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Autore: Overlook    26/08/2015    3 recensioni
Dragon Ball Z [Non Canon: adattata per un contest EFP a tema "Sogno"]
Il Canon vuole che C18 ed il fratello, C17, fossero due banditi di nome Lapis e Lazuli e che il Dottor Gelo li avesse rapiti per poterli trasformare in cyborgs. In questa storia, questi dettagli del passato sono stati riadattati.

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Nessuno vorrebbe immaginare la propria esistenza senza il conforto che il riposo, con i suoi sogni, dona al corpo ed alla mente. Il cyborg n°18 è qui epicentro di una drammatica resa a cui nemmeno l'abilità di Bulma e della scienza intera, sono in grado di porre rimedio.
Genere: Drammatico, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: 18, Altri, Bulma, Crilin, Vegeta | Coppie: 18/Crilin, Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Kanrinin

Di Overlook, 2015©

 

 

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E poi tu pendevi un fioe gigantesco e diventava la nosta casa!”.

Ma davvero? Beh, allora gli incubi di qualche giorno fa sono proprio spariti, non è così?”.

“Sì mammina! Niente più incubi!”.

L'ometto dalla zazzera scapestrata entrò nella piccola cucina in quell'istante: “Ecco dove vi eravate cacciate, vi cercavo di sopra! Vieni qui, Marron, dai un bel bacio a papà!”.
La bimba biondissima, dalle ginocchia della madre fu prontamente fatta issare sulle proprie paffute gambette e, con qualche indugio, percorse i pochi passi che la distanziavano dall'obbiettivo, per finirgli teneramente tra le braccia, coccolata e protetta.

Crilin alle volte ancora stentava a crederlo; l'androide numero 18, alla fine, era divenuta la sua compagna ed insieme condividevano un amore sì impacciato, ma del tutto sincero ed incondizionato. Quasi nessuno, senza cattiveria alcuna, aveva puntato sul loro lieto fine, anzi, i cari amici più volte l'avevano avvertito, che avrebbe potuto concludersi non troppo bene, quella sua trafila di tentativi di conquista del cuore della bella biondina dagli occhi di ghiaccio, come più volte l'aveva definita Yamcha. D'altronde era pur vero che, proprio lei, s'era resa quasi insopportabile a tutti loro, anche volendo lasciar da parte la terribile sciagura di Cell e tutto ciò che quella aveva comportato, compresa la dipartita proprio del migliore amico di Crilin; le pochissime parole, per giunta arroganti, rivolte al gruppo in qualunque occasione, il continuo estraniarsi e pretendere di starsene in disparte rispetto a chiunque altro, avevano sortito un effetto simile a quello che molti anni prima s'era trascinato dietro il principe dei Saiyan, ora inseparabile compagno di Bulma e padre di un giovane guerriero. A ben pensarci, spesso Crilin aveva alternato momenti di euforica insonnia ad altrettanti di grigia resa, al solo pensiero, del tutto fuori strada, che C18 potesse in qualche modo essere interessata a quell'alieno così più affine a lei nei difetti del carattere.
Si era sbagliato, ma è facile a dirsi, col senno di poi. Si era sbagliato tanto su Vegeta quanto sul conto della bella androide e il tempo gli aveva fortunatamente concesso d'avvedersene in entrambi i casi.
In quella che a lui adesso pareva la durata di un battito di cuore e ciglia, lei s'era lasciata convincere a parlare, insieme, qualche volta, del più e del meno; quanti imbarazzanti silenzi s'erano susseguiti, sino al giorno in cui, proprio durante uno di quegli spiacevoli istanti, C18 aveva preso a ridere, di gusto, talmente sguaiata da costringere per un secondo Crilin a pensare d'essere nuovamente innanzi al gelido prodotto sterminatore del Dottor Gelo; quell'agghiacciante dubbio svanì in fretta, lasciando il posto a due gote paonazze e a meste parole: “L-Lo so che n-non ti faresti v-vedere con me in giro n-nemmeno tra c-cent'anni, sai...? C-come darti t-torto...”.

L'androide dovette suo malgrado interrompersi, trasudando una sorta di scocciatura, resa indecifrabile da un sorriso accennato e da qualche passo verso il poveretto.

Lo sai...? Sei uno sciocco. Non ridevo certo per questo... Ridevo perché l'ho notato. Stai facendo ricrescere i capelli, di' la verità! Si vede lontano un miglio, tutti quei puntini neri... Terribili!”.

