprendendomi della sicurezza che ha Emanuele sulla mia parola data, cioè che resterò a casa con lui una settimana intera, chissà come fa ad essere così sicuro che non vada via, forse veramente lui non centra niente con il mostro, altrimenti mi avrebbe costretto a rimanere, perchè sicuramente avrebbe pensato che sarei scappata se avessi capito che è lui la creatura, quindi vuol dire che non è, o forse visto il suo comportamento imprevedibile ha pensato che non lo facessi e ha creduto in me, non lo.

 Ah, aiuto non ci capisco più niente, penso appoggiando la testa sullo stipite della porta, ma stranamente le labbra mi si piegano in un sorriso, poi esco.
Fuori stramente è una bellissima giornata, il cielo è terso e il venticello è fresco. Dico stranamente perchè sono su un punto ignoto dei Carpazi e intorno a me c'è solo montagne, rocce, terra e qualche albero in lontananza.

Non mi sono mai accorta che ero su una montagna, come non avevo mai pensato, per via delle già troppe domande che mi frullano per la testa e per via di tutto quello che è successo, al fatto che sto per uscire senza sapere la strada, qualunque strada; per fortuna che ho con me la borsetta, quanto sono brava! Mi dico frugando al suo interno alla ricerca di un pennarello.

Non sono stupida, certo ho una memoria fotografica, ma non credo di poter ritrovare la villa molto facilmente se ora vado in città, quindi sarà meglio segnare gli alberi. Ho un metodo davvero infallibile che non mi farà perdere, anche se mi farà sprecare del tempo per ritornare, ma poco m'importa, infondo o tutto il tempo, così mentre scendo dalla montagna, segno gli alberi che incontro lungo la strada, da uno a non so quale cifra.

Arrivo a trentasette che il pennarello ha la punta tutta rovinata per via delle cortecce frastagliate e ruvide, ed io sono con i piedi doloranti, un po'stanca e sporca di terra per essermi afferrata a qualsiasi sporgenza rocciosa trovassi lungo il cammino. Salire è una grande faticaccia, ma scendere non è da meno, non è per niente facile come si crede.

Finalmente sono ai piedi della montagna e non appena vedo la rete intorno alla zona degli scavi, che devo per forza superare per arrivare in città, mi nascondo dietro un albero per precauzione. Non importa che mi abbiano rovinato il pennarello, in questo memento amo profondamente questo tronco grande e possente che mi nasconde completamente.

Faccio con attenzione capolino e mi guardo intorno. I camion sono spariti e sopra al cancello ci sono delle targhe e dei nastri della polizia. Non so che cosa è successo, ma che ci sia la polizia è una cosa molto buona, spero solo che abbiano scoperto i loro sporchi traffici e li abbiano arrestati tutti e chissà, forse Georg ha parlato di tutto e ora chi di dovere ha arrestato chi ha ucciso mio padre. Sarebbe un sogno, penso, ed esco dal mio nascondiglio approssimativo dando una pacca affettuosa all'albero.

Scendo ancora più giù e da qui in avanti la strada per arrivare al paesino la so, quindi non serve numerare alberi o cose simili. Dopo una bella passeggiata mi trovo sul ciglio della strada dove il tassista mi aveva lasciato qualche giorno fa e guardo la strada sperando che passi una macchina, ma sono troppo ottimista, così comincio ad incamminarmi; per fortuna che ho addosso le scarpe da ginnastica, prevedo una camminata lunga non so quante miglia, per giungere dalla strada deserta, a quella animata che porta alla città.

Strano ma vero, diverse ore dopo sono ancora viva e vegeta e arrivata in città. Lì mi guardo intorno cercando di riconoscere le vie principali e le viuzze o più semplicemente i negozi e per fortuna trovo subito un alimentari che ricordo da quando sono venuta qui diversi anni fa con papà e che non è cambiato di una virgola.

 Stesso ingresso giallo limone, stesse porte a sensori, stessi carrelli e chissà se hanno ancora le mie caramelle preferite, mi chiedo passandoci davanti.
Ricordo perfettamente che dall'alimentari bastava andare avanti per la via principale e dopo ci si sarebbe automaticamente trovati davanti un incrocio e proprio dall'altra parte la strada. Percorro il tragitto che ricordo e alla fine, al di là della strada, vedo il mio hotel.

