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Autore: sushiprecotto_chan    26/08/2015    1 recensioni
Ad Amberground si stanno presentando nuove “generazioni” di Gaichu, provenienti con tutta probabilità dalla grotta di Blues Notes Blues, e i Letter Bee migliori hanno il compito di occuparsene. Zazie, Lag e Connor non sanno cosa aspettarsi, quando Zazie e Wasiolka vengono aggrediti da un Gaichu che – come in seguito Zazie scoprirà – preferisce mangiare i cuori delle sue vittime lentamente. Per farlo le anestetizza con un particolare veleno, e queste, dormienti, finiscono con la mente in un mondo “ideale” che rispecchia tutti i loro desideri.
[Zazie Winters/Lag Seeing, of course.]
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri, Connor Culh, Dottor Thunderland jr., Lag Seeing, Zazie
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Parole terzo capitolo: 6294 (fdp)
Note: Dovete pensare che il Zazie della dimensione alternativa (che questo mondo sia il frutto dell’immaginazione di Zazie o no ancora non si sa e intendo lasciarlo vago fino alla fine) è una versione ugualmente sospettosa ma più felice del Zazie che conosciamo. Quindi il suo comportamento diverso verrà notato anche dalle persone che lo circondano e in questo capitolo ci sarà qualche scambio in più.
Al contrario, il Lag della dimensione alternativa è più spigliato per quanto riguarda il suo rapporto con Zazie (stanno insieme da anni). E il fatto che entrambi abbiano diversi anni in più rispetto a quanti ne hanno ora nel manga ricade un po’ sulla questione IC.
In questo capitolo: Zazie non è abbastanza nel panico riguardo all’intera situazione e parla con sua madre, Lag cerca una soluzione e decide di mettersi in pericolo.
Informazioni di servizio: Questo è il mio primo tentativo serio di una Long. L’aggiornamento non sta procedendo in maniera molto seria e per ciò mi scuso.
Questo capitolo è lungo il doppio degli altri e non so bene come sia successo, ma non ho voluto separarlo in due parti. Il prossimo dovrebbe essere l’ultimo.
 
 



 

Parte III
 
Until I die I’ll sing these songs
On the shores of Babylon
Still looking for a home

In a world where I belong
 
 

Zazie, a piedi scalzi, si annodò l’accappatoio e attraversò l’ampio tappeto grigio che portava fino alla cucina.
Fare una doccia lo aiutava sempre a darsi una calmata, a rimettere insieme i pensieri. Avrebbe dovuto avere paura di quella sensazione d’incertezza che lo pervadeva – quello che viveva era vero? Era forse pazzo? Aveva sognato un’altra vita con Lag e Connor ma senza i suoi genitori e ora era tornato alla realtà? O era quello il sogno? –, ma dopo che Lag gli aveva preso le mani e l’aveva condotto sul divano per parlare, il suo spirito aveva potuto godere di una momentanea calma, e ora ci si trovava completamente immerso. Aveva persino considerato la possibilità d’essere entrato in coma, e di trovarsi quindi in un sogno particolarmente vivido per via della condizione del suo corpo “vero”. Ma nessun sogno sarebbe stato capace d’essere tanto realistico. E se neppure l’aver pensato a un’alternativa del genere lo aveva riempito d’ansia e terrore, quella calma che sentiva non era una cosa buona.
Arrivò in cucina strascicando i piedi. Sua madre lo guardò.
«Mettiti delle ciabatte, che stai lasciando una striscia di bagnato a terra»
«Non le ho trovate in bagno»
«Allora saranno in camera tua»
«No» disse, piccato.
«Le avrà prese Wasiolka. Dio, giuro che se fossimo stati più severi con lei ora non sarebbe così viziata. Non si è mai sentito di una pantera che vive dentro una casa. Non è un gattino»
In teoria sua madre stava sgridando Wasiolka, ma lo faceva con un tono talmente affettuoso da non essere credibile. Mentre diceva questo, trafficava con i tegami della cucina creando un gran trambusto.
«E che ci farebbe Wasiolka con le mie ciabatte?»
«Non saprei, quello che ci fa di solito suppongo. Da quando sono sparite? Stamattina, no? A quest’ora saranno tutte mangiucchiate allora. Guarda se le riesci a trovare nel suo nascondiglio in giardino»
Una pausa. «Wasiolka ha un nascondiglio in giardino?» Quello che intendeva dire era: Abbiamo un giardino?
Il volto di sua madre spuntò dalla porta di uno scomparto della credenza di legno. «Pensavo sinceramente che ti fosse già andata via l’amnesia. Mi dispiace» Venne verso di lui e gli toccò le braccia.
«Non ti preoccupare, mamma» Tremò inaspettatamente. Era la prima volta che la chiamava così. «Sto ricominciando a ricordare velocemente» Era vero.
«Cosa ricordi?»
Zazie si prese un attimo. Ci potevano essere due interpretazioni a quella domanda e lui aveva freddo, stretto in quell’accappatoio che gli stava piccolo. Poteva scegliere di scappare. Si sedette.
«La casa. Per il resto è tutto diverso: ricordo che sono un Letter Bee e lavoro a Yuusari Central con Lag e Connor, e che la mia dingo è Wasiolka»
Vide sua madre sedersi accanto a lui, corrucciata. Probabilmente, con la stessa confusione che Zazie provava verso quel mondo, lei si stava chiedendo cosa fosse un dingo.
«Zaz… Non potrebbe essere qualcosa che hai sognato?»
Abbassò lo sguardo e fece un movimento di diniego con la testa. «…è troppo radicato»
«Me ne vuoi parlare?»
Per un attimo si rese conto di quello che aveva appena detto e gli prese il panico. Cosa diavolo aveva fatto? Perché non era fuggito?
Sua madre non aspettò oltre una sua risposta. «Quanto è grave la tua amnesia? Cos’è che non ricordi di qui?» Il suo tono era preoccupato, e l’espressione tradiva la sua ansia e la sua concentrazione. Quando lei gli toccò un braccio che aveva lasciato scoperto, la sua mano era morbida e calda. Zazie non aveva mai provato i sentimenti che sentiva per quella donna prima d’ora.
Sarebbe dovuto scappare prima e non dirle nulla.
«Mi vado a cambiare» disse spiccio, staccandosi dalla sua mano e andandosene dalla stanza.
Gli parve di sentire sua madre protestare, ma fu al secondo piano e nella sua stanza prima di poter decidere d’aver udito alcunché.
 
