Fanfic su attori > Benedict Cumberbatch
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Autore: NerdGirl_Marta    22/08/2015    4 recensioni
To be, or not to be- that is the question:
Whether 'tis nobler in the mind to suffer
The slings and arrows of outrageous fortune
Or to take arms against a sea of troubles,
And by opposing end them.
La prima del suo spettacolo non era andata come sperava, ma tutta la preoccupazione, il disappunto e l'insoddisfazione vennero dissipate non appena si ricongiunse con la sua meravigliosa famiglia.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’odore della lacca per capelli, associato alla flebile luce generata dalle lampadine del suo camerino, in quel momento lo facevano sentire a proprio agio anche se, come era successo molte altre volte in passato, provava comunque un senso di agitazione instabile. Si passò la mano tra i capelli mossi e sollevò lo sguardo per guardarsi meglio allo specchio. Non aveva dormito la notte precedente, nonostante fosse abituato ad esibirsi sul palco di fronte ad una miriade di sconosciuti, affrontare la prima di un nuova rappresentazione a teatro lo rendeva comunque ansioso, teneva troppo alla propria carriera e la dedizione che metteva in ogni lavoro lo obbligava a sentire su di se la responsabilità della buona riuscita dello spettacolo. Avrebbe fatto di tutto per evitare di ricevere commenti negativi da parte della critica, aveva da sempre sognato di mettersi alla prova con Shakespeare e finalmente il suo Amleto era pronto per presentarsi al pubblico. Mentre studiava i lineamenti seriosi del suo viso riflesso, inevitabilmente si ritrovò a pensare a tutte le persone in platea che in quel preciso istante stavano attendendo con il cuore in gola la sua apparizione sul palco ed era convinto che la maggior parte di loro fosse li solo per avere l’occasione di vederlo dal vivo, non per ammirare il suo talento nella recitazione. A lui non interessava più di tanto, essere un attore di successo significava anche avere fama ed era tranquillo perché convinto di essere in grado di accontentare i desideri di quella categoria di persone facilmente, si sarebbe focalizzato invece sul non deludere gli occupanti delle poltrone nelle prime file. Tra loro vi erano i più importanti giornalisti di Londra, blogger, direttori di scena, registi e addirittura politici ma soprattutto i suoi genitori e sua moglie Sophie. Bussarono alla porta, una donna brizzolata sulla sessantina lo avvisò che mancavano pochi minuti alla messa in scena e quando chiuse la porta alle sue spalle, lui replicò sbuffando per il nervosismo. Si massaggiò quindi le tempie iniziando con i vocalizzi per scaldare la voce, dalla sua gola profondi suoni gutturali iniziarono a riempire la stanza, simili ad una rilassante cantilena armonica. Si alzò in piedi stendendo i muscoli delle lunghe gambe ed afferrò la camicia che era stata preventivamente preparata sull’appendi panni dalla costumista. Infilò la prima manica e poi la seconda facendo una mezza piroetta, poi iniziò ad allacciare i bottoni sfiorando la con le dita la pelle nuda del proprio sterno e dei pettorali. “Due minuti” annunciò la stessa donna come promemoria, lui però era già pronto, quando uscì dal camerino per avviarsi verso il dietro le quinte, una particolare sensazione costituita da un misto di emozione, agitazione e voglia di dare il meglio di se aveva completamente colmato il suo cuore. I suoi colleghi avevano già dato il via allo spettacolo inscenando il primo atto e quando lui arrivò a ridosso del palco il suo cuore inspiegabilmente si tranquillizzò di colpo, strinse i pugni e finalmente si presentò al pubblico. Un paio d’ore più tardi un’appagante plauso generale inondò il teatro e gli spettatori si alzarono per rendere partecipi gli attori della loro completa soddisfazione, alcuni addirittura asciugavano dal proprio viso