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Autore: millyray    20/08/2015    0 recensioni
Per chi odia le morti ingiuste anche se eroiche dove a sopravvivere sono i malvagi, perché le eccezioni esistono, esistono sempre. Per chi ama il trionfo degli amori, gli amori veri, quelli un po' platonici e un po' terreni, a volte anche scontati. Per chi odia i misteri e i segreti che si celano dietro gli occhi di qualcuno, ma ama l'aria tormentata che essi hanno.
Be', credo che siate nel posto giusto.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO DICIANNOVE – FORGIVE ME

And it’s two a.m. and I’m cursing your name…
(The way I loved you, T.Swift)

“Papà?”

“Sì, tesoro?”

“Un giorno mi porti allo zoo?”

Ianto mostrò un sorriso dolce alla sua bambina e si risedette di nuovo sul suo letto. “Appena avrò un po’ di tempo libero lo farò. Te lo prometto”.

“E quando lo avrai?”

“Non lo so. Lo sai che papà fa un lavoro… complicato”.

“Lo so. Però è figo il tuo lavoro”.

“Abbastanza”.

“Vorrei poterlo dire anche ai miei amici”.

Ianto sospirò e le prese una mano tra le sue, accarezzandole il dorso. “Mi dispiace, piccola. Non voglio che tu sia costretta a mentire però…”.

“Oh, ma a me non importa. Tanto loro non capirebbero”.

L’uomo ridacchiò. Poi si chinò per posarle un bacio sulla fronte. “Ti adoro, Abigail”.

“Ti adoro anche io, papà”.

“Buonanotte”.

“Buonanotte”.

Si alzò per spegnere la luce. Poi, dopo aver controllato Abigail un’ultima volta, uscì dalla stanza e trascinò la porta con sé, ma la chiuse solo a metà.
Si diresse nell’altro lato dell’appartamento e lì iniziò a rimettere in ordine la cucina, a lavare i piatti della cena e a sistemare i giocattoli sparsi per il salotto. La sua vita in fondo era diventata così, una routine costante; sistemare, riordinare, occuparsi di Abby. E poi c’era il lavoro. Quello non era proprio una routine, ogni giorno succedeva qualcosa di strano. Ma forse qualcun altro l’avrebbe pensata così. Invece per lui, che ormai ci era abituato, era una routine anche quello. Cercava solo di non farsi troppo male, di non mettere in pericolo la sua vita perché adesso c’era Abby e se lui fosse morto chi si sarebbe occupato di lei? Sua sorella? Certo, ma non poteva lasciarla orfana. L’ultima volta che se l’era vista brutta era finito all’ospedale con un braccio e un paio di costole rotte. Nulla di troppo grave ma si era spaventato a morte. Da allora Owen, Tosh e Gwen si sono incaricati di andare nelle missioni pericolose. A loro non costava nulla, dicevano, ma non gli piaceva rimanere in disparte e guardare i suoi amici rischiare la vita.

Però anche quella ormai era la routine. Era la sua vita…

Fino a quel giorno. Finché Jack non si è di nuovo ripresentato. Ed era meglio se non lo avesse fatto. Era riuscito a costruirsi un equilibrio, a trovare una pace interiore.
Certo, i primi giorni della sua assenza erano stati terribili, anche dopo che era nata la bambina. Continuava a pensare a lui, a chiedersi che fine avesse fatto e aveva davvero pensato che gli fosse successo qualcosa di terribile. Ma poi si era detto “è Jack, a lui non succedono cose terribili e anche se gli succedono lui ne esce sempre fuori”. E quindi aveva concluso che in realtà Jack non voleva tornare. Tutto quello per lui si era fatto troppo difficile, per lui che non amava le cose stabili, che non voleva nemmeno chiamare la loro relazione una relazione. Ma lo aveva fatto solo perché così era più facile. E una volta convintosi di questo, pian piano aveva incominciato ad andare avanti; dopotutto, non c’era altro che avesse potuto fare. C’era voluto anche tutto l’aiuto di Rhiannon e dei suoi colleghi… e poi Abigail. Quando la guardava negli occhi si diceva che era per lei che doveva andare avanti. Come una madre che improvvisamente si ritrova vedova.
E si era abituato, all’assenza di Jack. Quasi.

