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Autore: MixHerondair    18/08/2015    6 recensioni
"Waiting for the end to come, wishing I had strength to stand, this is not what I had planned, it’s out of my control."
Quasi sedici anni erano passati dall'ultima volta che aveva visto quello sguardo, ed in tutti quegli anni non era cambiato. Quello sguardo che non era mai riuscito a decifrare. Quello sguardo che anni prima si era ripromesso di decifrare, ma che non era riuscito nell'impresa nemmeno durante quei momenti in cui erano riusciti ad avvicinarsi come raramente accadeva. Come raramente lui lasciava accadere.
Non avrebbe mai pensato di ritornare a posare i propri occhi su quello sguardo, che fin dal primo giorno di college era riuscito a rapirlo completamente.
E di certo, mai si sarebbe sognato di pensare che avrebbe rivisto Gerard in una situazione del genere.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Stranger in a Strange land 
(past)

 
 


 Enemy of mine
I’m just a stranger 
in a strange land  -Stranger in a Strange land, Thirty Seconds to Mars




 
Settembre, 1998
 
 
Frank non aveva mai preso la pessima abitudine di arrivare in ritardo, anzi, grazie agli ultimi anni della sua vita passati in Italia, aveva imparato a prendere le cose con largo anticipo se non voleva correre il rischio di un eventuale ritardo. Così, per il primo giorno di college, si era svegliato anche prima di quanto avrebbe fatto normalmente, con il risultato di uscire dal suo appartamento circa un’ora prima dall’inizio delle lezioni. Ed abitava ad un solo kilometro di distanza dal college. Con il passo spedito di Frank erano esattamente quindici minuti. Quindi, non c’era nessun apparente bisogno di uscire un’ora prima da casa. Non doveva nemmeno passare in segreteria, il giorno prima si era preoccupato di andare a ritirare il proprio orario delle lezioni e la cartina del campus che, ovviamente, si era già preoccupato ad imparare a memoria così da non rischiare di far la figura della matricola inesperta, anche se, a conti fatti, era proprio ciò che era.
Il problema era che Frank era un metro e sessantotto di ansia e preoccupazioni.
Non faceva nulla affidandosi al caso. Tutto ciò che faceva era strettamente studiato in tutte le sue sfaccettature, così da capire quale sarebbe stata la via che avrebbe comportato meno rischi.
Ed era per quello che, con ben un’ora di anticipo, si era già incamminato verso la scuola.

La tranquilla camminata che si era immaginato, fu interrotta nemmeno dopo cinque minuti di cammino, quando come uno stupido si accorse di non aver preso la borsa con all’interno ciò che gli occorreva per quella giornata.
Dovette, così, tornare indietro spendendo altri cinque minuti. Che sommati a quelli di prima facevano dieci minuti. Gli rimanevano solo cinquanta minuti, quindi la situazione non era affatto grave e dentro di se Frank pensava che aveva fatto bene a prepararsi così in anticipo.
Si ritrovò nuovamente in strada, pronto ad affrontare quel kilometro che lo separava dalla sua prima lezione.
Ma, a quanto pare, la fortuna non girava dalla sua parte quella mattina.

Poteva vedere gli edifici del college stagliarsi davanti a se a nemmeno quattrocento metri di distanza, dal punto in cui si trovava godeva di una bella vista di tutto l’insieme. Studenti che ritornavano dalle loro vacanze ed incontravano altri studenti loro amici che si fermavano ad abbracciare. Studenti intenti a trasportare le loro valigie attraverso il cortile della scuola, dirigendosi molto probabilmente verso i dormitori. Studenti che semplicemente se ne stavano fermi, come lui, a guardare l'ambiente in cui avrebbero trascorso i seguenti quattro anni o più. Da quella posizione, si poteva veramente vedere tutto e forse era per quello che le gambe di Frank avevano deciso di inchiodarsi esattamente in quel punto. O forse avevano deciso di inchiodarsi lì così che Frank potesse prendersi una bella pioggia di escrementi di uccello direttamente sulla spalla destra.
In un primo momento Frank rimase perfettamente immobile, non sapendo come reagire. Prese un bel respiro profondo, dopotutto aveva imparato a gestire i fantastici momenti di sfiga alla Iero che gli accadevano sempre.
Sperando che nessuno avesse notato qualcosa, o meglio, quella cosa che aveva sulla maglia, girò i tacchi ed intraprese nuovamente la strada che l’avrebbe condotto a casa, di certo non sarebbe andato alla sua prima lezione conciato in quel modo.
Intento a pensare all’enorme macchia che aveva sulla maglia e, allo stesso tempo, calcolare quanto tempo ci avrebbe impiegato per andare e tornare, attraversò la strada senza guardare se c’erano macchine in avvicinamento. E, dato che la sfiga non era mai abbastanza, si ritrovò quasi spiaccicato sul parabrezza di uno di quei SUV da ricconi, di quelli che in Italia si possono contare sulle dita di una mano da quanti ce n’erano.