**
 
Lag lo trovò sdraiato sul letto, mezzo nudo e con ancora l’accappatoio – che era aperto –, a far rimbalzare una palla di Wasiolka contro al muro.
«Tutto bene?»
Era entrato velocemente, senza farsi problemi, prendendosi giusto il tempo per chiudere appena la porta dietro di sé. Zazie saltò su e si chiuse in fretta e furia l’accappatoio.
«Perché me lo chiedi?» borbottò, un tantino scosso.
Lag scrollò le spalle. «Avevi un’espressione tutta seriosa in volto»
«Non è vero»
Lag alzò le sopracciglia. Zazie si scansò da dove stava seduto, lasciando dello spazio sul letto perché il suo amico si mettesse accanto a lui. Un’ala dell’accappatoio gli pendeva sulla fine della pancia, lasciando scoperto il suo petto. Lag sembrava completamente a suo agio a stare in una stanza con lui in semi-nudità – Zazie invece non lo era affatto, a suo agio – e l’unico segno che dava d’averla notata erano le occhiate sfuggenti che rifilava alle sue gambe e al suo petto. Erano occhiate semplici, che si prendevano il loro tempo. Era come se a Lag piacesse guardarlo.
Seeing gli si sedette accanto.
«Dovremmo farci un viaggio, tra un paio di mesi. Mi piacerebbe tornare a visitare il porto»
«Yodaka è piena di Gaichu»
Lag alzò le spalle. «Ci porteremo Connor con noi. Possiamo passare dalla sua ragazza a Lament, farebbe piacere a entrambi» Poi sorrise. «Ho ancora la vecchia pistola sparacuore di Goos, a casa; sto diventando abbastanza bravo a usarla. Sì, insomma, me la cavo» Lo guardò. «Dovresti davvero provarci anche tu, ogni tanto. So che impareresti in fretta»
Non hai idea di quanto, pensò Zazie.
«Meglio di no, bisogna stare molto attenti con quei cosi. Potresti perdere tutto il Cuore»
«Potremmo anche andare a Yuusari a fare visita a Sylvette e a vedere l’Alveare con Connor»
«Ma insomma, Yodaka o Yuusari?»
Lag rise, e anche Zazie a sentire quella risata che conosceva bene si sciolse un po’. Di solito Lag rideva quando giocava per terra con Niche, o quando loro tre si ritrovavano a mangiare da Sylvette e si divertivano molto – c’era stata quella sensazionale serata in cui Lag gli aveva mimato la sua avventura con Jiggy Pepper e dopo una battuta di Connor aveva cominciato a ridere moltissimo. Poche volte aveva sentito quel suono quando erano loro due da soli. Ma, dopotutto, di solito in quelle situazioni parlavano sempre con tono serio delle missioni o dei rispettivi crucci. Dopo la morte di sua madre Lag sembrava essere diventato una persona diversa, ancor più pronto a spendere tutte le energie e il Cuore per aiutare Amberground a prosperare. Questo Lag era simile, ma diverso. Gli sembrava come se in quella realtà entrambi avessero più tempo da dedicare all’altro.
Chissà cos’avevano fatto insieme. Cosa si era perso dei divertimenti e delle chiacchierate con Lag e Connor? Il tempo che aveva avuto con i suoi genitori, se l’era perso tutto. Eppure le memorie di quel posto gli stavano tornando, e forse avrebbe recuperato un po’ di quei momenti perduti. Se così sarebbe stato, avrebbe significato che quel mondo era reale, e che lui ci aveva veramente vissuto.
Lag si sdraiò e giocò placidamente con un filo del suo accappatoio, rotolandoselo tra le dita. A Zazie venne voglia di mettergli una mano tra i capelli, per saggiare la loro consistenza. Si alzò, cercando dei vestiti.
Nei cassetti e nelle ante dell’unico mobile della sua stanza trovò di tutto, un sacco di oggetti sconosciuti di cui non ricordava nulla. Prese delle mutande a righe e se le infilò velocemente da sotto l’accappatoio, sfilandoselo e lasciandolo cadere poco dopo per indossare una maglia e dei pantaloni. Questi gli andavano lunghi, e il bordo strisciava sul pavimento quando camminava per la stanza. Se li arrotolò.
«Non ho trovato i vestiti di oggi quando sono uscito dalla doccia»
«Sarà stato tuo padre, sai che non gli piace che si lasci la roba in giro»
Lag mosse le gambe su e in giù. «Stasera dormo qui, va bene?»
«Certo» rispose subito Zazie, intento a ripiegare l’accappatoio e metterlo da parte. Aprì la finestra e il rumore tenue della strada si riversò nella sua camera. «Come ti pare»
Poi si rimise accanto a lui, non sapendo bene che fare. Zazie lisciò con la mano un angolo del lenzuolo, leggermente imbarazzato.
«Ti va di controllare con me se le mie ciabatte sono in giardino?»
 
