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Autore: Cathy Earnshaw    19/08/2015    0 recensioni
"Era una calda serata estiva, di quelle che restano incollate addosso con il loro profumo di fiori e di rosmarino, con il frinire delle cicale, con le risate degli amici. Tutta la popolazione della piccola cittadina di Pothien si era riunita nella piazzetta principale. La musica colorava con le note eteree dell’arpa le serate del Nord della Terra dei Tuoni, e i cantori narravano le loro storie affascinanti a chiunque le volesse ascoltare."
Non è un'introduzione, lo so..ma credetemi se vi dico che è ancora tutto troppo vago anche per me per poter scrivere un'introduzione coerente ;) Vi piaciono i racconti con maghi, elfi, duelli e lunghi viaggi in terre desolate? Benvenuti nella Terra dei Tuoni, amici!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Di guerre e cascate - La Terra dei Tuoni'
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Micael si accostò a Liam e gli afferrò un braccio, come fosse stato in procinto di scappare .
«Tu hai visto gli alleati, Liam. In che condizioni sono? Sono lontani? Tra quanto saranno pronti ad unirsi a noi?»
Liam resistette all'impulso di svincolarsi dalla sua stretta. Odiava sentirsi messo con le spalle al muro.
«I primi contingenti sono già operativi e stanno combattendo insieme ai nani. Le retrovie si sono fermate più a Sud a combattere gli orchi guidati da Abby. Direi che potrebbero essere già abili, però se intendi portarli in città dovresti come minimo avvisarli, prima…»
Micael annuì.
«Prendi il mio posto, ragazzo» disse allontanandosi tra la calca.
Liam sospirò e si inserì tra le fila dei maghi.
Non combatteva da molto quando una forte esplosione scosse la Piana di Thann, obbligando tutti quanti a trattenere il respiro. In pochi minuti la voce che Ruben aveva abbattuto un drago si diffuse per tutto il campo di battaglia. Liam soppresse ancora una volta l'ansia e tornò a concentrarsi su Caleb. Lo stronzone non si lasciava proprio colpire, a parte qualche misero graffio era come nuovo. Per di più, ogni volta che incrociava il suo sguardo sembrava dire "povero scemo, avresti dovuto uccidermi quando ne avevi la possibilità". E aveva ragione, ma sul momento Liam aveva fatto la scelta che gli era sembrata migliore.
Quando tutti gli alleati ebbero finalmente raggiunto la porta Est, gli orchi iniziarono a battere in ritirata, travolgendo i maghi che combattevano a ridosso delle mura.
Liam e Malik si concentrarono sulla marea di nemici in fuga, per impedire loro di attaccare gli altri impegnati con gli stregoni. Quando la massa ebbe oltrepassato il manipolo di maghi, circondò Caleb e Rafik, che ne approfittarono per svignarsela.
Rientrando al campo, Liam fu spiacevolmente colpito dal silenzio innaturale che vi aleggiava. Prima di finire vittima di altre brutte notizie, si precipitò nella sua tenda e imprecò fra i denti quando vi trovò Jonna, raggomitolata sul suo giaciglio.
«Va tutto bene?» domandò esitante.
La ragazza alzò gli occhi su di lui. Erano gonfi.
«Joan è…» singhiozzò. «È morta.»
Liam vacillò. Si lasciò cadere accanto a lei e la abbracciò, incurante del dolore che si diffondeva rapidamente a partire da un punto imprecisato all'altezza dello stomaco, e incurante anche del sangue e dello schifo che la battaglia gli aveva lasciato addosso. In realtà anche lui aveva disperatamente bisogno di essere abbracciato, ma pensò che se avesse potuto almeno un poco aiutare lei si sarebbe sentito meglio a sua volta.
«Mi dispiace tanto» mormorò.
«Lei era…così giovane, così allegra!» gemette Jonna affondando il viso nella camicia lurida del mago.
Liam si guardò intorno preoccupato: l'aria era sempre più elettrica e la temperatura si stava alzando.
«Fai attenzione, ti prego, manderai tutto a fuoco!»
«Non me ne frega niente» sbottò. «Liam, io voglio andare da Djalmat. Devo andare da lui.»
Liam sospirò.
«Credo che, dopo quello che è successo oggi, lo vogliano tutti…»
 
Aqua e Debrina camminavano lentamente in testa all'esercito di Ruben e di Horlon, dirette alla porta Nord della città di Cyanor. Incuranti della selva di frecce che pioveva invano su di loro dalle mura, avanzavano decise, armi in pugno. Anche Irthen non poteva fare a meno di seguirle, ignorando la nausea che gli dava il vuoto di stomaco. Tra una cosa e l'altra non metteva niente sotto i denti dalla sera prima, e la sua mente stanca non faceva che riproporgli immagini della favolosa torna di mele di Yu. Yu, che non aveva nemmeno potuto salutare a dovere prima di avventurarsi in quell'inferno che era il campo di battaglia, alla quale non aveva potuto porgere le proprie scuse per averla coinvolta in quel viaggio suicida per il mero egoismo di avere accanto la propria ancora personale. Amina, accanto a lui, gli assentò una dolorosa gomitata.
«Smettila di rimuginare» sbottò in risposta al suo sguardo interrogativo. «Sono empatica, porca miseria! Qui è già tutto un casino senza che ti ci metta anche tu!»
Irthen bofonchiò qualche scusa, consapevole che il casino a cui si riferiva la maga era dentro di lei.
Quando i due stregoni raggiunsero il portone si fermarono e si scambiarono un'occhiata e Irthen rabbrividì: sul volto di Aqua si era dipinta un'espressione entusiasta che faceva a pugni con il contesto e metteva inquietudine. E quando alzò una mano e la posò sul portone di legno, quello esplose in migliaia di pezzi. Irthen sentì le schegge passargli sopra alla testa ed evitarlo e alzando gli occhi scoprì che Debrina aveva protetto il grosso dell'esercito con i suoi nuovi poteri.
«Ma sei uscita di testa?» strillò quest'ultima con una nota isterica nella voce che non ottenne più di un'alzata di spalle da parte di Aqua.
«Beh, si è aperta, no?» rispose.
Irthen si sforzò di non ridere perché Amina, accanto a lui, era imbronciata.
La maga si guardò intorno e gli si avvicinò di più.
«Dove sono gli orchi?» domandò.
Il ragazzo capì al volo e la voglia di ridere gli passò subito. All'apertura delle porte sarebbe stato lecito immaginare un contrattacco da parte degli orchi, ma tutto taceva. Anche la pioggia di frecce proveniente dalle mura si era interrotta. Il silenzio inquieto si diffuse a cascata tra le fila dell'esercito mentre i due stregoni varcavano con circospezione la porta Nord. Quando fu il turno di Irthen di passare sotto all'arco di ingresso, non poté fare a meno di trattenere il respiro: non era passato poi così tanto tempo da quando aveva oltrepassato quella stessa soglia, eppure tutto era cambiato radicalmente. Quando l'ultimo soldato ebbe varcato la soglia, il silenzio cupo della città esplose. Un'onda di orchi e orchetti si riversò nelle strade da tutti gli edifici. Gli uomini di Natìm si compattarono per difendersi dai nemici che provenivano da ogni direzione. Irthen si ritrovò schiacciato tra James e un elfo, con la spada in pugno e il cuore che batteva all'impazzata.
In poco tempo, l'esercito di Ruben si sfaldò in piccoli contingenti, dispersi tra le vie caotiche e gli edifici fatiscenti della città di Cyanor. Irthen perse di vista James e anche Amina e i due stregoni. Nella confusione della battaglia si limitava a lasciarsi a condurre dalla marea umana. L'unica cosa essenziale era la meta: vicino alla porta Ovest c'era un'arena, e là si trovavano i draghi. Il trucco era arrivarci vivo.
 