In quelle parole sbocciarono in crescendo un affetto ed una tenerezza, che forse C18 non aveva più saputo tenere in petto. Con le mani aveva alzato il suo viso tondo, rivolto a terra imbarazzato, gli aveva offerto un occhiolino complice e, a tutt'altro modo rispetto a quella prima, funesta, ma indimenticabile volta, gli aveva donato un bacio, a fior di labbra, lento e casto, agitato, ma fermo nelle proprie più intime intenzioni. Il cuore di lui mancò di uno, due, forse mille battiti, pareva il suo sogno ad occhi aperti migliore e le ginocchia cominciarono a farsi ballerine nel tendersi verso la sua altezza, cercando di circondarla in un tremulo abbraccio che sapeva d'amore.
Da quel giorno, passo dopo passo, quel che dapprima poteva esser parso come un'infatuazione a senso unico, s'era trasformato in un solido legame, seppur contraddistinto da un sempre vivo impaccio da parte di entrambi, senz'altro per carattere. L'affascinante bionica aveva di buon grado accettato di trasferirsi presso la residenza di Muten, non senza le prevedibili e a tratti, per chi conoscesse da tempo il vecchio maestro, comiche difficoltà del caso.
A distanza di poco meno di un paio di mesi, C18 s'era spontaneamente sottoposta a test e operazioni assai delicate ad opera delle espertissime mani di Bulma e del Dottor Brief suo padre, così ch'ella potesse godere appieno di un'umana intimità con il tarchiato guerriero che a breve ne sarebbe diventato il marito. Le difficoltose e complesse manovre tra i circuiti della scocca metallica furono quasi divertenti, agli occhi dei due scienziati e un'ennesima volta Crilin potè verificare coi propri occhi quanto fosse preziosa e speciale l'amica di sempre.
Non trascorse troppo tempo tra il positivo esito delle operazioni e la notizia, annunciata da un Crilin su di giri come mai prima d'allora, della dolce attesa proprio in quel corpo apparentemente così inospitale di lei. I mesi erano volati come foglie secche in autunno e Marron, questo il nome dato alla neonata, era venuta alla luce, era stata svezzata ed aveva infine iniziato a formulare discorsi e, di recente, a muoversi sulle proprie gambe.
Lui, trasognato, aveva riportato alla mente tutto questo, stringendo apprensivo la sua bambina tra le braccia, quando fu destato dalla voce della moglie.

Beh, che ci fai ancora in pigiama, non lo vedi che noi siamo già pronte? Sbrigati, o la tua amica Bulma ce ne dirà di tutti i colori!”.

Eh? Oh, s-sì, certo cara, hai ragione, vado subito a cambiarmi, si parte!”.




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A bordo di quel mezzo così compatto, a qualunque Terrestre sarebbe sembrato i due stessero sfrecciando alla velocità della luce, o quasi. Da lassù, invece, i due adulti bofonchiavano lamentele su quanto invece sarebbe stato più comodo recarsi dalla sperduta Kame House al pieno centro di Città dell'Ovest in volo. Per non attirare l'attenzione di un'intera popolazione su di loro e per dare a Marron un'educazione di tipo tradizionalista, avevano infine optato per una Capsula Oplà contenente l'ultimissimo modello di jet privato ultra-veloce che Bulma aveva messo a punto come regalo di nozze ai due. Spazioso, sobrio ed estremamente potente per gli standard tecnologici medi, era un vero gioiellino, su cui la piccola Marron era sempre contenta di poter mettere piede, in occasione di una o dell'altra commissione.

Sei agitata?”.

Non direi”.

