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Autore: Mitrion    20/08/2015    1 recensioni
"Mi manca il bambino che si stupiva per ogni cosa, che si beveva la storia della pianta di angurie che cresce nello stomaco e della luna fatta di formaggio; ricordo con un sorriso l’adolescente che aveva appena scoperto i sentimenti, che dava consigli “di cuore” perché credeva ancora che l’amore fosse semplice come fare due più due; rido al pensiero del ragazzo che si arrabbiava per un cinque in matematica e che lavorando sodo è diventato il primo della classe; sorrido se penso a come ho scoperto i classici, quei noiosi poeti laureati che grazie alla giusta professoressa sono diventati i “più fighi della scuola”; piango, se penso al tempo che ho sprecato dietro gli amici sbagliati, quando quelli veri sono apparsi dal nulla, come la pioggia d’agosto in riva al mare."
Oneshot creata un po' così, mi piaceva l'idea della continua rinascita e già che c'ero ho voluto aggiungerci un po' di "ammmmore". L'ho scritta così in fretta che ci saranno svariati errori, correggerò in un secondo momento...spero!
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho diciotto anni ed ho appena iniziato a vivere.
Pare strano, ma mi sembra di esser nato solo ora. Pensavo che la mia “vera” vita fosse cominciata con le superiori, poi è arrivato il primo bacio, la prima volta, la prima relazione seria. Mi sembra di essere nato più volte. Chissà quante volte l’avrò fatto agli occhi dei miei, il primo vagito, la prima parola –papà-, i primi passi…
Ogni volta mi sento diverso, come se un giorno mi svegliassi e i capelli mi diventassero rossi, gli occhi verdi e riuscissi a sfiorare il soffitto della mia camera con un dito.
Mi mancano le mie vecchie vite? Forse un po’ sì…
Mi manca il bambino che si stupiva per ogni cosa, che si beveva la storia della pianta di angurie che cresce nello stomaco e della luna fatta di formaggio; ricordo con un sorriso l’adolescente che aveva appena scoperto i sentimenti, che dava consigli “di cuore” perché credeva ancora che l’amore fosse semplice come fare due più due; rido al pensiero del ragazzo che si arrabbiava per un cinque in matematica e che lavorando sodo è diventato il primo della classe; sorrido se penso a come ho scoperto i classici, quei noiosi poeti laureati che grazie alla giusta professoressa sono diventati i “più fighi della scuola”; piango, se penso al tempo che ho sprecato dietro gli amici sbagliati, quando quelli veri sono apparsi dal nulla, come la pioggia d’agosto in riva al mare.
 Se mi guardo allo specchio, una figura alta mi sorride -quando si trova di buon umore-, la barba gli circonda il viso, le occhiaie scavano due grossi fossati attorno agli occhi marroni.
Mi sembra di aver avuto sempre questa faccia. Non mi riconosco nelle vecchie foto, quasi fossero di un altro.

Chissà come mi vedono gli altri, chissà che mostro credono di avere accanto.
Io li vedo tutti bellissimi, capelli fluenti, occhi verdi o azzurri. Le ragazze sono sempre perfette, anche quando indossano i peggiori capi l’uomo possa aver mai concepito, le vedi muoversi con naturalezza, come se il mondo fosse loro, facendola in barba alle schiere di maschilisti oppressori dei secoli precedenti. I ragazzi lasciano un po’ a desiderare, questo lo devo ammettere. La maggior parte però, ha quel “qualcosa” che la rende speciale: quel piccolo, insignificante dettaglio che rende loro quasi dei divi del cinema. Certo, meglio che non se ne accorgano, altrimenti lo metteranno sempre in mostra fino a sciuparlo e possiamo dire tutti addio all’unica cosa che li rendeva interessanti.

Le altre persone mi hanno sempre affascinato, immaginare cosa pensino e come si sentano è stato il mio “hobby” per molto tempo.
Mi chiedevo come si sentivano loro ad uscire coi più fighi della scuola, cosa provavano davanti alla pizza più buona che avessero mai mangiato. All’inizio erano cose semplici, ora però, il mio passatempo è diventato un incubo.
Quando ci si abitua a portare la pelle degli altri diventa difficile ignorarli. Non si tratta di mancanza di sano egoismo, né di troppa solidarietà, semplicemente si iniziano a vedere tutti quei fili sottili, tutti quei meccanismi che scattano come gli ingranaggi di un orologio nelle persone che ci stanno accanto.
Ogni mia azione non era solo mia, diventava parte della ragnatela collettiva di cui facevo parte. Se io dicevo qualcosa, le mie parole avrebbero influenzato Tizio, che per paura si sarebbe rivolto a Caio, che gli avrebbe detto che io mi sbagliavo e che doveva ascoltare Sempronio e non me.
Il problema di vivere in questo modo, pensando sempre alla nuova carta da inserire per non far cadere il castello, non era mica tanto facile, soprattutto quando si trattava di parlare con un persona.