timide lacrime di commozione. In quella moltitudine di esseri umani entusiasti per aver avuto l’opportunità di assistere ad una piccola parte di storia del teatro londinese, solo una persona non era totalmente soddisfatta. Continuò a sorridere inchinandosi per ringraziare il pubblico anche quando le luci si accesero ed illuminarono i migliaia di visi felici che estasiati lo stavano fissando ma lui, anche se non lo dava a vedere, non era contento del proprio operato, sapeva di non aver dato il meglio di se al pubblico e la cosa lo faceva irritare parecchio perché credeva che la colpa non fosse completamente sua. Era consapevole di essere stato decisamente migliore durante le prove il pomeriggio prima ma durante tutta la durata dello spettacolo che si era appena concluso, non ce l’aveva fatta ad ignorare totalmente le lucine rosse delle fotocamere puntate su di lui che avevano continuato senza sosta ad accendersi e a spegnersi anche durante i monologhi più importanti nei quali lui avrebbe voluto concentrarsi a pieno invece di risultare distratto. La collera aumentò non appena si rese conto che era stata probabilmente una sua precedente scelta ad aver causato l’irriverenza e la maleducazione di chi aveva scelto di scattare foto durante la rappresentazione. Aveva infatti, qualche giorno prima, deciso di richiedere l’esposizione di cartelli all’esterno del teatro sui quali vi era scritto che non si sarebbe mai fermato dopo lo spettacolo a firmare autografi ai fans, aveva scelto di annullare lo “stage door” e forse era stato proprio quello il motivo che aveva spinto gli spettatori ad immortalarlo sul palco, consapevoli del fatto che sarebbe stato quello l’unico modo per avere la prova materiale di averlo veramente visto di persona. Per uno come lui però era inammissibile un atteggiamento del genere, considerava il teatro un’arte complessa e ci teneva veramente tanto a far capire a tutti quanto fosse importante aver provato sulla propria pelle il dono di sensazioni uniche che solo la recitazione dal vivo sapeva donare piuttosto che ritenere prezioso un semplice scatto rubato perso tra tante altre foto sui loro smartphone. Quando il sipario di broccato rosso si chiuse di fronte a lui oscurandolo al pubblico, la prima frase che gli uscì istantaneamente dalla bocca fu “Dannati apparecchi elettronici e dannati social network!” ma l’attrice al suo fianco, nonché madre del suo Amleto lo zittì rispondendogli “Smettila Benedict! Sei stato fantastico, devi ritenerti soddisfatto!”. Abbracciò i colleghi con molto affetto, aveva lavorato parecchio allo spettacolo con tutti i componenti del cast e strinse ancora più forte tra le sue braccia la direttrice. Ricevere i complimenti da lei l’aveva notevolmente tranquillizzato e poco dopo si scordò completamente delle luci rosse che l’avevano tormentato, non appena vide il sorriso caldo e rassicurante di sua moglie mentre tentava di raggiungerlo superando la folla di persone che li stava dividendo, seguita a ruota dai genitori. La prima cosa che lui fece fu abbracciarla cingendo le sue spalle con le proprie braccia, lei afferrò il tessuto del costume di scena e affondò il viso contro il petto del marito. “Sei stato meraviglioso davvero, so che sei incavolato ma non devi esserlo. Parleranno tutti i giornali della prima, è stata speciale sul serio!” lei disse senza sciogliere l’abbraccio guardandolo dal basso, lui non le rispose ma semplicemente afferrò il viso di Sophie con entrambe le mani e le diede un bacio riconoscente e complice. I genitori di Benedict erano ad un passo dalla coppia e la prima a parlare tra i due fu la madre “Tesoro che bel regalo di compleanno che mi hai fatto! Non potevo chiedere di meglio, tuo padre ed io siamo così orgogliosi di te!” e il padre continuò subito dopo “Ha ragione! Ora ti lasciamo libero di andare a farti una doccia, volevamo solo farti i complimenti prima di lasciare il teatro. Ci vediamo più tardi a casa!”