Lo era eccome, C18, ma non ne avrebbe fatto aperta parola, neppure col marito, la granitica guerriera, dei suoi così umani timori e dubbi, quindi trincerarsi dietro una barriera di indifferenza agli importanti avvenimenti della giornata le era sembrata la soluzione migliore.
Non era mai stato argomento né centrale né secondario di alcuna delle loro conversazioni quotidiane, ma da quando la loro bambina aveva iniziato a scandire le prime parole, il tanto comune fardello di mostri sotto al letto, incubi e sogni strambi da raccontare, aveva cominciato a farsi sentire in modo quasi pesante prevalentemente sulle spalle di lei, che per palesi motivi, benché avesse piena facoltà di sentimenti ed emozioni, non aveva invece mai avuto la benchè minima chance di poter sognare, durante il sonno. Il buio s'ergeva davanti a quegli occhi chiusi, la notte, una sorta di coltre l'avvolgeva facendola naufragare tra lidi vuoti e silenziosi sino all'incedere insistente della luce di un nuovo giorno, tra le fessure delle imposte, che la destava quasi come lei non avesse mai avuto intenzione di riposare; e ciò mai aveva loro creato qualche problema, ma i racconti raffazzonati ed entusiastici della piccola di casa avevano in un certo qual modo stuzzicato un'umana curiosità nell'androide, che dopo interminabili giorni di malumore e silenzi, s'era risolta a spiegare la questione al compagno. Prontamente lui aveva proposto un consulto in città con Bulma, solo lei avrebbe potuto, se possibile, aiutare l'amata a sostituire l'ennesima parte metallica e a scambiarla con vitali impulsi, certo non elettrici. -Non assicuro nulla, purtroppo, sai, parliamo quasi di fantascienza, ci vorranno ancora anni, credo!-, aveva anticipato loro al telefono la scienziata dai capelli turchesi, più incuriosita dalla opportunità offertale che dalla concreta possibilità d'aiutare l'androide.
S'erano accordati proprio per quella mattina; appuntamento alla Capsule Corporation verso l'ora di pranzo. Era trascorso del tempo, dall'ultima volta che i due amici di lunga data s'erano incontrati, ricordava che Marron aveva appena compiuto il suo terzo mese di vita. Le braccia di Bulma avevano accolto con una sapienza sorprendente il piccolo fagottino, C18, più defilata, era sembrato avesse voluto catturare quegli istanti e farne bagaglio, trarne insegnamento; era abbastanza evidente che alla turchina, in fondo, mancasse ormai da tempo l'adorabile sensazione d'avere al petto il sangue del proprio sangue, tutto il giorno, tutti i giorni, in un legame di dipendenza da lei; ogni madre subisce questa nostalgia. Soltanto, Crilin, se qualcuno glielo avesse chiesto anni ed anni ancora addietro, avrebbe giurato che l'affascinante scienziata sarebbe divenuta qualsiasi cosa, ma non certo una madre, per di più tanto attaccata al proprio ruolo, né tanto meno la fedele compagna di vita di un vero principe, poco importava se non esattamente azzurro.

Atterravano adesso sulla terrazza appositamente adibita, i tre. Bulma s'era trasformata da uno sfocato puntino vago e urlante, ad una sagoma ben definita e a dir poco splendente, pareva essere tornata la ragazzina dei lontani tempi andati.

Ehilà, ciao, ragazzi, bentornati!”. La voce di Bulma era stata squillante come non mai.
Crilin, sceso dal mezzo, era corso ad abbracciare l'amica, mentre C18, con un sorriso seppur accennato, le aveva rivolto soltanto un Ciao a cui Bulma s'era di buon grado abituata da tempo.
Marron, barcollando più di una volta, aveva raggiunto entusiasta la scienziata che, presa dall'euforia del momento, l'aveva sollevata tra le braccia estremamente contenta e sorpresa, la bimba non aveva che qualche anno, ma già articolava discorsi e non si nascondeva dietro le gambe dei genitori. -Proprio vero che i figli dei guerrieri, sono di tutt'altra specie!-, s'era trovata a proferire gioiosamente mentre s'incamminava con gli altri verso l'ingresso secondario della dimora.


Beh, hai proprio tirato a lucido questo posto, Bulma, complimenti!”.

Non poté fare a meno, il giovane guerriero, di notare il completo restauro subìto dall'edificio in quel lasso di tempo in cui s'erano persi di vista: i mobili erano quasi tutti nuovi di zecca, di un colore scuro ed elegante che ben contrastava con la luminosità di ogni stanza. I muri di un bianco vivo, il caratteristico disordine della scienziata apparentemente svanito nel nulla, sostituito da un'essenziale arredamento lussuoso, ma sobrio che rendeva quella casa un vero gioiello.

Già, i miei non abitano più in questa parte della casa, sai? Si sono trasferiti nell'ala sul retro, per esser più a diretto contatto coi loro adorati animali e con le piantine ed i fiori di mia madre, figurati... Così io ho pensato bene, qualche tempo fa, di rimettere in sesto tutta questa porzione e di trasformarla un pochino!”.

E-e dimmi, Trunks e V-Vegeta... Che ne pensano?”.

La domanda gli era uscita di bocca adombrata di una sorta di dubbio, come gli fosse ancora ostico riconoscere che il principe dei Saiyan non aveva affatto abbandonato né lei né tanto meno il figlio di sei anni. Bulma però sapeva leggere tra le righe di quelle parole e non v'era traccia di dubbi o incertezze, ma solo di atavico timore per quel guerriero d'acciaio dal passato ben più che biasimabile.