Liam era stanco di deglutire a vuoto, anche perché il fatto che un mago d'Acqua fosse rimasto a corto di salivazione aveva qualcosa di ridicolo e di drammatico al tempo stesso. Non era mai stato il tipo di persona soggetta a crisi d'ansia, ma il suo autocontrollo era ormai giunto al limite. In piedi tra Jonna e Alec, si sentiva tra l'incudine e il martello: l'una desiderava battersi con il Re dei draghi incurante delle conseguenze potenzialmente disastrose, l'altro aveva sfoggiato lo sguardo omicida di chi sa di dover combattere contro la propria amata ex moglie.
Micael camminava nervosamente avanti e indietro, a metà strada fra i suoi uomini e le mura della città, e il suo andirivieni non faceva che aumentare l'ansia di Liam.
«Pensi che si fermerà mai?» domandò Jonna spostando il peso da un piede all'altro.
«Non ne ho idea» rispose il mago.
Quando finalmente Micael si bloccò, si volse verso di loro.
«Vi rendete conto meglio di me che una volta che ci troveremo tra quelle infernali rovine saremo in trappola. Là dentro ci sono orchi, orchetti, stregoni e draghi, e probabilmente anche i maghi di Ruben. La nostra priorità è raggiungere la base dei draghi, perché è quello che cercherà di fare anche Ruben. Solo se ci riusciremo potremo mettere in campo Lukas. Per prima cosa dobbiamo trovare i draghi.»
Liam lanciò uno sguardo fugace a quella specie di scatola con le ruote che imprigionava il bambino, pronta per essere trasportata in città.
«Sono passati cinque anni da quando avete scelto di seguirmi» proseguì. «Oggi, qui, abbiamo l'opportunità di realizzare l'obiettivo che ci siamo posti tanto tempo fa. Sarà dura, lo sappiamo tutti, ma oggi abbiamo il potere e il dovere di mettere la parola fine alla lunga e mortale discendenza dei draghi. Per noi, per i nostri figli, per la città di Madian e i suoi abitanti! Non permettete al vostro braccio di tremare, né al vostro respiro di mozzarsi prima che l'ultima orrenda testa sputa fiamme sia caduta! Per Madian!» gridò, e dalla sua schiera si sollevò in risposta un ululato che fece vacillare le ginocchia di Liam.
L'esercito di Micael si lanciò all'attacco della Porta Est, che saltò in aria in una pioggia di schegge infuocate sotto agli incantesimi di Jonna e di Alec.
Non appena varcata la soglia delle mura di Cyanor, Liam si trovò sommerso dagli orchi. Si era ripromesso che sarebbe rimasto accanto a Jonna a qualunque costo, ma in quel caos sembrava un'impresa impossibile. Ma se c'era qualcuno con qualche possibilità di raggiungere i draghi, quella era lei, e di certo Micael l'avrebbe seguita con la gabbia di Lukas. L'indovinello del colibrì fluttuava ancora davanti agli occhi di Liam, come un colibrì in piume e ossa, e lui ancora non aveva capito che cosa potesse significare. Non ci aveva mai azzeccato con gli indovinelli, non avrebbe certo iniziato a venticinque anni. Ma perché mai Lukas non aveva parlato chiaro?, si domandò affondando la spada nel fianco scoperto di un orco.
Cercando di ignorare la nausea suscitata dalla puzza del sangue, continuò a procedere seguendo la scia di Jonna che avanzava spedita, come se le sue energie aumentassero ad ogni nemico abbattuto anziché calare.
La città di Cyanor era un'immensa distesa di rovine pericolanti, e se era strato pericoloso attraversarla quando era deserta, piena di orchi e orchetti era una trappola assassina. Tra la pietra diroccata il caldo era infernale, i vestiti si incollavano alla pelle, schiacciati dalle placche delle armature, e l'aria era pensante. Da Nord provenivano boati della battaglia, sintomo che anche Ruben e i suoi stavano combattendo. L’idea che anche Irthen, Chloé e Amina fossero invischiati in quell’inferno gli dava la forza di non cedere sotto i colpi degli orchi.
«Liam! Avvicinati!» gridò Micael sovrastando il frastuono.
Spostando un gruppo di orchi con un incantesimo, il mago riuscì ad avvicinarsi a Micael quel tanto che bastava per sentire quello che aveva da dire.
«Ruben è entrato in città, e pare che ci siano due stregoni con lui.»
«In che senso “con lui?”» domandò Liam, confuso.
«Nel senso che fanno parte della sua schiera. Sto aspettando informazioni più precise, ma non si tratta degli stregoni che conosciamo. Se due dei suoi sono andati e tornati dalla Cascata del Potere, abbiamo due grossi problemi non preventivati.»
Liam vacillò. Irthen gli aveva promesso che non avrebbe fatto cretinate, non poteva trattarsi di lui. Vero che non poteva? Deglutì a vuoto.
«Quando sai qualcosa di più preciso informami subito» disse.
Micael annuì.
Liam colpì un orchetto al collo, abbattendolo, roteò e incrociò la lama con un altro nemico. Si stava lentamente avvicinando all’arena dei draghi: il momento della verità era drammaticamente vicino.
 