. Dopo un breve scambio di battute con la moglie e i genitori, si congedò e si diresse verso il proprio camerino dove lo stavano attendendo alcuni colleghi pronti a stappare una bottiglia di spumante per festeggiare. Si fermò un po’ in loro compagnia, congratulandosi per il lavoro svolto, a ridere e a scherzare, non voleva sembrare scortese ma l’unica cosa che desiderava veramente era cambiarsi ed uscire più velocemente possibile dal teatro per tornare finalmente a casa a passare del tempo con i propri famigliari, celebrando il compleanno della madre e soprattutto a riabbracciare il suo bambino. Erano passati ormai un paio di mesi dalla sua nascita eppure Benedict non faceva altro che pensare al figlio che aveva atteso da così tanto tempo, alcune notti non andava neppure a dormire preferendo di gran lunga godersi ogni singolo istante con quel piccolo fagotto che amava più della sua stessa vita. Da quando era diventato padre la sua vita era stata completamente sconvolta, nulla aveva più importanza e sua moglie condivideva con lui quella particolare sensazione di sentirsi genitore, insieme avevano intrapreso quel percorso emotivo fatto di sensazioni contrastanti ed entrambi avevano accettato tutte le conseguenze che ne derivavano. Le notti insonni, la paura di non sentirsi abbastanza preparato per prendersi cura di un altro essere umano, il timore di avere poco tempo da dedicargli per colpa del lavoro e quindi rischiare di perdersi momenti importanti, erano tutte motivazioni sufficienti a renderlo insicuro nonostante avesse quasi raggiunto la soglia dei quaranta, eppure tutto si sistemava come per magia, non appena prendeva in braccio il suo tenero bambino. Quella sera, dopo la prima del suo spettacolo aveva salutato tutti, si era ritirato nel proprio camerino per farsi una veloce doccia e senza nemmeno aspettare la fine dei festeggiamenti era uscito dal teatro attraverso la porta di servizio, fiondandosi sulla monovolume nera munita di autista che l’avrebbe riportato a casa. Non si era fermato con i fans perché si sentiva ancora in collera con loro, la mattina successiva avrebbe sicuramente ripreso a cuore la questione dell’utilizzo di cellulari durante lo spettacolo con i dirigenti del teatro, avrebbe dovuto risolvere la situazione perché la stagione sarebbe durata quasi tre mesi e non poteva certo continuare in quel modo. Quando finalmente arrivò davanti alla porta della propria abitazione si rallegrò vedendo le luci accese al suo interno, salutò il proprio autista e scese dalla vettura di slancio, assicurandosi prima che non ci fosse nessuno sul marciapiede di fronte alla casa in grado di riconoscerlo. Avevano comprato quella nuova villa in centro da poco, qualche mese prima della nascita del loro figlio, la posizione era ottima edera enorme secondo gli standard londinesi, lui ne era consapevole. Il successo degl’ultimi anni gli aveva permesso di guadagnare parecchi soldi ma comunque era abituato ad uno stile di vita benestante, voleva garantire al proprio figlio quello che i suoi genitori, entrambi attori, erano riusciti in passato a garantire a lui. Diede un’ultima occhiata alla facciata di mattoni bianchi, poi decise di infilare le chiavi nella toppa ed entrare soddisfatto. Un vociare indistinto proveniva dal salotto, quindi si tolse velocemente le scarpe prima di superare l’ingresso per poi dirigersi, con passo svelto, verso i parenti che lo stavano aspettando. La prima cosa che notò fu la carrozzina parcheggiata tra i due divani del soggiorno ma era vuota perché suo figlio si stava lamentando in braccio alla nonna, Sophie non c’era quindi gli venne spontaneo esordire dicendo ad alta voce “Sono a casa! Hey penso sia giunta l’ora della poppata, non è vero?” riferendosi ai genitori che stavano ancora cercando inutilmente di consolare il