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Autore: Blue Eich    30/08/2015    6 recensioni
Lucinda è cresciuta: ora ha un appartamento tutto per sé, un lavoro come Stilista Poké ed è la fidanzata del grande Gary Oak. I giornali la descrivono sempre in meglio, chiamandola la Reginetta di Sinnoh, ma in realtà non sanno che la sua corona traballa e rischia di cadere in un baratro di angosce.
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gary, Kenny, Lucinda
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Anime
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● Capitolo 2 


«Gary?»
«Scusa, sta per cominciare una riunione, devo andare.»
La chiamata si chiuse con un suono breve e meccanico, ancor prima di essere iniziata per davvero. Lucinda, con le labbra serrate e la frangia a ombrarle il volto, abbassò il braccio in cui teneva mollemente il cellulare. Avrebbe tanto voluto un abbraccio. Una carezza, un “va tutto bene”. Perché no, non andava tutto bene. La testa le pulsava violentemente, dolore acuto che poteva soffocare solo stringendo con tutte le sue forze il cuscino, che assorbiva il fiume di lacrime silenziose in discesa sulle sue guance pallide.
Piplup la guardava, sporgendosi verso la porta socchiusa della sua camera. Sapeva di non poter fare niente ed era quella la cosa peggiore: si sentiva un inetto, incapace di aiutare la sua padroncina in un momento così straziante.
«Cosa devo fare…?» si chiese lei, con voce roca e flebile. Nei suoi occhioni arrossati luccicava la paura. «Guarda come mi sono ridotta…» sussurrò poi, quasi con disprezzo, sfiorandosi la pelle, che sembrava doversi sbriciolare. Le vene nei suoi polsi, ormai, erano talmente sporgenti da farle credere che, un giorno o l'altro, sarebbero uscite fuori. Si stava rovinando da sola.
Il telefono vibrò tra le coperte, illuminandosi. Lucinda si passò un braccio sul viso per asciugarlo e controllò cosa le era arrivato. Un messaggio di Kenny, dove diceva di essere tornato in città e la invitava ad andare insieme al luna park. Gary avrebbe di sicuro frainteso, se fosse venuto a saperlo. Ma, d'altra parte, Kenny era il migliore amico che Lucinda avesse mai avuto, forse l'unica persona a cui davvero importava di lei. Il poco tempo che trascorrevano assieme, la riempiva di mille attenzioni e cercava di trovare sempre un argomento di cui parlare. Trasparivano la sua voglia e il suo entusiasmo nello stare semplicemente accanto a lei… E lei ne aveva davvero bisogno, per cui digitò in fretta una risposta d'assenso. Sperava che l'emoction sorridente alla fine la facesse sembrare più allegra.
Però, si sentiva punta da un senso di colpa nel petto, seppur lieve. Superati alcuni attimi d'indecisione, riprese a far correre le dita sulla tastiera digitale, stavolta con più lentezza.
“Domani vado al luna park con Kenny… Spero non ti dispiaccia. 'Notte.” Premette il tasto d'invio e girò il cellulare dalla parte opposta, affondando la testa sfinita nel cuscino.

Lucinda si destò dal suo sonno l'indomani, con il bip-bip proveniente dal suo PokéKron che non smise finché, a tentoni e mugolando svogliata, riuscì a cliccare il tasto per spegnerlo. Stette immobile per un po', prima di trovare la volontà per alzarsi e dirigersi verso il bagno che, per fortuna, era vicino alla sua camera. Una volta arrivata lì, davanti allo specchio, avrebbe dovuto prendere la spazzola. Ma il suo braccio non rispondeva ai comandi. Era troppo debole per sollevarsi. Quando alzò lo sguardo, notò con orrore che non riusciva più a distinguere il suo riflesso, nient'altro che un ammasso di colori informi. Divenne tutto nero, una tenda nera che le annebbiava gli occhi, mentre tremava convulsamente e percepiva quegli attimi come infiniti. 
Il suo campo visivo, pian piano, tornò a riconoscere i colori, che però rimasero di un velo sfocato sullo sfondo. Per quanto tempo era rimasta così, con il cuore in gola, incapace di muoversi e persino di vedere il mondo? A piccoli passi, molto fiacchi e cauti, cominciò a dirigersi verso la cucina.
La prima cosa che fece fu andare dritta in direzione del cesto di vimini sopra al mobile, nei cui cassetti teneva posate e svariati utensili culinari. Era solita mettere lì la frutta, ma era da molto che non andava al supermercato. Avrebbe dovuto accontentarsi di una vecchia mela, lasciandone da sola un'altra con un'ammaccatura abbastanza evidente da un lato, unica superstite al centro dello strofinaccio bianco ch'era stato messo sul fondo. Si sedette sulla sedia più vicina e, lentamente, diede alcuni morsi al frutto. Iniziava già a sentirsi meglio, ma la paura ancora la stringeva forte in una morsa d'acciaio. Al solo pensiero di ciò che aveva ingerito, si portò istintivamente una mano davanti alla bocca e dovette calmarsi con profondi respiri per non rendere vano lo sforzo che aveva appena fatto.

