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Autore: steffirah    19/08/2015    1 recensioni
Si tratta di una serie di One-shot per la Shaosaku week (che cadeva dal 20 al 26 luglio). Alcune sono AU, altre riguardano i viaggi nelle varie dimensioni, seguendo il tema di quel giorno.
Sette date, otto mondi fantastici in cui vivere esperienze straordinarie.
Genere: Angst, Avventura, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sakura, Syaoran, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Day 1 – FIRST MEETING
 
~ The world of your smile ~
 
Quello era il giorno del compleanno del mio onii-san. Senza farmi notare sgattaiolai fuori dalla mia stanza per assistere alla prima alba - e poter esaudire un desiderio per lui - quando mi imbattei in mio padre. Mi massaggiai il naso che aveva sbattuto contro il suo fianco e lui mi sorrise, abbassandosi alla mia altezza per carezzarmi la testa.
«Buongiorno principessa. Siete già sveglia?»
«Buongiorno padre!», ricambiai raggiante. Gli spiegai il motivo per cui fossi su di giri e lui mi guardò contento, lasciandomi proseguire per raggiungere la mia meta.
Scesi le scale in fretta, a piccoli saltelli, e raggiunsi il giardino che affacciava verso est, sedendomi accanto ad un grosso ciliegio. Arrivai giusto in tempo: i primi raggi di luce bianca stavano stracciando il velo del cielo, volgendo al giorno. L'orizzonte si tinse di un celeste leggero, che in breve divenne un arancione rosato, e quando vidi un piccolo raggio di sole sorgere dal lontano confine chiusi gli occhi e benedii quella giornata, affinché fosse propizia per il mio fratellone. Mi lasciai carezzare dalle lunghe braccia del sole che ben presto mi avvolsero con il loro calore, appoggiandomi alla corteccia e ascoltando i canti mattutini degli uccellini.
Sorrisi beata, totalmente immersa nella natura, da non rendermi conto che era già trascorsa un'ora e alcuni ospiti erano già arrivati. Me ne accorsi sentendo un vociare sommesso e leggere risate, così mi alzai, stiracchiandomi e pulendo il vestito dalla sabbia. Girai attorno all'albero, pronta a dare a tutti il benvenuto, quando vidi passare il signor Fujitaka. Gli corsi incontro, felice di vederlo. Era uno degli abitanti del Regno di Clow, ma prima di ciò era un grande amico di mio padre. Lo consideravo, in parte, come uno zio.
«Fujitaka-san! Buongiorno!», gridai sbracciandomi, cercando di farmi notare.
Lui si voltò a guardarmi e mi rivolse uno dei suoi enormi sorrisi, venendomi incontro e inginocchiandosi per raggiungere la mia altezza.
«Sakura-hime! Buongiorno!»
«Siete qui per il compleanno di Touya-niisan?», mi informai, dondolando sui piedi.
«Anche.», rispose ridacchiando. «In realtà ne stavo approfittando per presentare mio figlio a vostro padre.»
«Suo figlio?», ripetei confusa. Conoscevo il signor Fujitaka da... Sempre, praticamente. E non ricordavo fosse sposato.
«Esatto. Lui.», confermò, indicando con la testa dietro di sé.
Seguii il suo gesto e notai un bambino in piedi accanto ad una colonna, con una mano appoggiata su di essa e lo sguardo fisso diretto verso ciò che poco prima stavo ammirando anche io. Lo guardai da lontano, zittendomi, trattenendo il fiato. Dal suo volto trasparivano sentimenti che mi erano completamente nuovi: una solitudine profonda si rifletteva nei suoi occhi, spenti dalla tristezza e l'apatia. Era come se il suo cuore si stesse stringendo, costretto da migliaia di spine. Potevo fare qualcosa per alleviare il suo dolore?
«Ah, Fujitaka! Tuo figlio è proprio un bravo ragazzo.» Sentii la voce di mio padre a pochi metri da me, ma non riuscivo a voltarmi. Era come se qualcosa, simile a una corda invisibile, mi legasse al suo triste sguardo, impedendomi di sfuggirvi.
«Principessa, hai già conosciuto Shaoran?»
«Shaoran?», ripetei, riuscendo finalmente a spezzare quella sorta di ipnosi in cui ero caduta e alzando lo sguardo su mio padre.
