Rain
{Pioggia}
Calore. Lo avvertiva scivolarle sulla
pelle in una carezza delicata mentre osservava il tramonto, in realtà senza
prestarvi particolare attenzione, i pensieri che si rincorrevano e si
aggrovigliavano nella mente. Teneva gli occhi socchiusi per evitare che i raggi
solari la infastidissero e la bocca serrata le disegnava un’ombra severa sul
viso fresco, spettatore di molte più albe di quelle che ogni altro adolescente
avrebbe potuto vedere.
«Yo, Rukia.»
Le labbra le si incurvarono leggermente verso l’alto, una muta
consapevolezza espressa attraverso un sorriso.
“Che coincidenza.” pensò ironicamente: aveva sentito i passi felpati di
Ichigo salire le scale (stranamente in quel momento la casa era silenziosa,
fatto possibile solamente con l’assenza di Isshin-otosan), ma le riflessioni che
la catturavano erano rivolte a lui anche molto prima che manifestasse la sua
presenza.
Avrebbe anche potuto dirglielo: «Sai, Ichigo, ti stavo pensando mentre
entravi in camera.», ma sapeva che non l’avrebbe fatto. Non ne sentiva il
bisogno: lui non doveva camminare rumorosamente per casa per avvertirla di
essere tornato né urlarglielo dalle scale; sapeva perfettamente che la
shinigami aveva percepito il suo reiatsu quando aveva imboccato il viale e gli
piaceva quella muta complicità che nel tempo si era creata tra loro, forgiata
da tanta, tanta pazienza, una buona
dose di fiducia e rispetto reciproco e dal sangue e l’ansia consumata tra le
dita ferite, in attesa di ricevere notizie dopo le missioni.
«Già di ritorno? Pensavo dovessi aiutare Yuzu a fare spese.»
Non gli rivolse nessun saluto particolare, ma a lui non sembrò importare.
«Mi ha chiamato per avvisarmi che l’avrebbe accompagnata Karin, il tempo di
aspettarla che finiva gli allenamenti.»
Rukia sospirò serenamente, chiudendo le palpebre, un senso di dolce
tranquillità a pervaderla, una sensazione che assaporava sempre quando si
tratteneva qualche giorno a casa di Ichigo per delle missioni, ascoltando i
battibecchi di prima mattina durante la colazione, le risate delle sue
sorelline, i tonfi sui muri dovuti a brevi combattimenti; poteva quasi vedere
quelle immagini prendere forma davanti agli occhi.
Dopo mesi passati senza la fastidiosa
presenza di Ichigo attorno, l’aveva completamente dimenticata, presa dal lavoro
di fuku-taichou assegnatole recentemente, con le pratiche da sbrigare, gli
allenamenti dei soldati novizi da organizzare, qualche visita all’Accademia per
tenere brevi dimostrazioni di kido affianco ai maestri, per colmare quel senso
di vuoto opprimente che l’aveva assalita e la dolorosa amarezza mentre digeriva
l’accaduto. Durante quel periodo, si era posta diverse domande riguardo lui e
gli altri ragazzi, chiedendosi come si sentissero e come trascorressero le loro
giornate, nella pace guadagnata dopo tante battaglie. Eppure, c’era una domanda
che tornava ad assillarla spesso e a cui tutt’ora non era riuscita a rispondere.
«Ichigo.»
Il ragazzo borbottò qualcosa, un invito a parlare e si sdraiò sul letto con
fare svogliato, afferrando un libro dalla scrivania. L’aveva acquistato qualche
giorno prima in libreria, incuriosito dal titolo e quando aveva un attimo di
tranquillità, ne approfittava per immergere il naso nelle pagine. Questo suo
comportamento insolito (leggere gli era sempre piaciuto, ma non a tal punto da
bramare di finire tutte le cose che aveva da sbrigare il più in fretta
possibile) aveva destato una certa curiosità in Rukia, che un giorno gli aveva
rubato il volume dalle mani per scoprirne la trama, con grande disappunto da
parte di lui, bruscamente interrotto.
«All’inizio, quando ci siamo conosciuti pioveva incessantemente, poi sono
trascorsi i giorni, i mesi e ho visto lentamente sorgere il sole, senza però
riuscire a capirne il perché.»
La shinigami fece una piccola pausa, non era
abituata a lunghi discorsi: non le piacevano e preferiva arrivare dritta al
nocciolo della questione, ma la discussione che stava aprendo era complessa e
non era certa che lui avrebbe capito, quindi era meglio fare alcune
precisazioni. «Da quando ti sei accorto che i tuoi poteri stavano lentamente
svanendo e poi erano scomparsi del tutto, ho notato che aveva ricominciato a
piovere, più forte di quando ci siamo conosciuti.»
