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Autore: MardukAmmon    16/08/2015    0 recensioni
"Ahriman così, sporco dalla barba fino ai piedi di sangue umano, uscì fuori, presentandosi al suo popolo come un orso, che con la preda tra le fauci si esibisce davanti alla sua prole.
Alzò la lancia al cielo e disse: Non esiste Deywos , ne Dei del cielo, che può avvicinarsi alla mia potenza, non esiste forza che non può incarnarsi in me."
Queste furono le parole dette dal Re senza scettro, signore della pianura solcata dai tre fiumi. Il suo sangue era nobile, ma non il suo animo, che ambizioso e scellerato lo portò a mettere in ginocchio la terra dove lui stesso nacque, soggiogandola con eserciti stranieri alla ricerca di gloria. Solo due luminose stelle, protette dallo sguardo degli Dei, potranno ridare agli uomini la speranza perduta, in quella lunga notte, alla fine dell'età dell'Argento.
Genere: Fantasy, Guerra, Poesia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Violenza
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Ahriman e la serpe nel cuore.

 

Un tempo un giovane pastore chiese a Bhagavad: Esiste un uomo più malvagio della morte?.

E la replica del sant'uomo non tardò ad arrivare: Ahriman è la risposta alla tua domanda.

Poi gli diede la torcia in mano ed entrò dentro la tenda, come un serpente che entra nel nido dell’airone, posò lo sguardo prima su i due vecchi e dopo guardò i due bambini nella cesta, oltre che la donna morta sull’intreccio di pelli e paglia, gli occhi verdi assetati guardarono Bhagavad, aprì le labbra : Kuhbhrater da a me il tuo rispetto, abbandona tuo figlio Xshathra, se lo farai non manderò i miei uomini contro i suoi e salverò tua moglie dalla morte oltre che a tua nipote. Ma il vecchio prese in mano il bastone: Non mi sottometterò all’uomo più malvagio della terra, mai, ne permetterò che mio figlio non interverrà sui campi contro la tua gente corrotta. Ma Ahriman, con la lancia in mano indicò la cesta con i due bambini, non parlò, lo sguardo di brace, odio e malvagità si posò come un macigno sul vecchio, che balbettante disse: Prendi il mio sangue, Deywos Pytar sarà soddisfatto non uccidere i due bambini. Un sorriso spuntò malevolo: Manda prima un messo a Kuhburg, di a tuo figlio che desideri un’alleanza tra il tuo popolo ed il mio. Bhagavad stanco annuì, lasciò il bastone a terra e gli disse: Giura che non ucciderai i tuoi nipoti.. davanti a me ed agli Dei che rappresento. L’uomo malvagio annuì affermativo, fece chiamare un messo da Vilkas, il quale prese una tavola di legno, il vecchio mise con un pugnale il simbolo della propria casata e dopo il giovane venne fatto uscire dalla tenda con in mano la richiesta di alleanza. Bhagavad, impassibile davanti alla lancia, coraggioso rispetto alla moglie che lo guardava atterrita, il vecchio osò dire ancora: Giura che non ucciderai i miei nipoti.. mia moglie, ormai la nostra gente è riunita in un’alleanza, sei il più grande Re che la tribù abbia mai avuto hai la forza di camminare verso le quattro direzioni del mondo, il tuo trono non ha bisogno d'altre rosse gocce per brillare.. Il Male non rispose, stretta la lancia con la destra caricò il colpo con il busto, rilasciandolo in gesto di violenza, trafisse il cuore il vecchio, lo trapassò senza esitazione, pose poi il piede destro sul suo ventre per usarlo come perno e sfilò l’arma dal suo petto ormai squarciato da una parte all’altra, Ahriman non disse nulla dopo aver ucciso quell’uomo sacro, guardò la moglie anziana, la fissò con odio e prese la cesta con i due bambini, la tenne con il braccio sinistro e tra i lamenti dell’anziana moglie uscì dalla tenda: Tienili, finisco qui.. e poi penserò anche a loro. Detto questo entrò dentro la tenda, e tra le grida disperate mise fine alla vita anche dell’anziana, che esanime si distese sul corpo ancora tiepido della figlia, come se entrambe stessero dormendo sopra quel giaciglio, fatto di pelli, giunchi e sangue.

