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Autore: Alise13    18/08/2015    0 recensioni
Si sa, il destino è una macchina incontrollabile che sfugge a ogni nostra logica. E’ come il banco nel gioco d’azzardo, non possiamo controllarlo, né tanto meno prevedere le sue mosse, l’unica cosa certa è che vince sempre e noi possiamo solo cercare di limitare i danni quando decide di lasciarci a mani vuote.
Fu questo per me Harry, una continua scommessa contro il destino e se l’abbia vinta o no questo lo lascio giudicare a voi.
Un amore che diversamente dagli altri ammette di essere imperfetto, umano e splendidamente complicato.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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3° capitolo

La memoria del cuore


“L'inferno è la sofferenza di non poter più amare.“
Fëdor Michajlovic Dostoevskij


Passai l’intera lezione a nascondermi dietro al libro di Dostoevskij “I fratelli Karamazov”. Non avevo mai apprezzato così tanto quel grosso volume come in quel momento. Qualche volta mi ritrovai a sbirciare da sopra le pagine per studiare la persona che stava parlando con ardore ai suoi alunni. Sembrava così solare, allegro, niente della persona che avevo visto quella sera traspariva da quel sorriso buono, non almeno il ghigno che mi aveva riserbato quella volta, stavo seriamente prendendo in considerazione anche l’ipotesi del bipolarismo. Scossi la testa frustrata. Forse le mie facoltà mentali mi stavano abbandonando, l’aveva detto Jane che seguivo troppi corsi e sarei finita per esaurirmi e come se non bastasse mi stavo perdendo una lezione a cui tenevo particolarmente. Fortunatamente riuscì a passare inosservata agli occhi del professore, ma sfortunatamente non a quelli di Zayn che se la rideva vedendomi contorcere sulla sedia.
Riguardai meglio il viso del professore, forse mi ero sbagliata e lui non era chi pensavo fosse, era plausibile come conclusione alla fine era buio quella sera e non avevo messo bene a fuoco il ragazzo con gli ormoni alle stelle. Un flashback del quasi atto sessuale mi si materializzò nella mente, lui che la prendeva per le cosce e la solleva da terra, le mani di lei che annaspavano disperate lungo tutto il corpo del ragazzo epr poi impigliarsi saldamente tra i suoi capelli, i loro baci travolgenti. Al ricordo feci una faccia disgustata e cercai di levarmi quelle immagini da soft porno dalla mente. Quando la lezione finì, salutai il mio nuovo amico Zayn che avevo fatto divertire per tutta la lezione con i miei colpi di testa e mi diressi verso il corso successivo. Non so cosa successe di preciso, ma non arrivai mai alla lezione di storia contemporanea, camminando soprappensiero mi ritrovai in uno spiazzo verde dietro il dipartimento. Non c’era anima viva, solo qualche panchina di pietra sparsa per il piccolo cortile circondato da mura di pietre, erano alte e mi davano un senso si protezione. L’erba era ben curata e di un verde luccicante, qualcuno se ne prendeva cura con amore. L’edera si arrampicava sui muri formando delle venature che davano un senso di antico e misterioso al piccolo luogo. Un grosso salice piangente si stagliava in un angolo, i rami che ricadevano verso il basso creavano una cupola verde chiara, decisi di rifugiarmici all’interno. Avevo mille pensieri che mi frullavano in testa, eppure l’unica cosa a cui riuscivo a pensare erano gli occhi del professore. Quel verde acqua mi annebbiava la mente. Scossi la testa, ma perché pensavo a lui? Dovevo raccontare quello che mi stava succedendo a qualcuno. Presi il telefono e senza pensare digitai i numeri a memoria. L’apparecchio fece qualche squillo e poi una voce rispose.
«Ehi, ma tu non dovresti essere a lezione?» La voce di Jordan era sempre un tocca sana per me, era la mia copertina di Linus.
«Dovrei, ma non ho la testa oggi» sbuffai.
«Oh-oh, conosco questa voce, che è successo?»
«Qualcosa di molto strano e devo assolutamente parlarne con qualcuno o impazzirò» lo sentì ridere dall’altro capo del telefono.
«Stasera da te?»
«mmm» mugolai per dissentire.
«Ora?» Disse ridendo.