C’era questo mio amico, chiamiamolo “Federico”. Ci siamo conosciuto a scuola, lui si era trasferito nella mia classe all’inizio del terzo, e siamo diventati subito amici. All’inizio eravamo inseparabili, il compagno di banco con cui si condivide tutto. Col passare del tempo però ci sono stati i nostri alti e bassi, e chissà come, chissà in che modo, ci siamo allontanati.
Certo è che, durante l’estate del quarto, qualcosa è cambiato. Fai che siamo diventati entrambi maggiorenni, fai che io feci coming out con il nostro gruppo di amici, il succo è che ci riavvicinammo. Non era neanche dicembre che lui fece coming out a me e a pochi altri eletti. All’inizio risi. Il sospetto, spesso sottoforma di pettegolezzo, l’avevo sempre avuto, poi presi la notizia per come era arrivata e non ci feci più caso.
Arrivò Marzo, la gita dell’ultimo anno. Tutto andava bene, eravamo di nuovo pappa e ciccia, non l’avessimo mai fatto. Come un idiota, perché altro non ero allora, ci provai spudoratamente con lui. Gentilmente mi ignorò, ma io continuavo a fare il cascamorto…devo ammettere che a quel tempo i miei ormoni erano a mille. Ci fu qualche altra spiacevole situazione, ma come i segni sulla sabbia, il tempo portò via tutto.

Esami di maturità: il grande precipizio verso il mondo. Un salto della fede che avrebbe spinto ventitre compagni di classe ai quattro angoli del globo. Fra ansie, paure, qualche lacrima e tanta solidarietà, il mio migliore amico tornò di nuovo attraente ai miei occhi. I suoi occhi erano più blu, la sua barba più bella e la sua voce più dolce.

Ho solo una domanda: perché?!
Me ne stetti zitto in un angolo, non potevo mica fare di nuovo il cascamorto. Non potevo. Non finché anche lui non avesse dimostrato interesse.

Maledetto lui, i suoi gusti del cavolo e gli ormoni!

Fine Luglio, la scuola superiore sembrava ormai lontana, l’università troppo vicina. Dubbi ed amicizie si rinsaldavano, fatto sta che anche lui iniziava a “guardarmi”. Carezze troppo dolci, strette di mano troppo “calde”, abbracci troppo lunghi. La domanda sorge spontanea: prima no, eh?!
Fra una festa, lui un po’ ubriaco, macchine troppo strette e quant’altro, ci ritrovammo “per caso” -venni a sapere solo dopo che avevamo fatto entrambi i salti mortali per trovarci soli quella sera- ad uscire soli.

Era il 31 Luglio, il giorno della “luna blu”, come si andava pubblicizzando su Facebook. Tutto sommato mi piace sia stata una data simbolica. Ci ritrovammo soli a girare nella mia macchina: prendi una rotonda, gira di là, poi di qua, ci ritrovammo in un parcheggio, lontani da occhi indiscreti. Chiacchiere casuali e tenersi per mano erano quello che ci serviva per…insomma, baciarci.

“Siamo degli stupidi, di quelli proprio incorreggibili”.

La bolla di sapone si era rotta, Federico non era più il mio migliore amico su cui va bene fantasticare ogni tanto. Era il ragazzo che mi piaceva e, cosa ancora peggiore, c’era un possibilità che mi ricambiasse.


Nulla di strano, “carpe diem”, cogli l’attimo e vedi come va, dirai. E invece no! Ricordi il gioco del mettersi nella pelle degli altri? Io feci l’errore di mettermi nella sua e nella mia contemporaneamente.
“Ma se si trattasse solo di ormoni? Se la situazione da “fine di un fase ed inizio di una nuova vita” ci stesse facendo provare queste cose nuove e conturbanti? Varrebbe la pena rischiare? Meglio una storia di mesi, magari di un anno, o un amico per la vita? E se..? E se..?”
L’attimo non lo colsi, anzi peggiorai tutto e troncammo la cosa.
Dirai ora: “Dai, meglio così, un amico è per sempre”.
Ma tu riusciresti a dimenticare un bacio? Riusciresti a dimenticare quelle labbra di cui non puoi fare a meno per quanto grandi ed ingombranti che siano?
Io la risposta la conosco. Fortuna vuole, buona o cattiva che sia, che esistano anche i film d’estate.

Sta di fatto che io ho visto “Inside Out” -il teatrino delle emozioni più carino che abbia mai guardato- ma buona parte del film non la “ricordo”, per così dire.
Lui ed io eravamo lì, un carezza lì, un’altra là –cercando di nasconderci dall’amica seduta accanto che faceva finta di non vedere- siamo finiti insieme.

Ora il mio BF è sia “best friend” che “boyfriend” per citare un film che ho appena visto (G.B.F., con Alison DiLaurentis e Luna Lovegood, e sì, so i loro veri nomi). Un male, un bene, più un macello a dir la verità. Soprattutto quando e se mai giungeremo al sodo. È ancora troppo strano!

Maledetti diciotto anni! Non sono ancora arrivati i diciannove ed io già sono nato di nuovo.
   
 
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