**
 
«Lag,» lo chiamò Aria, gentile. «Lag»
Lag si erse dalla sedia sulla quale era collassato dal sonno quelle che gli sembravano ore prima. Barcollò, spostando il peso da un piede all’altro. Sbatté le palpebre un paio di volte, passandosi una mano sul viso e cercando nel mentre di focalizzare Aria Link, che se ne stava chinata di fronte a lui. Si sentiva la pelle oleosa, e sapeva di puzzare. Quanto tempo aveva dormito su quella sedia scomoda, con la fortissima luce neon del corridoio nascosta dietro alle palpebre?
«Aria-san,» rispose, strofinandosi un occhio come un bambino.
Lei sembrava come in attesa. Gli scostò un capello dal viso, risistemandogli appena il colletto della camicia della sua divisa da ape. «Ci sono novità, Aria-san?»
Lei fece cenno di no con il capo. «Non proprio. È rimasto stabile per tutto questo tempo, lo troverai esattamente com’era dopo l’attacco. Ora un’infermiera è dentro a cambiargli una flebo. Penso che tu possa andare a casa, Lag… ti verrei a chiamare io se ci fosse qualsiasi tipo di problema, o se anche solo Zazie ci desse qualche segno. Devi riposare»
Lag guardò le porte chiuse vicino a lui e poi il bracciolo della sedia.
«Se ha avuto un attacco, significa che sta lottando contro qualcosa. Che non è ancora finita. Dobbiamo aiutarlo»
«Lag, bisogna avere fiducia» gli prese la mano. «La dottoressa questo pomeriggio avrà pronto il veleno. Dobbiamo essere pazienti però. Sono le quattro, hai tutto il tempo per tornare a casa e dormire. Non appena avremo il veleno ti verrò a chiamare»
«Preferisco rimanere qui»
Aria continuò a guardarlo. «D’accordo» disse infine, e lo lasciò lì, a fare i conti con la sua sonnolenza, il suo corpo sporco e la sua mente, che andava a mille.
Si costrinse ad alzarsi. Si stiracchiò, si lisciò le mani sui pantaloni e poi fece un passo verso la porta, dietro la quale Zazie dormiva. La socchiuse, sentendo il respiro debole e regolare del proprio amico. Non c’era nessun altro oltre a lui all’interno della stanza, che il dottor Thunderland, Aria Link o chi per loro avevano lasciato nella penombra. Si guardò indietro, sentendo la voce della dottoressa cieca provenire da una zona lontana del corridoio. Chissà che effetto avrebbe fatto su Zazie l’intruglio che aveva deciso di preparare. Voleva che succedesse presto qualcosa, che si facesse qualcosa di concreto per aiutarlo, e allo stesso tempo non desiderava assistere alla scena.
Provò a passare oltre la soglia della stanza. Non ci riuscì. Continuava a rivolgere la sua attenzione all’illuminato corridoio. Riprovò a entrare e un magone gli prese la gola e il petto. Si fece spazio nella camera con passi pesantissimi.
Era in preda al terrore. Questo lo sorprese, non capendo come individuare una causa specifica da incolpare per quel particolare sentimento tra i tanti fattori che componevano il fatto che un Gaichu aveva – e forse stava tuttora – mangiando il cuore a Zazie.
Era questo allora quello che provavano i parenti delle- vittime?
Si trattava di questi sentimenti orribili quelli che aveva visto assalire Zazie nei ricordi che lo vedevano aspettare senza piangere la morte dei signori Winters? Una volta il suo amico gli aveva raccontato di come si fosse sempre sentito un randagio, per tutta la sua vita, e come, col tempo, avesse imparato a fidarsi ciecamente di lui e Connor. Raramente Zazie rivelava qualcosa di sé verbalmente. Le uniche occasioni in cui lo faceva erano quelle in cui capiva che a Lag serviva una motivazione, delle parole che lo scuotessero e lo svegliassero. Non era l’unico amico a prendersi quest’incarico nei momenti appropriati, ma sapere che se si fosse trovato nei guai Zazie sarebbe sempre accorso ad aiutarlo lo aveva sempre rassicurato in particolar modo.
Quando era morto il Gaichu che aveva ucciso i genitori di Zazie, Lag e Connor avevano avuto modo di vedere i ricordi del loro amico, e così quel discorso sull’essere un randagio che Zazie gli avrebbe fatto successivamente Lag l’aveva potuto indovinare già da allora. Al momento era insopportabile pensare di avere davanti il suo amico in quello stato e non poterci fare niente. Loro tre tenevano l’uno all’altro, eppure ora lui e Connor erano perfettamente inutili.
Si fece forza e si avvicinò di più all’altro Letter Bee. Ormai era sdraiato su quel letto da quella mattina. Lo avevano spogliato della sua divisa e gli avevano messo addosso una camicia dell’ospedale. La sua carnagione, normalmente più olivastra di quella bianchissima di Lag, si era fatta pallida e stavano spuntando grosse occhiaie. Zazie era ancora vivo ma era difficile percepirne la presenza. Questo fece ricordare a Lag la prima volta che aveva visto un cadavere, la certezza che lo aveva colto del fatto che il corpo di quella persona fosse lì ma che la cosa più importante di lui mancasse completamente. Questo gli fece venire un’idea. Tornò fuori e guardò tra le sue cose, velocemente. Tempo di tirare fuori dalla sua borsa la pistola sparacuore e fu di nuovo accanto a Zazie.
Prese un respiro profondo e sparò. A ogni Akabari ripeteva tra sé e sé il nome di Zazie, come quando aveva tentato di far tornare i ricordi a Goos facendogli passare attraverso il petto i propri.
Se il suo amico stava perdendo il Cuore, allora forse l’unico modo per rallentare il processo era dargli il proprio.
Zazie, Zazie, Zazie…
 
