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Autore: Son of Jericho    25/08/2015    1 recensioni
Non riusciva ancora a credere che quello fosse stato il loro ultimo giorno.
Mentre assistevano alla caduta in rovina del set che era stato la loro casa, lo aveva salutato come fossero due estranei, come se non fossero niente più che colleghi.
E adesso che lei stava per lasciare tutto e andarsene, Alessandro aveva bisogno di vederla un'ultima volta.
Anche solo per un momento, perché non era sicuro di potercela fare senza Arianna.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Che cazzo stai facendo?”


Quella voce lo aveva riconquistato appena entrato, come se lei fosse ancora lì.

A dare ordini, a guidarlo, ad impedirgli di farsi sommergere dalla folla e annegare.
Traffico caotico di gente che andava e veniva, trascinandosi dietro valigie pesantissime e bambini in lacrime, in ritardo verso le agognate mete, di fretta per amici e compagni da incontrare.

Percorse a vuoto l’ennesima corsia, scontrandosi con decine di facce sconosciute che, naturalmente, neanche facevano caso ad un ragazzo che, fermo e invisibile in mezzo all’atrio, si guardava intorno confuso e nervoso.

Si appoggiò ad una colonna, cercando di non chiedersi se sarebbe davvero servito a qualcosa, mentre la confusione si riduceva ad un flebile brusio di sottofondo, e lui si sentiva di nuovo solo.
Solo, ad ascoltare quella voce.


“Ma dove ti credi di essere?”


Quelle frasi che tante volte gli aveva ripetuto, e che avrebbe accettato di sentirsi dire ancora oggi.

Lanciò un’occhiata al tabellone dei voli, un’interminabile lista di città che non avrebbe mai visitato, e una serie di orari e di annunci che sembravano rincorrerlo.
Fu preso dal panico, quando realizzò di non avere idea di quale fosse il suo.

L’aeroporto di Roma Ciampino era come un girone dell’inferno, il peggior posto in cui sarebbe potuto capitare.

Ma in un modo o nell’altro, l’avrebbe trovata.

“Questa cosa non va bene”


Aveva imparato a sopportare di tutto nell’ultimo anno e mezzo, dalle offese alle prepotenze, dai rimproveri alle umiliazioni, ed era sempre rimasto in piedi consapevole di non aver alcun diritto di cedere.
Niente però lo aveva preparato a quell’addio.
L’ultimo atto di un’opera arrivato troppo presto, che aveva lasciato nel cuore un senso di incompiuto, e un vuoto che non si sarebbe colmato facilmente.
Parole insipide affidate alla circostanza, un saluto amichevole e bugiardo davanti al set ormai smantellato, un lungo abbraccio che aveva significato tutto e niente.
Fingere che le cose tra loro fossero a posto, quando nel loro rapporto non c’era mai stato niente a posto.

Perché non potevano rigirare la loro ultima scena?

Avere l’opportunità di riscrivere per intero la loro storia, assicurando il degno finale che ogni grande sceneggiatura merita.

“Vattene”


La vide.

Usciva a passo lento ma deciso da una sala d’attesa, con un enorme trolley nella mano sinistra ed un borsone sulla spalla, incamminandosi verso il gate 22.

- Arianna! - urlò, senza però aver fatto i conti con la folla che risucchiò nel nulla la sua voce.

Si lanciò in una corsa nella sua direzione, scivolando alla disperata in mezzo a turisti, bagagli e insulti, schivandoli come fossero gli ennesimi ostacoli sulla loro tortuosa via.

- Arianna! - gridò nuovamente arrivato a pochi metri da lei, col fiatone e le ginocchia che sembravano non reggergli più.

Lei si fermò, desiderando vivamente di aver sentito male.

Si voltò e se lo ritrovò lì davanti, con la sua solita faccia da idiota.
Le aveva fatto una sorpresa, il cretino.
Doveva smetterla.
L’ultima volta, quando si era presentato a Milano alla porta della sua camera, era finita male.
Malissimo.
E per nessuna ragione avrebbe dovuto azzardarsi a farlo di nuovo.
Non poteva permetterselo.

- E tu che ci fai qui? Che vuoi? -

- Io… io… -
Non le avrebbe detto di aver convinto René a rivelargli l’ora e l’aeroporto da cui sarebbe partita, né di aver saltato una riunione al quartier generale di Libeccio per essere lì, né di non aver pensato ad altro dal loro ultimo giorno sul set.

E mentre osservava la sorpresa e i fulmini esplodere nei suoi bellissimi occhi, capì che non importava quali parole avrebbe tirato fuori, senza che lei le facesse apparire inadeguate e sbagliate.