«Se proprio insisti» risi. Sapevo che gli stavo chiedendo un grosso favore, ma avevo bisogno di lui ero un’egoista del cavolo.
«Sento se Jeff se la cava da solo qua in negozio e parto subito. Ci vediamo tra una mezzoretta al chiosco dei caffè?»
«Perfetto! Grazie mille Jo, ti devo un favore enorme, mi farò sdebitare!»
«Me ne devi tanti, ma prima o poi li riscuoterò e per te sarà la fine» fece quella sua risata malefica che mi faceva tanto ridere.
«Ho paura, ma accetto le conseguenze delle mie azioni!» Lo salutai e riattaccammo.
Quando vidi Jordan gli corsi incontro e lo abbracciai, era una settimana che non vedevo il mio riccioluto migliore amico e mi era mancato davvero tanto. Era sempre stato la mia colonna portante, ero abituata a vederlo tutti i giorni. Fin da quando eravamo piccoli aveva la strana abitudine di entrare in camera mia dalla finestra arrampicandosi sull’albero di fronte. Mia madre si era sempre chiesta perché non passasse dalla porta come tutte le persone normali, e gliel’aveva chiesto anche varie volte, ma lui le rispondeva sempre che era un’entrata troppo figa per non farla, che era il mio eroe e non poteva sfigurare e come poteva mia madre lamentarsi di un così galantuomo?
 Ero cresciuta così, con un migliore amico che aveva lo scopo di salvarmi dalla mia infinita tristezza. La mia infanzia non era stata proprio rosa e fiori, all’età di dieci anni mentre stavo tornando a casa con mio padre, fummo coinvolti in un incidente stradale, un auto guidata da un ragazzo ubriaco ci aveva presi in pieno. Ricordavo ancora il rumore dei vetri che si frantumavano, le lamiere che si piegavano come plastica sotto la pressione dell’impatto. Non sarei dovuta sopravvivere all’incidente, ma successe perché mio padre si gettò su di me facendomi scudo con il suo corpo. Ne uscì con svariate ossa rotte e un’emorragia interna, ma lui, mio padre, non ce la fece. Mia madre era distrutta, si amavano davvero, anche dopo anni di matrimonio si guardavano ancora come se fosse il primo giorno e mi sentivo in colpa per averle portato via il suo grande amore, perché era colpa mia se era morto, io lo avevo costretto ad uscire di casa di sera per portarmi a comprare un gelato, ero io quella che aveva protetto con il suo corpo. Non ho mai superato la perdita e per qualche anno tra la riabilitazione e gli psicologi riuscì ad imparare a gestire il dolore. Jordan era il mio vicino di casa, conosceva mio padre ed era davvero affezionato a lui. Suo padre era scappato con un’altra donna abbandonando sua madre con un figlio da crescere e mio padre era l’unica figura maschile che avesse mai conosciuto, ci portava sempre al parco a giocare a basball, fottball e qualsiasi cosa ci passasse per la testa. Era un uomo fantastico e quando se ne andò, Jordan non pianse si fece forza e mi fece una promessa: mi avrebbe protetta al posto suo, che glielo doveva per tutto l’amore che gli aveva dato, anche se non era costretto a farlo. Si sarebbe preso cura di me diventando il mio eroe. Dovevo davvero tanto a quel piccolo ragazzino riccioluto maldestro che tutte le sere si arrampicava per controllare che stessi bene.
 L’incidente non solo mi aveva lasciato un vuoto interiore incolmabile e delle cicatrici ormai sbiadite sul corpo, ma mi aveva anche lasciato degli orribili incubi che mi perseguitavano tutte le notti, rivivevo l’incidente, volta dopo volta, sera dopo sera. Ad un certo punto credetti di impazzire, avevo paura di addormentarmi e stavo anche giorni senza dormire, impaurita. Mia madre non sapeva più cosa fare, correva disperata fino alla mia camera scuotendomi in lacrime quasi ogni notte. Voleva che smettessero, che smettessi di torturarmi, mi ripeteva che none era stata colpa mia, ma io sapevo di meritare quella tortura, sapevo che era la mia giusta condanna. Con il tempo gli incubi rimasero, ma la frequenza con cui si presentavano era diminuita.
«Caffè nero senza zucchero» Jordan mi porse il contenitore di caffè caldo fumante distogliendomi da quei pensieri.
«Grazie» dissi grata. «Caffè» sospirai. Ne avevo davvero bisogno.
Ci sedemmo ad un tavolo di plastica bianca con un buffo ombrello blu piantato al centro.
