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Autore: Eriss    16/08/2015    1 recensioni
Tratto dalla storia: "[...] lui non doveva camminare rumorosamente per casa per avvertirla di essere tornato né urlarglielo dalle scale; sapeva perfettamente che la shinigami aveva percepito il suo reiatsu quando aveva imboccato il viale e gli piaceva quella muta complicità che nel tempo si era creata tra loro, forgiata da tanta, tanta pazienza, una buona dose di fiducia e rispetto reciproco e dal sangue e l’ansia consumata tra le dita ferite, in attesa di ricevere notizie dopo le missioni."
What if..? | Introspective | Ichigo♡Rukia
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kuchiki Rukia, Kurosaki Ichigo
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Rain Pioggia

Rain {Pioggia}  










 

 

Calore. Lo avvertiva scivolarle sulla pelle in una carezza delicata mentre osservava il tramonto, in realtà senza prestarvi particolare attenzione, i pensieri che si rincorrevano e si aggrovigliavano nella mente. Teneva gli occhi socchiusi per evitare che i raggi solari la infastidissero e la bocca serrata le disegnava un’ombra severa sul viso fresco, spettatore di molte più albe di quelle che ogni altro adolescente avrebbe potuto vedere.

«Yo, Rukia.»

Le labbra le si incurvarono leggermente verso l’alto, una muta consapevolezza espressa attraverso un sorriso.

“Che coincidenza.” pensò ironicamente: aveva sentito i passi felpati di Ichigo salire le scale (stranamente in quel momento la casa era silenziosa, fatto possibile solamente con l’assenza di Isshin-otosan), ma le riflessioni che la catturavano erano rivolte a lui anche molto prima che manifestasse la sua presenza.

Avrebbe anche potuto dirglielo: «Sai, Ichigo, ti stavo pensando mentre entravi in camera.», ma sapeva che non l’avrebbe fatto. Non ne sentiva il bisogno: lui non doveva camminare rumorosamente per casa per avvertirla di essere tornato né urlarglielo dalle scale; sapeva perfettamente che la shinigami aveva percepito il suo reiatsu quando aveva imboccato il viale e gli piaceva quella muta complicità che nel tempo si era creata tra loro, forgiata da tanta, tanta pazienza, una buona dose di fiducia e rispetto reciproco e dal sangue e l’ansia consumata tra le dita ferite, in attesa di ricevere notizie dopo le missioni.

«Già di ritorno? Pensavo dovessi aiutare Yuzu a fare spese.»

Non gli rivolse nessun saluto particolare, ma a lui non sembrò importare.

«Mi ha chiamato per avvisarmi che l’avrebbe accompagnata Karin, il tempo di aspettarla che finiva gli allenamenti.»

Rukia sospirò serenamente, chiudendo le palpebre, un senso di dolce tranquillità a pervaderla, una sensazione che assaporava sempre quando si tratteneva qualche giorno a casa di Ichigo per delle missioni, ascoltando i battibecchi di prima mattina durante la colazione, le risate delle sue sorelline, i tonfi sui muri dovuti a brevi combattimenti; poteva quasi vedere quelle immagini prendere forma davanti agli occhi.

Dopo mesi passati senza la fastidiosa presenza di Ichigo attorno, l’aveva completamente dimenticata, presa dal lavoro di fuku-taichou assegnatole recentemente, con le pratiche da sbrigare, gli allenamenti dei soldati novizi da organizzare, qualche visita all’Accademia per tenere brevi dimostrazioni di kido affianco ai maestri, per colmare quel senso di vuoto opprimente che l’aveva assalita e la dolorosa amarezza mentre digeriva l’accaduto. Durante quel periodo, si era posta diverse domande riguardo lui e gli altri ragazzi, chiedendosi come si sentissero e come trascorressero le loro giornate, nella pace guadagnata dopo tante battaglie. Eppure, c’era una domanda che tornava ad assillarla spesso e a cui tutt’ora non era riuscita a rispondere.

«Ichigo.»

Il ragazzo borbottò qualcosa, un invito a parlare e si sdraiò sul letto con fare svogliato, afferrando un libro dalla scrivania. L’aveva acquistato qualche giorno prima in libreria, incuriosito dal titolo e quando aveva un attimo di tranquillità, ne approfittava per immergere il naso nelle pagine. Questo suo comportamento insolito (leggere gli era sempre piaciuto, ma non a tal punto da bramare di finire tutte le cose che aveva da sbrigare il più in fretta possibile) aveva destato una certa curiosità in Rukia, che un giorno gli aveva rubato il volume dalle mani per scoprirne la trama, con grande disappunto da parte di lui, bruscamente interrotto.