Con le braccia ch bruciavano per le ferite e per lo sforzo, Irthen iniziò a rimpiangere seriamente di non essere tornato alla Cascata con le ragazze. Ma aveva promesso e aveva intenzione di mantenere la parola – e comunque nessuno lo aveva invitato. Qualcuno aveva detto che gli uomini di Micael erano entrati in città e che Liam era con loro, perciò aveva deciso che non appena avesse potuto sarebbe scappato da lui. Aqua diceva che da qualche parte sotto alle rovine del palazzo c’era Stan tramutato in roccia, ma se doveva scegliere di sfidare i draghi per qualcuno non l’avrebbe certo fatto per lui.
Quando un orco si lanciò dal palazzo sopra alla sua testa con la spada sguainata, il ragazzo indietreggiò per schivarlo. Un incantesimo gli sfrecciò accanto, bruciacchiandogli i vestiti e spaventandolo a morte, e colpì l’edificio da cui era emerso l’orco, destabilizzandolo. Il palazzo vacillò e grossi blocchi di pietra iniziarono a staccarsi e a cadere sulla testa dei combattenti.
Irthen si allontanò, imitato dall’orco, che però esitò un momento di troppo e rimase sepolto dalle macerie. Il ragazzo sospirò e si guardò attorno per verificare che nessuno dei suoi fosse rimasto coinvolto nel crollo.
«Tutto ok, Irthen?» gridò Aqua passandogli accanto.
«Sì! Dove stai andando?» domandò vedendola correre controcorrente.
«Vado a riprendere Stan!» rispose scomparendo nella polvere.
Irthen alzò gli occhi. In lontananza svettava sopra agli altri edifici il palazzo di Re Storr.
 
Aqua allontanò il gruppo di orchi che tentava di circondarla senza troppi riguardi. Doveva fare in fretta se voleva tornare in tempo per intercettare Ruben prima che entrasse nell’arena di Djalmat. Non aveva idea di come fare a trovare Konstantin in mezzo alle macerie del palazzo, ma era certa che in un modo o nell’altro ci sarebbe riuscita. In lontananza, i rumori della battaglia infuriavano, e non provenivano solo da Nord: Micael era entrato a sua volta in città, i suoi sensi affinati di stregone riuscivano addirittura a percepire la posizione di Liam dell’Acqua in tutto quel casino. Facendosi strada tra i nemici, la ragazza raggiunse l’ingresso Nord del palazzo reale. Il crollo delle stanze di Storr aveva coinvolto una parte delle mura perimetrali, creando una voragine che le dava facile accesso a ciò che più la interessava: il cortile che si trovava a Nord-Ovest del plesso e sul quale le stanze protette si affacciavano. Contrariamente a quanto si fosse aspettata, l’interno del palazzo era deserto, forse perché si trovava in una zona non ancora colpita direttamente dai combattimenti, forse perché gli orchi erano troppo impegnati altrove. Il cortile era ingombro di detriti provenienti dall’ala Ovest del palazzo, andata quasi completamente distrutta. Facendo attenzione a non ferirsi, la ragazza raggiunse a balzi la zona in cui, secondo i suoi calcoli, Stan aveva combattuto prima della fuga di Hailie e della stessa Aqua. Si concentrò alla ricerca di un flebile indizio della sua presenza, ma nulla. Solo pietra e corpi senza vita.
«Eppure so che sei qui!» disse a sé stessa.
Konstantin non poteva essere morto. Lui era il più potente elemento Terra dell’epoca moderna, non ce lo vedeva ad essere caduto vittima del suo stesso incantesimo come un novellino.
Konstantin era stato capace di frenare i suoi eccessi dopo la distruzione di Madian, salvandola dalla follia. Era stato capace di restare accanto ad Amina interpretando il ruolo che, giorno per giorno, si era reso necessario. Aveva fatto tanto per tutti, ed ora spettava a lei fare qualcosa per lui.
Hailie diceva che solo lo stesso Konstantin avrebbe potuto spezzare l’incantesimo che si era imposto, ma come? Quando? Spostando pietre, cadaveri e macerie, Aqua si sentiva sempre più frustrata. Doveva pur esserci un modo più veloce… Cedendo all’irritazione, si lasciò sfuggire una scarica di energia che spazzò via tutto ciò che la circondava. Si coprì la bocca con le mani, spaventata dalla potenza distruttiva della magia sfuggita momentaneamente al suo controllo. Tenere a freno tutta quella energia era tremendamente complicato. Si guardò intorno, preoccupata di aver attirato l’attenzione di qualcuno o di qualcosa, ma tra le rovine del palazzo non volava una mosca.
Riprese a scavare. Un oggetto attirò la sua attenzione: era una cornice, la cornice dello specchio che stava appeso in uno dei saloni di Storr. Lo prese tra le mani tremanti. Quando aveva deciso di partecipare a quel piano folle di Konstantin non credeva che nell’arco di pochi giorni la situazione si sarebbe stravolta a quel modo. Sospirò e lo gettò da parte. Sotto allo specchio c’era una pietra di forma strana, che non sembrava un frammento del palazzo. Aqua riprese a scavare con rinnovato entusiasmo quando comprese che si trattava dell’estremità della mano di una statua. Liberò velocemente la statua raffigurante Konstantin, la raddrizzò e la controllò. Sembrava non aver subito danni nel crollo del palazzo, neanche la minima incrinatura.
Si strofinò le mani con il cuore che batteva forte. Che cosa doveva fare per fargli capire che non c’era più pericolo?
«Stan?»mormorò.
Sfiorò con le dita il profilo della statua, non osando domandarsi se ci fosse vita dentro a quel guscio.
«Stan, puoi svegliarti adesso. È passato il pericolo» disse ancora.
Qualcosa si mosse impercettibilmente, un guizzo di energia che attraversò la pietra. La ragazza posò i palmi sul viso di Konstantin.
«Forza, Stan, dobbiamo andare! Stan? Sono Aqua!»
Aqua sentì i palmi delle mani formicolare mentre la pietra si scaldava, trasformandosi lentamente in pelle. L’incantesimo di Konstantin si stava infrangendo, permettendo al mago di tornare a vivere. Quando gli occhi si aprirono, Aqua si allontanò di un passo, sorridendo.
«Bentornato» disse.
Il mago si riscosse e si portò le mani al viso.
«Che cosa è successo? Aqua? Che cosa ti è capitato?!» balbettò.
«È lunga da spiegare. Lascia perdere e seguimi, non ci resta molto tempo.»
 