Il veicolo, fortunatamente, si era fermato appena in tempo, ovvero aveva solo sfiorato le gambe del ragazzo. Frank, comunque, si voltò quel tanto che bastava per poter vedere chi ci fosse alla guida dell’auto e per potersi, perlomeno, scusare per quel piccolo inconveniente. Non fece nemmeno in tempo a verificare l’identità dell’individuo, nemmeno capire se fosse un maschio od una femmina, che il potente suono del clacson risuonò nell’aria ed interruppe la tranquillità del campus.
Poté quasi sentire tutte le persone fermarsi e voltarsi verso di loro, a guardare cosa fosse successo. Poté quasi sentire i loro sussurri che si chiedevano, l’un l’altro, cosa diavolo ci facesse un coglione in mezzo alla strada, appiccicato ad una macchina, immobile.
O forse erano solo le solite paranoie che era solito farsi.

Lanciò un altro sguardo al guidatore della macchina, questa volta abbastanza a lungo dal riconoscerne almeno il sesso. Era un ragazzo, nascosto dietro ad un paio di occhiali neri a mascherina, con una fastidiosa smorfia di irritazione mista a strafottenza che gli attraversava il viso; dalla mascella contratta alla posizione delle labbra. Non riusciva a vedere gli occhi del ragazzo da dietro gli occhiali e per qualche ragione ne era grato.
Quando si rese conto che, effettivamente, si era soffermato troppo a lungo dinanzi la macchina e che il ragazzo all’interno della macchina poteva iniziare a pensare seriamente che Frank fosse afflitto da qualche problema, alzò le mani come per scusarsi dell’intera faccenda e con passo spedito ricominciò a camminare verso casa per cambiarsi quello schifo che aveva addosso.


 
Dopo i contrattempi avuti durante il tragitto di quella mattina, era fortunatamente riuscito ad entrare in aula tre minuti prima dell’inizio della lezione. Con tanto di fiatone.
L’aula era già gremita di studenti e, ad un primo sguardo, sembrava che non ci fossero più posti a sedere liberi ma, studiando meglio la situazione, qualche posto vuoto si riusciva ad intravedere. Erano rimasti esattamente tre posti liberi. Due erano più o meno a metà della sala mentre l’altro era in prima fila.
Frank, poco ma sicuro, non si sarebbe mai seduto in prima fila, quindi, cercando di nascondere l’insicurezza del proprio passo, si diresse verso uno dei due posti liberi a metà aula.
Finalmente, dopo quell’ora infernale che aveva passato, si poté sedere.

Quasi all’istante, senza darsi il tempo di trarre un sospiro di sollievo o di riprendere semplicemente fiato dalla corsa che gli era toccato fare, iniziò a tirare fuori dalla borsa a tracolla il quaderno per gli appunti ed una penna, che sistemò subito dopo sul ripiano davanti a se che aveva tutta l’aria di essere un banco.
Quando era entrato nell’aula, non si era lasciato il tempo di osservare le differenze lampanti che c’erano tra un’aula del genere ed una semplice aula di liceo, quindi era abbastanza strano ritrovarsi in un luogo così per seguire una lezione. Era abituato alle file di banchi perfettamente allineati e separati gli uni dagli altri, così da avere gli altri ad una distanza ragionevole da se, ma lì le cose erano diverse. Erano tutti troppo vicini. E più pensava a quella situazione, a quella disposizione, più l’aria diventava soffocante.
Doveva decisamente calmarsi e concentrarsi sulla lezione imminente, e non pensare alle persone attorno a lui, che potevano guardarlo e pensare chissà che cosa. O magari potevano guardarlo e riconoscerlo come quello che “se ne va in giro con la cacca di uccello addosso ed intralcia le macchine quando passa perché non è abbastanza intelligente da guardare dove mette i piedi”.
Okay, forse stava esagerando. Decisamente.