«All’inizio, quando ci siamo conosciuti pioveva incessantemente, poi sono trascorsi i giorni, i mesi e ho visto lentamente sorgere il sole, senza però riuscire a capirne il perché.» La shinigami fece una piccola pausa, non era abituata a lunghi discorsi: non le piacevano e preferiva arrivare dritta al nocciolo della questione, ma la discussione che stava aprendo era complessa e non era certa che lui avrebbe capito, quindi era meglio fare alcune precisazioni. «Da quando ti sei accorto che i tuoi poteri stavano lentamente svanendo e poi erano scomparsi del tutto, ho notato che aveva ricominciato a piovere, più forte di quando ci siamo conosciuti.»

Ichigo chiuse il libro con un tonfo e si voltò a guardarla sbigottito. La shinigami non si era ancora decisa a guardarlo negli occhi e non comprendeva questo suo atteggiamento: anche nei momenti in cui gli aveva rivelato le realtà più scomode o dolorose, non aveva mai evitato il suo sguardo, preferendo affrontare la realtà senza fuggire, cosa che riteneva di aver fatto troppo a lungo in passato. Inoltre, quello strano discorso riguardo la pioggia e i suoi poteri… di cosa diavolo stava blaterando?

«È stato così difficile perdere i poteri?»

Il ragazzo sussultò, colpito da quella domanda così diretta e personale; difficilmente lui e Rukia si erano addentrati a parlare delle questioni intime dell’altro apertamente, spesso avevano preferito lasciare che fossero gli occhi a parlare al loro posto, svelando emozioni e verità ed evitando le parole, di gran lunga più imbarazzanti ed inopportune.

Per contro, non era stato facile per lei chiedergli una cosa simile: comprendeva la riservatezza di Ichigo perché infondo era molto simile alla sua e se avessero posto a lei una domanda del genere, sapeva perfettamente che avrebbe sviato il discorso, evitando di rispondere, ma aveva bisogno di sapere.

«Che razza di domande fai?» grugnì lui con fare scocciato. «Sapere di non poter più proteggere la tua famiglia e i tuoi amici è ovvio che sia brutto.»

Codardo.

E sapeva perfettamente di esserlo. Quelle risposte erano le più ovvie e banali che potesse accampare; sarebbe bastato aprire un manga per poter trovar scritta una frase simile. Non che negassero la verità: Ichigo si era sentito bruciare dalla rabbia fin dentro al midollo quando aveva capito che presto sarebbe tornato tutto esattamente come prima, senza poteri, senza avere la possibilità di difendere personalmente le persone a lui più care e dover lasciare questo compito a degli sconosciuti, a cui doveva essere riconoscente. Eppure, sapeva perfettamente che dietro quell’affermazione scontata c’era qualcos’altro, già difficile da ammettere di fronte a se stesso, impensabile da rivelare ad alta voce.

«E poi, cosa diavolo era quel discorso di prima, sulla pioggia e il sole?»

“Come sviare il discorso: grandioso.” pensò, complimentandosi sarcasticamente con se stesso.

Fu la volta di Rukia di sussultare, presa in contropiede da come il discorso si stesse ritorcendo contro di lei. Aveva cominciato a parlare risoluta, nonostante l’argomento spinoso e desiderosa di venirne a capo, ma non aveva immaginato che avrebbe dovuto svelargli il segreto che portava dentro da tempo rispondendo ad una domanda così brusca.

“Ben ti sta, si chiama Karma.” rifletté tra sé, appuntandosi mentalmente per la prossima volta di non “giocare sporco”.

«Testa di rapa, erano solo delle metafore! Non l’avevi capito?!» rispose piccata, voltandosi a guardarlo per la prima volta da quando aveva varcato la soglia della stanza. Si ritrovò ad osservare il volto di Ichigo scontroso, con le sopracciglia aggrottate, caratteristica tipica di quando qualcosa lo infastidiva o lo riteneva inopportuno, come i commenti velati di malizia che gli rivolgeva Mizuiro riguardo al tipo di relazione che avesse con Rukia.

«Che bisogno c’è di parlare per metafore?! Non è più semplice esprimere il concetto senza fronzoli?» replicò seccato, avvicinandosi a lei per sovrastarla.

