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Autore: Dinah_Carroll    23/08/2015    4 recensioni
Alice, ora adolescente, ha dimenticato il Paese delle Meraviglie. O meglio: le lo hanno fatto dimenticare.
Erroneamente creduta da tutti schizofrenica, ha subito per anni soprusi senza mai potersi opporre.
Al suo ritorno a Wonderland molte cose sono cambiate: il Paese non è più governato dalla Regina di Cuori e Alice dovrà ritrovare i suoi vecchi alleati per ristabilire l'ordine e risolvere il mistero che si nasconde dietro il suo passato.
Non sarà però così semplice: proprio come Alice, anche gli abitanti di Wonderland sono cambiati e toccherà alla ragazza capire di chi può fidarsi e contro chi combattere.
Genere: Angst, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alice, Cappellaio Matto, Gatto del Cheshire, Regina di Cuori, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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CHAPTER III

DOWN THE RABBIT HOLE



Oh santo cielo.
Setacciò compulsivamente ogni centimetro del suo panciotto, ribaltò le tasche... niente.
Era in preda al panico. Come aveva potuto perderlo? In una situazione simile poi!
Gliel'aveva detto che sarebbe arrivata presto, che doveva trovarla, ma adesso? Come avrebbe capito quando sarebbe stato il momento giusto senza il suo preziosissimo orologio?
Sono sicuramente in ritardo, me lo sento... Devo sbrigarmi.
Si mise a quattro zampe e con uno scatto sfrecciò in mezzo al prato.
Schivava abilmente sassi, evitava buche con piccoli balzi. I fili d'erba gli solleticavano il muso bianco, ma non poteva assolutamente fermarsi: era la sua missione e l'avrebbe trovata a tutti i costi.
Aveva battuto il prato per giorni e perlustrato da cima a fondo il boschetto che circondava l'abitazione della loro speciale ospite, senza però notare alcuna traccia della ragazza.
Corse per ore come un matto, come se dietro di lui decine e decine di lupi affamati lo stessero inseguendo.
Si chiese per quanto tempo avrebbe dovuto ancora cercarla. Se non fosse arrivato in tempo? Spacciati. Ecco cosa sarebbero stati. Tutti spacciati.
Preso da mille pensieri quasi non si accorse della giovane che aveva appena superato.
Alice, gli suggerì una voce nella testa.
Si arrestò di colpo e si alzò sulle zampe posteriori. Rimase immobile a fissarla per diversi secondi, forse minuti.
È lei, è Alice.
Finalmente l'aveva trovata, seppure un po' diversa dall'ultima volta.
Il tempo cambia le persone, e lui lo sapeva bene. Per questo la cercava così disperatamente. Per questo la cercavano tutti.
La ragazza era notevolmente cresciuta dal loro ultimo incontro ed era diventata ancora più bella, ma la sua non era più la bellezza innocente di una volta: il suo viso era stanco, smagrito, con profonde occhiaie sotto gli occhi spenti.
Gli occhi... così vivi una volta e ora così pieni di dolore.
Adesso aveva realizzato perché non l'avesse riconosciuta subito, ma per quanto potesse essere cambiata una cosa in lei rimaneva integra: lei era pur sempre Alice, questo era ciò che contava veramente.
Lei era Alice... e aveva in mano il suo orologio.


Il coniglio bianco che fino ad un secondo prima le era sfrecciato ad un palmo dal naso si arrestò di colpo. La fissava come se fosse un fantasma, un'apparizione, qualcosa che aspettava da tempo e che finalmente aveva di fronte agli occhi.
Non è un coniglio normale, pensò.


Perché passare dentro uno specchio invece lo è.


