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Autore: ZoeLoveRock    25/08/2015    1 recensioni
Si stava già infilando il casco quando una presa ferrea sul suo polso lo costrinse a voltarsi. Un ragazzo circa della sua età aveva puntato gli occhi su quelli dei pianista. I capelli color rubino gli donavano un aria ribelle, da ragazzino anticonformista che suscito’ nell’altro una certa attrazione.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Castiel, Lysandro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lysandre si era appena trasferito a Manatthan. Viveva in quella casa da circa due settimane. Non aveva ancora conosciuto nessuno, a parte Matilda, l’anziana signora che viveva nella villetta a schiera accanto alla sua. In realtà, la donna si presentava spesso alla sua porta. La prima volta gli aveva chiesto se poteva prestarle del cioccolato fondente, per fare dei brownies. Fortunatamente, ne aveva in casa. Qualche ora dopo si era infiltrata con la scusa di un vassoio fumante di quei dolci. In effetti il ragazzo li aveva apprezzati talmente tanto che era andato dalla donna per ringraziarla, e quasi ogni giorno lei gli portava ogni genere di squisitezza.
I suoi genitori non lo avevano seguito, ma lo mantenevano da Los Angeles. Quasi tutta la casa era ormai a posto, solo un grande spazio in soggiorno era vuoto. Perché ci voleva tanto per far arrivare il suo amato pianoforte? Lysandre non lo sapeva. Ma era certo di non poter resistere per molto: le dita gli formicolavano dalla voglia di farle danzare su una tastiera, facendo cosi’ scaturire suoni, melodie, emozioni. Aveva provato ad andare in un negozio di musica, ma la pianola, elettrica, non dava la stessa sensazione. Sentire le corde vibrare, sotto il tuo tocco, tutto il complicato meccanismo per un semplice mi. Quanto avrebbe dato per suonare una delle sue canzoni… Bach, o molto piu’ semplicemente Nightcall dei London Grammar. Era composta da semplici scale, “mi, la, do, mi, la, do, mi, la; re, sol, si, re, sol, si, re, sol; do, fa, la, do, fa, la, do, fa…” le mani si muovevano in una sezione determinata dello strumento, seguendo uno schema di toni e semitoni definito, ma comunque facile. Composta da ottavi, una melodia che avrebbe potuto risultare banale ad un ascoltatore inesperto, un pianista sarebbe sicuramente stato in grado di cogliere la fluidità con cui si susseguivano le note, in una danza veloce, che poteva essere ripetuta all’infinito con minuscole varianti. Mentre il ragazzo pensava con nostalgia al suo pianoforte, lo smarphone si illumino’, segnalando un messaggio di WhatsApp, da parte di sua madre. “Quelli del piano sono arrivati oggi e hanno detto che te lo portano tra tre settimane non mi ricordo come si mette la punteggiatura baci mamma” Tre settimane? Dopo due già gli prudevano le dita, come avrebbe resistito a tre?! Cosi’ prese una sofferta decisione. Prese il cellulare, rispose velocemente, accedette a Yahoo e trovo’ cio’ che cercava. Dopo aver sbocconcellato un piatto di riso si fece una doccia e usci’ nella calda serata di agosto. Si diresse verso il pub munito di pianoforte piu’ vicino ed entro’, dopodiché chiese al proprietario di poter suonare lo strumento e l’uomo aveva acconsentito di buon grado. Il posto era decisamente carino: il parquet rossiccio donava un’aria accogliente, i poster e le foto di gruppi rock tappezzavano le pareti. I tavolini di legno erano coperti da tovaglie a quadri rossi e blu, mentre le sedie al bancone dipinte di nero opaco. Le luci bianche invece davano un’idea di intimo e spazioso allo stesso tempo. Si sedette sullo sgabello e fece passare le dita affusolate lungo la tastiera, godendo dell’ avorio sotto i polpastrelli, che aderiva perfettamente. Cerco’ nel suo repertorio mentale una canzone che gli ricordasse casa, e cosi’ le sue dita, quasi dotate di loro volontà, cominciarono con gli accordi di “Awake and Alive” degli Skillet. Man mano che percorreva la tastiera il suo tocco diventava sempre piu’ sicuro e piacevole, dato che il materiale si stava adattando alla temperatura corporea del ragazzo. Quando, con le ultime note la musica termino’, tutti i clienti applaudirono entusiasti, mentre l’albino prendeva qualche secondo per bearsi del contatto con i tasti. Lysandre, timido, ringrazio’ e tento’ di defilarsi da una porta sul retro. Si stava già infilando il casco quando una presa ferrea sul suo polso lo costrinse a voltarsi. Un ragazzo circa della sua età aveva puntato gli occhi su quelli dei pianista. I capelli color rubino gli donavano un aria ribelle, da ragazzino anticonformista che suscito’ nell’altro una certa attrazione.