L’avanguardia dell’esercito di Micael raggiunse il palazzo di Storr senza troppe difficoltà. Anche gli orchi prima o poi sarebbero finiti, Liam non faceva che ripeterselo.
«Tagliamo a Sud» gridava Micael, appena più indietro, e lui non se lo fece ripetere due volte.
Per raggiungere l’arena dei draghi dovevano aggirare il palazzo, ed era senza dubbio meglio farlo verso Sud, il più lontano possibile da Ruben. Se non ci fosse stato quello stupido carretto a rallentarli sarebbe stato tutto più semplice, ma nel bene o nel male una volta raggiunto Djalmat sarebbe successo qualcosa.
Una freccia gli passò accanto sfiorandogli un braccio e strappandogli un grugnito. Era l’ennesima piccola ferita di cui non aveva bisogno, e Liam cominciava ad accusare. Accanto a lui, Rayhana era coperta di sangue nero. La ferocia con cui si stava battendo era pari solo a quella di Alec che roteava la sua spada e abbatteva orchi con la facilità con cui si raccolgono le margherite.
«Ruben è nell’arena» gridò improvvisante Jonna.
«Come lo sai?» gridò il mago in risposta.
«Lo so e basta. C’è anche tuo fratello, diamoci una mossa!»
Così dicendo, alzò le braccia davanti a sé e dalle sue mani proruppe una vampa di fuoco che carbonizzò tutti gli orchi che le stavano davanti. Liam si affrettò a seguirla.
 
Entrando nella grande arena, Irthen trattenne il respiro: sette draghi immensi li aspettavano, circondati dai tre stregoni e da orchi e orchetti. Djalmat, davanti a tutti, costituiva una visione agghiacciante. Le sue squame rosso scuro brillavano anche nella luce spenta di quel pomeriggio che sembrava già autunnale, i suoi occhi dalle pupille verticali erano puntati su Ruben.
«Sei arrivato, alla fine.»
La sua voce profonda riverberò come un’eco nella testa di Irthen facendogli venire la pelle d’oca. Il Re dei draghi aprì le fauci ed eruttò una cascata di fiamme. Accanto a Ruben, Debrina ed Eetan alzarono uno scudo protettivo contro il quale le fiamme si infransero esplodendo in bombe di fuoco. Djalmat ruggì e Irthen distolse faticosamente gli occhi dalle sue zanne per decidere come muoversi. Aqua si era avvicinata ad Amina quatta quatta e c’era Konstantin con lei. Per qualche assurdo motivo, il ragazzo si sentì più tranquillo.
«Coraggio» si disse.
Impugnò più stretta la sua spada e la sollevò davanti a sé. Djalmat agitò le ali possenti e si alzò in volo, imitato dal suo piccolo esercito.
«Aqua, Dede!» chiamò Ruben.
«Ci pensiamo noi» gridò in risposta Debrina.
Il rumore del battito d’ali era spaventoso e assordante, ma non era nulla in confronto al quantitativo d’aria che muovevano. Irthen riusciva appena a tenersi in piedi. Arrancando, vide Aqua e Debrina stringersi a Timothy e ad Hailie e prepararsi all’attacco. Quando una nuova onda di orchi e orchetti si fece avanti anche tutti gli altri si lanciarono. Anche Irthen era intenzionato a fare altrettanto, ma quando si trovò la strada sbarrata da Abigail gli tremarono le gambe e dovette, suo malgrado, indietreggiare. Sapeva che sarebbe successo, avevano un conto aperto che prima o poi avrebbero dovuto chiudere e forse quel momento era arrivato.
«Pronto, Ir? Questa volta non si scherza» disse prima di lanciarsi su di lui.
Irthen parò il colpo, ma le braccia minacciarono di piegarsi tanto era stato violento l’impatto. Non poteva battere una guerriera come Abby, poteva solo cercare di prendere tempo, in attesa che succedesse qualcosa. Il suo fianco sinistro era perennemente scoperto, gli aveva detto Liam. Istintivamente guardò il fianco dello stregone: la camicia era zuppa di sangue. Anche se non dava segno di risentirne, doveva essere stata ferita di recente. Irthen attaccò a quel fianco, ma Abby parò agilmente e contrattaccò. Il ragazzo indietreggiò ancora, incespicando. Lo stregone approfittò di quell’attimo di esitazione e attaccò di nuovo. Quando la lama affilata di Dente di Cobra lo colpì al petto e incontrò l’armatura di cuoio, Irthen grugnì. Nonostante la protezione, il colpo era stato tanto potente da togliergli il respiro e sbilanciarlo. Con l’agilità di una pantera Abby balzò di nuovo su di lui, e anche se Irthen faceva del suo meglio per contenerla, le capacità dello stregone erano di troppo superiori alle sue. Abby lo colpì alla spalla e il ragazzo lasciò cadere la spada, ululando di dolore. Abby sollevò di nuovo Dente di Cobra.
 
Liam rincorse Jonna a perdifiato fino all’ingresso dell’arena. Djalmat volava in circolo mentre i suoi draghi sputavano fuoco e schivavano gli incantesimi che dal basso venivano lanciati verso di loro. Tutti combattevano ed era difficile capirci qualcosa. Jonna si bloccò improvvisamente, obbligando Liam a fare altrettanto.
«Li’, laggiù c’è Irthen. Tu pensa a lui, io devo andare da Djalmat.»
Liam sgranò gli occhi. Il momento che aveva tanto temuto era giunto.
«Non andare, non sei obbligata a farlo» farfugliò.
La ragazza gli posò una mano sulla guancia.
«Lo so. Ma io ho assorbito una parte – seppur minima – dei suoi poteri, quindi se c’è qualcuno che può batterlo, quella sono io. Non ho parole per ringraziarti di tutto quello che hai fatto per me, Liam.»
«Smettila di parlare come se stessi per morire!»
Jonna sorrise e fece un passo indietro.
«Vai» disse prima di voltarsi e scomparire tra la ressa.
Liam cercò invano di seguirla con lo sguardo, sopraffatto per un attimo dalla disperazione e dal bisogno fisiologico di seguirla. Poi prese un respiro profondo e le volse le spalle. Guardando nella direzione che Jonna gli aveva indicato non riusciva ad individuare suo fratello. Mentre il resto dell’esercito di Micael si faceva largo nell’arena, però, riconobbe Konstantin e si precipitò da lui.
«Stan! Ho bisogno di te!»
«Liam?!» domandò quello meravigliato.
«Non c’è tempo per spiegare! Perché un colibrì dovrebbe poter fermare un mago d’Aria impazzito?» domandò.
«Parli di Lukas? È qui?»
Liam segnò il carretto che i nani stavano trascinando nell’arena. Konstantin si passò una mano sul viso.
«Non saprei. Il colibrì è l’uccello che batte le ali con la frequenza più alta, riesce a restare perfettamente immobile e anche a volare all’indietro se lo desidera. In un certo senso sfida l’aria...molto poetica come immagine.»
Liam imprecò.
«Che cavolo significa? Che devo prendere un colibrì e lanciarglielo contro?!»
Konstantin si rabbuiò.
«Tu non comandi gli animali.»
«Era solo un modo di dire» sbottò Liam.
«Ti fidi di me?» domandò improvvisamente Konstantin.
«S-sì, perché?»
«Tu vai da Irthen, a Lukas penso io.»
«Ma…»
«Per favore.»
Liam deglutì a vuoto e annuì.
Konstantin gli volse le spalle e Liam non sprecò un secondo di più: si lanciò alla ricerca di Irthen, pregando di essere ancora in tempo. Spostandosi tra le fila di combattenti attirava sguardi perplessi e confusi. Le persone che l’avevano visto scappare e piantare tutto, ora lo vedevano ricomparire senza un’apparente motivazione. Avrebbe tanto voluto gridare loro la verità, ma non c’era tempo. Da lontano vide la doppia lama azzurra di Dente di Cobra saettare e colpire Irthen al braccio. Irthen lasciò cadere la propria spada ed Abby si preparò ad attaccare di nuovo, per l’ultima volta.
«No!» gridò Liam lanciando un incantesimo contro di lei.
Abby se ne avvide in tempo e lo parò, mentre Irthen raccoglieva l’arma e correva incontro a Liam.
«Li’, sei vivo!» esclamò.
Liam gli sorrise.
«Avevi dei dubbi? Com’è quella ferita? È una cosa seria?»
«Non lo so, non credo. Ma fa male e non so quanto ancora riuscirò a combattere.»
Liam annuì. Abby li aveva raggiunti e ora li guardava con una luce assassina negli occhi.
«Mi domando perché io debba sempre vedermela con due persone alla volta» disse.
«Te lo chiedi pure?» sbottò Liam.
Puntò la spada verso di lei.
«Non avrei mai voluto arrivare a tanto…» mormorò.
Liam aveva promesso a sé stesso che avrebbe portato Irthen a veder il mare, quindi non  poteva morire per mano di Abigail. Trasfuse la sua magia nella spada e attaccò.
 