 Attraverso attentamente e mi trovo davanti alla doppia porta beige con vetrate pulitissime e due grandi vasi di piante grasse ad abbellire il suo fianco.
Non appena entro il direttore, uomo piacente, ma non certo per me che ancora non ho quarant'anni o sessant'anni, mi corre incontro tutto trafelato, seguito da suo figlio vice direttore. Su lui non ho niente da ridere, è veramente un bonazzo e forse non gli sono neanche indifferente, non che m'interessi comunque, anche se mi da non poca autostima saperlo.

"Signorina Settembri, sta bene? Eravamo così preoccupati, sapevamo che doveva venire da noi, ma non si è fatta viva"

"oh, è vero, mi dispiace, non intendevo recare disturbo, in effetti ho avuto un problema e non ho potuto avvertire che ero arrivata e restavo fuori"

Diciamo pure che non ci ho proprio pensato.

"Comunque immagino che ora la mia stanza sia già..."

"oh no, affatto, sa benissimo che lei è una persona speciale per noi, grazie a vostro padre abbiamo scoperto chi tra i clienti rubava e poi era tanto famoso e superlativo nel suo lavoro, ci dispiace immensamente per la sua prematura morte"

"Succede"dico fredda "ma ora vorrei andare nella mia camera, sono un pochino stanca, ho camminato molto dalla strada"dico addolcendo il tono, non so perchè prima mi è uscito tanto glaciale, non è da me, anche se non sembrerebbe.

"Strada?"Chiede Clif, il figlio del Direttore, ovvero il bonazzo.

" Sì, ero in un posto dove le auto non passavano, ho dovuto camminare per non so quanto, quindi potrei andare ora?"

"Ma certo signorina, faccia pure"dice il direttore.

"grazie e mi scusi ancora per i fastidi che le ho procurato"dico e mi dirigo verso le scale per salire i due piani che mi avrebbero portato al secondo, dove alla fine di un breve corridoio, c'è la mia stanza. Per fortuna che il tragitto è breve e che mio padre e un buon amico del direttore, altrimenti ora la mia camera sarebbe stata data a qualcun'altro e io sarei dovuta andare per forza in quella villa e non è una buona idea finché non scopro che cosa è successo, chi era quel mostro e sopratutto se era reale.

Giunta in camera mia, spalanco la porta e mi trovo in una stanza semplice, costituita da mobili rustici di legno scuro.

Non ricordavo fosse così piccola, ma il solo lanciargli uno sguardo mi basta per capire che è perfetta. I muri sono color crema cosparsi da numerosi quadri raffiguranti paesaggi tranquilli e rilassanti e c'è un'unica finestra posta proprio vicino al letto, esattamente dove nasce il sole, così che la stanza sia deliziosamente illuminata tutto il giorno, l'unica pecca è che la rende molto calda, forse anche fin troppo calda. Me ne accorgo subito, ma sicuramente aprendola entrerebbe una leggera brezza che muoverebbe la leggera tendina arancione.

 La stanza è ammobiliata con l'indispensabile, niente oggetti superflui e la sua grandezza è sufficiente per starci comodamente.

La prima cosa che faccio è entrare nel piccolo e intimo bagno interno e aprire l'acqua della doccia, mentre seduta sul water, metto a mollo nel bidè i piedi doloranti e inizio a massaggiarli.

Poco dopo sono sotto il getto caldo e rilassante della doccia, purtroppo la vasca non c'è, quindi niente bagno rilassante con oli profumati e candele colorate, ma non è il male peggiore che mi è successo di recente.

Le mie spalle tese, colpite dall'acqua, si rilassano e la terra il sudore e la fatica della camminata avvenuta poche ore fa, scivola via. Ci voleva proprio, penso insaponandomi con la spugna imbevuta di bagnoschiuma agli agrumi, che è di un intenso color oro e subito mi ricorda gli occhi color ambra di Emanuele.

Non riesco proprio a togliermelo dalla testa, penso facendo un sorriso, ma sono certa che una volta avuto le mie risposte sarò di nuovo libera da ogni pensiero che lo riguarda e da ogni cosa che non mi permette di partire in santa pace.