“Eri tu a suonare prima no?” gli chiese, senza nemmeno presentarsi.
“Ciao. Comunque era awake and Alive, degli Skillet… non è un gruppo molto conosciuto…” sospiro’ Lysandre portandosi una mano al mento.
“Non mi hai risposto. Eri tu a suonare o no?”
“Credevi che lo spirito di Williams mi avesse posseduto?”
“Ma John Williams non è vivo?”
“Dettagli…” lo liquido’ l’altro, con un alzata di spalle.
“E’ da molto che suoni il piano?”     
“Da quando avevo sei anni, poi periodo di pausa 10-13 e…”
“Tu vieni con me.” E con quelle parole il rosso tento’ di smuovere l’albino, che pero’ s’impunto’.
“Senti, da quanto so di te potresti tranquillamente sgozzarmi, quindi potrei almeno conoscere il nome del mio assassino?” sorrise Lysandre.
“Castiel Black. Tu?”
“Lysandre White.” Sorrisero.
“A quanto pare, White, siamo gli esatti opposti.”
“Mai sentito che gli opposti si attraggono?” gli chiese l’altro. Castiel arrossi’ leggermente, ma l’oscurità copri’ uno di quei rari segni di vulnerabilità che di tanto in tanto il ragazzo concedeva.
“Dove vuoi portarmi?” si arrese Lysandre.
“Vieni.” Fece il rosso. Lo condusse in alcuni vicoli, che sapevano di nascosto, di proibito e di mistero. Anche se non era molto tardi il sole si stava abbassando, infuocando lo skyline della città. Un vento leggero si libro’ sui loro volti. Alla fine lo condusse in un locale piu’ fatiscente. La luce al neon disegnava l’ombra delle ciglia di Castiel sulle guance, e i lineamenti si proiettavano piu’ marcati. Gli inserti metallici della giacca di pelle creavano giochi di luce sulla porta. Pub Girarrosto diceva il cartello.
“Sir Jack? E’ un pub?” chiese Lysandre. La sua domanda non venne ascoltata, percio’ segui’ Castiel all’interno del locale. L’odore di vodka al limone e quello di erba si sovrastavano l’un l’altro, in una specie di gara. Il sentore di muffa infastidiva l’olfatto, ma il rosso non sembro’ farci caso. Si diresse verso il bancone ed ordino’ una Guinnes, mentre l’albino opto’ per un ginger al pompelmo.
“Di cosa volevi parlarmi Castiel?” chiese
“Ti ho sentito suonare… ti ho visto suonare… tu e il pianoforte diventate una cosa unica, hai la capacità di prendere dal tuo strumento ogni singolo tono, prosciugando entrambi. Ho notato come muovevi le dita: erano dotate di forza propria, come se ogni grammo di energia del tuo corpo fosse concentrato su quelle note, come se nella tua mente esistesse lo spartito… e basta. Tu e la tua musica. Perché nessuno ti ha mai proposto un lavoro?”
“Il pianoforte e la poesia sono le mie ragioni di vita. –era strano aprirsi cosi’ con un estraneo, penso’ il ragazzo, ma poi si rese conto che era molto piu’ facile di quanto credesse- quindi… beh, credo sia normale essere cosi’ coinvolti. Pero’… sono le mie passioni. Non le voglio rovinare facendole diventare un lavoro, mi piace tenere i miei mondi ben separati l’uno dall’altro. Sono molto distratto, e credo di aver paura di fare confusione, in un certo senso.”
“Ah si’?” Lysandre si giro’ verso il suo interlocutore, che aveva interrotto i suoi pensieri in modo tanto brusco.
“Non ti piace qualcosa che ho detto?” domando’ incuriosito.
“Mi piace tutto di quello che hai detto…” sussurro’ l’altro. Si voltarono. Contemporaneamente. Gli occhi eterocromatici di Lysandre contro quelli grigi di Castiel. Erano entrambi troppo impegnati a scrutarsi, per far caso alla loro vicinanza. Non c’erano scudi. Leggevano l’uno nel cuore dell’altro. Non sapevano perché fidarsi. Ma si fidavano. Non sapevano perché si erano ritrovati li’. Ma c’erano. Naso a naso, anima ad anima. Le ciocche rossastre di Castiel solleticavano la fronte candida dell’albino. Le loro emozioni erano li’. Forse sbagliando si erano fidati entrambi di quell’anima gemella mancata, ma custodivano gelosamente i sentimenti che l’altro lasciava trasparire. Era una promessa. Una di quelle non fatte ad alta voce, ma una delle piu’ vere e leali che l’uomo puo’ dare: pensarono che quello che si erano detti in quegli sguardi… quegli attimi sarebbero rimasti impressi a fuoco nelle loro menti. Quegli attimi avrebbero segnato la loro esistenza. Lasciarsi andare, liberarsi. Era buffo: di solito i legami uniscono, ma, a volte, se è uno di quelli veri, ti libera. Ti permette di trovare la tua dimensione, di scoprire una parte di te stesso che non conosci, ti permette di cambiare il tuo modo di pensare, di vedere il mondo. E la cosa peggiore, di quando la porta della tua vita si chiude, è che le persone che l’hanno attraversato con te possono decidere se rimanere sulla soglia, ad aspettare che torni indietro, proseguire per la loro strada, o scegliere insieme a te un percorso. E quella relazione sarebbe stata del terzo tipo. Ne erano sicuri.