«Racconta! Sono tutto orecchie» e mi sorrise. Senza farmelo ripetere gli raccontai della serata, del pub e del finale, di come mi fossi ritrovata in aula con un professore che assomigliava davvero tanto a quel ragazzo che si era rotolato sul mio cofano.
«Non ci credo!» Esclamò rapito dal mio racconto. «Stai scherzando?»
«No, ti giuro. Non so proprio come comportarmi. E se fosse lui? E se mi riconoscesse e mi facesse scontare in aula lo scherzetto degli schizzini?»
«Bè, lui si stava rotolando sulla tua macchina con una studentessa, se fosse lui non penso che rischierebbe di farsi denunciare all’università. Non credi?» Effettivamente ero in vantaggio io e non poteva penalizzarmi in aula.
«Hai ragione. Sono una stupida. Mi sono fatta tanti problemi per nulla»
«Sai che mi devi chiamare anche per la più piccola cavolata. Io correrò sempre da te. Sei la mia famiglia» e mi strinse la mano che avevo appoggiato sul tavolo.
«A proposito di persone importanti» e gli tirai uno schiaffo sulla mano che aveva appoggiato sulla mia.
«Ahi!» disse dolorante massaggiandosi la parte lesa. «E questo per che cos’era?»
Alzai un sopracciglio e sussurrai «Francis»
Lo vidi diventare rosso dalla vergogna, per quanto volessi fare la finta seria e fargli pesare quell’omissione non ce la feci e buttando leggermente indietro la testa risi di gusto guardando la sua faccia sparire in un immersione in extremis nel caffè.
«Non fare il timidone» lo schernì.
«Non faccio il timidone»
«Allora come vanno le cose con F?»
«Lei che ti ha detto?»
«No,no caro, non ti dirò niente, io sono l’ascoltatrice delle parti, non voglio avere nessun ruolo attivo nella vostra relazione, sarebbe una cosa strana visto che siete entrambi miei amici»
«Ma a me vuoi più bene» disse sicuro della sua risposta. Era vero volevo più bene a lui, ma non per cattiveria, Jordan era come un fratello per me, mentre F era la mia migliore amica, era proprio diverso il rapporto di base che mi legava a loro.
Parlammo per ore di lui e F, lo aggiornai sulle ultime pazzie di Hannah e della sua fuga disperata da Mat che l’aveva ribeccata con un altro, ma questa volta con uno dei suoi migliori amici.
«Cosa?» Disse lui strabuzzando gli occhi. «Sapevo che era un caso critico quella ragazza, ma ero ancora convinto che avesse una coscienza, un’anima e invece si è fumata anche quella. Pazzesco!» Adoravo raccontare le cose a Jordan, mi dava sempre troppa soddisfazione.
«E Mat ci sta ancora?»
Feci di si con il capo.
«Però ho saputo da Tay che ha massacrato di botte l’amico. Se non fossero intervenuti gli altri lo avrebbe ucciso»
«Proprio non capisco» disse abbandonandosi sulla sedia di plastica che dondolò per quello slancio. «Perché punire così l’amico e continuare insieme alla ragazza? Comunque penso seriamente che non sia umana, non penso abbia un cuore che batte nel petto, ma cavolo, io l’avrei lasciata già da tempo!»
«Sono d’accordo con te, qualsiasi persona sana di mente lo sarebbe, solo che Mat è perdutamente innamorato di lei. E’ un bestione dal cuore d’oro e secondo Tay ha visto qualcosa di buono in Hannah e spera che un giorno metta la testa apposto»
«Illuso» sentenziò Jo e non potevo dargli torto. Come si poteva amare così tanto una persona da perdonarle tutto il dolore che gli procurava? Non si stancava di non essere ricambiato? Che Hannah non lo rispettasse? Erano domande senza risposta per me, l’amore era un mistero, un casino allucinante che non si sistemava mai, peggiorava e basta con il passare del tempo. Non sarei mai caduta nella trappola.

Angolo autrice:
Buona sera! Se siete arrivate fino a qua vi ringrazio per il tempo che mi avete dedicato! In questo capitolo abbiamo visto un po' meglio il rapporto tra Sash e Jordan e abbiamo dato una sbirciata al passato della protagonista che le ha lasciato un profondo dolore. Spero che questa parte vi sia piaciuta e spero che mi lasciate un commento per farmi sapere la vostra opinione! Che dire ancora? Grazie mille per seguire questa mia storia imperfetta, ma che sto scrivendo con il cuore e con tutto l'impegno! Grazie.
   
 
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