Quando l’esercito di Micael fece il suo ingresso nell’arena, Amina non poté fare a meno di scandagliare la massa di combattenti. Davanti a tutti stava Jonna, subito dietro a lei Liam, e poi l’oggetto della sua ricerca: Alec.
Il cuore di Amina mancò un colpo. Non vedeva suo marito dal giorno in cui le loro strade si erano divise, e aveva fatto tutto quanto era nelle sue possibilità per evitare di incontrarlo. Anche da quella distanza poteva notare come quei cinque anni non l’avessero cambiato, come fosse ancora perfettamente identico a Stan. Anche Alec si guardava intorno, e quando i loro occhi si incrociarono si mosse verso di lei. Amina deglutì. Se avesse dovuto combattere contro di lui non avrebbe osato cercare di fargli del male, sarebbe morta piuttosto.
«Speravo che non saresti stata qui, Mina» disse quando la raggiunse.
La sua voce aveva mantenuto la stessa meravigliosa profondità.
«Mi dispiace» rispose faticosamente.
«Non sei cambiata.»
Amina tentò di respirare profondamente ma il cuore le batteva troppo forte.
«Non dici niente?» insistette Alec.
«Non c’è niente che non ti abbia già detto» farfugliò.
Il mago si rabbuiò.
«Anche Stan è qui» disse.
Amina annuì e Alec si concesse un sorriso amaro.
«E pensare che eravate voi ad opporvi a tutto questo! Guardati intorno: hai rinunciato a seguirmi e che cosa hai ottenuto? Che cosa è cambiato adesso?»
«Adesso è una necessità, non una scelta» rispose Amina sentendo tornare un po’ di fermezza. «Sei tu che hai preferito la vendetta a quello che avevamo costruito insieme!»
«Può darsi, ma è la tua città ad essere finita in cenere, la tua famiglia ad essere bruciata viva! Se avessi avuto un po’ di dignità avresti fatto il possibile tu stessa per ottenere vendetta!»
Accecata dal dolore e dal senso di colpa, Amina sentì vacillare il controllo dei suoi poteri.
«Non è vero!» gridò. «Io ho fatto tutto quello che potevo per loro, la vendetta non me li restituirà!»
«Nemmeno lo startene con le mani in mano, se è per questo.»
Amina lanciò un incantesimo, mancando Alec volutamente, e il mago sogghignò.
«Nemmeno adesso, nonostante tutte le cattiverie che ti sto dicendo, hai il coraggio di combattermi?!»
Alzò una mano e la attaccò obbligando Amina a difendersi.
«Fammi vedere che cosa avresti voluto dirmi in questi cinque anni, Mina» disse preparandosi ad attaccare di nuovo.
 
Raggiunto il centro dell’arena, Jonna alzò il capo verso l’immenso drago rosso che volava in circolo sopra alla sua testa.
«Sono qui, Djalmat» gridò.
Il Re dei draghi planò e si posò davanti a lei. La fissò con quegli occhi dorati e la ragazza sapeva che avrebbe dovuto tremare di paura ma non ci riusciva. La vicinanza del drago le dava un’energia che non credeva di possedere e di fuggire non aveva proprio voglia.
«Ti stavo aspettando» disse il drago.
«Abbiamo un conto aperto, mi pare.»
Djalmat spalancò le fauci ed eruttò una vampa di fuoco. Jonna lo lasciò fare, proteggendosi solo il minimo indispensabile. Il calore delle fiamme del drago la avvolgeva come un bozzolo. Non aveva un’idea razionale di come combattere un drago, non l’aveva avuta nemmeno a Madian, ma come allora un istinto irrazionale si era risvegliato. Cinque anni prima ci era andata tremendamente vicina, e cinque anni prima non aveva ancora quei poteri mostruosi. Quando le fiamme si estinsero, la ragazza sbuffò.
«Se hai finito e se non hai niente in contrario, ora tocca a me» disse alzando le mani.
Il fuoco che proruppe dai suo palmi non raggiunse Djalmat perché questo rispose al fuoco. L’urto le fece male alle braccia, ma si obbligò a resistere. Aveva promesso a sé stessa che questa volta avrebbe vinto lei: non poteva fallire.
 