«Mio re, ancora non si sono presentati.», si intromise Fujitaka-san e dal tono sembrava mortificato.
«Fujitaka-san, Shaoran è suo figlio?», chiesi rivolgendomi a lui, lanciando un'altra occhiata a quel bambino così lontano da noi. Era distante. Totalmente assente, come se la sua mente si trovasse altrove. Eppure, per me, per il mio cuore, era presente come nessun altro lo era mai stato.
«Sì.», confermò.
Mi oscurai, riflettendo: «Sembra... Perso.» Non mi accorsi di aver parlato ad alta voce, ma sentii il signor Fujitaka annuire rumorosamente.
«È a causa del suo passato. È un argomento un po' difficile da trattare, soprattutto perché lui non ricorda niente.»
«Come?», chiesi incredula, quasi soffocando nella mia stessa voce.
«Meglio che vada ad avvisarlo. Se volete scusarmi...»
Vidi Fujitaka-san allontanarsi, in direzione di suo figlio e mio padre mi si mise davanti, bloccandomi la visuale.
«Principessa, ascoltatemi con attenzione. Il signor Fujitaka ha trovato quel bambino poche settimane fa, mentre faceva delle ricerche. Pioveva a dirotto e fu un miracolo se si accorse di lui: correva per cercare un riparo quando lo vide, in fondo ad una strada abbandonata, pieno di bende e ferite, raggomitolato su se stesso. Si sentì stringere il cuore e, non avendo un figlio tutto suo, decise di adottarlo. Gli chiese il nome, da dove venisse, chi fossero i suoi genitori... Ma lui non ha saputo rispondere a nessuna di queste domande. Così Fujitaka ha capito che non ricorda nulla del suo passato. Quel bambino ha perso la sua identità, probabilmente non ha mai ricevuto amore da nessuno e non ha nulla in cui credere.»
«È terribile.», sussurrai, prossima alle lacrime. Si poteva essere così crudeli con un bambino? Possibile che lui avesse dovuto soffrire così tanto?
Mi affacciai al di sopra della spalla di mio padre e notai Fujitaka-san rivolgergli un sorriso paterno che, tuttavia, non veniva ricambiato. Mi trattenni dal piangere e tirai su col naso, guardando mio padre con determinazione. Avrei fatto qualcosa per lui. Tutto ciò che era in mio potere.
«Desideri parlargli?»
«Sì.», risposi senza indugio. Avrei estratto tutte le spine che gli circondavano il cuore, una alla volta, lenendo le sue ferite.
Mi guardò soddisfatto, i suoi occhi sembravano pieni di orgoglio e soddisfazione, quando poi si avvicinò al signor Fujitaka e salutò Shaoran arruffandogli teneramente i capelli, prima di allontanarsi insieme al primo. Deglutii e feci qualche passo avanti quando Shaoran si girò ed incontrò i miei occhi. Lo vidi sorprendersi, ma ci feci poco caso. Non appena era iniziato il nostro contatto qualcosa era decollato in me: riconobbi il desiderio di aiutarlo. Il desiderio di salvarlo. Il desiderio di vederlo sorridere. Il desiderio di fare qualsiasi cosa per lui pur di vederlo... sereno. Gioioso. Allegro. Qualunque cosa pur di non dover più scorgere quell'oceano di lacrime che trascinava via i suoi sentimenti. Non stava versando una lacrima, eppure mi sembrava di vederle: potenti, irruenti, come delle cascate scorrevano impetuose sul suo viso e trafiggevano il suo cuore, alimentando il suo dolore.
Mi parve di annegare in esse quando decisi di darmi una scrollata e raggiungerlo. Ovunque si trovasse, io avrei raggiunto il suo spirito solitario. Forse camminai con troppa irruenza perché dopo alcuni passi inciampai nel bordo del mio vestito e caddi con la faccia a terra.
«Ahia!», mi lamentai.
«Vi siete ferita?»
Sorpresa, alzai lo sguardo su di lui, trovandolo piegato in avanti, porgendomi una mano per aiutarmi a rialzarmi. Il suo sguardo continuava ad essere inespressivo, tuttavia dalla sua voce traspariva sincera preoccupazione. Capii, in quell'istante, che era un bambino premuroso. Gentile. Altruista. Una spina era già svanita.