Invece adesso eccolo che ritorna. Come il figliol prodigo, come l’eroe acclamato che torna da un’importante impresa. Eccolo che ritorna a sconvolgere di nuovo tutti i suoi equilibri, come ha sempre fatto, dopotutto.
Avrebbe di nuovo dovuto ricostruire la sua routine. Perché sapeva per certo che, anche se avesse deciso di non perdonarlo e di tenerlo a distanza, avrebbe comunque sconquassato tutto.
Abigail in fondo era anche sua figlia ed era certo che Jack questo non lo avrebbe mai rinnegato. In fondo, Jack non era un completo bastardo.

Non è un bastardo, si ripeté Ianto per l’ennesima volta mentre piegava la coperta sul divano. Anche se era arrabbiato con lui questo non lo avrebbe mai potuto dire. E non per i sentimenti che aveva nutrito per lui ma perché era un semplice dato di fatto.

Un improvviso suonare alla sua porta lo distrasse. Ianto lanciò un’occhiata all’orologio chiedendosi chi mai potesse essere a quell’ora.
Si precipitò ad aprire la porta e imprecò sottovoce quando vide chi lo aveva disturbato. Come si dice “parli del diavolo e spuntano le corna”.

Fece per sbattergli la porta in faccia ma Jack ci mise un piede in mezzo per impedirglielo.

“Aspetta, Ianto! Lasciami spiegare”.

Ianto lo guardò come se avesse davanti l’uomo peggiore del mondo. “Bene, parla!” lo incitò quando vide che esitava.

“Posso almeno entrare?”

Il più giovane si guardò attorno come se temesse l’arrivo di qualcuno. Poi aprì la porta per farlo passare.

“Parla piano che la bambina dorme”.

Jack continuava a fregarsi le mani, nervoso. Non si era mai sentito così prima d’ora. Non che lui ricordasse almeno.

“Ianto, a me dispiace veramente tanto. So che niente di quello che dirò potrà convincerti o… farmi perdonare per davvero, però. Io non so che fare. Vorrei poter tornare indietro nel tempo e…”.

“Perché non lo fai?” lo interruppe Ianto bruscamente. “Eri un agente del tempo, sai manipolarlo”.

“Non è così facile. Ci sono delle regole…”.

“Già, niente è facile con te”. Gli voltò le spalle, appoggiandosi al ripiano della cucina.

Il Capitano ebbe un tremito; non stava andando affatto bene.

“Senti… lo so che non è stato facile per te. Ci sarei dovuto essere, per te, per Abigail… e invece ho rovinato tutto, come sempre. Ma vorrei rimediare e ti prometto che non ti deluderò più. Ti prometto che tutto sarà come deve essere”.

Jack smise di parlare. Cadde il silenzio.

“Hai finito?” gli chiese Ianto.

“Sì”.

Finalmente il ragazzo si voltò a fronteggiarlo.

“Bene, ora puoi andare”.

“Ianto…”. Jack sembrava veramente sull’orlo di una crisi di pianto.

“Ianto cosa?!” esplose a quel punto l’altro. “Hai ripetuto il mio nome non so quante volte oggi e sinceramente sono stanco. Davvero stanco. Di te e di… tutto quello che mi tiri addosso. Tu non sai un bel niente di quello che ho passato io, quindi non hai nemmeno il diritto di parlare. Per te potranno anche essere state due settimane, ma per me e Abby sono passati cinque anni. E Jack, ci sono persone che… che hanno una vita normale, che fanno cose normali e che non godono dell’immortalità per cui possono permettersi di rovinare tutto, di tagliare i rapporti perché tanto avranno un sacco di tempo per costruirsene altri”. Fece una pausa per riprendersi, poi proseguì: “Dio solo sa come ho fatto a innamorarmi di te. Vorrei non averti mai conosciuto. E ora, ti prego, se non hai altro da dire, vattene. E per quel che mi riguarda puoi anche tornartene col tuo Dottore”. E gli voltò di nuovo le spalle.

Jack abbassò lo sguardo come un cane bastonato. Qualcosa dentro di lui era appena crollato con un sonoro rumore. Restò a fissare la schiena di Ianto per qualche altro tempo, pensando a delle parole efficaci da dire. Ma non ce n’erano. Non ce n’erano più. Non ce n’erano mai state.

A passo lento si diresse verso la porta, l’aprì e lasciò l’appartamento.