«Ascolta, Ir» disse Liam dopo l’ennesimo attacco andato a vuoto. «Tutto il potere che posso mettere in questo pezzo di ferro non sarà comunque sufficiente, ho bisogno del tuo aiuto. So che la spalla fa male, ma devi cercare di ignorarla. Ce la puoi fare?»
«Non parlarmi come se fossi ritardato, Liam!» sbottò Irthen ruotando il braccio destro con una smorfia.
«Dobbiamo attaccarla insieme» continuò il mago. «Oggi ha già subito una brutta ferita, e per quanto grandi possano essere i suoi poteri, non può averla già rimarginata completamente…»
«Fianco sinistro?» domandò Irthen.
«Fianco sinistro» confermò Liam.
Il mago osservò suo fratello lanciarsi senza esitazioni verso Abby con una punta d’invidia. Se aveva paura non lo dava a vedere. Lui, invece, se la stava facendo nelle mutande, ma non poteva permettersi di essere da meno. Mentre la spada di Irthen cozzava contro Dente di Cobra, anche Liam attaccò con la lama sollevata carica della sua energia magica, al fianco destro. Abigail sollevò uno scudo protettivo, ma Liam riusciva a percepirne la debolezza. Combattere su due fronti era troppo impegnativo per lei con quella ferita ancora fresca. Tuttavia, lo stregone non si dava per vinto. Con un incantesimo allontanò Liam abbastanza da potersi permettere qualche colpo mirato diretto ad Irthen. Liam trattenne il respiro quando vide la doppia lama calare su suo fratello, ma inaspettatamente Irthen schivò il colpo e riuscì ad aggirare Abby. Liam lanciò un incantesimo e lo stregone lo parò, ma in una frazione di secondo la sua espressione si congelò. Con aria sorpresa, Abigail abbassò lo sguardo sulla lama che le sporgeva, insanguinata, dallo stomaco.
 
Irthen sentì le lacrime rigargli il viso sporco di polvere e di sangue, ma non vi prestò grande attenzione. Sfilò lentamente la spada dal corpo di Abby e l’unica cosa di cui era vagamente consapevole era il sangue che colava lungo la lama, l’elsa e sulle sue mani.
Abigail cadde in ginocchio.
«Proprio tu…» mormorò con un filo di voce.
«Se non l’avessi fatto mi avresti ucciso» disse Irthen con la voce che tremava.
«L’avrei fatto, sì?» sussurrò Abby. «Avresti potuto essere la mia redenzione, Ir…»
Gemette e cadde bocconi.
Irthen singhiozzò cedendo a quel senso di vuoto che gli dilaniava il petto. Attorno a lui la battaglia infuriava, ma cosa importava? Abby era morta, e lui l’aveva uccisa, trapassata con la spada che era appartenuta a Liam.
«Ir? Stai bene?»
La voce di suo fratello lo riscosse.
«N-non lo so» balbettò. «Suppongo che dovrei star bene…»
Liam lo abbracciò stretto, cogliendolo di sorpresa e facendogli male alla spalla.
«Ma che fai? Siamo in guerra» sbottò.
«Lo so, ma ti rendi vagamente conto di che cosa sei riuscito a fare?!»
Irthen scosse il capo e si asciugò gli occhi con la manica strappata. Quando tornò a guardare Abby notò che lentamente il suo corpo si stava polverizzando. Le folate di vento sollevate dai draghi in volo disperdevano irrimediabilmente ciò che restava di lei.
«Prendi Dente di Cobra» disse Liam.
«Cosa?!»
«Dai, non fare l’idiota! Se non la prendi tu, presto lo farà qualcun altro! Non ti resterà niente di lei su cui piangere.»
Irthen lo fissò inebetito ancora per un secondo, poi annuì.
Si inginocchiò accanto a lei, le sfiorò il viso. Sotto alle dita, il suo corpo si stava trasformando in sabbia.
«Mi dispiace tanto, Abby…» sussurrò.
Poi prese la spada e si tirò in piedi.
 
Quando Konstantin fu abbastanza vicino alla schiera di Micael, non riuscì a trattenere un’imprecazione. In tutto quel caos tremendo, una ragazzina stava spingendo la gabbia di Lukas al centro dell’arena. Il mago si guardò rapidamente intorno: Ruben stava affrontando Micael ed era difficile dire chi stesse avendo la meglio; Eetan combatteva con una maga di elemento Acqua dai folti capelli rossi; Djalmat volava in circolo su di loro, bersagliato dagli incantesimi di Jonna; Aqua e Debrina – non aveva idea di cosa fosse capitato loro, ma funzionava magnificamente – aiutate da un gruppo di maghi di ambo le fazioni, si stavano occupando dei draghi e ne avevano già abbattuto uno, mettendo in fuga parecchia gente; lontano ma ben visibili ai suoi occhi, Amina e Alec combattevano tra loro. Konstantin non sapeva dire se facessero sul serio o meno, ma non osava sperare di rivederli entrambi sani e salvi. Con il cuore pesante si obbligò a prestare attenzione a Lukas. La ragazzina stava sciogliendo alcuni incantesimi dalla gabbia del bambino, aiutata da Malik del Fuoco, da Pierre dell’Aria, e da Leonor dell’Acqua. Stan si ricordava di loro, avevano preso parte attiva al Consiglio di Effort. Liam non se n’era reso minimante conto, ma quella sua stizza nei confronti del povero colibrì di cui gli aveva parlato Lukas aveva risolto l’indovinello, o almeno lui sperava fosse così. Ora, Konstantin non doveva fare altro che aspettare il momento giusto e farsi trovare pronto.
 
Liam attraversò di corsa il campo di battaglia trascinandosi dietro Irthen. Era preoccupato per lui, ma ora non c’era tempo per pensarci. Voleva trovare Jonna prima che fosse troppo tardi. Un drago passò a pochi piedi da terra, come in avaria, e Liam alzò uno scudo sulle loro teste, memore di quanto accaduto ad Erika sulle rive del Llatas. Irthen gli aveva detto che Aqua e Debrina erano state alla Cascata e ne erano tornate con dei poteri inimmaginabili. Mossa rischiosa ma di indubbia utilità, anche se l’idea di una persona instabile e capricciosa come Aqua in possesso di simili poteri non lo lasciava tranquillo. Djalmat passò sulla loro testa schivando un incantesimo e Liam cercò di individuare il punto di partenza. La rapidità con cui si susseguivano gli attacchi e i contrattacchi tra Jonna e il Re dei draghi gli dava la sensazione che la maga fosse ovunque.
«Laggiù» gridò improvvisamente Irthen.
Liam volse lo sguardo nella direzione che suo fratello gli indicava e la vide.
 