La doccia va benissimo nonostante il colore del bagnoschiuma e quello dello sciampo alla camomilla che mi ricordano persone che vorrei momentaneamente dimenticare; vorrei tanto sapere perchè ho comprato proprio quelle due fragranze fra tante; comunque ora sono vestita solo di un asciugamano color...e no, vorreste che dicessi che so; color porpora come i suoi capelli, ma no, questa volta non è un colore che suscita ricordi, è di un bel verde, che ormai è stato chiazzato dalle gocce d'acqua cadute dai miei capelli, che ormai sembrano spinaci bagnati e che mi si appiccicano sul viso e sul collo.

Sospiro togliendomi l'ennesimo capello bagnato dal viso e cerco un phon che attacco alla presa per cominciare ad asciugarli e purtroppo prevedo che l'operazione durerà un bel po', siccome sono lunghi fino alla vita.

Dopo un po', stanca, lascio i capelli umidicci e mi sdraio sul letto cercando di rilassarmi, anche se non funziona per niente. Comincio a fissare il soffitto bianco, ma questo non fa altro che far viaggiare la mia mente che va a soffermarsi su quelle assillanti domande che non riesco a togliermi dalla testa, però, forse, il silenzio che c'è in camera può in qualche modo aiutarmi a ragionare e capire meglio la situazione in cui purtroppo mi trovo.

Non so per quanto tempo non faccio altro che pensare e ripensare alle stesse cose non arrivando a capo di nulla, ma non mi do per vinta e tento ancora e ancora di convincermi che non è vero niente di quello che ho visto, fino a che, unendo tutto quello che ho, devo desistere e accettare che purtroppo, a quanto pare, il mostro effettivamente è Emanuele.

Questo pensiero si fa strada dentro di me spingendo via l'ultimo persistente tentativo di auto convincermi che non è vero, però giungo anche ad un'altra conclusione, ovvero che forse sarebbe un bene che ascoltassi tutto quello che avrà e vorrà dirmi, perchè non credo che voglia lasciarmi priva di spiegazioni, dato che tutto è successo solo ieri e, se proprio è questo quello che vuole, lasciarmi all'oscuro di tutto, io non lascerò che accada, pretendo delle risposte, visto che ci sono dentro in prima persona.

Così presa questa decisione incomincio a pensare a qualche domanda da fargli e come.

Un improvviso starnuto spezza il filo dei miei pensieri e mi rendo conto che mi trovo ancora nuda e avvolta nell'accappatoio dell'hotel e non so nemmeno da quanto, preferirei non prendermi un raffreddore con tanto di febbre, sarebbe seccante, così ritorno in bagno e mi vesto con gli stessi abiti di prima, non avendone con me altri all'infuori di quelli.

Una volta vestita cerco la borsa che trovo a terra, prendo il cellulare e guardo l'ora. Sono le dieci e mezzo, posso fare un giro per la città, pranzare e rincasare verso tardo pomeriggio, la prenderò come una pausa dal disastro eminente che succederà una volta che avrò davanti Emanuele, spero solo di riuscire a parlargli senza svenire o irrigidirmi, non servirebbe a niente e mi vieterebbe solo di capire con lucidità la situazione.  

Mi pettino con le dita i capelli, che sicuramente dopo saranno pieni di nodi e calzo le scarpe e prendo la borsetta, decisa a uscire per un po'. Mi dirigo alla reception e mentre scendo le scale ogni tanto sento delle voci provenire dalle stanze, alcune anche infantili e mentre passo per il corridoio, la mia attenzione viene rapita da una portafinestra da cui intravedo una piscina e alcune persone che vi nuotano.

Mi sarebbe piaciuto un sacco nuotare un po', peccato che per colpa del divertimento tendo ad eccedere e finirei per fare tipo le nove di sera e non posso permettermelo, quindi sarà per un altra volta,quando ritornerò in Italia e andrò alla piscina comunale, mi dico accelerando il passo, a malincuore.

Giunta alla reception la trovo vuota, o almeno così sembra, fino a che mi avvicino e sbuca all'improvviso Clif.

"Ah, signorina Settembri, sta uscendo?"

Mi sembra ovvio, penso, ma oggigiorno chi è che non dice l'ovvio solo per iniziare a chiacchierare.

  "Sì, volevo fare una passeggiata e pranzare fuori"

"Ah, che peccato, mio padre intendeva chiederle se voleva pranzare da noi, avrebbe smosso mari e monti per lei"

"lo ringrazi allora e le dica che mi dispiace"

"sarà fatto, buona giornata signorina"

"Gemma"

"Gemma"ripete sorridendo, come se glia vessi dato una chance, ma la cosa importante è il sentimento che provo mentre apro la porta ed esco dell'hotel,
come se avessi fatto qualcosa di davvero brutto e sbagliato.