Mancava ancora mezz'ora prima che Kenny venisse a prenderla. Nel frattempo, le era arrivata la risposta di Gary: un “okay” con tanto di punto alla fine. Ciò poteva significare che non l'aveva presa bene, oppure era così assorto nel lavoro che a qualunque altra cosa lei gli avesse scritto avrebbe risposto in quel modo così freddo. In ogni caso, Lucinda aveva bisogno di sentire la voce calda del suo migliore amico e di vedere quel suo sorriso raggiante, da bambino.
Davanti alla scrivania del salotto si tastava la fronte con una mano, mentre nell'altra la matita batteva impaziente sul foglio. Aveva ancora pochi giorni per disegnare il nuovo capo della linea invernale e la testa le scoppiava così tanto da non produrre alcuna vera idea. Dopo aver cancellato l'ennesimo schizzo, sbuffò e guardò di sottecchi la tazza di tè verde accanto a lei, quell'aroma d'oriente che da un po' di tempo accompagnava le sue giornate. Il pentolino era sempre sul fuoco o capovolto nel lavandino e le tazze sparse per la casa, con i residui di concentrato sul fondo. Non le piaceva poi così tanto. Anzi, a dire la verità – se non ci andava giù pesante coi dolcificanti – le faceva schifo. Ma aveva spulciato un po' su internet consigli su come dimagrire ed era capitata nel blog di un'anoressica convinta, che aveva stilato una lista di dieci regole da seguire. Alcune erano banali, del tipo “bevi sempre” o “dimenticati che il cioccolato esiste”. Altre le erano rimaste impresse, come “comincia a farti piacere il sapore del tè verde”. Non capendone il senso, aveva fatto delle ricerche: “I consumatori abituali di tè verde rischiano meno il cancro, il tè verde brucia i grassi e aiuta il dimagrimento”. Per cui si costringeva a buttarlo giù, cercando di ignorarne il sapore lieve eppur sgradevole.
Ripose la matita. Si sarebbe inventata qualcosa. Per trovare ispirazione, uscire all'aria aperta era sempre la scelta migliore. Sedersi su una panchina con il block-notes in grembo e osservare i passanti di una folla, finché un qualcosa la colpiva. Lì la matita, come animata di vita propria, si metteva a scarabocchiare sul foglio. Era così che aveva fatto, prima di crearsi un angolo in casa; forse proprio quello era stato il suo errore. Spesso si ritrovava a correre in mezzo a quelle folle, scostando persone insignificanti, per ritrovarne una. Vista di sfuggita, con un qualcosa che aveva stuzzicato, per un attimo, la sua fantasia. A volte rimaneva delusa perché non era geniale come le era parsa, oppure non la trovava più. In quei casi, i suoi passi rallentavano fino a fermarsi e tornava indietro. Altre, il suo volto s'illuminava di gioia e riprendeva a scribacchiare velocemente, per poi consegnare il modello al direttore il mattino dopo, che accoglieva l'idea con un battito di mani. Insomma, quel breve periodo in cui sembrava andasse tutto a gonfie vele, prima che le sue passioni diventassero dei pesi, Gary una sofferenza e il suo corpo imperfetto una fonte di odio.