**
 
«Wasiolka? Dove sei, bella?»
Lag stava chiamando a gran voce la sua pantera allo stesso modo che avrebbe usato per chiamare a sé un gatto. Fu abbastanza sorpreso quando da un cespuglio saltò fuori proprio Wasiolka, che andò incontro a Seeing, buttandoglisi addosso e leccandolo qua e là.
«Potrei diventare davvero geloso» disse loro, riferendosi un po’ a Wasiolka e un po’ a Lag. Il suo amico rise.
Il giardino che stava dietro casa dei suoi genitori era davvero un luogo piacevole dove stare. Qualcuno aveva attaccato al muretto dei frammenti di uno specchio, creando così l’immagine di un sole. I fiori si mischiavano alle erbacce, dando l’idea di un posto che nessuno era mai riuscito sul serio ad addomesticare. C’erano delle api che si concentravano su una parte del prato piena di fiorellini selvatici. Zazie fece qualche passo verso dove era spuntata la sua pantera e ne trovò la cuccia. Le sue ciabatte erano una lì e un’altra in mezzo al terriccio, inutilizzabili.
«E ti pareva»
«Hai trovato le infradito?»
«Sì! Ne dovrò fare senza, mi sa»
Lag rise ancora, poi parlò a Wasiolka. «Me lo aspettavo, fortuna che non ti sono mai interessate le mie cose»
«È perché le piaci» fece Zazie. «E perché ti considera un ospite. Ogni tanto non mi dispiacerebbe essere un ospite in casa mia»
L’altro lo guardò.
«Sono contento»
«Di che?»
«Anni fa ti consideravi ancora un ospite a casa dei signori Winters»
«Sono i miei genitori»
«È quello che ti dico da quando ci siamo conosciuti»
Le sopracciglia sottili di Zazie s’incontrarono a metà strada. «E io che ti rispondevo?»
«Che anche se lavori con loro e vivi nella casa in cui ti ha partorito tua mamma da quando avevi undici anni, Undercurrent è sempre a dodici chilometri di distanza» Fece un piccolo sorriso. «Ero sicuro che non ti sentissi più così, ma è da un po’ che non ne parliamo»
«Quindi… Io sono stato comunque abbandonato»
Fu il turno di Lag di accigliarsi. «Sì. Ma è successo tanto tempo fa»
«E sono finito comunque all’orfanotrofio di Undercurrent»
«Gestito da quella signora pazza. Poi i tuoi sono tornati a prenderti quando avevi dieci anni»
Zazie rimase in silenzio.
«Zazie? È-è ancora quella perdita di memoria che hai avuto? Come ti senti?»
«Sto bene, sto bene» Era strano. Fino a quel momento una parte di lui aveva pensato che in quel mondo tutto fosse come lui aveva sempre desiderato, ma l’essere cresciuto come un randagio non rientrava in quel quadro.
«I miei hanno ancora la casa in cui sono nato» Si limitò a dire.
Lag annuì. «Sì, hanno faticato molto per tenerla»
Guardò di nuovo il suo amico negli occhi. «Scusa, penso sia ancora la botta in testa. Ogni tanto mi scordo le cose, poi torno in me. Non ti devi preoccupare»
Lag si alzò, lasciando perdere Wasiolka, e lo prese per mano. Prima che potesse dire qualcosa, Zazie distolse lo sguardo. «Vieni, mi sa che stanno ormai preparando la cena»
Quando entrarono in cucina, trovarono Heater Winters che stava sventolando un ventaglio in direzione del marito. Harrel era tutto impegnato a cucinare, chino sui fornelli, mentre sua madre stava leggendo distrattamente una pagina di un giornale che teneva con la mano non impegnata, in piedi.
Zazie fu sorpreso di vedere che la tavola era già stata apparecchiata per quattro.
«Avete già preparato un posto per Lag»
«Certo, caro. Non si ferma anche stasera?»
«Sì, sì»
«Sissignora, grazie per aver pensato a me!» disse educatamente il suo amico, sciogliendo le loro mani intrecciate per aiutare a mettere i tovaglioli. Zazie si guardò per un attimo la sua mano vuota.
«Vado un attimo in bagno» fece, congedandosi in fretta.
Lì si lavò le mani e la faccia in modo veloce, passandosi una mano bagnata tra i capelli e guardandosi allo specchio. Si stava abituando alla situazione. Stava recuperando ricordi. E non poteva dire che tutto quello non fosse piacevole, avere una casa calda in cui tornare, con Wasiolka felice, i suoi genitori vivi e… Lag. Poteva essere che davvero quella capocciata gli aveva procurato una perdita di memoria e dei sogni particolarmente vividi? Non era forse incredibilmente reale quello che stava vivendo? Sorrise appena a se stesso, stordito.
Poi sentì una fitta potente al cuore. E un’altra. Poi un’altra ancora. Pensò a un infarto. Trattenne il respiro, stringendo i bordi del lavandino e aspettando che passasse, che gli tornasse l’ossigeno nei polmoni, che quei colpi atroci cessassero. Durò un minuto, poi più nulla. Recuperò fiato a fatica, asciugandosi il sudore freddo dalla fronte. Era una fortuna che quello non fosse successo davanti ai suoi genitori e a Lag, o si sarebbero preoccupati.
Turbato, setacciò il proprio corpo per controllare che il battito fosse tornato normale. Poi si rimise in ordine e tornò in sala da pranzo.
 