Ahriman così, sporco dalla barba fino ai piedi di sangue umano, uscì fuori, presentandosi al suo popolo come un orso, che con la preda tra le fauci si esibisce davanti alla sua prole. Alzò la lancia al cielo e disse: Non esiste Deywos , ne Dei del cielo, che può avvicinarsi alla mia potenza, non esiste forza che non può incarnarsi in me.

E detto questo si avvicinò al guerriero con la cesta tra le braccia, guardò i nipoti sbraitanti e disse solo: Liberati del bambino, mentre porta la bambina a mia moglie, se mi cerchi sono nella mia capanna, domani sera festeggeremo con idromele e maiale.

Il Male vestito di sangue prima di allontanarsi prese una torcia e senza rispetto la buttò sopra la tenda, da cui scaturì un fuoco visibile anche dai villaggi vicini. Ma davanti a questo scempio l'anziano nobile Arycratos dei Ghermanni , alto, barbuto, dagli occhi azzurri e dal crine canuto, accompagnato da suo figlio Adelmar , avvicinandosi ad Ahriman ed alla tenda in fiamme non riuscì a trattenere le parole colme di giustizia e disprezzo: Tu sei un FOLLE! Facendo questo gli spiriti degli antenati uccideranno dentro l'utero gli animali di cui noi ci nutriamo, ci lacereranno la mente succubi del loro tormento nel vedere la loro città in mano ad uno scellerato, che ha persino ucciso un uomo Santo, se avessi la forza ti ucciderei io stesso! Forza Popolo! Non l'avete fatto prima, fatelo adesso! Avete le prove, uccidetelo come un maiale! Uccidet!.

Non fece in tempo a finire la frase che l'asta della lancia di Ahriman lo colpì tra capo e collo facendolo cadere a terra, puntando subito verso Adelmar, rispondendo a quelle giuste parole con minacce tonanti: Figlio del nobile Arycratos, vuoi per caso che uccida tuo padre? O che con un solo cenno io ordini alle orde dei Turani mie alleate di superare i colli pietrosi ad est ed a mettere a ferro e fuoco questa città di Vyr infedeli al proprio sovrano? Che tutto il popolo mi ascolti! Io sono il vostro Sovrano! Io decido sulla vostra vita o sulla vostra morte, preferite obbedirmi o ritrovare le vostre case in fiamme e le vostre donne gravide d'altra gente? Scegliete con saggezza!.

Ed a quelle parole tutto il popolo libero perse la propria dignità e davanti allo sgomento, Ahriman se ne andò nella tenda Reale e il povero anziano, vestito di nero e porpora, aiutato dal figlio Adelmar si mosse verso la tenda della propria famiglia, attorniato dal silenzio quasi palpabile creatosi intorno a lui, interrotto da pochi colpi di tosse. Il bambino, affamato e rimasto solo nella cesta pianse per tutto il tragitto che divise, Vilkas il guerriero, dal fiume, il cuore di quell’uomo appesantito da quel dovere titubò ad ogni passo che fece fino alla riva del Dnepr, gli occhi azzurri dell’uomo oscurati dal nero dovere videro nel buio della notte, illuminata solo dalla luna, gli occhi luminosi di un aquila, il cuore sobbalzò e strinse a se quella cesta, gli occhi dell’aquila non si spostarono. Le mani del guerriero tremavano alla vista di quel’animale, la bocca sbigottita si aprì affannosa nel sentire il suo insolito verso notturno e quando poggiò sul terreno la cesta l’aquila riprese a volare verso est, nella notte. Il guerriero senza più nessuno a guardarlo piego le ginocchia, prese dalla cinta di budello un pugnale d'osso e si preparò a piantarlo contro il bambino, suo nipote, lo avvicinò alla gola del neonato, ma nel ritrovato silenzio del fiume si sentì nuovamente il verso squillante dell’aquila lontana; il pugnale cadde di piatto sopra l’infante ed guerriero lasciò la cesta galleggiare sulla nera superficie delle acque, sorvegliata solo dai flutti del Dio fiume, riflesso denso e profondo del cielo ora annerito dalla notte più profonda che il mondo avesse conosciuto.

 

   
 
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