Trunks non credo neppure si sia mai accorto dei cambiamenti, a parte quelli in camera sua, ovviamente! Sai com'è, è pur sempre un bambino, ha così tanto altro, per la testa! Vegeta invece temo sia sempre stato molto più interessato ed entusiasta dei miei continui passi avanti con la sua stanza gravitazionale, che per il resto della casa...”.

Una sana risata li pervase entrambi, di rimando anche la piccola Marron, seduta sulle ginocchia di lei, prese a ridacchiare gioiosa. Frattanto C18, come di consueto, aveva preso a girovagare per la stanza, silenziosa e felpata, guardandosi attorno, attenta osservatrice, non fosse altro che per umana curiosità. Non erano numerose, le foto appese alle pareti, ma quelle che vi stavano si potevano definire adorabili: solo tre o quattro scatti, di un Trunks in fasce, di uno a gattoni ed infine d'un giovane guerriero vestito della sua prima divisa da combattimento, in posa vittoriosa, trasudavano una solidità familiare che, specialmente da quel Vegeta, proprio non si sarebbe aspettata; non che vi avesse mai riflettuto più d'una manciata di istanti, distrattamente.

Ma adesso... Dove sono? Avrei voluto vederlo, Trunks, chissà che giovanotto!”.

Oh, sì, è cresciuto molto, è tutto suo padre, appena possono se ne vanno ad allenarsi chissà dove, quel piccoletto non vede l'ora di entrare nella stanza gravitazionale a tutte le ore del giorno e della notte e per quanto debba ammettere Vegeta sia un padre esemplare per la disciplina che gli impone, pure lui alla fine cede sempre al loro istinto condiviso e finisce che li ritrovo, al mattino, sfiniti e barcollanti in bagno, a medicarsi e ripulirsi! Non ci crederai, ma se i progressi di Trunks nel combattimento lo soddisfano, Vegeta lo accompagna di buon grado al parco giochi e al Luna Park. Proprio una bella coppietta, sì sì!”.

Non poté fare a meno di ridacchiare appena anche la bionda cyborg, decisasi infine ad accomodarsi sull'ampio divano in pelle accanto al marito.

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Dovevano essere davvero gelide, quelle pareti metalliche che la ingabbiavano, perchè un corpo robotico come il suo ne avvertisse la temperatura rigida. C18 era già stata parzialmente sedata da Bulma, poco prima che quest'ultima la introducesse in una sorta di stretta cella di forma cilindrica, dove ora l'androide giaceva addormentata, sorretta in piedi da bracci metallici, coperta di elettrodi su tutto il perimetro del capo. All'esterno v'erano Crilin, in apprensione e la scienziata, che agli occhi inesperti di lui da qualche minuto pareva aver preso a premere in maniera convulsa praticamente tutti i bottoni dell'ampia tastiera del computer, secondo una logica che solo l'addetto ai lavori troverebbe lampante, se non addirittura ovvia.
Le luci al neon sovrastanti l'immenso laboratorio s'erano d'un tratto spente, facendo spazio solo al fioco lampeggiare di un piccolo schermo verde accanto alla cella ospitante l'androide, era una sorta di avanzato encefalografo: registratore di impulsi elettrici trasmessi dal cervello ai pads applicati sul capo; quand'essi si fossero intensificati oltre una certa soglia, si sarebbe potuto affermare l'inizio di un'attività onirica; in caso contrario, dopo molteplici tentativi di stimolazione dell'attività, si sarebbe dovuta dichiarare l'impossibilità fisiologica dell'androide di poter sognare durante il riposo.
Benché Crilin l'avesse scongiurata più e più volte di continuare a tentare, di verificare che tutti gli elettrodi e che ogni singolo cavo funzionassero alla perfezione -e lei lo avesse sempre di buon grado accontentato, intristita dal palesarsi dei risultati-, infine anch'egli aveva dovuto arrendersi, sconfortato per il limite imposto all'amata da una natura ormai a lei estranea. Attesero qualche momento, dopo la riattivazione delle luci e lo spegnimento del marchingegno, perchè C18 si ridestasse completamente; ancora intontita, aveva chiesto per prima cosa dove fosse la figlia, con tono quasi agitato; Crilin, immediatamente pronto ad accogliere il suo risveglio con un amorevole sorriso, le aveva comunicato che la bambina era rimasta per tutto il tempo nella stanza di Trunks, libera di giocare e divertirsi con la miriade di pupazzi che campeggiavano sul letto fresco di rassetto.
Lo sguardo basso e concentrato, si passò una mano tra i biondissimi capelli lisci per liberarsi dell'ultima traccia di adesivo.