Ianto, non appena sentì la porta dietro di lui chiudersi, batté un pugno sul tavolo. Poi cercò di darsi un contegno. Ritornò verso la camera di Abigail e restò sulla soglia a osservare la sua piccola bambina che dormiva placidamente, abbracciata al suo orsacchiotto di peluche preferito, ignara di tutto. Era uguale a Jack, aveva i suoi stessi occhi, il suo stesso naso, persino la stessa fossetta sul mento. Quando l’aveva vista per la prima volta questa somiglianza l’aveva quasi spaventato. Come avrebbe fatto a dimenticare se avrebbe visto l’uomo in ogni dettagli di sua figlia? Per non parlare della sua vivacità e del suo ottimismo. Erano tutte cose che appartenevano a Jack.

Jack… al mondo non sarebbe esistito un altro uomo uguale a lui. Nel mondo? Nell’universo semmai.

 

Non appena ebbe richiuso la porta dell’appartamento di Ianto, il Capitano si ritrovò a scivolarci contro finendo col sedere sul freddo pavimento dell’atrio.
Piegò le ginocchia al petto e vi sprofondò il viso solcato dalle lacrime. Non era riuscito a trattenerle, ringraziava soltanto di non essersi messo a frignare di fronte al compagno… ex compagno. Dio, non riusciva neanche a pensarci.

Aveva rovinato tutto! Aveva rovinato tutto! Ed era solo colpa sua. Voleva strapparsi i capelli per questo, prendere il muro a testate ma a cosa sarebbe servito? Non a ridargli Ianto e nemmeno la loro bambina.     

E quelle parole che gli aveva detto… vorrei non averti mai conosciuto. Quelle parole facevano dannatamente male, erano come lame arroventate.
Ma che altro poteva fare? Che altro?

Perciò restò così, seduto sul freddo pavimento del pianerottolo, col viso solcato dalle lacrime.

 

Il giorno dopo…

“Abbey, tesoro, sei pronta?”

“Sì, papà!”

Abigail indossò velocemente la giacca a vento e afferrò lo zaino azzurro con le margherite. Mentre Ianto era ancora impegnato a infilarsi in tasca il portafogli e le chiavi dell’auto, la bambina aprì la porta e uscì in corridoio. Ma rimase di stucco nel vedere una figura rannicchiata in posizione fetale vicino alla porta del loro appartamento e che sembrava essere profondamente addormentata.

“Papà, c’è un uomo che dorme qua fuori”, gridò.

“Che cosa?”

“C’è un uomo steso qua fuori. E’ quello che era ieri al lavoro”.

Ianto si precipitò fuori a vedere e sgranò gli occhi nel trovarsi davanti Jack che, a causa delle grida di Abigail, si era svegliato.

“Jack, che diavolo ci fai qua?” lo aggredì l’uomo più giovane.

Il Capitano lo guardò leggermente confuso; sembrava nache lui leggermente sorpreso di trovarsi lì. “Ecco, io… mi sono addormentato”.

Jones sospirò grattandosi la testa. “Uff… senti, rischiamo di arrivare tardi. Entra in casa e aspetto finché non torno, ok?”

“Ok”.

Jack non fece in tempo ad aggiungere altro che lo vide allontanarsi tenendo loro figlia per mano. Lei girò la testolina per guardarlo, una luce curiosa negli occhi, e lui le sorrise. Lei ricambiò.

 

Il Capitano era intento a osservare gli oggetti e i soprammobili presenti nell’appartamento di Ianto. Non era cambiato molto quel luogo, aveva solo aggiunto qualche foto di Abbey e cambiato il divano.  Aveva persino dato una sbirciatina nella stanza della bambina; era una stanza come tutte le altre, piena di bambole, peluches, libri e altri giocattoli vari.

Poi sentì la chiave girare nella toppa e si precipitò in salotto.

Ianto aprì la porta e si tolse la giacca. Posò le chiavi sul mobiletto e restò a guardare Jack.

“Che ci facevi davanti alla mia porta?”

“Mi sono addormentato dopo che… dopo che abbiamo parlato”.

“Hai dormito lì tutta la notte?” C’era stupore nel tono del giovane.

“Be’, più o meno…”.

“Hai mal di schiena?”