Fuori il sole fa capolino di tanto intanto fra le nuvole bianche e spumose, mentre intorno ad esse il cielo è terso. Farebbe un tantino freddo se solo i raggi non mi colpissero di tanto intanto. Per prima cosa vorrei ripercorrere le strade fatte con mio padre, un'idea dolorosa che si rivelerà sicuramente molto nostalgica, non so se riuscirò a lungo, ma vorrei tentare.

Stranamente, nonostante gli anni passati e il fatto di essere stata qui in Romania solo una volta con mio padre, a soli sei anni o giù di lì, mi ricordo tutto con estrema facilità, si vede che ero una bambina attenta e curiosa, di sicuro gli occhi di Emanuele mi sono rimasti impressi; come se potessi scordarli se mi venivano sempre di fronte, anche se questo è successo principalmente dai miei quindi anni in poi.

Prima non li ricordavo, se non alcune volte se mi soffermavo a pensare nei momenti in cui ero a casa e non avevo nulla da fare, ma non divaghiamo.
Per prima cosa, non c'è niente di meglio da fare di ritornare in quel alimentari e vedere se davvero hanno le caramelle che io adoravo e che mio padre mi comprava ogni volta che se ne presentava l'occasione.

Dall'Hotel ricordo perfettamente la strada per andarci, infatti in un attimo sono davanti all'alimentari e per qualche stano motivo sono esitante ad entrare.

Debolezze, bleh, vorrei tanto non averle, mi dico arrabbiandomi con me stessa e se non sto attenta il cassiere vedendomi fare su e già davanti alla porta, che non fa altro che aprirsi e chiudersi, potrebbe chiamare la polizia e non è il caso, così alla fine entro.

Una volta dentro rimango ferma impalata per un attimo. Non è cambiato di una virgola, beh, magari la disposizione dei prodotti sugli scaffali, ma il resto è rimasto identico.

Faccio un respiro profondo e m'incammino fra i prodotti alla ricerca delle mie caramelle preferite, come se fossero i corridoi di casa mia.

Quando le vedo lì, su uno scaffale per poco non urlo. Ne prendo un pacco con irruenza e poi una lattina di coca cola, che non manca mai in nessun posto e mi dirigo alla cassa, dove c'è il giovane cassiere che fino a un momento fa mi guardava incerto se chiamare la polizia o urlarmi contro e mentre passa i prodotti, non perde ogni mia singola mossa, comunque alla fine pago e vado via.

Una volta uscita mi tolgo da davanti all'entrata, mi ha dato molto fastidio il suo continuo controllarmi, ma è anche vero che potevo sembrare strada ai suoi occhi, quindi me ne faccio una ragione.

M'incammino in una viuzza che ricordo porti ad un parco lì vicino, dove ogni tanto io e mio padre ci fermavamo e dopo qualche minuto mi trovo davanti ad un cancello che prima non c'era. Se l'alimentari non è cambiato di una virgola, la stessa cosa non si può dire del parco giochi, è tutto nuovo, i giochi sono sempre gli stessi, ma di colori diversi,forme diversi, decisamente più nuovi, ma tranne questo non posso fare a meno di fare un sorriso mesto, quando trovo la panchina dove io e mio padre ci sedavamo allora, esattamente dove la ricordavo. Mi siedo lì, sotto l'ombra di un albero, mentre l'aria fresca mi sfiora il viso e non posso fare a meno di chiudere gli occhi, mentre contemporaneamente apro la lattina di coca cola e la porto alle labbra.

C'è un bel fresco, non me ne sono accorta, ma il clima è diventato molto più caldo da quando sono uscita dall'hotel, è variato così velocemente. Dopo un sorso, beatomi del silenzio persistente che c'è intorno a me, abbasso la testa e prendo dalla busta accanto a me la confezione trasferente a forma di sacchetto contenente una marea di caramelle gommose alla fragola.

Le guardo e mi vengono le lacrime agli occhi, non immaginavo certo di poter ritrovare le caramelle delle mia infanzia, che non sono riuscita a trovare nemmeno in Italia, qui in Romania e soprattutto a distanza di quattordici anni, penso mentre l'immagine di mio padre che mi sorride porgendomi le caramelle mi ritorna alla mente più vivido che mai e rischiando di farmi mettere a piangere come non ho mai fatto e non intendo fare.