Le rispose la stessa, seccante, voce dell'ultima volta che però aveva nuovamente ragione.
Fece per alzarsi in piedi quando il coniglio drizzò le orecchie e con un gridolino acuto affermò “Quello è il mio orologio!” e con una zampina le lo strappò dalle mani.
Colta alla sprovvista cadde a terra.
Quel coniglio parlava.
Già era inusuale il suo abbigliamento e come se non mancasse parlava.
Rimase a fissarlo incredula, mentre lui era occupato a lucidare l'orologio e sistemarne il quadrante.
Passarono alcuni minuti prima che le parole le tornassero alla gola e riuscisse a chiedergli chi fosse.
Il coniglio si fermò, come se si fosse improvvisamente ricordato di qualcosa di molto importante. Ritornò a fissarla e posò l'arnese in una delle tasche del panciotto.
“Non c'è tempo Alice! Devi assolutamente tornare: è tardi, tradissimo!” detto questo si rimise a quattro zampe e corse verso il boschetto.
Alice non fece in tempo a porsi alcuna domanda e, senza alcuna esitazione, corse subito dietro al coniglio.
Scansava rami, saltava radici, scostava cespugli, ma non era agile come lui.
Non era agile come un tempo.
Risultava quasi impossibile stare al passo del coniglio -o di qualsiasi cosa fosse- e spesso lo perdeva di vista.
Quando parve non vederne più alcuna traccia rallentò finché non si ritrovò ai piedi di un grande albero. Sospirò mestamente: doveva averlo perso definitivamente.
Cosa poteva volere da lei un coniglio parlante?
Fece il giro dell'albero accarezzandone delicatamente il robusto tronco con una mano.
Doveva essere una quercia o forse un noce.
Probabilmente una volta avrebbe saputo riconoscerlo e distinguerne i tratti, ma era passato troppo tempo da quando quelle informazioni erano per lei automatiche e familiari, o almeno da quando poteva uscire di casa ed esplorare il boschetto. Quante avventure aveva già dimenticato?
Così assorta nei suoi pensieri se non avesse avuto la prontezza di tenersi ad uno dei rami che sporgevano dal tronco sarebbe sicuramente cascata nella fossa scavata ai piedi delle sue radici.
Quella era sicuramente la tana più grande che avesse mai visto.
Che sia la tana del coniglio? Si domandò.
Era possibile che si fosse infilato al suo interno?
Alice si guardò intorno, ma del coniglio non vi era alcuna traccia.
Tornò a fissare la buca.
Era così grande che ci sarebbe potuta passare anche lei.


Potresti sporgerti e controllare.

E così fece.
D'altronde, quella vocina aveva dimostrato di avere sempre ragione, perché non seguire i suoi suggerimenti allora? Sembrava essere l'unica che sapesse cosa fare.
Si tirò su il vestito e si inginocchiò, facendo molta attenzione a tenersi ben salda all'edera che sembrava soffocare la parte inferiore del tronco.
Si sporse leggermente e rimase molto sorpresa non riuscendo a vedere la fine della tana. A quanto pare non era solo incredibilmente larga, ma anche molto profonda.
“Sorprendente...”
Nonostante lo avesse solo sussurrato, il suo bisbiglio rimbombò nella cavità per una decina di secondi.
Faticava a crederci.
Non poteva essere veramente così profonda.
È solo una fossa. Probabilmente è solo una mia allucinazione. Tutto questo è una mia allucinazione.
Mollò l'edera e si alzò di scatto intenta ad allontanarsi il più possibile da lì, ma subito se ne pentì: scivolò bruscamente, infilando entrambe le gambe all'interno della voragine.
Riuscì a tenersi aggrappata al suolo con le braccia, mentre con le unghie raspava la terra e con i piedi cercava di risalire la buca, invano.


Lasciati andare, Alice.


Ancora una volta le veniva suggerito cosa fare, ma stavolta non era affatto sicura che ciò le avrebbe veramente giovato. Si sarebbe sicuramente fatta molto male, di questo era certa.


Buttati Alice.
Segui il coniglio bianco.


Il coniglio bianco. Se n'era quasi dimenticata.
Aveva detto che dovevano sbrigarsi, che era tardi.
Si era infilato lì dentro?


Il Bianconiglio ti attende. Tutti ti stanno aspettando.


Come se le fosse stato impartito un ordine, chiuse gli occhi e mollò la presa, cadendo inesorabilmente all'interno della tana.