“Nah… noi immortali abbiamo la fortuna di non soffrire mai”, scherzò Jack cercando di sdrammatizzare. La preoccupazione di Ianto gli aveva fatto piacere.

“Evviva!” Ianto, senza mostrare alcun divertimento, si diresse verso il piano cottura e si versò altro caffè in una tazza.

“Hai accompagnato Abigail a scuola?” gli chiese allora il Capitano, dato che l’altro non accennava ad aggiungere qualcosa.

“Sì”.

“Mi parli un po’ di lei?”

Ianto gli lanciò una strana occhiata e subito dopo spostò lo sguardo. “E’… molto allegra, dolce e ubbidiente. È anche intelligente e più matura per la sua età. Ma questo penso sia dovuto al suo avere, in parte, DNA alieno. Per il resto è normale, comunque, Owen l’ha controllata spesso da quando è nata”.

Jack lo aveva visto sorridere, finalmente, da quando si era messo a parlare di Abigail e c’era una luce serena nei suoi occhi. Ciò gli accese un moto di speranza; quantomeno per Ianto non era stato tutto orribile.

“Ti somiglia”.

“Somiglia di più a te, a dire il vero. Te ne saresti accorto se l’avessi guardata meglio”, disse Ianto. Forse non avrebbe mai smesso di tirargli addosso parole velenose. Il Capitano provò a prendergli una mano ma il ragazzo si ritrasse.

“Posso… posso chiederti cosa… le hai detto di me?”

Il ragazzo si diresse al lavello per lavare la tazza che aveva usato. “Niente. Lei crede di essere nata come tutti gli altri bambini. Mi sono inventato una storia… che sua madre è morta in un incidente poco dopo che lei è nata e che si chiamava Amy. Non ho aggiunto altro”. Si voltò di nuovo verso l’uomo più vecchio e vide il suo volto scioccato e abbattuto. “Senti, Jack… non sapevo che fare. Non sapevo nemmeno se saresti tornato. Ed è troppo piccola per capire certe cose”.

“Sì, va bene… lo capisco, davvero”. Jack si alzò di colpo; non si era nemmeno accorto di essersi seduto. “Non ti preoccupare”.

“Dovremmo andare al lavoro. Siamo già in ritardo”.

“Mi dispiace, mi dispiace davvero tanto. Continuerò a ripeterlo anche se so che non basterà. Mi dispiace di essermene andato, di essere stato via per cinque anni e… mi dispiace che tu… che tu non possa avere altri bambini”.

“Te l’ha detto Owen, immagino”. Ianto scrollò le spalle e abbassò lo sguardo. “Non importa. In ogni caso non ne voglio altri. Abbey mi basta”.  

“Ok”.

“Ok”.

Restarono a guardarsi per un po’ in silenzio, come pensando a cosa dovevano dirsi arrivati a questo punto.

“E’ meglio se andiamo”, esordì Ianto allora.

“Posso darti un passaggio. Ho il Suv parcheggiato di sotto”.

“Preferirei di no”.

Jack annuì mesto. “D’accordo”. Poi prese il suo cappotto e andò alla porta. “Non mi perdonerai mai, vero, Ianto?”

Ianto non disse nulla.
Il Capitano aprì la porta e se ne andò.

 

 

MILLY’S SPACE

Ed eccoci qui, a questo nuovo capitolo.
Le cose per Jack e Ianto non stanno andando bene. Come si concluderà? Ianto riuscirà a perdonare Jack e a rimettersi con lui? Oppure si lasceranno definitivamente?

Mi dispiace di non riuscire ad aggiornare le mie fanfiction più assiduamente, ma sono un po’ presa da tante altre faccende e sto anche scrivendo cose… di genere un po’ diverso ^^
Spero che abbiate pazienza e che non vi scordiate delle mie storie. Nel frattempo godetevi l’estate e andate a fare qualche bagno al mare che con questo caldo ci sta. E ricordatevi di lasciarmi qualche recensione che io voglio sapere cosa ne pensate.

Un bacio,
Milly.

FEFI97: ciaooooo!!! Che bello, una nuova lettrice *-* mi fa moooolto piacere che la storia ti piaccia. Sì, Ianto e Jack sono la mia otp in assoluto. Comunque, non si sa se Ianto riuscirà a perdonare Jack ma sicuramente non sarà facile. Continua a seguirmi, mi raccomando. Un bacione, Milly.

  
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