Allora... Nulla da fare, non è vero?”.

La causticità di quella domanda che aveva già saputo incassare l'unica possibile risposta tramortì Crilin, che invece s'era imposto di sorriderle e di minimizzare l'intera faccenda al solo scopo di non creare un peso ancor maggiore alla propria moglie.
Bulma invece si fece seria e costernata: “No, purtroppo non c'è proprio niente che si possa fare per fornirti l'abilità di sognare. Come vedi siamo riusciti a sostituire gran parte dei tuoi circuiti con degli equivalenti umani, ma per quanto riguarda il cervello e la sua completa gamma di possibilità, finora nessuna scienza è riuscita a trovare alternative soddisfacenti...”.

Le ultime parole di quell'amara ammissione le erano uscite di bocca terribilmente rabbuiate, trasudavano l'evidenza che sarebbe stata una questione di parecchi anni, prima che finalmente si potesse restituire ad un cervello modificato la totale capacità di ogni singola sua funzione.

...Mphf, come immaginavo...”.

Con ritrovata noncuranza, l'androide, in quel che parvero pochi istanti, si mosse in direzione della stanza in cui era stata lasciata la sua bambina, la prese con sé senza troppo garbo né proferendo parola alcuna e s'alzò in volo proprio dinanzi ai loro occhi, presumibilmente verso la piccola dimora sperduta tra le acque marine così lontane.

M-ma... Dove vai? A-aspetta, C18! Cara, non fare così!”.

Bulma e Crilin fissavano frastornati il punto ormai minuscolo che l'androide era divenuta nell'azzurro cielo, intristiti ed impotenti entrambi di fronte ad una questione tanto delicata.

Ah... Scusala, Bulma, io proprio non capisco, sono sicuro però non volesse mancarti di rispetto, credimi...”.

Non devi, amico mio, sta' tranquillo, so com'è fatta C18 e non immagini quanto mi dispiaccia. Avanti, seguimi, ti preparo qualcosa da mettere sotto i denti, lasciamola in pace, per ora. Dev'essere molto dura, per lei, non poter vedere che con gli occhi soltanto...”.

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Le parole dell'amica ancora gli rimbombavano come tamburi a festa nella mente. Poteva davvero essere che C18 tenesse molto più di quanto lui aveva compreso, all'opportunità di, semplicemente, sognare durante il riposo? Non riusciva a capacitarsi fino in fondo di come potesse essere tanto preziosa quella chance ormai inevitabilmente sfumata.
Il solo forte rombo scaturito dal suo stesso librarsi in aria alla volta della casetta sull'isola, era il suono che lo teneva desto nella realtà, senza rimuginare troppo su cosa mai fosse preso alla moglie. S'era congedato quasi un'ora prima da Bulma, imbarazzato ed affranto, del tutto colto alla sprovvista dalla reazione di C18; lui aveva ingenuamente immaginato che, in caso sia positivo che negativo, la sua famiglia avrebbe cordialmente ringraziato l'amica adorata o entusiasticamente fatto i salti di gioia insieme, offrendole pure quanto a loro possibile come compenso, seppur ben consci lei non avrebbe mai accettato; piuttosto, vi avrebbe scommesso, lei avrebbe preferito l'invito a trascorrere un'intera giornata sull'isola, da sola, per dedicarsi ai vecchi amici e soprattutto a sé stessa, come sin dalla loro adolescenza le aveva visto fare.
L'isola di Muten iniziava a stagliarsi davanti a sè come un neo sulla nivea pelle oceanica e Crilin, teso come una corda di violino, cominciò a scendere di quota, restituendo infine al suolo un rumore di passo felpato, subito avvertito dall'anziano maestro.

Oh, eccoti qui, ciao, Crilin. Tua moglie mi è parsa più strana del solito, aveva uno sguardo che... Ah, lascia stare, sono solo i deliri di un povero vecchio, eh eh!”.

Questa volta però Crilin voleva vederci più chiaro: “No, Genio, ti prego, continua, come ti è parsa C18? Triste, arrabbiata...? Come?”.

L'attempato ometto calvo allora, sistemandosi meglio le lenti scure sul ponte dell'adunco naso, gli confidò: "Mh, beh... Credo che inizialmente fosse un po' arrabbiata, sì... Non ne conosco la causa, ma il fatto che non abbia nemmeno tenuto la mano alla piccola per accompagnarla sino alla porta di casa, mi ha dato da pensare... Poi però sono stato distratto da quel bellissimo corpo e le ho chiesto un bacetto, solo uno, in amicizia, eh! E a quel punto... Non ricordo più nulla, mi sono ritrovato con la faccia nella sabbia!”, facendo istantaneamente cascare Crilin in un sol tonfo all'indietro.