Quando le pareti della gabbia che tratteneva il piccolo Lukas caddero, Konstantin serrò i pugni. I quattro maghi lo colpirono con quattro fasci di energia, strappandogli un grido. Era quello il piano di Micael? Fargli abbastanza male da farlo impazzire? Era disumano. Konstantin chiamò a raccolta le proprie forze e avocò un colibrì. Non sarebbe stato facile farlo giungere incolume fino a lì, non avrebbe potuto perdere il contatto nemmeno per un secondo. Doveva riuscire a fargli attraversare un campo di battaglia popolato, fra l’altro, di orchi, orchetti, stregoni, maghi, elfi e nani.
«Vedo che nonostante tutto sei ancora in splendida forma, Konstantin della Terra.»
Stan si volse lentamente. Caleb lo osservava con i suoi placidi occhi castani, come se avesse incontrato un vecchio conoscente al mercato, e non un nemico giurato che gli era sfuggito da sotto il naso nel pieno di un duello.
Il mago lanciò un’occhiata a Lukas e Caleb ghignò.
«Ah, sei qui per il bambino, allora. Come sospettavo.»
Sfoderò la sciabola e lo attaccò,  e Konstantin si vide obbligato a difendersi, consapevole di non potersi distrarre. Osservando lo stregone da vicino poteva vedere quanto fosse provato, nonostante la sua baldanza. Il sangue che gli inzuppava gli abiti non era tutto altrui.
Lontano, Djalmat continuava a sputare fuoco contro Jonna, che non sembrava intenzionata a farsi ammazzare.
«Non ti permetto di ignorarmi!» sibilò Caleb attaccando ancora.
Il colibrì era sempre più vicino.
Improvvisamente l’attenzione di entrambi fu catturata da un boato. Lukas era circondato da una tremolante luce argentata e i maghi che l’avevano attaccato si stavano allontanando di corsa.
Konstantin scattò verso di lui, solo vagamente consapevole della presenza di Caleb che lo inseguiva. Doveva raggiungere quel bambino, prima che fosse troppo tardi.
 
Amina respirava a fatica in mezzo a tutta quella polvere e a quel sangue.
«Alec» mormorò.
Anche Alec era piegato in due e ansimava. Lo sforzo di attaccarsi senza la reale intenzione di farsi male era spossante. Allora perché continuavano? Amina non aveva idea di come stesse andando la battaglia, aveva la sensazione che il suo mondo sarebbe finito lì, in quel momento.
«Dovremmo smetterla» disse.
«Smetterla?!» esclamò Alec. «E se la smettessimo che cosa succederebbe? Non possiamo fare altro, siamo qui per questo!»
«Ma io non voglio battermi con te!» gridò Amina.
Alzò gli occhi appena in tempo per vedere un lampo che si dirigeva verso di lei, troppo vicino perché potesse evitarlo. Senza capire che cosa fosse accaduto, la maga si ritrovò stesa sul terreno viscido e sconnesso, schiacciata dal peso di Alec.
«M-mi hai salvato la vita?» balbettò.
Alec la guardò con gli occhi sgranati e Mina temette che se ne fosse pentito, ma il grido di Ruben li fece sobbalzare. Alec balzò in piedi e tese una mano ad Amina, sfogando una sfilza di imprecazioni. L’incantesimo che aveva rischiato di uccidere Mina aveva colpito in pieno Micael, che ora giaceva bocconi. Ma Ruben, fermo accanto a lui, gridava e gesticolava verso un punto davanti a sé. Amina e Alec guardarono in quella direzione e trattennero il respiro, accecati da una fiamma argentata.
 
Irthen si stava lasciando trascinare in giro da Liam alla disperata ricerca di Jonna. Non riusciva a capire per quale motivo dovessero trovarla a tutti i costi, ma Liam era tanto preoccupato che non osava contraddirlo. E quella ricerca assurda aveva il pregio di tenergli la mente occupata. Quando finalmente giunsero in vista della maga, una grande luce attirò la loro attenzione. Anche Liam si bloccò di colpo e prese Irthen per un braccio, attirandolo a sé.
«Che cavolo è?!» domandò il ragazzo.
«Quello è Lukas» rispose Liam alzando una barriera davanti a sé.
 
Konstantin corse a perdifiato verso quella luce. Dietro di lui Caleb continuava a lanciare incantesimi per rallentarlo, ma le raffiche potentissime di vento generate dal bambino li deviavano, allontanandoli da Stan. Il mago aveva la sensazione che ogni raffica gli strappasse di dosso pelle e carne, ma sapeva di dover andare avanti. Aveva detto a Liam di fidarsi di lui, non poteva fallire. Davanti a sé vide giungere il colibrì che stava aspettando e per il quale aveva profuso tanto impegno e tanta energia. Lasciò cadere la spada e prese l’uccellino tra le mani. Lukas ormai era vicino, il vento feriva il viso e le mani del mago.
«Lukas, fermati!» gridò, invano.
Sentiva dietro di sé Caleb farsi sempre più vicino, ma quando riuscì ad entrare nell’aureola di luce argentata perse ogni contatto con ciò che lo circondava. Quella luce bruciava la pelle come fuoco. Al centro del bozzolo, avvolto da correnti sempre più furiose, stava Lukas.
«Lukas!» chiamò di nuovo Stan arrancando faticosamente verso di lui, l’uccellino ancora stretto tra le mani.
Prese un respiro profondo e schiuse le dita. Il colibrì sbatteva le ali freneticamente.
«Fermo!» gridò Caleb alle sue spalle.
Stan trattenne il fiato quando la sciabola dello stregone lo colpì alla schiena. Il colibrì gli sfuggì di mano e rimase a fluttuare, immobile, davanti a Lukas. Non sembrava soffrire il vento esagerato, la luce bollente né le correnti che avrebbero dovuto trascinarlo via. Come in una bolla magica batteva le sue ali e si manteneva stabile.
E come tutto era cominciato, improvvisamente, così tutto cessò. I venti si placarono, la luce si spense. Lukas tese la mano e il colibrì si posò sul suo palmo. Konstantin sorrise, poi crollò al suolo, sopraffatto dal dolore e dalla debolezza. Il bambino sgranò gli occhi sul mago ferito a morte ai suoi piedi, poi guardò la sciabola insanguinata di Caleb. Alzò la mano libera e colpì lo stregone al petto, scaraventandolo lontano come fosse stato una bambola di pezza.
 