**
 
«Cosa. Stai. Facendo?!»
La voce del dottor Thunderland lo sorprese per la sua forza. Lag sobbalzò, facendo rimbalzare l’ultimo proiettile del Cuore sul fondo della camera.
«Non possiamo lasciarlo morire! Sta già meglio, ha ripreso colore!»
Aaron Thunderland junior lo prese per le spalle, urlando. «E per quanto riguarda te? Vuoi usare tutto il tuo Cuore?! Sai almeno che tipo di trattamento gli stiamo facendo ora?!»
«No, signore»
Il dottore sembrò calmarsi, allentando la presa. «La tua non era una brutta idea, ma cerca di non fare nient’altro di avventato, Seeing. I semi che gli abbiamo dato per stabilizzarlo servono a prepararlo per il veleno, e non possiamo alterare il suo stato con la tua Akabari; mi hai capito, ragazzo?»
Intanto il Cuore che aveva versato tramite la sua pistola dava i segni della sua esistenza spargendo ricordi per la stanza, ricoprendola di stelle bianche e d’immagini sfocate. Con la coda dell’occhio riconobbe il volto di Zazie mentre gli diceva di andare avanti nell’impresa di provare a recuperare Goos. L’aveva un po’ odiato quando aveva aggiunto “e se così non sarà ci penserò io, lo farò a mille pezzi con la mia Aotoge!”, ma l’abbraccio che era venuto dopo era stato esattamente quello di cui aveva avuto bisogno.
Non poteva lasciar morire il suo amico.
«Cosa posso fare?»
«Per ora, niente» Il dottore sospirò. «Se proprio non vuoi andarti a riposare c’è la doccia dei dirigenti, al terzo piano. Eccoti le chiavi» Gliele diede. «Ti schiarirà le idee. E poi sei un adolescente da un po’ di anni, ora, Lag Seeing, dovresti sapere che il tuo odore non diventa dei migliori dopo due giorni passati a correre e a dormire su una sedia o tra le rocce»
Lag arrossì. «Grazie, signore»
Quando uscì dalla stanza non poté fare a meno di guardarsi indietro, in direzione di Zazie. Poi raggruppò le sue cose e si diresse al piano superiore.
Lo faceva sentire un po’ solo non essere in compagnia di Niche, con Connor che chissà dove si trovava e l’emergenza-Zazie al piano di sotto.
Le docce del personale in carica erano tutte di marmo. Raggruppati in un angolo c’erano asciugamani di diversi colori, e vicino alla vasca una scelta abbastanza cospicua di saponi per il corpo e per la testa.
Lag si spogliò e prese un bel respiro. La vasca lo tentava, ma sarebbe stato molto più breve farsi una doccia. Voleva tornare giù il prima possibile. Dopo aver scelto la doccia, aprì l’acqua e aspettò che si facesse della temperatura giusta.
Ogni tanto quando si svegliava gli capitava di avere una piccola erezione, ed erano i momenti in cui risultava problematico vivere con una ragazza, perché mai avrebbe voluto che Sylvette capisse o si trovasse nella situazione di sapere dei suoi problemi mattutini. Quando non aveva tempo risolveva facendosi una doccia fredda, e quando invece Sylvette, Niche e Steak erano fuori si prendeva cura di sé a letto, facendo in modo di non sporcare nulla. La prima volta che era successo aveva dodici anni e mezzo, ed era stato molto imbarazzante. Col passare del tempo era diventato normale e naturale.
Avrebbe potuto avere una mezza erezione anche in quella situazione, ma fortunatamente tutto quello che stava accadendo faceva in modo che lui fosse tutto tranne che eccitato. Una volta, mentre si massaggiava, la sua mente era persino volata verso il sorriso storto di Zazie. Era riuscito ad evitare che il pensiero andasse oltre, e aveva dato la colpa agli ormoni in subbuglio. Poi, dopo che sua madre era morta, per mesi non era riuscito a provare altro che stanchezza, e non si era dovuto più preoccupare che i suoi pensieri volassero troppo perché le sue fantasie erano diventate molto più sistematiche, popolate da persone senza volto. Era stato il periodo in cui si era sentito più solo, e senza la volontà di integrare gli altri nelle cose che faceva, persino nelle sue immagini mentali.
Si sciacquò via il sapone prendendosi il suo tempo, provando a rilassare i muscoli.
Che poteva fare per aiutare Zazie, oltre che aspettare di vedere se il veleno avrebbe dato qualche risultato positivo?
Chissà dov’era la mente di Zazie, in quel momento. Aveva modo di scoprirlo, in qualche modo? Di riuscire a fare tornare il Cuore di Zazie alla loro realtà, a sé?
Certi pensieri sono delle preghiere. Ci sono momenti in cui, qualunque sia l'atteggiamento del corpo, l'anima è in ginocchio.5
Con queste domande uscì fuori dalla doccia sgocciolando, sperando di trovare di nuovo Connor o qualcun altro ad aspettarlo dal dottor Thunderland.
 