 

 

Era scivolata nel buio più assoluto.
Stava precipitando nel baratro ad una velocità spaventosa.
Ad un tratto le parve che qualcos'altro stesse cadendo insieme a lei.
Tastò l'oggetto e quando capì di aver preso in mano una cordoncina la tirò istintivamente, scoprendo quindi in quale oggetto si era imbattuta: aveva acceso una lampada.
Non ebbe nemmeno il tempo di chiedersi che cosa ci facesse una lampada nel sottosuolo che tutta la tana si illuminò, come se quello fosse stato il suo interruttore.
Insieme a lei stavano precipitando oggetti di ogni genere: libri, poltrone, letti, specchi, giocattoli e perfino vestiti da bambina.
Alice li riconobbe tutti, essendo essi una volta parte della sua infanzia.
I colori erano sgargianti e trasparivano mille ricordi ed emozioni da ogni oggetto.
Più scendeva in profondità, più la luce si faceva fioca e altri arnesi facevano la loro comparsa, a cui però erano legati ricordi tutt'altro che piacevoli: siringhe, pillole e camicie di forza ora la accerchiavano e le sadiche risate del dottor Walburn -e di tutti gli altri che precedentemente l'avevano presa in cura- riecheggiavano tra le pareti terrose, fino ad assordarla.
Chiodi e coltelli le sfrecciavano pericolosamente vicino e dal terriccio scuro iniziò a grondare copioso del sangue, il suo.
Alice era nel panico e il suo terrore raggiunse il picco quando due braccia scheletriche emersero minacciose fuori dalle pareti e bloccarono la sua caduta, prendendola per la vita.
Erano prive di pelle e la vista dei muscoli scoperti nauseò la ragazza. Sebbene non vi fossero unghie alle estremità delle dita, queste erano inaspettatamente appuntite, provocando un dolore lancinante ogni volta che stringevano la presa intorno alla vita sottile della fanciulla.
Provò a liberasi, ma ogni volta che affondava le mani nei muscoli di quelle enormi braccia a stento riusciva a reprimere i conati di vomito.
Un dito le avvolse il collo, facendole venir meno il respiro.
Un secondo cercava prepotentemente di farsi spazio sotto la veste, strappandole parti del vestito.
Per quanto potesse dimenarsi la presa non sembrava cedere, anzi: ogni volta che la ragazza scalciava o graffiava le mani le stringevano la vita sempre più forte.
Alice, sull'orlo delle lacrime, urlò più forte che poteva malgrado fosse quasi senza fiato.
Senza alcun preavviso e braccia mollarono la presa, lasciando che la ragazza continuasse la sua discesa in quell'abisso infernale.
Sotto di lei, ad una decina di metri di distanza, vide finalmente il pavimento. La fine della tana.
La caduta però sembrava non rallentare e credette seriamente che si sarebbe schiantata al suolo.
Chiuse gli occhi e si coprì il volto con le braccia, ma si fermò inaspettatamente a mezzo metro dalla terminale marmorea e si ritrovò a fissarla per alcuni secondi prima di crollarci sopra come una bambola di pezza.
Era tutto finito, eppure nella sua testa continuavano a girare vorticosamente le immagini di ciò che aveva visto.
Sopraffatta dallo sconforto si dimenticò completamente del coniglio bianco e avvicinò le ginocchia al petto, raggomitolandosi in posizione fetale sul pavimento freddo.
Si abbandonò ad un pianto liberatorio, scossa dai singhiozzi.  

Eppure nella sua testa continuavano a girare vorticosamente le immagini di ciò che aveva cercato di dimenticare.

 

 


ANGOLO AUTRICE


Buongiorno, miei cari lettori ~
In teoria avevo intenzione di pubblicare la storia già un paio d'ore fa, ma l'editor html mi ha dato così tanti problemi che ne ho dovuto cercare un altro online e ho deciso che d'ora in poi uilizzerò solo quello tiè.
Come avete potuto leggere, sono iniziate le tematiche violente e ho intenzione di farne passare di peggiori alla nostra cara protagonista, ma nonostante la mia crescente sadicità credo terrò per un po' il rating arancione.
Ringrazio nuovamente tutti i lettori, anonimi e non, e ci vediamo il 23 di settembre per il prossimo capitolo! (o anche prima se ne ho l'occasione)
A presto,

Dinah.

 

 

 

  
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