Quando con un lampo la luce scomparve e il vento cessò, Amina si lanciò verso il punto in cui avevano visto scomparire Konstantin e Caleb, con il cuore in gola, seguita a ruota da Alec. Videro Lukas colpire lo stregone e quest’ultimo volare verso di loro e schiantarsi al suolo in modo scomposto. Amina sapeva che era morto prima ancora di toccare terra, concentrata com’era su di lui aveva sentito chiaramente la sua vita centenaria spegnersi. Senza perdere un secondo si precipitò da Konstantin. Lukas la guardò con occhi colpevoli e con l’uccellino ancora stretto a sé scomparve in un leggero soffio d’aria.
«Voi due» mormorò Stan. «Non c’era nessun altro che desiderassi vedere…»
Amina non riuscì a soffocare un gridolino quanto comprese quanto grave fosse la ferita infertagli da Caleb.
«Lascia che ti giri, Stan. Lascia che ti curi» farfugliò.
Konstantin sorrise, ma il suo sorriso si trasformò in una smorfia.
«Sai bene che non si può» disse.
Amina guardò Alec, che aveva gli occhi lucidi ma non piangeva.
«Dobbiamo fare qualcosa, Alec!»
Alec guardò suo fratello e sorrise, e la tristezza di quel sorriso si rifletteva sul volto pallido di Konstantin.
«Che cosa hai combinato, Stan?» mormorò.
«Vi ho salvato le chiappe. E ne valeva la pena» disse, la voce ormai ridotta ad un sussurro. «Mi sei mancato da impazzire, Al.»
«Anche tu, Stan» rispose Alec, ma suo fratello, ormai, non poteva più sentirlo.
 
Liam trattenne il respiro.
«Li’? Che succede?» domandò Irthen tirandolo per un braccio.
Liam scosse il capo.
«Non sono sicuro, ma temo qualcosa di brutto» disse.
Era chiaro che Konstantin era riuscito a fermare Lukas, ma che cos’era successo poi? Non osava farsi domande, ma quel secondo lampo di luce non gli diceva niente di buono.
«Dove è andata a finire Jonna?» domandò Irthen.
Liam si riscosse e cercò la maga con lo sguardo, ma era scomparsa.
«Nel casino l’abbiamo persa.»
Alzò gli occhi al cielo. Djalmat non si vedeva più. Per una frazione di secondo osò sperare ma capì subito che il drago era atterrato e ora combatteva con Jonna in un angolo defilato dell’arena. Liam si affrettò a raggiungerla, ma presto si rese conto di non potersi avvicinare: la temperatura dell’aria era troppo alta.
«Maledizione!»
«Che cosa vorresti fare?» domandò suo fratello.
«Non posso fare niente, sono un elemento Acqua, a questa temperatura non sono neanche sicuro che i miei incantesimi riescano a raggiungerli!»
Sembrava incredibile ma i colpi che i due si lanciavano si equivalevano in potenza. Liam ora capiva perché Jonna diceva di essere l’unica ad avere la possibilità di battere il Re dei draghi. Non l’avrebbe mai creduta capace di una cosa simile. La maga era sfinita, ma lo era anche Djalmat, e di questo nessuno avrebbe potuto dubitare.
«Liam, guarda» gridò Irthen puntando il dito su qualcosa sopra di loro.
Un altro drago stava precipitando. Si schiantò al suolo con un gran boato e Malik si affrettò a tagliargli la grossa testa crestata.
Liam riportò subito lo sguardo al duello che gli interessava e trattenne il respiro. Jonna era caduta in ginocchio nella polvere e Djalmat si stava preparando a colpire di nuovo. Il mago scattò ma Irthen lo trattenne.
«Lasciami, Ir!»
«No! Guarda!»
Liam si sforzò di contenere l’angoscia e obbedì. Irthen aveva ragione. La maga era in ginocchio ma la sua testa era ancora alta e lo sguardo tutt’altro che sconfitto. Non era finita.
Djalmat ruggì e sputò un fiume di fuoco. La maga alzò le braccia e rispose al colpo attaccando a sua volta. Le due fiamme si scontrarono con il frastuono di un’esplosione, e l’onda d’urto fece cadere Liam ed Irthen a terra. Ma né Jonna né il drago cedevano terreno. E le fiamme si alimentavano a vicenda accrescendo il potenziale distruttivo dell’incantesimo.
“Esploderà!” realizzò improvvisamente Liam.
Prese un polso di Irthen e lo trascinò via, con il cuore a pezzi. Alzò una barriera dietro di sé, pregando che fosse sufficiente a salvare loro la vita. Non aveva bisogno di voltarsi indietro per sapere che la palla di fuoco era immensa ed estremamente instabile. Poi, con un boato assordante le fiamme esplosero, avvolgendo ogni cosa.
Liam tenne stretto Irthen dietro al suo scudo e trattenne il respiro, sentendo le energie che scemavano velocemente, consumate dalla violenza dell’esplosione. Tenne la mente fissa sullo scudo per non pensare che là in mezzo c’era Jonna.
Quando il fuoco si fu estinto, lasciò cadere la barriera e si guardò intorno con circospezione. I maghi come lui si erano protetti a vicenda dimenticando nemici e alleati, e avevano protetto nani, elfi e i civili indifesi, ma moltissimi orchi e orchetti erano finiti in cenere. Nel punto d’origine, Djalmat e Jonna giacevano a terra, immobili.
Liam si avvicinò lentamente. Aveva la sgradevole sensazione che il tempo si fosse fermato. Djalmat era, infine, morto, ma Jonna – la sua bella e coraggiosa Jonna – aveva condiviso il suo destino.
«No…» mormorò Liam, lasciandosi cadere accanto a lei.
Le sfiorò i capelli impolverati, domandandosi come fosse possibile che quell’esplosione tremenda non avesse intaccato il suo corpo.
«Non avrei dovuto permettertelo» sussurrò.
Sentì appena la mano di Irthen posarsi sulla sua spalla. In un attimo, era come se tutto quello per cui aveva combattuto e vissuto fosse andato perduto, come se da quel momento in poi ogni desiderio gli fosse precluso, totalmente estraniato dalla sua vita. Sentiva la follia in quel pensiero, e in qualche modo l’idea di essere impazzito lo consolava.
«Guarda, Li’» disse Irthen.
Liam alzò faticosamente lo sguardo.
I pochi draghi rimasti stavano fuggendo verso Sud, gli orchi battevano in ritirata. Questo poteva solo significare che tutti e tre gli stregoni erano caduti.
«Abbiamo vinto, nonostante gli Unicorni ci abbiano piantati in asso» disse Irthen con la voce che tremava.
«Sì, ma a quale prezzo?» rispose Liam volgendo gli occhi a quell’inferno di morte e sogni infranti.





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Ok, dopo la bellezza di 5 mesi e mezzo ecco a voi un aggiornamento! 
Lo so, lo so, è un bagno di sangue, vi prego di non odiarmi più di quanto meriti...non sapete quanto sia stata dura starmene in spiaggia sotto all'ombrellone, vista mare, con la mia agendina e la penna a massacrare personaggi innocenti ("Non tutti..." N.d.Liam).
Detto questo, vi informo ufficialmente che nell'arco di una settimana - spero non sia una promessa da marinaio - avrete il gran finale! 
Perciò adesso aiutatemi a raccogliere tutti i fazzoletti che ho sparso per terra e a buttare i filtri della camomilla :3



Cat
   
 
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