Faccio un grande respiro, apro il pacchetto, infilo la mano dentro e poi mi lancio una manciata di caramelle in bocca, assaporandole una ad una.
Molte volte mentre alterno due caramelle ed un sorso di coca cola mi trovo stringere forte il pacchetto nella mano,ma oltre a questo e un profondo dolore che non si è mai alleviato con il tempo, non faccio nient'altro e me ne sto buona su quella panchina piena di ricordi.

Dopo il parco purtroppo non mi sembra di ricordare altri posti dove andare, tranne un ristorantino molto carino non adeguato a pranzare, quindi gironzolo un po' in giro. Trovo di tutto e di più, negozi d'abbigliamento, tra cui in uno vedo un completino sportivo che è la fine del mondo e che mi compro subito senza pensarci due volte, ma rifiuto quando mi viene chiesto se voglio comprare qualche abito super colorato di moda, i vestiti è raro che l'indossi e se lo
faccio, o sono meno femminili possibile o niente.

In un alto negozio compro delle cartoline per Oscar, Steve e Annabella e i francobolli e appoggiandomi contro un muro, ci scrivo due righe e le imbuco nella prima casetta delle lettere che trovo, compro quattro souvenir e ricomincio a camminare ancora senza meta.

Dopo un po' trovo altri negozi simpatici, tra cui una libreria dove compro un libro che parla della Romania, delle sue leggende e folclore, dei loro cibi e tant'altro, per l'esattezza è un'enciclopedia molto spessa e molto pesante. Dopo aver camminato ancora, ed essermi frenata nel comprare altro, perchè ho già fatto fuori un bel po' di sordi, qualcosa rapisce la mia attenzione e mi trovo davanti ad un ristorantino dall'entrata tutta colorata.

Mi piace da morire, ma nonostante questo sono pronta a passare oltre, sicura che costino molto le loro pietanze e non essendo comunque abituata a mangiare rumeno non sarebbe una buona idea, quando, mentre m'incammino, l'occhio si posa su una scritta che non avevo notato prima e che dice "prendi e porta casa" in diverse lingue e mi convince ad avvicinarmi.

Faccio un cenno del capo al ragazzo dietro al bancone e guardo le pietanze speziate e poi i prezzi, sono modesti, ma sono partiti già molti soldi e anche se credo che spenderli sia un obbligo, non devo esagerare, mi ripeto mentre compro quello che sarà il mio pranzo che mangerò da qualche parte.

Alla fine con due porzioni di cibo in appositi contenitori di plastica dentro una bustina, mi allontano dal ristorantino decisa a trovare un posto dove
mangiare in santa pace il cibo ancora caldo e alla fine dopo un po' di giri, trovo un muretto e mi siedo. Chissene delle persone che mi vedono.

Mi metto lì e comincio a mangiare una pietanza a base di carne, aspettandomi che non mi piaccia. Quando ho chiesto al ragazzo cosa era e cosa c'era dentro, nonostante la mia difficoltà a capire alcune parole, grosso modo ho capito alcuni ingredienti, non so come si dicono molte pietanze o spezie della loro lingua, ma più o meno qualcosa so e per il resto sarà la mia bocca a dirmi  cosa sto mangiando.

Mentre mi metto in bocca un pezzettino di carne ricordo cosa mi ha detto il ragazzo, quello è pollo fritto dalla Transilvania, il che mi fa venire in mente subito Dracula di Bram Stoker, se solo non fossi da tutt'altra parte mi sarebbe piaciuto andare a vedere i ruderi del suo castello e poi la ricostruzione, ma non ho tempo ora, penso, quando improvvisamente mi ritorna in mente quello che ho visto e che Emanuele dovrà spiegarmi.

Non so come, ma mi ero completamente dimenticata di tutto quel fatto inquietante e privo di logica, incredibile.

 Decido di fare un altro veloce giro, ma poi devo assolutamente ritornare alla villa prima che faccia buio.

Il pollo non è male, molto speziato e devo dire che nonostante l'aglio e la cipolla che c'era dentro, mi è piaciuto moltissimo, il pollo è più che sufficiente come pasto, quindi mi ci vuole solo un bel dolce.

