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Autore: Old Rick    28/08/2015    1 recensioni
Booker… hai paura di Dio?
No. Ma ho paura di te.
Questa storia ripropone in chiave scritta, come un racconto alla Jules Verne, la storia del videogioco di Bioshock Infinite, con molti elementi aggiuntivi, alcuni modificati, e capitoli della storia inventati dal sottoscritto. Una specie di Director's cut per omaggiare il capolavoro di Ken Levine. Questa storia è ambientata in uno dei tanti multiversi possibili della realtà di Bioshock…
Genere: Avventura, Generale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Booker DeWitt, Sorpresa
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza
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Booker… hai paura di Dio?
No. Ma ho paura di te.

 
 
 
“La mente del soggetto lotterà strenuamente per creare memorie dove non ne esiste alcuna…”.
(Barriere ai viaggi trans-dimensionali”, R. Lutece, 1889)
 
 
1912 - Costa del Maine
 
L’aria forte, pungente, quasi nuda e vera…ghiacciata, tanto da penetrarti nel profondo e rispedirti di corsa all’inferno. Le radio davano segnali di lunga assenza, e solo qualche volta si poteva udire, come lunghi brusii lontani, qualche musica triste che annunciava l’avvenuta del santo e freddo Natale. Quella lontana notte celebrò la paura del “passato”, e molti paesani che vivevano schivi lungo le coste, per angoscia o semplicemente nostalgia, rintanavano giunta la mezzanotte nelle loro case borghesi, e di tanto in tanto, una piccola luce sfavillava ai poveri vagabondi il calore familiare di chi può permettersi una casa; sì, una catapecchia calda, un letto morbido e una caldaia in grado di riscaldare i ricordi, e soprattutto i piedi; ecco cosa desiderava la mente di un uomo “solo” nello spirito, indebitato fino al collo e in compagnia di gente strana nel bel mezzo di una tempesta, su una piccola barchetta di legno che a stento sembrava rimanere a galla…

– Hai intenzione di restare seduta? – disse improvvisamente un gentiluomo seduto ai margini della barchetta; l’uomo remava con fatica e sembrava irritato dal comportamento di una donna vestita con un lungo impermeabile color avorio;
– L’alternativa qual è? In piedi? – ironizzò la donna.  Nell’aria si stava aprendo sul pubblico immaginario del tempo e dello spazio, un docile siparietto che si presentava, ironicamente, come la “fredda commedia del Maine” del gentiluomo e della venerabile signora;
– No, l’alternativa è remare. – continuò l’uomo che starnutì con vigore. La donna dalle vesti in avorio sembrò come infastidita da quella risposta, e puntò la sua voce autoritaria contro le orecchie di quest’ultimo;
– Remare? Non ci penso nemmeno! – poi passò con mano delicata e attenta una piccola valigetta di pelle a una terza “figura in penombra”; il suo sguardo era profondamente confuso, come perso sulla piccola lanterna di luce che penzolava sull'asse principale della barchetta; l'uomo in penombra afferrò tremante la valigetta, e per la prima volta dopotutto quel cammino, sussurrò come spossato da quella situazione alcune parole alla donna;
– Questo cos'è? – ma la donna non gli rispose. Il suo impermeabile continuava a volteggiar nella tempesta, e il suo comportamento assunse quello di un essere inesistente, come per dire un fantasma che non sente e non parla, ma che continua a dare l’idea di recitare davvero una semplice e tediosa commedia d’altri tempi;
– Quindi ti aspetti che faccia tutto io? – intervenne l’uomo che rema. – No. Mi aspetto solo che remi sempre tu. – affermò convinta la donna al gentiluomo, che in un primo momento evitò più volte lo sguardo dell’altro uomo; quest'ultimo, rimanendo sempre in disparte a osservare i battibecchi della donna e del suo damerino altolocato, come stregato da quella valigetta, cominciò a esaminarla attentamente; l'oggetto non pesava molto e forse il suo contenuto gli avrebbe rivelato qualche informazione in più sulla sua missione;
– E perché mai? – fece notare il gentiluomo che tornò ad aggiustarsi più volte la postura del corpo; a dirla tutta non era granché come traghettatore, anzi diede l’impressione di saperci fare più con le parole che con i gesti, tanto suggestivo da poter far arrabbiare la donna al suo cospetto;
– E’ stata un’idea tua. – continuò la donna mantenendo un profilo seccante. Sembrava quasi che quei due si conoscessero da una vita, tanto da poter concludere le frasi con una strana e inaspettata sintonia, seppur in disaccordo per alcuni tratti;
– Un’idea mia? –
– Sono stata chiara, sul fatto che non credo nell’esercizio. – rispose la donna con una tale freddezza, da risultare quasi naturale per il suo carattere;
– Remare? – domandò il gentiluomo; questa volta il suo sguardo sembrava rivolto, anche se fugacemente, verso l’altro uomo, quello taciturno e riflessivo in penombra;
– No. Anche se credo sia un buon esercizio. – la donna sembrava di aver in pugno la conversazione;
– Allora cosa? –
– L’esperimento sul pensiero. – concluse la donna con tutta naturalezza. L’altro uomo, quello in penombra, posò la valigetta sulle gambe, e per un attimo affaticò molto per comprendere cosa diavolo stesse sostenendo quella donna; a dirla tutta l’intero viaggio gli era sembrato delirante, come una sorta di vita nuova, un viaggio che si percuote e si ripete come in un sogno, forse meno lucido di un incubo, e più onirico e folle del solito;
– Uno partecipa a un esperimento... sapendo di poter fallire. – spiegò attento il gentiluomo.
Sembrava che quell’assurda discussione si fosse arrestata improvvisamente, così l’uomo in penombra avanzò in avanti, e approfittando della situazione cercò in tutti i modi di farsi notare e prendere finalmente parola; – Scusate. Manca ancora molto? –
– Ma uno non prende parte a un esperimento sapendo di aver fallito... –

Silenzio. Nessuna risposta. La donna sembrava troppa presa da quei discorsi per dare retta all’uomo, che per un attimo pensò di essere morto; trascinato da chissà quale forza sovrannaturale nel bel mezzo di quel caos, per giungere alla meta finale di un lancinante ed eterno purgatorio senza parole; ma tutto gli continuava a sembrare troppo realistico. Il freddo sotto i piedi, l’ondeggiar violento dalla barca, la luce fioca che poco illuminava la sua vista, il rumore incessante dell’acqua, e il lungo brivido della vita che gli entrava “dentro” ogni qual volta che cercava un senso ai suoi ricordi. Forse perduti, forse cancellati dall'alcolismo o dai debiti. Che cosa era successo a quell'uomo? A quella ombra che ormai vagava nel bel mezzo del niente, e che ora stringeva ben stretto tra le mani una piccola e misera valigetta sconosciuta; o forse proprio estranea a lui non era?

“Proprietà di BOOKER DEWITT, 7th CAVALLERIA, WOUNDED KNEE”
   
 
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