In realtà, quelle metafore avevano un preciso significato, come il discorso che le riguardava e non servivano come arricchimento lessicale, una peculiarità del tutto assente nelle conversazioni della ragazza. Spacciandole per metafore, aveva cercato di far comprendere ad Ichigo che era sempre stata capace, inizialmente con parecchia difficoltà, di leggere la sua anima, scorgere le emozioni nascere e trasformarsi silenziosamente nei suoi occhi e con gran fragore dentro di lui. “Tipico di Ichigo.” sorrise tra sé. Di fronte a quello si sentiva come una spettatrice impotente, le mani con cui maneggiava Sode no Shirayuuki erano inutili (anche se avesse imparato il bankai non sarebbe servito a nulla, perché contro quel nemico non aveva alcun effetto), ma nonostante questa consapevolezza e la frustrazione crescenti, aveva sempre cercato di far tornare a splendere il sole. Perché quando era stato il turno di lui di farla sorridere, dopo tanta pioggia, era riuscito ad essere vincitore, nonostante le difficoltà e gli ostacoli, a volte qualche sconfitta, ma senza mai darsi per vinto. Perché glielo doveva, e non solo per restituirgli il favore.

Nonostante lo stretto rapporto che li legava, uno spesso filo rosso che intrecciava i loro mignoli, non poteva dirglielo semplicemente, senza mezzi termini.

«Pensavo che il tuo cervello fosse abbastanza evoluto da poterle capire, ma evidentemente mi sbagliavo! È risaputo che la pioggia e il sole possono essere considerati come metafore del dolore e della gioia.» asserì, puntandogli un dito contro la fronte per punzecchiarlo.

Ichigo borbottò irritato, scacciando la sua mano, quando un flash gli attraversò la mente.

Rukia, grazie a te nel mio cuore ha finalmente smesso di piovere.

Era stato molti mesi prima, ma ricordava perfettamente la sensazione travolgente che l’aveva scosso nel profondo quando l’aveva ammesso a se stesso, a metà fra la liberazione e l’intima rivelazione che il loro legame era divenuto forte fino a tal punto.

L’aria imbronciata che aleggiava sul suo volto scomparve, scacciata da un sorriso a fior di labbra: già, adesso aveva capito. Non fu imbarazzante scoprirlo, come se avessero invaso il suo spazio personale indebitamente, forse una parte di lui l’aveva sempre saputo o almeno immaginato, quella che già da tempo aveva compreso i sentimenti che si agitavano nel suo cuore, di fronte a cui la ragione era ancora rimasta cieca.

«D’accordo.» proruppe dopo qualche attimo di silenzio. «Se vuoi parlare in modo forbito, ti risponderò per le rime!»

Puntò i suoi occhi caldi in quelli grandi di Rukia e osservò i tratti del suo viso indurirsi per lo stupore, per poi addolcirsi, le labbra sottili farsi mute per ascoltare le sue parole. Inspirò bruscamente, una buona dose di coraggio iniettata nel corpo e riprese: «Conosci la ragione per cui pioveva quando ci siamo conosciuti; il giorno dell’anniversario della morte di mia mamma, è stata la prima volta in cui ti ho parlato di qualcosa che mi riguardava apertamente. Sono successe tante cose da quel giorno e sono diventato più forte, per proteggere le persone a cui tengo e anche per onorare la promessa fatta a lei. Ho cominciato a sentirmi meglio da quando sono riuscito a salvarti dalla condanna, quando ho riportato a casa Inoue dall’Hueco Mundo, quando ho sconfitto Aizen. Era tornato il sole, esattamente come adesso, quindi chissenefrega del resto!»

La shinigami era rimasta in silenzio tutto il tempo durante il quale Ichigo aveva parlato, inizialmente confusa, perché non riusciva ad immaginare cosa le avrebbe risposto, emozione a cui era succeduta la sorpresa di scoprire che lui aveva compreso. Non l’aveva respinta, non si era vergognato né si era irritato. Avvertì un tuffo al cuore mentre osservava il ragazzo che nuovamente le stava aprendo le porte della sua anima, senza censure, senza bugie.

«E poi» Ichigo irruppe nei suoi pensieri, riportando la sua attenzione al presente. «oggi è una bella giornata, basta parlare di cose tristi. Sembri una vecchia che rivanga il passato.»

Rukia non si indispettì per l’ultimo commento ironico rivoltole, annuì leggermente, scrutando i lineamenti squadrati di quel volto un tempo adolescente e ora così maturo, gli occhi ricolmi di una determinazione capace da sola di annientare qualsiasi Hollow.

Senza proferire parola, si trasformò in shinigami e si posizionò sul davanzale, un invito a seguirla e godersi gli ultimi momenti di luce prima che calasse la notte. Ichigo la fissò, sbattendo un paio di volte le palpebre e poi sorrise, imitandola.

