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Autore: Xandalphon    28/08/2015    2 recensioni
Una raccolta di 'lettere impossibili' di personaggi storici e mitologici ai loro amori. Un viaggio nel tempo dal 3000 a.C sino all'età contemporanea, attraverso i loro sentimenti per le persone a loro più care. Che siano felicità o disperazione, gioia o amarezza.
Perché l'affetto, l'amore e i sentimenti sono nell'uomo gli stessi di sempre.
Genere: Introspettivo, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Ovidio e Giulia

 

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Questa lettera non finirà negli Amores, e io non ti chiamerò con un nome fasullo, come ho sempre fatto. Sarò schietto e franco, come non fui mai in vita mia.

 

Le poesie del povero Ovidio che si strugge per l'amata Corinna hanno fatto piangere e struggere centinaia di matrone in tutta la Res Publica... A questo pensiero anche a me viene voglia di versare lacrime, ma dal troppo ridere.

Versi sdolcinati che cantano di un uomo folle d'amore come neanche Catullo fece per Lesbia.

Falsità.

Finzioni.

Cenere.

Non ho mai capito nulla di cosa è l'amore, credo, e mi illudevo, pensando fosse un gioco di ombre e di specchi che, al termine di un arduo cammino, fa trionfare coloro il cui cuore è forte e supera ogni avversità.

 

Leggendo, da piccolo, le storie sui miti greci, pensavo che Orfeo non fosse stato altro che un debole, ed il suo desiderio di salvare Euridice dagli inferi non fosse stato così forte. “Al suo posto”- mormoravo io, come ipnotizzato da un tale pensiero - “Non mi sarei voltato e sarei riuscito a salvarla!”

 

Ora, che sono cresciuto, ho colto appieno la misura della mia pazzia. Non esiste un tale affetto gratuito, nella vita reale. Le passioni travolgenti lasciamole ai giovani stupidi e agli dei, nei racconti delle bambinaie.

 

Perché solo uno stolto può credere veramente ai giuramenti di una donna che promette amore eterno, mentre finge di non accorgersi del fetore dell'infedeltà che esala dalle sue cosce!

 

Indovina un po' a chi mi sto riferendo, dolce Julia. A che pensavi mentre facevamo l'amore? I tuoi ansimi erano quelli di una bestia pronta a soddisfare le sue sole voglie, o magari, per sbaglio, facevi persino caso al volto che avevi davanti e - Per tutti gli dei, quale improba sfida!- Riuscivi persino nell'ardua impresa di distinguerlo tra la miriade di quelli che galleggiavano nella tua memoria, giusto per evitare di urlare il nome sbagliato durante i tuoi orgasmi?

 

Per te, per amor tuo ho affrontato la via dell'esilio. Mi importava poco finire a Tomi o chissà in quale altro posto dimenticato fuori dai confini di Roma, se ti avessi avuta al mio fianco. Mi sarei piegato ai compiti più umili per farti dimorare in modo dignitoso, per quanto disprezzata da tuo padre e dalla tua famiglia.

 

E' stato divertente, mio nobile poeta. Sei stato un amante dolce e premuroso. Ma questo scherzo è andato oltre il lecito, che ne pensi? Non sono tagliata per interpretare il ruolo della Penelope afflitta che attende il suo Ulisse in una piccola e cenciosa isoletta tutta sassi! E ora perdonami, ma devo prepararmi ad un ricevimento presso la villa di Sempronio Gracco.”

 

Quelle parole mi si scolpirono a fuoco nella memoria prima di partire, e ancora non mi hanno abbandonato. Scherzare? E chi ha mai scherzato? Nelle mie poesie ho sempre scritto nient'altro che quello che avevo nel cuore! Ma il cuore, per chi non ne possiede uno, deve apparire una carne crescente piuttosto ridicola che cresce in modo sgraziato tra le costole, facendo quel fastidioso e ritmico rumore, vero?

 

E ora come dovrei accogliere la notizia del tuo esilio in un'isola sperduta del Mare Nostrum? Con mestizia? Rattristandomi per la tua ingiusta sorte e per averti dato un padre severo e crudele? Oh, no, dolce Julia, hai mal compreso...

 

La mia idiozia non è così sconfinata. E il mio amore non è affatto eterno, come quelli divini. Sono solo un misero uomo, che ora, al centro del suo petto, non ha altro che una radice nera, avvizzita e carbonizzata.

Che gode del fatto che ora i tuoi gemiti da cagna saranno di dolore.

Che gode del fatto che ora anche tu conosci le gioie della solitudine.

Che gode del fatto che d'ora in poi ti faranno compagnia solo i gabbiani e la quieta risacca delle onde del mare, invece del vociare insulso di quella pletora di patrizi beoti ai quali tu, con chissà qual delicata e aristocratica grazia, aprivi volentieri le gambe.

 

Che dici, non riconosci più nelle mie parole la delicata e smielata poesia di un tempo? La dolcezza delle rime e il tono leggiadro?

 

Il fatto è, mia signora, che ora non mi trovo più a Roma, ma presso una ridente città del Ponto Eusino. Confido che pochi, escluso il tuo nobile padre, sappiano indicarla su una mappa.

 

Abito tra i barbari.

 

Non ti sembra giusto che divenga un po' barbaro anche io?

 

Angolino dell'autore

 

Ok, ragazzi, troppe storie a lieto fine fanno male alla salute. Stavo quasi cominciando a pensare che fossero la norma. Poi, preso da questo pensiero, terrorizzato, ho deciso di darmi una botta in testa e ritrovare la retta via. Le storie a lieto fine? Naaah.

 

Ed ecco qui il grande poeta che ha dato il nome a questa raccolta (eh, già i primi Amores li ha scritti proprio lui, Ovidio), che vomita rabbia furente sulla donna che ha amato. Con Menelao abbiamo già visto la rabbia di un uomo tradito. Qui siamo un paio di tacche oltre: questo è un uomo tradito che si è reso conto di aver avuto a che fare con una donna che MAI è stata innamorata di lui. Una profumiera che ha venduto le sue grazie ad altri mentre sbandierava nobiltà d'animo e purezza di sentimenti. Una persona del tutto indegna degli immani sforzi e delle immani pene che sono state patite per lei.

E' terribile avere il cuore spezzato, masticato e poi sputato via da persone del genere, fidatevi.

  
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