Ichigo chiuse il libro con un tonfo e si voltò a guardarla sbigottito. La
shinigami non si era ancora decisa a guardarlo negli occhi e non comprendeva
questo suo atteggiamento: anche nei momenti in cui gli aveva rivelato le realtà
più scomode o dolorose, non aveva mai evitato il suo sguardo, preferendo
affrontare la realtà senza fuggire, cosa che riteneva di aver fatto troppo a
lungo in passato. Inoltre, quello strano discorso riguardo la pioggia e i suoi
poteri… di cosa diavolo stava blaterando?
«È stato così difficile perdere i poteri?»
Il ragazzo sussultò, colpito da quella domanda così diretta e personale;
difficilmente lui e Rukia si erano addentrati a parlare delle questioni intime
dell’altro apertamente, spesso avevano preferito lasciare che fossero gli occhi
a parlare al loro posto, svelando emozioni e verità ed evitando le parole, di
gran lunga più imbarazzanti ed inopportune.
Per contro, non era stato facile per lei chiedergli una cosa simile:
comprendeva la riservatezza di Ichigo perché infondo era molto simile alla sua
e se avessero posto a lei una domanda del genere, sapeva perfettamente che
avrebbe sviato il discorso, evitando di rispondere, ma aveva bisogno di sapere.
«Che razza di domande fai?» grugnì lui con fare scocciato. «Sapere di non
poter più proteggere la tua famiglia e i tuoi amici è ovvio che sia brutto.»
Codardo.
E sapeva perfettamente di esserlo. Quelle risposte erano le più ovvie e banali che potesse accampare; sarebbe bastato aprire un manga per
poter trovar scritta una frase simile. Non che negassero la verità: Ichigo si
era sentito bruciare dalla rabbia fin dentro al midollo quando aveva capito che
presto sarebbe tornato tutto esattamente come prima, senza poteri, senza avere
la possibilità di difendere personalmente le persone a lui più care e dover lasciare
questo compito a degli sconosciuti, a cui doveva essere riconoscente. Eppure,
sapeva perfettamente che dietro quell’affermazione scontata c’era qualcos’altro, già difficile da
ammettere di fronte a se stesso, impensabile da rivelare ad alta voce.
«E poi, cosa diavolo era quel discorso di prima, sulla pioggia e il sole?»
“Come sviare il discorso: grandioso.” pensò, complimentandosi
sarcasticamente con se stesso.
Fu la volta di Rukia di sussultare, presa in contropiede da come il
discorso si stesse ritorcendo contro di lei. Aveva cominciato a parlare
risoluta, nonostante l’argomento spinoso e desiderosa di venirne a capo, ma non
aveva immaginato che avrebbe dovuto svelargli il segreto che portava dentro da
tempo rispondendo ad una domanda così brusca.
“Ben ti sta, si chiama Karma.” rifletté tra sé, appuntandosi mentalmente
per la prossima volta di non “giocare sporco”.
«Testa di rapa, erano solo delle metafore! Non l’avevi capito?!» rispose
piccata, voltandosi a guardarlo per la prima volta da quando aveva varcato la
soglia della stanza. Si ritrovò ad osservare il volto di Ichigo scontroso, con
le sopracciglia aggrottate, caratteristica tipica di quando qualcosa lo
infastidiva o lo riteneva inopportuno, come i commenti velati di malizia che
gli rivolgeva Mizuiro riguardo al tipo di relazione che avesse con Rukia.
«Che bisogno c’è di parlare per metafore?! Non è più semplice esprimere il
concetto senza fronzoli?» replicò seccato, avvicinandosi a lei per sovrastarla.
In realtà, quelle metafore avevano un preciso significato, come il discorso
che le riguardava e non servivano come arricchimento lessicale, una peculiarità
del tutto assente nelle conversazioni della ragazza. Spacciandole per metafore,
aveva cercato di far comprendere ad Ichigo che era sempre stata capace,
inizialmente con parecchia difficoltà, di leggere la sua anima, scorgere le
emozioni nascere e trasformarsi silenziosamente nei suoi occhi e con gran
fragore dentro di lui. “Tipico di Ichigo.” sorrise
tra sé. Di fronte a quello si sentiva come una spettatrice impotente, le mani
con cui maneggiava Sode no Shirayuuki erano inutili (anche se avesse imparato
il bankai non sarebbe servito a nulla, perché contro quel nemico non aveva
alcun effetto), ma nonostante questa consapevolezza e la frustrazione
crescenti, aveva sempre cercato di far tornare a splendere il sole. Perché
quando era stato il turno di lui di farla sorridere, dopo tanta pioggia, era
riuscito ad essere vincitore, nonostante le difficoltà e gli ostacoli, a volte
qualche sconfitta, ma senza mai darsi per vinto. Perché glielo doveva, e non solo per restituirgli il
favore.