Decise che era meglio non osservare la stanza e gli altri studenti che lo circondavano, così si mise a fissare il banco scuro in legno di fronte a se. Non passò molto tempo prima che iniziasse ad allineare quaderno e penna così da posizionarli in ordine perfetto.
Aveva sempre avuto quel difetto. Doveva sistemare tutto ciò che gli si presentava a tiro. Doveva allineare le cose. Riordinarle. Riordinarle in un modo che per lui era normale, ma che agli occhi degli altri poteva sembrare maniacale. Ed in effetti, lo era. Lui era maniacale.
Frank sapeva di essere leggermente maniacale, ma giustificava quel fatto a se stesso come se fosse una cosa normale per una mente incasinata come la sua. Doveva mantenere ordine tra le cose che sapeva di poter tener sotto controllo, la propria mente non era tra quelle, ma la propria mente non era una cosa materiale quindi era normale non riuscir a mantenerla sotto controllo. Con le cose materiali, invece, era tutta un’altra storia. Era facile. Le cose materiali erano fatte per essere allineate tra di loro e quell’ordine era così armonioso che non lo si poteva non seguire. Un’armonia che riusciva a sovrastare la disarmonia della propria mente.
Un colpo di tosse lo fece riscuotere dallo fissare intensamente le imperfezioni del legno che formavano il tavolo. Capì subito che qualcuno stava cercando di richiamare la sua attenzione e che nessuno dei suoi vicini si era fatto cogliere da un attacco di tosse.

Si volse curioso di vedere chi diavolo lo stava cercando, dato che non conosceva nessuno in quel posto, ed infatti si ritrovò a fissare la figura di un ragazzo sconosciuto, completamente vestito di nero, in piedi esattamente a fianco a lui, che lo fissava con irritazione dall’alto.

«Sei sul mio posto.»  

Ah, ecco perché aveva reclamato la sua attenzione. E lui che pensava che qualcuno volesse fare della semplice conversazione.

«Scusami, non sapevo ci fossero dei posti assegnati.»

E, anche se dalle sue labbra uscì quella frase, continuava a credere che in realtà non ci fossero dei posti assegnati. Era più propenso a pensare che quel ragazzo volesse fare il prepotente, ma disse comunque quella frase perché magari i posti erano veramente assegnati e lui non lo sapeva.

«Posti assegnati? Ma dove credi di essere? Mi sono assegnato questo posto da solo circa tre anni fa.»

Frank non poteva capire che in realtà, il ragazzo davanti a se, stava mentendo e gli stava propinando quella scusa solo perché non voleva sedersi davanti, dato che era l’unico posto rimasto libero.

«Ti vuoi muovere? Non ho tutto il giorno. Mi hai già fatto perdere abbastanza tempo quando hai investito la mia macchina perché, a quanto pare, è troppo difficile per te comprendere il codice stradale.»

Frank non poté evitare di rimanere per un attimo interdetto. Che coincidenza del cazzo. E lui che sperava di non incrociare mai più la strada di quello stronzo del SUV.

Guardò meglio il ragazzo e questa volta poté osservare meglio ogni suo lineamento grazie all’assenza degli occhiali, che constatò gli avevano tenuto nascosto gran parte del viso.
Non voleva far la figura di un cretino che non riusciva a comprendere ciò che gli si diceva, o magari di un adolescente in preda ad un colpo di fulmine, ma era proprio quella la figura che stava facendo. Però, continuava comunque a fissare il ragazzo davanti a se.

A Frank era sempre piaciuto guardare le persone, quasi esaminarle con uno sguardo, o diversi. Ovviamente cercava sempre di farlo con discrezione, senza rischiare di sembrare un guardone, ma quella non era la prima volta che faceva una dubbia figura mentre si perdeva a fissare il viso di qualcuno.
Il viso di quel ragazzo aveva qualcosa che non riusciva a comprendere, quel qualcosa forse dato dall’espressione che aveva. Un’espressione che non riusciva a decifrare, data da degli occhi anch’essi indecifrabili, freddi ma al contempo brucianti. Rabbia, forse?

Nulla riusciva a capire di quel ragazzo, ma una cosa era riuscito a comprendere da solo, doveva sbrigarsi a distogliere lo sguardo e, magari, accontentarlo cedendogli il posto.

«Ti svegli? Se ti alzi subito, magari dopo ti regalo un poster.»