Quello scelto da Kenny non era un comune parco divertimenti: ogni mese il design veniva completamente stravolto, cambiando i colori in base a un preciso tipo di Pokémon, a rotazione.
Lucinda rimase subito incantata: era tutto azzurro. Le mattonelle per terra, le giostre, le bancarelle… Era sicura che non fosse stata una scelta casuale.
Kenny fece un sorrisetto sicuro di sé. Pensava già a come si sarebbero riempiti di meraviglia i suoi bellissimi occhi alla chiusura, quando sarebbero saliti su un carro a forma di Piplup, vedendo attorno a loro un incantevole spettacolo di fuochi d'artificio e getti d'acqua colorata.
Lucinda, se fosse stata in condizioni più ottimali, avrebbe preso per mano il suo amico, trascinandolo da una parte all'altra. Invece se ne stava dietro di lui, annuendo cordiale a tutte le sue proposte, come se il loro rapporto scherzoso si fosse un po' affievolito. Inizialmente passeggiarono solo in mezzo alla gente che andava e veniva, scambiandosi poche parole per via del chiasso di sottofondo.
Kenny si fermò e puntò con determinazione il dito verso lo stand del tiro a segno. «Cominciamo da qui. Ti va?» le chiese, gentilmente.
Lucinda annuì ancora, portandosi placida davanti al bancone. Quando le venne porto il fucile ad aria compressa, da quant'era pesante fece quasi fatica ad alzarlo, come se le forze la stessero già abbandonando. «Mi aiuti, per favore?» 
La sua richiesta fu talmente allettante che Kenny non ebbe nemmeno bisogno di pensarci e colse la palla al balzo. Si posizionò subito dietro di lei, reggendo praticamente da solo il peso dell'arma. «Devi prendere la mira e poi… Sbam!» esclamò, chiudendo furbamente un occhio.
Lucinda, sempre aiutata da lui, riuscì a colpire una delle vecchie lattine di Lemonsucco negli scaffali. Essa cadde giù, con un rumore così forte da farla sussultare.
«Bravissima, Lulù! Forza, un'altra volta!»
Spronata da quel “bravissima” spostò il fucile, lasciandosi guidare dalla mano rassicurante del suo amico. Riuscì a premere il grilletto, e nell'aria si sentì un altro scoppio, seguito dall'applauso paziente di Kenny. Quel giorno, non aveva la minima voglia di prenderla in giro… Aveva la sensazione che, facendolo anche in modo lieve, avrebbe potuto ferirla, o comunque non sarebbe stata al gioco. Perciò, preferiva limitarsi a donarle dei piccoli momenti di felicità.

Quando Kenny aveva proposto di offrirle un gelato, Lucinda aveva subito sbottato “no!” con un impeto che l'aveva lasciato perplesso, insieme alle sue insistenze per non andare assolutamente né sugli autoscontri né sulle montagne russe. Alla fine l'aveva convinta a salire con lui sulla ruota panoramica dalle cabine a forma di Poké Ball. Guardava giù, in silenzio, sfiorando il vetro con la mano. In quello sguardo assorto sembrava celarsi un velo di malinconia.
«Ehi, Lulù» la chiamò il castano, a un certo punto, rompendo quel silenzio così opprimente. Sorrideva. Un sorriso amaro. «Mi vuoi dire che succede?»
La blu alzò il capo, perdersi qualche istante a fissare il ragazzo. Poi, un sorriso altrettanto amaro affiorò anche sulle sue labbra, perché sapeva di non potergli mentire. Era stata una sciocca anche solo ad averci provato. Non c'era nessuno che la conoscesse bene come la conosceva lui.
«Lulù, dimmi che succede» insistette lui, con un'aria seria.
«Niente.» Quell'ultima parola falsa venne tradita quando lei strinse i denti e fece una smorfia per trattenere il dolore. Un capogiro. Dannazione. Non era proprio il momento.
«Ti senti male?» chiese Kenny, sfiorandole un braccio.
Lucinda non voleva che si allarmasse, perciò scosse piano il capo. L'ultima cosa che vide, prima che i suoi occhi si chiudessero, fu un primo piano del viso preoccupato di Kenny. Sentì la sua voce che la chiamava disperatamente e ripetutamente diventare sempre più fioca, fino a non udirla più.


 


Angolo Autrice
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Aggiornare nel giorno – teoricamente – in cui credo cada il Cavaliershippingday, con l'unico capitolo “dedicato” a Kenny, è una cosa molto, molto cattiva. XD
Scusami Gary, non odiarmi per questo, lo sai che in fondo ti amo-
Per il luna park mi sono ispirata a quello della Piazza Wi-Fi del buon vecchio Pokémon Platino, di cui spero che qualcuno si ricordi ancora, lol.
Volevo ringraziare le persone che mi stanno sopportando sostenendo e seguendo! Ribadisco che per me questa ff è davvero importante e tengo molto ad avere altri pareri.
Alla prossima!

-H.H.-
 
   
 
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