Anime & Manga > A un passo da te/Ao haru ride
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Autore: Adeia Di Elferas    21/08/2015    2 recensioni
In prima liceo Shuko Murao nota Aya Kominato per la sua esuberanza e il suo perpetuo buon umore. Ecco cosa ne pensa, mentre il ragazzo fa del suo meglio per coinvolgere anche la ragazza nella vita della classe...
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'The scent of air after the rain...'
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~~ 'Troppo esuberante' fu la prima cosa che pensò Shuko: 'Non è normale essere sempre così allegri, di buon umore, sempre con quel sorriso stampato in faccia, che poi che avrà mai da continuare a sorridere, e, soprattutto ridere per un nonnulla... Nemmeno i bambini fanno così...'
 Anche in quel momento, mentre lo osservava in silenzio, Aya Kominato stava ridendo a creapelle assieme a due loro compagni di classe.
 Praticamente per Kominato si trattava di due mezzi sconosciuti, visto che la scuola era iniziata da tre giorni scarsi e che per loro stessa ammissione quei due erano andati alle medie in un'altra città. Eppure Kominato si comportava come fosse in compagnia dei suoi amici più stretti.
 Forse per lui l'amicizia contava tanto poco che anche due conoscenti occasionali andavano bene, per fare tutto quel baccano e quelle scene assurde.
 O forse era Shuko che aveva maturato un'idea troppo alta dell'amicizia, dopo la sua scottante, deludente, ma incisiva esperienza alle medie.
 Difficile capirlo e, a dirla tutta, non le importava poi molto di dirimere questo dubbio improvviso. Tutto ciò che voleva era passare in fretta quegli anni di liceo per potersi finalmente affrancare dai gruppi, dalle invidie, dai pettegolezzi e da tutto ciò che secondo lei la parola 'classe' comportava.
 “E tu cosa ne pensi, Murao?” le chiese di punto in bianco Kominato, avvicinandosi al suo banco con un sorriso entusiasta sulle labbra.
 'Ma che avrà mai da sorridere sempre tanto?' si domandò lei irritata.
 “Allora?” fece lui, in attesa.
 Per non dover ammettere apertamente che sì, li stava osservando, ma no, non li stava affatto ascoltando e quindi non aveva la più minima idea di quale fosse l'argomento di discussione – seppur fosse certa che si trattava di qualcosa di stupido e insulso – si limitò a restare seria, prendere in mano l'unico libro che avesse a tiro (purtroppo un volume di chimica) e infilarsi gli auricolari, dicendo: “Non mi interessano i vostri discorsi.”
 Per una frazione di secondo vide la delusione profilarsi negli occhi di Kominato. Tuttavia quell'ombra se ne andò rapida quanto rapida era arrivata.
 A sostituirla, sul volto quasi infantile del ragazzo, giunse il solito limpido sorriso e in meno di un minuto Kominato stava di nuovo vociando e ridendo sguaiatamente coi suoi nuovi amici.
 Shuko si sforzò di seguire la musica che le rimbombava nelle orecchio, facendo finta di leggere. Ogni tanto voltava perfino una pagina, giusto per rendere un poco più credibile la sua farsa.
 Per un po' non pensò più a quello che era appena successo. Poi, chissà perchè, alzò un secondo lo sguardo e proprio in quell'istante Kominato la stava guardando.
 Fu uno scambio d'occhiate rapido, di sfuggita.
 Shuko avrebbe giurato che negli occhi grandi di Kominato ci fosse ancora quel sentore di puerile – seppur profonda – delusione.
 Anche stavolta, però, si ricredette subito, perchè il ragazzo aveva ripreso immediatamente a ridere e scherzare felice come un bambino davanti al suo dolce preferito.
 No, era davvero così, inutile negarlo: Kominato era un superficiale, buono solo a ridere e dare fiato alla bocca, nulla di più e nulla di meno.
 Con un po' di fortuna al secondo anno sarebbe finito in un'altra sezione, e così al terzo e allora non l'avrebbe nemmeno più sentito nominare.
 Shuko tornò a fingere di leggere il libro di chimica senza più prestare attenzione alla musica che arrivava con insistenza dagli auricolari.
 Sì, il tempo sarebbe passato veloce e il liceo sarebbe presto diventato solo un lontano ricordo, qualcosa di cui parlare di rado e senza trasporto.
 'Già, a distanza di cinque o sei anni – pensò – non saprò nemmeno più che al primo anno in classe con me c'era uno che si chiamava Aya Kominato, che continuava a ridere, e che...'
 Non sapeva che altro aggiungere nella descrizione di quel ragazzo fastidioso.
 Per fortuna era suonata la campanella e un'ora di giapponese moderno l'aspettava. Spense la musica, chiuse il libro di chimica e lo ripose, e si mise in attesa.
 Davanti a lei sfilò Kominato, che andava al suo banco. Ancora una volta le parve che lui le avesse lanciato uno sguardo strano, vagamente deluso o forse triste.
 Questa volta Murao non si prese la briga di controllare se poi Kominato si fosse messo o meno a ridere, smentendo ancora una volta le sue impressioni.
 Però seppe come concludere la descrizione che aveva cominciato nella sua mente poco prima: '...e che ogni tanto mi lancia strane occhiate'.
   
 
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