Quando Rukia fece per saltare, un piede già sporto nel vuoto, il ragazzo la afferrò per un braccio e la attirò a sé. La strinse in un abbraccio goffo, circondandole la schiena con un braccio e spingendole la nuca contro il suo petto. Lei sgranò gli occhi, sbigottita da quel gesto, così desiderato e, al tempo stesso, inaspettato. Rimase qualche attimo rigida, incapace di reagire mentre percepiva il calore di quel contatto scaldarla fin dentro l’anima. D’un tratto, tutto si sciolse: la gola, che le era rimasta occlusa, ricominciò a riempirsi d’aria, i suoi arti si ammorbidirono e il viso affondò tra le pieghe nere della veste, un sorriso celato sulle labbra.

«Ho molti più anni di te, ma li porto splendidamente.»

Ichigo ghignò, passandole delicatamente le dita tra i capelli, intimorito di rompere l’atmosfera creatasi con un gesto troppo avventato. «Come no.»

 

Solo molto più tardi, in una notte senza luna, quando si erano ritrovati a strapparsi i vestiti di dosso con foga, il desiderio bruciante, quasi doloroso, di potersi toccare nuovamente, dopo due mesi di lontananza a causa di una nuova missione, Rukia aveva compreso il motivo per cui era tornato a splendere il sole, dietro le motivazioni che le erano state spiegate tempo prima. Nel momento in cui Ichigo le aveva preso il viso tra le mani e l’aveva baciata con così tanta passione da farle tremare i polsi, tutto era divenuto chiaro.

Dannato orgoglio.














Buona sera, care lettrici, cari lettori :3
Oh oh... eccomi tornata sul fandom di Bleach dopo qualche anno, anche se senza nuove creazioni. Infatti, la storia che avete appena letto è la revisione/rivisitazione di una vecchia che avevo scritto tempo fa. L'ho ripresa tra le mani un paio di settimane fa e non ne ero soddisfatta, così ho pensato di sistemarla un po', non solo a livello grammaticale, ma anche lessicale.
Due spiegazioni brevi brevi sulla storia! Anzitutto, il tempo: è ambientata, come penso si sia capito, dopo che Ichigo ha riacquisito i poteri grazie a Rukia, dopo 17 mesi che non si erano visti. L'ho immaginata in un periodo momentaneo di calma e pace, dopo la nuova saga dei Quincy e la scoperta da parte di Ichigo della vera identità di Zangetsu.


L'ultimo paragrafo, invece, si riferisce ad un contesto del tutto inventato da me, che non ha nulla a che fare con il corso del manga né dell'anime, un incontro che riescono ad avere Ichi e Rukia dopo che la battaglia li ha tenuti separati. Avviene parecchi mesi dopo quello che è descritto nella prima parte della storia, in cui entrambi hanno capito che l'affetto che li lega non è semplice amicizia, tant'è vero che stanno amabilmente per fare sesso.
L'avviso What if? è riferito al fatto che Rukia riesca a vedere dentro l'anima di Ichigo, nel suo mondo interiore, nel quale lui ha incontri con Zangetsu, talvolta quando si trova in difficoltà durante un combattimento o si confronta con Ogichi. Esiste una spiegazione logica dietro a quello che inizialmente è stato solo un lampo di idea, anche se parecchio azzardata. Mi sono ispirata al film Fade to Black - I Call Your Name, a una scena in particolare: quando Ichigo convince Renji a farsi aiutare nella ricerca di Rukia. I nostri giovinotti si trovano con il culo a terra perché non sanno da dove cominciare. Così il nostro Ananas figo gli propone di rintracciare la ragazza grazie al kido, percependone la presenza attraverso le particelle spirituali, che sono molto simili a quelle del ragazzo, perché quando lei gli ha passato i poteri sono entrati in contatto spiritualmente. Seguendo questa scia, ho pensato che Rukia potesse essere in grado di vedere nella sua anima. E' un'interpretazione a cui va aggiunto un pizzico di fantasia, ma quando mi era balenata in testa l'idea, ho dovuto buttarla giù con le lettere e mi sembrava corretto spiegarvelo.
Un ultimo appunto, giusto per rompervi le scatole ancora due minuti: la frase "
Nel momento in cui Ichigo le aveva preso il viso tra le mani e l’aveva baciata con così tanta emozione da farle tremare i polsi, tutto era divenuto chiaro" si rifà alla frase di Cesare Pavese "Sei una cosa dolce e terribile, e a pensarci mi tremano i polsi."; mi è sempre piaciuta tremendamente, così ho deciso di farne un accenno nella storia. Grazie per essere giunti fin qui e per aver letto la storia, un bacio!
   
 
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