Non essendo in grado di reggere altre frasi con quel tono così tagliente, a Frank non rimase altro che alzarsi così da lasciargli libero il posto. Purtroppo, poté subito constatare che l’unico posto libero rimasto era quello in prima fila. Esattamente quello che voleva evitare.
Iniziò a raccogliere le cose, ma fece a malapena in tempo a rimettersi la tracolla in spalla e ad uscire dalla postazione che lui, e le attività di tutti gli altri studenti, vennero interrotte da una voce. Senza dubbio quella che doveva appartenere al professore.

«Non ho dubbi sul fatto che il Signor Way sia in ritardo, ma dovete sapere che in quest’aula non sono permessi ritardi. Ora, non sapendo come stanno le cose ed anche perché questo è il primo giorno, invito tutti gli studenti in piedi a sedersi.»

Ci volle poco prima che tutti gli studenti presenti in quell’aula si rendessero conto che gli unici studenti in piedi erano lui e quel Way, a quanto pare era quello il suo nome, che aveva di fianco.

Cercando di ignorare tutti gli sguardi piantati su di lui, si diresse velocemente alla prima fila, dove c’era l’unico posto rimasto libero. Si sedette e ripescò il quaderno e la penna che poco prima era stato costretto a ricacciare dentro la borsa. Sistemò entrambi gli oggetti sul tavolo, esattamente come aveva fatto prima; mettendo un po’ di ordine sperando così di attenuare l’imbarazzo che gli aveva suscitato la scena di pochi attimi prima.

Piantò lo sguardo sul tavolo, aspettando impazientemente che il professore iniziasse la lezione, così da potersi concentrare in qualcosa che non fosse lui stesso e a quanto gli mancasse quel piccolo paesino italiano in cui aveva vissuto negli ultimi cinque anni. Quel paesino dove almeno conosceva qualcuno, dove era riuscito, miracolosamente, a farsi qualche amico. Non riusciva più ad ignorare il fatto che lì, in quel posto, in quel maledetto campus, era completamente solo. Circondato da persone che gli rivolgevano solamente sguardi di sufficienza. Uno straniero in una terra che pochi anni prima era stata casa sua.

«Vecchi studenti provenienti da altri miei corsi, matricole, benvenuti al corso di diritto penale.»

Fortunatamente, fu accontentato; ma ben presto si ritrovò a desiderare che quella lezione finisse al più presto. Sentiva su di se lo sguardo di Way, uno sguardo che quasi gli bucava la testa. Voleva convincersi che, come la maggior parte delle volte, era solo una sensazione frutto della sua testa, ma uno sguardo veloce dietro di se aveva confermato ciò che sentiva.
Aveva quei due occhi piantati addosso come se volessero fargli prendere fuoco all’istante. 


 


Angolo  Autrice: 
Okay, ho appena finito di scrivere questo primo capitolo, sono le quattro e mezzo del mattino e non posso posso aspettare un momento in più per pubblicare. Sono però anche super agitata per la pubblicazione di questo capitolo. 
E' la mia prima vera e propria fanfiction, ho sempre e solo scritto storie originali e non so veramente come possa essere/sembrare questa cosa che ho scritto. 
Vorrei potervi almeno dire che ho scritto questo capitolo di getto, ma in realtà è stato un parto. Purtroppo (o fortunatamente (?) ) ho già tutta la storia in mente e riuscire a fare un po' di ordine tra le idee per poter scrivere il primo capitolo, è stato difficile. 
Ringrazio infinitivamente 
Euachkatzl  per aver sopportato i miei scleri (e per avermi in qualche modo aiutata) per tutte le idee che mi venivano  in mente per questa fanfiction. 
So che è solamente il primo capitolo e che recensire il primo capitolo è pur sempre un rischio, ma gradirei avere un piccolo parere da parte vostra. 
Prima di scrivere il capitolo, mi sono acculturata il più possibile su internet su come funzionano i college ed i vari corsi in America e spero di aver capito abbastanza. 
Ah! Quasi dimenticavo. I titoli dei capitoli saranno tutti titoli di canzoni delle band che ascolto, perfino il titolo della storia è preso da una canzone. (per chi non la conoscesse, è waiting for the end dei linkin park, mentre quella del capitolo è stranger in a strange land dei 30 seconds to mars) E boh, nella mia testa sono un po' la chiave (?) per capire il capitolo, però non so se magari anche per voi sarà così. Ci tengo però a precisare che non userò mai canzoni dei my chem come titoli dei capitoli. ù.ù 
Penso di aver finito, quindi al prossimo capitolo! 

-MixHerondair
   
 
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