neonato. Benedict si avvicinò al divano e non riuscì a trattenere un sorriso quando vide il proprio bambino dimenarsi, iniziando a strillare sempre più forte, aveva le guance arrossate e teneva i pugni stretti e gli occhi chiusi. Si chinò quindi per prenderlo finalmente in braccio “Ohhh cucciolo mi sei mancato tanto!” e lo strinse delicatamente contro il suo petto, era minuscolo, sembrava quasi un fragile giocattolo stretto nelle sue grandi mani ma dopo due mesi ormai, Benedict aveva imparato perfettamente come prenderlo in braccio. Lo sistemò meglio supino sul proprio avambraccio ed iniziò a cullarlo posandogli leggeri baci paterni sulla fronte, non sufficienti però a convincere il neonato a smetterla di reclamare il proprio pasto piangendo. “Dov’è finita Sophie?” chiese quindi Benedict in quel momento e suo padre Timothy gli rispose “E’ andata un attimo in bagno, ora torna, sa che deve allattarlo!” quindi il padre apprensivo si tranquillizzò e attese il ritorno di sua moglie, godendosi a pieno la compagnia del figlio, continuando a coccolarlo ed ammirarlo come se fosse una preziosa e personale opera d’arte. In effetti non ci volle molto per tranquillizzare la creaturina, quando Sophie tornò nella stanza ed andò a prendere il proprio figlio direttamente dalle braccia del marito, il bambino istintivamente smise si piangere e attese curioso, con gli occhi ancora lucidi, di essere sfamato. Iniziò ad allattarlo coprendosi il seno con il tessuto della maglia, lasciando esposto solo il capezzolo che velocemente venne catturato dalle morbide labbra del bimbo, Benedict si sedette vicino ai due ed accarezzò la fronte del figlio che ormai era completamente concentrato su altro. Iniziarono quindi a parlare dello spettacolo e Benedict non vedeva l’ora di sapere il parere delle persone a cui teneva di più al mondo, perché era sicurissimo che da loro avrebbe ricevuto solamente osservazioni e consigli decisamente sinceri e costruttivi. Ogni tanto, mentre ascoltava sua madre, voltava lo sguardo direzionandolo verso il figlio e tutte le volte si ritrovava a perdere il senso del discorso perché la sua concentrazione era completamente catturata dal bambino. La coppia era soddisfatta per aver creato una creatura così meravigliosa, anche tutti i loro amici e conoscenti sostenevano la loro tesi quindi erano fermamente convinti che potesse essere la verità ma nonostante tutto, ai loro occhi, sarebbe stato comunque un capolavoro anche se l’intero mondo avesse avuto il coraggio di sostenere il contrario. Era venuto al mondo senza creare troppi problemi, il parto era stato ovviamente difficile ma come un qualsiasi altro parto privo di particolari complicazioni, dopo un travaglio durato sei interminabili ore, il piccolo aveva deciso di essere pronto per venire al mondo influenzando irrimediabilmente la vita di entrambi i genitori. Appena nato non era somigliante a nessuno dei due, le opinioni dei famigliari erano state da subito molto contrastanti ma dopo due mesi il viso del bimbo era mutato notevolmente assumendo parecchie similitudini con quello del padre. I suoi occhi erano molto chiari e forse il colore era più similea quello della madre ma il taglio e la forma era, senza ombra di dubbio, identico a quello di Benedict. Un altro enorme dettaglio ereditato dal piccolo era la singolare forma della bocca, che era l’esatta copia in miniatura di quella del padre e del nonno, importante e concreto segno di appartenenza alla famiglia Cumberbatch. L’aspetto del bambino in futuro sarebbe cambiato parecchio, lo sapevano tutti ma Benedict era orgoglioso di essere riuscito a tramandare i propri geni al suo primogenito, anche se a volte era strano per lui riconoscere e scoprire similitudini così grandi, si emozionava sempre quando qualcuno gli diceva apertamente quanto fossero assolutamente identici. L’intera serata terminò in quel modo, così intimo e