- Falla corta, Alessandro. Ho un aereo da prendere. -

- Io… volevo solo salutarti. -

Eccola di nuovo rifugiarsi dietro quella fredda maschera di pietra, che non faceva trasparire neanche la più piccola emozione.
Nessuna debolezza con lui. - Bene, allora ciao. -

- Arianna, io… - iniziò a balbettare qualcosa, prima che lei potesse aggiungere la seconda parte con un bel “e adesso sparisci”.

Stava ancora pensando a come terminare quella frase senza logica, quando furono raggiunti dall’ultima persona che avrebbe voluto vedere in quel momento, e che annunciò la sua presenza baciando delicatamente Arianna sulla guancia.
- Arianna, sarà meglio muoverci. -

La ragazza si voltò verso di lui. - Sì, Tyrone, arrivo. Stavo… salutando un amico. Alessandro, ti ricordi di lui? -

L’americano gli porse la mano, esibendo un fastidiosissimo sorriso a trentadue denti ed un italiano ancora stentato. - Alessandro, ma certo! “The slave”, right? -

- Non più. - affermò con orgoglio. - Ora sono un dialoghista di Libeccio. -
“Prendi questo, caro amico di Ridley Scott”, pensò mentre allungava il braccio e stringeva la presa con malcelato disprezzo.

- “Libeccio”? Che cos’è? Non la conosco… -

- Tyrone, ascolta… - intervenne lei posandogli una mano sulla spalla, e nascondendo quel senso di disagio che stava stranamente accusando. - Che ne dici intanto tu ti avvii al gate, e poi io ti raggiungo? -

- Ok, ma non fare tardi. Il nostro aereo sta per partire. -

Alessandro stette ad osservare Tyrone farsi carico anche del trolley di Arianna e dirigersi tranquillamente verso il varco 22.
Ecco per cosa la stava perdendo.
Per un marcantonio famoso e forzuto, per una prospettiva di lavoro, all’estero, in centro-America, in… solo allora si rese conto di non sapere veramente quale sarebbe stata la loro destinazione.
Inutile anche pensare di poterglielo chiedere ora: avrebbe preferito strangolarlo, piuttosto che rivelargliela.
Non l’avrebbe mai saputo.

- Ha insistito per accompagnarmi. - aggiunse spezzando quell’attimo di silenzio, senza però spiegarsi perché la sua voce stesse suonando come un tentativo di giustificarsi con lui.

- Ah, ti ha accompagnato… - ripeté quasi a caso, tornando a fissarla.

- C’è altro che devi dirmi, Alessandro? -

- Se avevi avuto modo di ripensare al mio soggetto per una serie tv… -

Le fece questa inutile domanda, quando in realtà tutto ciò che voleva era sapere come avrebbe fatto a trovare un senso alla sua futura assenza al fianco di René.
E soprattutto, ad allontanare la paura di dover leggere, ogni volta che alla tv avrebbero trasmesso un documentario, “regia di Tyrone-qualcosa e Arianna Dell’Arti”.

- Te l’ho già detto. Non funzionerebbe. -

E probabilmente aveva ragione. Come sempre, del resto.

Erano destinati a fallire.
Un po’ come i suoi progetti, come “Occhi del Cuore”, come “Medical Dimension”, come tutto in quel mondo in cui per tanti anni aveva sognato di entrare, senza poter minimamente immaginare cosa lo stesse aspettando.

Dagli altoparlanti riecheggiò l’annuncio metallico che invitava i passeggeri dei voli in partenza a recarsi cortesemente all’imbarco.
Arianna abbassò lo sguardo sul borsone.
Non c’era più tempo per trovare un altro modo di gestire lui e quella situazione.

- E’ il mio. Devo andare. -

Alessandro la vide allontanarsi e sparire dietro le porte del gate, come il sipario che cala al termine di uno spettacolo.
Fine.
Il palco si svuotava, si oscuravano le luci e scorrevano i titoli di coda, mostrando tutti i nomi di chi, con parti più o meno importanti, aveva contribuito a portare la storia fino a quel punto.
Tutti, tranne il suo.


Perché in fondo, lui era e sarebbe rimasto per sempre solo il suo schiavo.






Angolo dell'autore:
Signore e signori, un saluto a tutti.
So che Boris è una produzione un po' datata ormai, ma non posso fare a meno di considerarla un piccolo capolavoro italiano (forse anche "troppo italiano", come direbbe Stanis) e soprattutto ad oggi ancora attuale. Per questo mi piacerebbe che questa serie non cadesse nel dimenticatoio pur a distanza di anni.
Per quanto riguarda Alessandro e Arianna, li ritengo una delle coppie più complesse della storia della tv, e ho voluto immaginare un ulteriore momento tra loro che parlasse della loro tormentata relazione, se così si può chiamare.
Fatemi sapere cosa ne pensate, ogni commento sarà ben accetto!
   
 
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