Nonostante lo stretto rapporto che li legava, uno spesso filo rosso che
intrecciava i loro mignoli, non poteva dirglielo semplicemente, senza mezzi
termini.
«Pensavo che il tuo cervello fosse abbastanza evoluto da poterle capire, ma
evidentemente mi sbagliavo! È risaputo che la pioggia e il sole possono essere
considerati come metafore del dolore e della gioia.» asserì, puntandogli un
dito contro la fronte per punzecchiarlo.
Ichigo borbottò irritato, scacciando la sua mano, quando un flash gli
attraversò la mente.
“Rukia, grazie a te nel mio cuore ha
finalmente smesso di piovere.”
Era stato molti mesi prima, ma ricordava perfettamente la sensazione travolgente
che l’aveva scosso nel profondo quando l’aveva ammesso a se stesso, a metà fra
la liberazione e l’intima rivelazione che il loro legame era divenuto forte fino a tal punto.
L’aria imbronciata che aleggiava sul suo volto scomparve, scacciata da un
sorriso a fior di labbra: già, adesso aveva capito. Non fu
imbarazzante scoprirlo, come se avessero invaso il suo spazio personale
indebitamente, forse una parte di lui l’aveva sempre saputo o almeno
immaginato, quella che già da tempo aveva compreso i sentimenti che si
agitavano nel suo cuore, di fronte a cui la ragione era ancora rimasta cieca.
«D’accordo.» proruppe dopo qualche attimo di silenzio. «Se vuoi parlare in
modo forbito, ti risponderò per le rime!»
Puntò i suoi occhi caldi in quelli grandi di Rukia e osservò i tratti
del suo viso indurirsi per lo stupore, per poi addolcirsi, le labbra sottili farsi
mute per ascoltare le sue parole. Inspirò bruscamente, una buona dose di
coraggio iniettata nel corpo e riprese: «Conosci la ragione per cui pioveva
quando ci siamo conosciuti; il giorno dell’anniversario della morte di mia mamma,
è stata la prima volta in cui ti ho parlato di qualcosa che mi riguardava
apertamente. Sono successe tante cose da quel giorno e sono diventato più
forte, per proteggere le persone a cui tengo e anche per onorare la promessa
fatta a lei. Ho cominciato a sentirmi meglio da quando sono riuscito a salvarti
dalla condanna, quando ho riportato a casa Inoue dall’Hueco Mundo, quando ho
sconfitto Aizen. Era tornato il sole, esattamente come adesso, quindi
chissenefrega del resto!»
La shinigami era rimasta in silenzio tutto il tempo durante il quale Ichigo
aveva parlato, inizialmente confusa, perché non riusciva ad immaginare cosa le
avrebbe risposto, emozione a cui era succeduta la sorpresa di scoprire che lui
aveva compreso. Non l’aveva respinta,
non si era vergognato né si era irritato. Avvertì un tuffo al cuore mentre
osservava il ragazzo che nuovamente le stava aprendo le porte della sua anima,
senza censure, senza bugie.
«E poi» Ichigo irruppe nei suoi pensieri, riportando la sua attenzione al
presente. «oggi è una bella giornata, basta parlare di cose tristi. Sembri una
vecchia che rivanga il passato.»
Rukia non si indispettì per l’ultimo commento ironico rivoltole, annuì
leggermente, scrutando i lineamenti squadrati di quel volto un tempo
adolescente e ora così maturo, gli occhi ricolmi di una determinazione capace da sola di annientare qualsiasi Hollow.
Senza proferire parola, si trasformò in shinigami e si posizionò sul
davanzale, un invito a seguirla e godersi gli ultimi momenti di luce prima che
calasse la notte. Ichigo la fissò, sbattendo un paio di volte le palpebre e poi
sorrise, imitandola.