«Sto bene, grazie!», esclamai, rincuorata, prendendo la sua mano e lasciando che mi aiutasse a rialzarmi. Lo sentii irrigidirsi e ipotizzai potesse infastidirlo un contatto così improvviso. Ritrassi la mano a malincuore e lo guardai dritto negli occhi sorridendogli.
«Io sono Sakura!», mi presentai e lui attese qualche istante prima di fare altrettanto.
«Il mio nome è Shaoran.»
Realizzai che la scelta delle sue parole non era casuale e cercai di infondergli sicurezza.
«So che sei Shaoran. Tuo padre sembra molto fiero di te.» Mi guardò meravigliato, come se non se lo aspettasse e io gioii dentro di me alla vista di tutte quelle espressioni che si stavano facendo breccia sul suo viso. Mi infondevano speranza. «Poco fa stavamo parlando e credimi, non l'ho mai visto tanto contento. Devi essere stato una gioia per lui.»
«Perché... lo pensate? Non sono un fastidio?»
Si rabbuiò e io negai forte con la testa.
«Affatto. Fujitaka-san ha sempre vissuto da solo, ma adesso che ci sei tu potrà finalmente sentirsi parte di una famiglia. Tu sei la sua famiglia.», spiegai. Era soltanto un'ipotesi, ma avevo l'impressione di non sbagliarmi.
«Io... La sua famiglia? Ma io...» Tacque, sviando lo sguardo e io non mi frenai dal prendergli le mani per attirare la sua attenzione.
«Ci vorrà un po' di tempo, ma vedrai che andrà tutto bene. Te lo assicuro.», gli promisi, sorridendogli con tutta l'anima e lui abbassò lo sguardo mormorando:
«Mi dispiace...»
«Non dispiacerti. In questi casi si dice “Grazie”, se proprio vuoi, ma non ce n'è bisogno. Non ho fatto nulla.» Non ancora, almeno.
Lui annuì e, rialzando lo sguardo su di me, disse con voce ferma: «Grazie.»
Non me lo aspettavo, perciò mi imbarazzai. Gli lasciai le mani, portandomi le mie dietro la schiena e stringendole forte tra loro. Improvvisamente sentivo una nuova e forte emozione che non riuscii a riconoscere.
«Di niente, Shaoran.», sussurrai arrossendo lievemente. Poi mi resi conto di quanto fossi informale e chiesi, indugiante: «Ehm... Posso chiamarti “Shaoran”?» Lui annuì, in silenzio, e io sospirai risollevata. «Allora anche tu, chiamami soltanto “Sakura”.»
«M-ma... Voi siete la principessa e -»
«Solo “Sakura”.», ripetei.
Lui prese tempo prima di chiamare il mio nome, quasi intimidito. «Sa... Sakura.»
Sentii il mio cuore fremere, come le ali di un uccellino. Gli rivolsi un enorme sorriso, esclamando: «È un vero onore conoscerti, Shaoran!»
Per il resto della mattinata gli feci fare un giro del castello, presentandogli poi quel mostro di mio fratello - che sembrava non avere alcuna pietà di lui. Provai a lamentarmi per il suo comportamento, ma lui cominciò a beffeggiarmi definendomi una “bambina” e decisi di portare Shaoran lontano da lui prima che mi facesse fare ulteriori figuracce.
Ciononostante, grazie all'intervento del futuro sacerdote, Yukito-san, anche Shaoran fu invitato al banchetto che si tenne quella sera nel nostro immenso giardino. Tutto era illuminato da numerose lanterne e stelle filanti dorate e al di sotto di questa atmosfera aurea vidi il primo sorriso di Shaoran. Era timido, ma sincero. Ed era completamente dedicato a me.
Mi sentii scaldata da quella piega all'insù appena appena visibile agli angoli della sua bocca, apparsa poco dopo il nostro primo incontro. Un incontro che aveva segnato il nostro destino perché, anche se ancora non lo sapevo, non era accaduto per caso. Come poi avrei scoperto, al mondo ogni cosa era semplicemente inevitabile. Così, anche il fatto che ben presto mi sarei innamorata di Shaoran.
  
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