Prendo con le mani un pezzo di torta moldava al formaggio e la porto alla bocca, anche se la tengo in maniera un po' instabile. Una delizia, veramente buonissima, la finisco in un baleno, poi cerco un cassonetto dei rifiuti, butto le confezioni e ritorno a camminare verso l'ignoto, prima di rincasare.

Dopo diversi giri mi sono fermata a comprare un biglietto di sola andata per l'italia, ma lo terrò pronto solo se ne avrò necessità e continuo a esplorare, notando un altro negozio interessante.

Mi sto per avvicinare quando le mura bianche intorno a me, le strade, il marciapiede e il negozio stesso si tingono di rosso e arancione. Mi volto e alle mie spalle, in cielo, mi trovo il sole che sta tramontando, ora è una corsa contro il tempo.

Agitata, corro verso la via principale per andare in Hotel e chiedere un enorme favore al direttore, ovvero se può portarmi al ciglio della strada.

Arrivata all'Hotel entro di colpo e mi trovo dietro al bancone il direttore, proprio la persona che volevo vedere.

"Mi scusi, le posso chiedere un favore? È urgente"

"ma certo signorina,mi dica"

"mi ha chiamato un amico e mi ha invitato a dormire a casa sua oggi, ma dovevo essere lì alle cinque e lo sono ora, non potrebbe chiamarmi un taxi"dico agitata, anche perché chiedere un autista, sarebbe altezzoso e una macchina strano,quindi...

"Non si preoccupi, ci penso io, le chiamo subito il nostro autista, le darà un paesaggio fin dove vorrà".

"La ringrazio"dico sorridendo, non so perché ma non appena ho visto il sole tramontare mi è preso un colpo, anche perchè ci metto ore ad andare a piedi fino alla villa, sarei dovuta partire almeno due ore fa se non tre per poter arrivare in tempo, ma il motivo di tale nervoso non è che con il giungere dell'imbrunire i Carpazi sono pericolosi e non posso vedere bene i numeri sugli alberi per trovare la strada, cosa vera, ma più che altro è il pensare ad
Emanuele che non mi trova a casa.

Si è fidato di me lascando la porta aperta, è sicuro che io nonostante tutto non sarei andata via, che non avrei mandato a farsi benedire la promessa che gli avevo fatto di rimanere in casa sua una settimana e anche se lui è qualcosa che non mi so spiegare, non me la sento di non prestare fede alla mia promessa e ferirlo, non ce la faccio proprio, infondo anche se è quello che è, non mi ha fatto male, anzi mi ricordo che si è messo fra me e i vetri quando stavano per finirmi addosso e ha cacciato via quegli uomini, quindi anche se è una creatura mostruosa, una cosa è certa, non è cattivo, mi trovo a pensare mentre aspetto l'autista davanti all'hotel.

Quando una macchina mi si ferma davanti, salgo velocemente voltandomi verso il direttore a cui faccio un saluto con la mano e un cenno del capo a mo' di ringraziamento, poi chiedo all'autista di portarmi dove prima c'erano gli scavi ora chiusi, ed egli parte senza chiedermi nulla.

Dopo aver dato fretta almeno tre volte all'autista, senza però non essere ascoltata, arriviamo agli scavi.

"La ringrazio, molto gentile"dico, ma non mi trattengo nel vederlo fare l'inversione a U e andare via, sono troppo in ritardo, per cui comincio a correre e a cercare tutti i numeri sugli alberi mentre ancora c'è un po' di luce.

Dopo essermi arrampicata aiutandomi con le rocce sporgenti, ostacolata dalle buste che ho con me, finalmente arrivo alla villa e sospiro quando me la ritrovo davanti in tutta la sua imponenza e maestosità.

 Corro verso la porta d'ingresso passando il cancello e salendo i tre scalini dell'entrata e una volta dentro, mi calmo di colpo.

Passo l'anticamera e vado in sala alla ricerca di Emanuele, ma capisco subito che mi ritrovo da sola e questo mi fa rilassare le spalle ancora rigide, pensare che credevo di essermi calmata.

"Cerchi qualcuno?"Mi chiede all'improvviso una voce da dietro le mie spalle.

Mi volto e mi trovo davanti Emanuele in tutto il suo splendore, come sempre; avrei tanto voluto vederlo mentre la stanza era immersa nel rosso e arancio, ma oramai è buio e non avrò più questo piacere, ma una cosa voglia tanto saperla, da dove accidentaccio mi escono questi pensieri strani?