Quando Rukia fece per saltare, un piede già sporto nel vuoto, il ragazzo la
afferrò per un braccio e la attirò a sé. La strinse in un abbraccio goffo,
circondandole la schiena con un braccio e spingendole la nuca contro il suo
petto. Lei sgranò gli occhi, sbigottita da quel gesto, così desiderato e, al tempo stesso,
inaspettato. Rimase qualche attimo rigida, incapace di reagire mentre percepiva
il calore di quel contatto scaldarla fin dentro l’anima. D’un tratto, tutto si
sciolse: la gola, che le era rimasta occlusa, ricominciò a riempirsi d’aria, i
suoi arti si ammorbidirono e il viso affondò tra le pieghe nere della veste, un
sorriso celato sulle labbra.
«Ho molti più anni di te, ma li porto splendidamente.»
Ichigo ghignò, passandole delicatamente le dita tra i capelli, intimorito
di rompere l’atmosfera creatasi con un gesto troppo avventato. «Come no.»
Solo molto più tardi, in una notte senza luna, quando si erano ritrovati a
strapparsi i vestiti di dosso con foga, il desiderio bruciante, quasi doloroso,
di potersi toccare nuovamente, dopo due mesi di lontananza a causa di una nuova
missione, Rukia aveva compreso il motivo per cui era
tornato a splendere il sole, dietro le motivazioni che le erano state spiegate
tempo prima. Nel momento in cui Ichigo le aveva preso il viso tra le mani e l’aveva
baciata con così tanta passione da farle tremare i polsi, tutto era divenuto
chiaro.
Buona sera, care lettrici, cari lettori :3
Oh oh... eccomi tornata sul fandom di Bleach dopo qualche anno, anche se senza nuove creazioni. Infatti, la storia che avete appena letto è la revisione/rivisitazione di una vecchia che avevo scritto tempo fa. L'ho ripresa tra le mani un paio di settimane fa e non ne ero soddisfatta, così ho pensato di sistemarla un po', non solo a livello grammaticale, ma anche lessicale.
Due spiegazioni brevi brevi sulla storia! Anzitutto, il tempo: è ambientata, come penso si sia capito, dopo che Ichigo ha riacquisito i poteri grazie a Rukia, dopo 17 mesi che non si erano visti. L'ho immaginata in un periodo momentaneo di calma e pace, dopo la nuova saga dei Quincy e la scoperta da parte di Ichigo della vera identità di Zangetsu.
L'ultimo paragrafo, invece, si riferisce ad un contesto del tutto inventato da me, che non ha nulla a che fare con il corso del manga né dell'anime, un incontro che riescono ad avere Ichi e Rukia dopo che la battaglia li ha tenuti separati. Avviene parecchi mesi dopo quello che è descritto nella prima parte della storia, in cui entrambi hanno capito che l'affetto che li lega non è semplice amicizia, tant'è vero che stanno amabilmente per fare sesso.
L'avviso What if? è riferito al fatto che Rukia riesca a vedere dentro l'anima di Ichigo, nel suo mondo interiore, nel quale lui ha incontri con Zangetsu, talvolta quando si trova in difficoltà durante un combattimento o si confronta con Ogichi. Esiste una spiegazione logica dietro a quello che inizialmente è stato solo un lampo di idea, anche se parecchio azzardata. Mi sono ispirata al film Fade to Black - I Call Your Name, a una scena in particolare: quando Ichigo convince Renji a farsi aiutare nella ricerca di Rukia. I nostri giovinotti si trovano con il culo a terra perché non sanno da dove cominciare. Così il nostro Ananas figo gli propone di rintracciare la ragazza grazie al kido, percependone la presenza attraverso le particelle spirituali, che sono molto simili a quelle del ragazzo, perché quando lei gli ha passato i poteri sono entrati in contatto spiritualmente. Seguendo questa scia, ho pensato che Rukia potesse essere in grado di vedere nella sua anima. E' un'interpretazione a cui va aggiunto un pizzico di fantasia, ma quando mi era balenata in testa l'idea, ho dovuto buttarla giù con le lettere e mi sembrava corretto spiegarvelo.
Un ultimo appunto, giusto per rompervi le scatole ancora due minuti: la frase " Nel momento in cui Ichigo le aveva preso il viso tra le mani e l’aveva baciata con così tanta emozione da farle tremare i polsi, tutto era divenuto chiaro" si rifà alla frase di Cesare Pavese "Sei una cosa dolce e terribile, e a pensarci mi tremano i polsi."; mi è sempre piaciuta tremendamente, così ho deciso di farne un accenno nella storia. Grazie per essere giunti fin qui e per aver letto la storia, un bacio!