Ʒ




E' sempre il solito, povera C18, dovrei cominciare a pensare di trasferirci...”.

Parlottava Crilin disilluso, tra sé e sé; al suo maestro doveva tanto, forse tutto, i vizi e le debolezze che da sempre l'avevano caratterizzato erano marchiate di un intento troppo involontario, per pensare fossero malignità ed interessi torbidi. Poi comunque, né lui né la moglie avevano mai lavorato, come avrebbero mai potuto permettersi il trasloco e la vita altrove? Troppi impensierimenti gli segnavano il piccolo volto sudato, si risolse a scacciare ogni altra trovata e, sbuffando rumorosamente, ad avvicinarsi alla camera da letto dove l'androide giaceva, sdraiata svogliatamente sul ciglio del letto ancora sfatto, ad occhi aperti e distratti verso le porzioni di cielo terso prossimo al tramonto che s'intravedevano tra le fessure delle imposte socchiuse.

Si spinse la porta alle spalle e si avvicinò silenzioso alla parte opposta del materasso, sedendovisi appena e con lo sguardo intenerito rivolto alla sua amata.

E dai, cara, non c'era bisogno facessi così, non ti pare? Io stesso ero insieme a Bulma in laboratorio, ha fatto tutto il possibile per aiutarti, le ha provate davvero tutte...”.

Taci”.

“M-m-ma come, 'Taci', scusa?! I-io proprio non ti capisco, non sarai adirata per gli soliti scherzetti di Genio, spero! È incorreggibile lo sai, non lo fa per cattiv-”.

“Sbaglio, o ti ho detto di stare zitto?! Tu... Tu non capisci, per te sono solo sciocchezze, questioni di poco conto...”.

Tesoro, io voglio che tu sia felice, non c'è bisogno io te lo dica. Solo, non riesco a capire perchè, come mai ti sia tanto fondamentale poter sognare, non sai quanta invidia susciteresti, in generale... A volte i sogni sono così strani o così brutti che dal risveglio sino alla notte successiva uno non riesce neppure a concentrarsi, a vivere serenamente la propria giornata...”.

“Come puoi non esserci ancora arrivato... Hai parlato di sogni tanto brutti... Beh, caro mio, una volta tanto nella vita mi piacerebbe moltissimo, poter affermare che qualcosa di orribile ed immondo si sia trattato di un semplice incubo e non di una realtà che non posso cancellare dalla mia testa nemmeno con l'aiuto di Shenron!”.

Lo sguardo di Crilin si fece d'un tratto tremante e cogitabondo, ma certo, ora era tutto chiaro, come aveva potuto essere, proprio lui, tanto insensibile da non afferrare immediatamente, quel concetto tanto delicato, ma tanto palese!

Crilin, mio fratello C17 ed io, un tempo, eravamo esseri umani, proprio come te. Anzi, per la verità noi non eravamo dotati di alcun potere né abilità, tutto ciò che ancor oggi conserviamo è solo il frutto delle modificazioni genetiche a cui quel bastardo del Dottor Gelo ci ha sottoposti... I nostri genitori non avevano i mezzi per mantenerci, si sono fatti abbindolare come due allocchi dalle parole di quel pazzo. Fummo costretti a seguirlo tra quelle rocce dove si nascondeva il laboratorio e poi con l'inganno fummo rinchiusi in capsule piene di fumi dall'odore nauseante. E poi... Poi non ricordo più nulla, solo che, al nostro risveglio, i nostri occhi già chiari erano diventati color del ghiaccio; dai nostri lobi, pendevano piccoli orecchini circolari e dentro di noi, non v'era più alcun sentore, non l'appetito, non il freddo, non la paura. Solo l'istinto di distruggere, con quanta più forza potessimo utilizzare. Ci accorgemmo sin da subito che l'energia in noi era divenuta immensa ed inesauribile, che dalle nostre mani potevano crearsi lampi e sfere di pura potenza e che nulla era né sarebbe stato più come prima. Solo un punto, riuscivo ad avvertire come non mio, sebbene già gran parte del mio corpo fosse stata del tutto modificata: qui, guarda”.

La mano nivea della donna prese delicata quella di lui, avvicinandola al proprio basso ventre, sul lato sinistro.