**
 
Tornato in sala da pranzo, si sedette accanto a Lag. Suo padre ormai aveva finito di cucinare, e mise presto sulla tavola una pentola piena.
«Spezzatino di pollo» disse, fiero.
«Almeno non è la zuppa ultraschifosa» disse Zazie, rendendosi conto solo dopo aver pronunciato questa frase di non sapere a quale sfilza di ricordi apparteneva quella parola. A quelli in cui i suoi genitori erano vivi o a quello in cui Lag viveva a Yuusari con Niche e la sorella di Goos?
«Direi proprio di no!» rise forte Lag.
Zazie si tranquillizzò. La zuppa ultraschifosa apparteneva a quel mondo.
Poi, vedendo che i signori Winters non capivano, Lag fornì al gruppo una spiegazione. «Goos-san va pazzo per una minestra che gli prepara sempre Sylvette-san a Yuusari Central; Zazie l’ha mangiata con me la volta che mi ha accompagnato da loro…»
«Ah, il tuo amico Letter Bee, Lag-chan!»
«Che lavoro duro il suo…»
«Sì, sì» annuì Lag. «I Letter Bee sono fantastici»
«Come mai non sei diventato un’ape operaia anche tu?» gli chiese schiettamente Zazie, incuriosito.
«No, no… Ne abbiamo già parlato, non ho ragioni per allontanarmi dalla zia Sabrina. E poi tu resteresti qui»
«Non è detto, potrei venire con te. Potrei diventare anch’io un Letter Bee se tu volessi compagnia»
Quindi Lag si tratteneva da seguire quello che – a Zazie sembrava di ricordare – era il suo sogno anche per non lasciarlo a Victorus Hagu. Che strana idea. Dopo aver pensato questo, si rese conto che gli occhi dei suoi genitori erano puntati verso di lui.
«Non puoi, ci sono i tuoi genitori qui, no? E io ho la zia Sabrina» gli fece Lag, inclinando leggermente il capo come a voler sottintendere qualcosa a denti stretti.
«Ma anche Connor ha i suoi parenti qui vicino, e non è fuori casa così spesso, giusto?»
Sua madre tossì. «Quello che intende dire Lag-chan penso sia che- beh» Tossì nuovamente. «Abbiamo avuto così poco tempo per conoscerci, e per essere una famiglia, e allora sarebbe meglio sfruttare quest’occasione finché è tra le nostre mani. Ho provato il più possibile a fare di ogni anno e ogni momento un tesoro, Zacchan, davvero ci abbiamo provato. Forse a volte ti siamo stati troppo addosso-»
«Tesoro…» la interruppe il marito, prendendole una mano.
«-ma le nostre intenzioni erano sempre buone, erano quelle di poter passare del tempo con il nostro bambino. Aspetta, Harrel, sto cercando di dire una cosa importante. Ora, Zacchan, non so dove tu abbia preso quest’idea-»
A questo punto Zazie non sapeva se essere confuso, irritato o sentirsi profondamente in colpa.
«-ma se vuoi davvero perseguirla noi siamo dalla tua parte, saremo sempre dalla tua parte. Solo… magari un lavoro che ti faccia stare meno lontano da casa e che sia meno pericoloso sarebbe meglio, no? Ma se vuoi restare con Lag… Sei quasi un uomo ormai, un ragazzo sveglio. Ti chiedo solo di pensarci un po’ più a lungo.»
Harrel strinse nuovamente la mano della moglie. Ci fu un silenzio pesante.
«Ora che ci penso, sono ormai due anni e mezzo che state insieme, non è vero? Tra un po’ mi aspetto quasi di vedervi invecchiare insieme» disse suo padre ridendo, evidentemente con lo scopo di cambiare argomento.
«Non esageri, signor Winters, è imbarazzante…» ridacchiò Lag rosso in volto, tenendo il gioco.
«Tra un po’ persino il signor Belladonna non baderà più a voi! Ricordo come criticava anche me e la mamma, quando eravamo giovani… non fa così solo con le coppie formate da due persone dello stesso sesso, vedete»
«Il signor Belladonna non cambierà mai!» fece Lag, scherzando ma in modo educato.
Allora avevano avuto problemi per il fatto di essere due ragazzi? Lo sapevano tutti che stavano insieme?
«Come ha scoperto la città di Victorus Hagu che noi due siamo una coppia?» chiese Zazie a Lag, curioso.
«Non ti ricordi?» chiese Lag, mentre suo padre diceva «Ah sì, quella è una storia interessante!»
Con sua sorpresa intervenne Heater, che era rimasta sulle sue fino a quel momento.
«Connor vi scoprì a baciarvi, e nella sua beata innocenza urlò un “finalmente” che si sentì per tutta la piazza principale» disse. «Eravate in una stradina laterale in penombra. Subito tutti i vecchietti pettegoli si sono messi a guardare in quella direzione. Avevate scelto l’angolo del club della bocciofila per nascondervi. Non una buona idea»
«E una delle finestre della casa del signor Belladonna stava proprio sulle vostre teste! Ma che stavate pensando?» Rise Harrel.
«Non pensavamo» Rispose Lag per Zazie, arrossendo dalla punta del mento fino all’inizio della fronte.
«Ah, lo credo bene!»
Dopo che ebbero mangiato e sparecchiato, Zazie si ritrovò a lavare i piatti insieme a Lag.
Se ne stavano in silenzio, quando sua madre gli picchiettò una spalla e gli fece segno di seguirla fuori dalla stanza. «Non voglio insistere…» disse, con il tono di chi sa esattamente di starlo facendo. «…ma quest’idea di fare il Letter Bee ti è venuta da quel sogno che hai fatto e di cui ti ricordi così bene? Non potrebbe avere a che fare con l’amnesia?»
«Forse,» rispose Zazie, sinceramente. Ora sua madre sembrava un gatto corrucciato e preoccupato. «Ma è solo un’idea, mamma»
Lei annuì e se ne andò in direzione del bagno. Zazie tornò da Lag.
«Mi sa che dovreste parlare, devi rassicurarla» disse il suo amico.
«Non è mio compito rassicurare proprio nessuno. Se si vuole fare venire le paranoie è benvenuta»
Lag lo guardò di lato.
«Ché mi guardi così? Sono serio»
«Devi farlo»
Zazie sospirò. «A volte non ti sopporto»
«Lo so»
 