La luce sopra di loro si spense. Tornarono alla realtà di botto, come se si fossero accorti solo in quel momento di cio’ che avevano pensato. Forse era esattamente cosi’. Distolsero lo sguardo, con un certo imbarazzo. Un istante prima quei due ragazzi avevano il mondo in pugno, si sentivano potenti, e liberi, e leggeri. Ora tutto gli crollava addosso, ed il peso era troppo difficile da sostenere da soli. La mano di Lysandre incontro’ quella di Castiel. Si sfiorarono le dita, per poi ritrarsi, come se fosse stato del tutto casuale. Forse lo era.
 Cosa stava succedendo? Quello che si erano detti era amore? Risultava difficile crederci, eppure era cosi’. Lysandre era allibito: solo un'ora prima non aveva intenzione di togliersi il pigiama, e ora il suo corpo ardeva di un fuoco a lui sconosciuto. Possibile che tutto quello fosse successo per colpa di un dannato pianoforte? Guardo' la persona che aveva davanti a se, che non conosceva da piu' di mezz'ora. Due cose sapeva di lui: che era il suo opposto e che era l'unica persona che lo aveva fatto sentire in quel modo prima di allora.
Per Castiel era sempre risultato difficile parlare con qualcuno che non conoscesse bene, che non meritasse la sua stima. E ora sentiva il cervello come argento vivo, che si fondeva lentamente. Era sadismo. Era amore. Gli comunicava cio’ che provava facendosene pentire ma non poteva  fare nulla per fermare quel mostro che si sviluppava in lui, e i suoi tentacoli si attorcigliavano nel suo corpo, nel suo cuore, nella sua mente. Proseguivano indipendentemente dalla sua stessa volontà. Delle sensazioni che mai si sarebbe detto di provare. In qualche istante, si era reso conto di quanto le sue certezze fossero instabili, totalmente annullate da un ragazzo conosciuto nemmeno un ora prima. Perché ad un tratto era cosi’ vulnerabile?
“Perché mi guardi cosi’?” chiese Lysandre, inconsapevole dell’effetto che aveva sull’altro.
“Potrei risponderti normalmente, oppure potrei usare una citazione, che direbbe tutto.”
“Di chi?”
“Withman.” Rispose Castiel, cercando di mantenere la voce ferma.
“Walt Withman…” nella mente dell’albino se ne figuro’ una sola: “eravamo insieme. Tutto il resto del mondo l’ho scordato.” Ma non era quella a cui probabilmente il rosso pensava. “Me ne viene in mente soltanto una…” e disse le parole che galleggiavano nella sua testa.
La dissero insieme, guardandosi. Gli occhi dell’uno persi in quelli dell’altro. Lysandre senti’ le dita morbide e fredde del rosso contro la sua guancia. Erano vicini. Troppo vicini. Le labbra di Castiel sfioravano le alle sue… sarebbe bastato cosi’ poco. Ma in un certo senso gli sarebbe piaciuto rimanere immortalato li’, con milioni di possibilità. Punto’ lo sguardo su quello dell’altro. Non avrebbe preso lui la decisione. Il rosso non sapeva come interpretare l’occhiata dell’albino, quindi si lascio’ guidare dal corpo. Socchiuse le palpebre e, con una lentezza lancinante, porto’ le sue labbra su quelle dell’altro. Un bacio casto. Leggero. Per poi guardarsi, ottenere conferma, e ricominciare.
 
 

Alloooorah, so che dovrei continuare AA, pero’ sono in vacanza, e dato che non ho la parte piuttosto consistente di capitolo che ho già scritto ho preferito buttare giu’ questa brevissima OS.
In realtà preferisco yaoi con Alexy, o Cass e Nath… ma dato che dopo quattro giorni lontano da casa ho una nostalgia matta del mio caro e amato pianoforte, ho buttato giu’ questa cosina… ^-^
 
 
   
 
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