Questo è il punto in cui stava l'ordigno autodistruttivo, quello che tu hai disattivato per salvarmi. Era la sola cosa che riusciva a farmi sentire in trappola, in un corpo non mio, in una natura oscena, invivibile. Eppure c'ero, c'eravamo dentro fino al collo, io e il mio adorato fratello gemello! A poco servì fare letteralmente a pezzi Gelo e tutto il laboratorio, ormai i nuovi impulsi nelle nostre membra, azzeccati ai nostri più inconsci pensieri, s'erano impadroniti della nostra volontà di agire e ormai eravamo soltanto gelide macchine da guerra, incapaci di provare debolezza alcuna. Ho cominciato ad avvertire nuovamente quel terribile brivido lungo la schiena durante gli scontri con Cell. È stato in quel momento che ho capito, ho capito di non essere altro che una pedina, una marionetta dei terribili piani altrui e... E noi, ed io... Io non avrei permesso a nessuno, di farmi questo, a niente e nessuno...”.

La voce iniziò ad infrangersi in gola, impregnata delle lacrime che stillavano da quegli occhi iracondi.

Sai quali sono le uniche cose che non ho mai scordato, della mia vita di bambina? Beh, che tu ci creda o no, Crilin, sono i sogni. Sono le notti in cui faceva un freddo cane, ma i miei genitori non avevano soldi abbastanza per permettersi né il riscaldamento, né qualche coperta in più, così mia madre ci si sdraiava accanto sino al momento in cui chiudevamo gli occhi e poi mi sussurrava 'Fai bei sogni, tesoro, esplora mondi lontani e sii felice, la mamma è qui con te'. Per la verità non riesco a riportare alla memoria nessuno di quegli episodi in particolare, non so se ho fatto più incubi o più bei sogni... Ricordo solo che quelli, solo quelli, erano i momenti in cui io non sentivo più il freddo, non sentivo più i morsi della fame, non sentivo più la fatica che incatenava le nostre gambe dopo un giorno intero trascorso a lavorare duramente nelle più brulle terre, per un tozzo di pane. Ero libera. Avevo chiesto solo questo, oggi, anche se Bulma non ne ha colpa. Di poter tornare ad essere, almeno durante la notte, un essere umano”.

La bocca socchiusa ed asciutta di Crilin avvertiva il sapore amarognolo delle lacrime che gli avevano rigato le gote arrossate, la sua mano ruvida ancora avvolta nella presa salda, ma delicata di lei, tremava impercettibilmente in un palpito d'emozione talmente terribile, talmente intimo.
Le ombre allungate dei suppellettili nella stanza avevano già smesso di danzare cullate dagli ultimi raggi del sole ed un velo più scuro aveva ammantato il cielo riflettendo la nivea aura di una luna splendente e piena.
S'era adagiato su un fianco, il capo poggiato sulle loro mani strette l'una all'altra, ancora giunte su quel punto del corpo di lei. Avevano entrambi smesso di parlare, i solchi delle lacrime avevano lasciato sulle loro gote striature traslucide e secche ed i loro respiri parevano essersi sincronizzati in un unico soltanto, profondo.

C18... Non mi hai mai detto il tuo nome, come ti chiamavi, prima...”.

Io... Non... Non lo ricordo più”.

Ʒ

Coraggio, basta saltellare sul letto, Trunks! Non ti sei già divertito abbastanza, oggi? A me pare proprio di sì...”.

Rivolgendogli un occhiolino complice, Bulma porgeva il pigiama al proprio figlio visibilmente eccitato. Il principe dei Saiyan, quel pomeriggio, gli aveva insegnato a riconoscere le auree combattive alleate e nemiche, oltre ad avergli fatto muovere i primi lenti passi verso la tecnica di azzeramento parziale o totale della propria forza combattiva. Più che soddisfatto dell'assoluta concentrazione, attenzione e performance ottenute, Vegeta aveva di propria iniziativa concluso i duri allenamenti con una capatina al parco giochi preferito del figlioletto, senza imporgli sguardi eccessivamente severi né orari rigidi. Così, a sera inoltrata, erano tornati a casa, sfiniti e lerci, affamati come non mai. Durante la sostanziosa cena preparata da Bulma, Trunks aveva accusato inevitabilmente gli effetti di un sonno attanagliante, a cui dovette suo malgrado cedere ad appena mezz'ora dalla fine del pasto; aveva raccontato ogni dettaglio di quell'emozionante giornata alla madre soltanto una volta sicuro che il padre fosse sotto la doccia: di lui aveva ereditato uno spiccato orgoglio personale che lo rendeva poco incline ad esternare troppe emozioni in generale e soprattutto in sua presenza, in un commovente istinto di emulazione che in qualche ben rara occasione gli aveva fatto guadagnare un'ombra accennata di sorriso da parte di Vegeta.
Sollevato in braccio dalla madre, s'era nuovamente svegliato tra le mura della sua cameretta, un po' contrariato alla vista di tutti i suoi giocattoli riposti disordinatamente agli angoli della stanza.