**
 
Lag si rimise la camicia dentro ai pantaloni man mano che scendeva dalla scala, raggiungendo barcollando il piano di sotto.
«Aria-san, dov’è Niche?» chiese subito, non appena arrivò davanti alla stanza dove era ricoverato Zazie.
«L’ho rispedita a casa da Sylvette; si era addormentata accanto a te»
«Capisco»
«Lag, hai usato uno dei bagni?» disse, toccando le sue punte bagnate. Lag annuì, spiegando che era stato Thunderland a comandarglielo, e che ora si sentiva effettivamente meglio.
«Sono contenta»
A quanto pare sul fronte Zazie non c’erano notizie, se non che un collega del dottore, dopo essersi sottoposto a un trattamento simile a quello che avevano usato sul Letter Bee, aveva ingoiato una goccia del veleno del dingo di Moc Sullivan e i risultati non erano stati dei migliori.
Il Bee Sullivan aveva spiegato che di solito il morso del suo serpente rendeva più attivo chi colpiva, ma che da quel che sapeva fino a quel giorno aveva avuto successo solo con lui. E che per quanto fosse un serpente anche velenoso, non aveva mai portato in pericolo di vita nessuno, quindi entrambe le idee di Thunderland probabilmente non avrebbero portato il risultato sperato, né quella di dare una scossa ai neuroni celebrali di Zazie e neppure quella di portarlo vicino alla morte.
Non era colpa del reparto scientifico e medico del Beehive, avere in mano così poche opzioni: quella era una situazione piuttosto particolare.
«Pensiamo di sommistrarglielo a breve»
«Come, glielo vogliono dare comunque?!»
«Finché non verranno nuove idee al dottor Thunderland, è l’unica che abbiamo. Inoltre…» Aria Link sospirò. «Lag, come tuo superiore devo ricordarti il tuo ruolo di direttore del reparto delle Cold Letters, e che hai del lavoro da fare»
«Signorina Aria, mi permetta di organizzare l’archivio da qui, almeno fino a quando non saprò che Zazie sarà fuori pericolo»
«Avrai la mente abbastanza lucida? Non preferisci-?»
«La prego»
Aria annuì. «D’accordo, allora»
Lag ragionò. Se avessero fatto mordere davvero Zazie dal dingo di Sullivan, alla meglio si sarebbe svegliato grazie all’adrenalina contenuta nel veleno, oppure lo si sarebbe portato prossimo alla morte e allora se tutto sarebbe andato come previsto il suo corpo avrebbe reagito, portandolo fuori dal coma in cui stava. Ma le opzioni erano poste su un filo così sottile e i se erano così tanti che a Lag tutto quello non piaceva per nulla.
Bisognava raggiungere Zazie all’interno della sua mente, tirarlo fuori di lì e riportarlo tra loro, eliminando il processo di perdita del Cuore che gli aveva procurato la puntura del Gaichu. Ovviamente era impossibile da farsi in maniera letterale…
Fu colpito da una folgorazione.
Si piantò di fronte al dottor Thunderland, spiegandogli mezzo balbettante la sua idea. Non era molto, ma magari grazie all’aiuto della “dottoressa degli odori” si poteva fare. Glielo disse. Con sua sorpresa, Aaron Thunderland junior lo prese sul serio.
«È un’idea utopica. Nessuno ha mai fatto qualcosa del genere, entrare nei sogni di un’altra persona è assurdo. Però… Potrebbe esserci qualcosa, effettivamente»
Si rivolsero alla dottoressa, che lasciò la stanza per dirigersi verso il suo studio. Per quel momento l’idea di iniettare il veleno del serpente a Zazie era stata messa da parte.
Lei tornò una diecina di minuti dopo, col fiato che andava veloce e un contenitore di vetro in mano.
«Hai avuto una buona idea, Lag-kun» Presentò loro la Radice dei Sogni, un bulbo che lei e altri scienziati che l’avevano preceduta negli anni avevano mantenuto vivo. «Dovrebbe funzionare e mandare chi ne fa uso in un mondo onirico collegato a quello in cui la persona addormentata vicino al paziente dovrebbe essere. È stata testata solo due altre volte però, vent’anni fa, e punta ai sogni e non al Cuore. Non so se funzionerà»
La dottoressa si appoggiò al suo bastone, togliendosi gli occhiali e mostrando a Lag, Aria e il dottore i suoi occhi ciechi.
«Si può tentare» disse Thunderland, poi il suo sguardo passò a Lag. «In questo caso però sarebbe in pericolo colui che prenderebbe la Radice. E chissà che potrebbe succedere alla mente di Zazie se davvero l’esperimento riuscisse e l’altro penetrasse nei suoi pensieri o nel suo Cuore. Potrebbe risvegliarsi e non essere più lo stesso, subire danni celebrali o non tornare mai del tutto. Non abbiamo mai lavorato con un paziente o del materiale simile fino ad ora»
«Ma pensate a cosa potrebbe portare la riuscita della missione» Disse Aria Link. «A quante persone a cui è stato tolto il Cuore potremmo salvare»
«Zazie potrebbe morire da un momento all’altro se non facciamo qualcosa» proruppe Connor dalla porta. Lag sobbalzò: non l’aveva sentito arrivare. «Per me questo è tutto quello che c’è da sapere. Se volete lo farò io»
Thunderland stava già annuendo tra sé e sé, quando Lag si offrì al suo posto.
«Connor, per te… va bene?»
Connor gli regalò uno dei suoi sorrisoni. «Ma certo, è giusto che lo faccia tu, l’idea è stata tua. Fai attenzione, però, e riportaci il nostro amico» Una pausa. «E non perdere te stesso nel tentativo,» aggiunse poi, prendendogli le spalle.
«Sì» disse Lag, e lo abbracciò.
Aria sembrava allo stesso tempo preoccupata e fiera, Thunderland solo preoccupato.
«Fai attenzione, Seeing. Sei molto caro a tante persone»
«Zazie è uno dei miei amici più cari. Spero solo di riuscire a entrare nella sua mente»
Sorrise. «Gli audaci hanno sempre le porte aperte6»
«Non era “La fortuna sorride sempre agli audaci”?» gli chiese Aria.
«Qui ci vorrà un po’ più della semplice fortuna» disse lui sbrigativamente, facendo sedere Lag su una sedia che stava accanto al giaciglio di Zazie. «Sei pronto, Seeing? Prima ti si dovrà fare addormentare con della morfina. Durante il processo ti faremo respirare l’infuso della radice»
«Sono pronto» fece.
Connor gli teneva la mano.
 