privato, una madre che allatta il suo bambino e un padre che coccola entrambi sotto l’occhio vigile dei nonni paterni. Era ormai quasi l’una di notte quando Benedict salutò i propri genitori e li vide salire su un taxi nero che li avrebbe riportati a casa. Quando sparirono all’interno della vettura lui li salutò per l’ultima volta con la mano, tornò poi all’interno della propria abitazione e decise di chiudere la porta a chiave ed inserire l’allarme prima di avviarsi verso il piano superiore per raggiungere Sophie, che era appena riuscita a far addormentare il piccolo. Entrò nella camera da letto in punta di piedi, il contatto della pelle nuda sul legno del pavimento non generava nessun tipo di rumore, si avvicinò lentamente alla moglie che si trovava ancora in piedi di fronte alla culla sul lato destro del loro enorme letto a baldacchino. Senza farsi preventivamente scoprire appoggiò delicatamente le mani sulle spalle di Sophie e l’istante successivo le posò un tenero bacio sul collo. Quando la donna reagì al suo tocco si rilassò all’istante, decise di intrecciare le proprie dita con quelle di Benedict e poi tirò verso di se le braccia del marito e si strinse nel suo abbraccio, utilizzando il petto di lui come una coperta naturale fatta di amore e calore umano. Rimasero entrambi in silenzio, rivolti verso la culla, continuando ad ammirare quel meraviglioso bambino che insieme avevano generato e, di tanto in tanto, si ritrovavano a sorridere senza neppure sapere il reale motivo. Quando più tardi decisero di stendersi a letto di comune accordo, l’uomo si buttò sudi esso con un tonfo sordo, slacciandosi la cintura dei jeans e disse “Amore sono distrutto! E questa è solo la prima serata...devo arrivare fino ad Ottobre!”. Inizialmente lei non disse nulla, si avvicinò ai piedi del letto e afferrò il bordo inferiore dei pantaloni di lui strattonando con forza per aiutarlo a levarseli, poi quando il marito rimase con solo i boxer addosso gli rispose “Però sei felice ed è questo quello che conta! Sarebbe il mio sogno esibirmi in uno spettacolo così importante, un po’ ti invidio sai!”. Seguì un breve scambio di opinioni incentrato sull’argomento che avevano appena iniziato mentre in modo quasi automatico si toglievano i vestiti, uno dopo l’altro ma solo Sophie si rivestì infilandosi una camicia da notte mentre Benedict entrò direttamente sotto le lenzuola con addosso solo le mutande. “Ben hai già inserito l’allarme, vero?” lei disse, poi si voltò verso il marito dubbiosa “Certo, non ti preoccupare! Ora coricati dai, anzi vieni più vicino…” lui le rispose afferrandola per un polso per cercare di farla avvicinare. Sua moglie si infilò velocemente a letto e si accoccolò al suo fianco e gli posò un bacio prima sulla clavicola poi direttamente sulla bocca, poi disse con un tono più dolce del miele “Ti amo tanto, buonanotte amore!”. Benedict rispose al bacio e all’affermazione della moglie con un altro bacio, più passionale e intimo, poi si sistemò meglio assumendo una posizione più comoda e face accomodare Sophie contro di se, dandole la possibilità di utilizzare il proprio petto come cuscino “Anche io piccola, buonanotte!”. L’ultimo pensiero dell’uomo, prima di lasciarsi andare fra le braccia di Morfeo fu destinato al piccolo fagottino che dormiva beato a pochi metri di distanza nella sua culla e come tutte le sere si ritrovò a ringraziare il cielo per avergli donato quella fantastica vita che da tanto aveva desiderato. Si addormentarono entrambi nel giro di pochissimo tempo, rimanendo in quella posizione per quasi tutta la notte, abbracciati e sfiniti, finché il pianto del loro bellissimo bambino non li costrinse a svegliarsi per scegliere a chi sarebbe toccato l’onere di alzarsi per cambiare il neonato, come un qualsiasi e normalissimo genitore avrebbe fatto.

   
 
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