Ehi! Ma... Per caso Goten è stato qui, oggi...?”.

E, divertita, Bulma si era ritrovata a constatare non fosse solo il figlio, a mostrarsi interessato ad una risposta da parte sua, ma pure il principe dei Saiyan lì presente, che, quando si parlava di quel bimbetto così simile al defunto padre in tutto e per tutto, veniva come scosso da un brivido, inspiegabile, ma sempre ben tangibile.

No, tesoro, è stata la piccola Marron ad usare i tuoi giocattoli, gliel'ho permesso io. Crilin e C18 sono venuti a farmi visita e così ho detto a Marron che avrebbe potuto stare qui a giocare sorvegliata dai robot”.

Uhm, capisco. Beh okay, per questa volta va bene, ma solo perché è piccola e femmina!”.

Vegeta allora, silenziosamente, si era defilato alla volta della camera da letto, non prima d'aver accennato un saluto al figlio.

Grazie papà, a domani!”.

Non appena la porta s'era chiusa, però, Trunks era balzato repentino in piedi sul letto, talmente elettrizzato da non aver nemmeno ancora obbedito alla madre nell'indossare il pigiama e mettere le pantofole ordinatamente accanto al comodino.

Hai ragione, mamma, ma sono troppo felice! Tu... Tu credi che papà si sia divertito?”.

Sono certa che si sia divertito molto più lui di te, sai?”.

Tra qualche risata e dolci moine materne, il ragazzino s'era cambiato ed accoccolato sotto alle lenzuola, pronto a farsi riavvolgere, questa volta profondamente, dalle braccia di Morfeo.

“Buonanotte mamma, non dir nulla a papà, ma spero tanto di passarla presto, un'altra giornata come questa!”.

Sta' tranquillo, lo conosco bene, non gli dirò nulla. Adesso da bravo, chiudi gli occhietti e dormi sereno. Fai bei sogni, tesoro, sii felice, la mamma e il papà sono qui con te”.

E la lampada a forma di coccinella posta sul comodino si spense.




Ʒ




Mammina, potto entae?”.

Barcollante e assai goffa, Marron aveva raggiunto pian piano la soglia della stanza dei genitori, dopo aver consumato un'allegra cena sotto gli occhi vigili degli “zii” Yamcha e Genio.
Fortunatamente quella che a lei pareva un'altissima porta era rimasta socchiusa, così dovette solo sforzarsi di spingerla in avanti rimanendo in piedi sulle proprie gambette paffute.

Coraggio cara, entra, vieni a sdraiarti accanto a mamma e papà”, le aveva risposto caloroso Crilin, senza muovere un solo muscolo da quella posizione tanto intima, comoda e amorevole.
La bambina non ci mise poi molto, a farsi avanti, socchiudere nuovamente la porta dietro di sé su invito della madre e dunque ad arrampicarsi letteralmente sull'ampio letto candido.

Vieni qui, piccola mia...”.

C18 le aveva rivolto lo sguardo, solo per lei caldo ed accogliente, al quale Marron non esitò a rispondere con un balzo deciso accanto a lei, raggomitolandosi spensierata ed assonnata nell'incavo della spalla esile della madre. Dovettero trascorrere svariati minuti, prima che la donna fosse sicura la figlia, poi l'adorato compagno si fossero completamente assopiti, così simili in quello sguardo tenero, innocente, amichevole e buono. Il braccio su cui sonnecchiava beata la piccola creatura stava iniziando ad intorpidirsi, ma non volle muoversi; non volle scuotere quel sottile filo di seta che li teneva sospesi in quell'etereo momento di cui lei s'accorse d'essere l'unica custode, la sola persona di cui la propria famiglia ciecamente si fidava per poter serrare le palpebre e lasciarsi andare ad altri mondi, sicura di trovare, al proprio risveglio, il porto sicuro a cui attraccare la loro stessa vita.
D'improvviso, quelle catene che la inchiodavano alla sola realtà, non furono più così strette e anche lei, con un sorriso, poté chiudere gli occhi.




-Fine-

  
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