**
 
Si svegliò leggermente infreddolito. Si era addormentato fuori dalle coperte, ai piedi del letto e in una posizione strana. Wasiolka non era nella stanza; l’ultima volta che l’aveva vista stava ronfando sul divano, e lui e Lag avevano preferito lasciarla lì. Dopo cena avevano giocato a carte sul letto e avevano parlato. Il suo amico, probabilmente, a un certo punto della notte, si era alzato per spegnere la luce.
Lo raggiunse sotto le coperte, provando a non fare rumore, poi appoggiò i gomiti al lenzuolo e guardò il soffitto.
Stette così per dieci minuti buoni, pensando a tutto e a niente, ascoltando il respiro del suo compagno. A un certo punto, Lag fece leva con il braccio sinistro per alzarsi un poco e si voltò.
«Zazie?»
«Mh-mh?»
«Sei sveglio?»
«Sì»
Al sentire questa risposta si voltò del tutto, guardandolo negli occhi. Infine si accoccolò sul suo petto.
Zazie guardò in giù, verso il suo volto. Poteva sentire il battito del suo cuore? Non avrebbe dovuto andare così veloce, non è vero? Non per una persona che in teoria faceva coppia con un’altra da almeno due anni.
Ma Lag alzò il viso e fraintese, perché gli sorrise e si spinse in su per baciarlo.
Questa volta durò più della prima. Lag gli baciava un labbro alla volta, spingendo il viso contro al suo, e Zazie ricambiava, con l’animo di chi giudica quello un miracolo destinato a sparire presto.
Aveva baciato altre persone prima. Persone con aliti migliori di quello che si poteva avere da appena svegli – e Zazie in quel momento era particolarmente preoccupato per il suo –, oppure persone con l’alito da sigaretta, terribile, ragazze carine e ragazze non così tanto prese da lui, ragazzi gentili e ragazzi cicciottelli. Col tempo aveva imparato un paio di trucchi per capire se un’altra persona potesse essere interessata e se il luogo in cui stavano era sicuro per stare insieme da qualche parte anche se erano persone dello stesso sesso. Altro però non aveva compreso, perché sinceramente non pensava d’essere tanto bravo in questioni d’amore – o d’incontri, comunque – e di solito non rivedeva la persona con cui era stato se non una o due altre volte massimo. Era qualcosa che per ora gli era capitata solo in missione, e comunque non sapeva se mai avrebbe voluto legarsi a qualcuno.
Restava sempre attratto da Lag, ma non si permetteva mai di soffrirci al punto di giudicare il suo un amore non corrisposto – o almeno, ci provava – e conservava la loro amicizia come fosse oro. Non poteva permettersi di perdere lui e Connor, quindi con Lag non ci aveva mai provato davvero. E poi aveva sempre pensato che se ci fosse qualcuno che potesse piacere a Lag, questi sarebbe stata Sylvette o, chissà, Niche, se un giorno avesse preso ufficialmente la sua forma cresciuta.
Baciare qualcuno che si aveva desiderato a lungo comunque era diverso, e il fatto che fosse Lag era assurdo, stranissimo, fenomenale.
Lag si alzò a sedere, senza mai staccarsi, portando anche lui a fare la stessa cosa, e Zazie si azzardò a mettergli una mano dietro la nuca e l’altra sulla guancia, per poterlo baciare meglio.
Poi Lag lo lasciò, e con un «Posso continuare?», dopo aver aspettato che il suo compagno annuisse, passò al collo. Intanto con una mano gli massaggiava la schiena, scendendo più giù. Zazie lo cinse con un braccio, ancora un po’ frastornato, e fece in modo che il suo amico riprendesse a baciargli la bocca.
 




 
5= “Certi pensieri sono delle preghiere. Ci sono momenti in cui, qualunque sia l'atteggiamento del corpo, l'anima è in ginocchio.” Victor Hugo
6= “Gli audaci hanno sempre le porte aperte” è una frase tratta da Il Sosia di Dostoevsky.
   
 
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