"Ciao"dico solo mettendo le buste sul divano, come se ormai fosse casa mia, mi ambiento troppo facilmente.

"Shopping?" Mi chiede rimanendo fermo dove si trova.

"più o meno"rispondo concisa.

"Capisco, voi donne..."dice e a quell'affermazione mi volto di nuovo verso di lui infastidita, ma tutto scompare notando che sorride, non intendeva
offendere, solo dire quello che è vero, cioè che ci piace spendere tanti soldi e anch'io, mi dispiace ammetterlo, non sono immune a questa malattia.

"Già, noi donne..."dico anch'io, poi mi volto con decisione, appoggiandomi con la schiena contro divano e lo guardo dritto in faccia.

"Gradirei una spiegazione riguardo a ieri"dico seria.

Lo sguardo di Emanuele da giocoso si trasforma in serio e ci fissiamo per un attimo a vicenda, circondati da un silenzio che potrei dire teso.

"A cosa ti riferi..."dice facendo il finto tonto. Afferro la prima cosa che mi capita in mano dalle mie buste e gliela tiro colpendolo dritto in faccia.

"Ma cosa?"Esclama toccandosi la guancia e poi chinandosi per raccogliere l'oggetto che ho lanciato e che purtroppo non è l'enciclopedia che ho comprato.

Guarda incredulo l'oggetto, poi guarda me.

"Caramelle? Mi hai tirato delle caramelle" Mi fa notare ancora sorpreso e forse un po'oltraggiato.

"Sì, ti ho tirato delle caramelle" dico irritata dal suo prendermi in giro, sappiamo tutti e due cosa ho visto ieri notte.

"Peccato che non ho comprato una statuetta di marmo"dico arrabbiata incrociando le braccia al petto e guardandolo male.

"Tu non lo sai perchè non mi conosci, quindi lasciatelo dire, la sola cosa che odio di più al mondo ed essere presa in giro, ho visto tutto ieri sera e voglio capire che cosa ho visto"dico in attesa.

Emanuele si avvicina e ogni volta che lo fa o la voglia irrefrenabile di indietreggiare, mi agita, peccato che questa volta non posso farlo perchè dietro ho il divano e per fortuna ho anche una faccia da poker esemplare.

Lo guardo avvinarsi lentamente e dopo un attimo di agitazione alzo un sopracciglio, perplessa.

"Mi dispiace ma non intendo dirti nulla"dice calmo.

Bene, allora ammette di sapere tutto.

"Perchè? Lo voglio sapere"insisto.

"Perchè altrimenti dopo avresti paura di me e non lo sopporterei"

"sì, ma io non posso lasciare stare"dico un po' toccata dalle sue parole che reputo sincere, o meglio sento che non sta scherzando, anche perchè non c'è niente su cui scherzare in questa situazione.

Ormai siamo vicinissimi e all'improvviso mi ricordo di aver mangiato aglio e cipolla, quindi allontano un po' la testa.

"hai mangiato speziato, eh?"

Lo guardo male, come cavolo fa a sapere quello che penso?

"Ti da fastidio?"

"molto"risponde serio.

"allora allontanati"

"no, preferisco rimanere dove mi trovo"dice sorridendo.

Distolgo lo sguardo dal suo, sperando di non essere arrossita.

Accidenti, un passo e ci tocchiamo, ed io nonostante tutto quello che ho visto non ho per niente paura di lui, anzi, ma sono normale?
"Sei sicura di voler sapere tutto?"Mi chiede all'improvviso, il che vuol dire che in verità lui vorrebbe dirmi tutto, ma che ha timore di qualcosa, ovvero che io possa avere paura di lui e scappare, se naturalmente  è vero quello che ha detto; forse non sopporta nemmeno l'eventualità che possa accadere e se è così è davvero molto dolce, credo.

"Sì, lo voglio sapere e tu vuoi dirmelo"affermo, sicura, altrimenti non avrebbe tirato fuori di nuovo l'argomento.

"Ok, allora vieni con me"dice prendendomi per mano e tirandomi via.

Guardo la sua mano curata dalle lunghe dita affusolate stringere delicatamente la mia e il contrasto è palese, la sua mano è fredda, la mia calda, mi viene una gran voglia di stringergliela per riscaldarla, ma non è il momento giusto, finalmente mi sta per dire tutta la verità e so per certa che  non mi piacerà.


 
  
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