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Autore: Stone_Eater    30/08/2015    0 recensioni
Il Nirvana è lo scopo della vita di ogni essere vivente. A colui che lo raggiunge viene chiusa la Via del Risveglio e si viene liberati dal peso del dolore.
Io non voglio più soffrire.
Il mio nome è Amneris e sono un demone, secondo stadio della vita.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Capitolo 1:

Dove si trovano i nostri ricordi? Spesso balenano in zone remote e isolate della mente, emergendo da un'oscurità infinita. Altre volte, invece, si rivelano "falsi": non sono mai esistiti, ma la nostra debole memoria viene soggiogata dalle emozioni, rendendola un lago psichedelico di diapositive mai girate e la nostra mente non riesce ad evitarle, nonostante cerchi sempre di eliminarle. E' come l'effetto della guerra perpetua che si svolge tra il mare e la spiaggia. All'inizio ero addirittura rimasta colpita dalla bellezza di questa fragilità, ignorandone completamente il male che vi si nascondeva all'interno. Eppure mi affascina come cupi ricordi si trasformano in iridescenti cieli stellati del pensiero. Il mio personale ricordo non so più dire se sia vero o falso, ma ormai è diventato parte di me. Nell'oscurità è il mio unico appiglio, l'unico luogo dove io posso godere della vista di milioni di stelle. Splendenti. Quasi profumate. E hanno lo stesso odore dei papaveri. Sì, quella sera, la ricordo bene. E' da lì che cominciò tutto. Stavo annusando l'aria, che soffiava delicatamente. Era l'aria che sprigionava la Terra mentre girava. Dal Naraka potevo vedere le luci della notte di quel pianeta blu.

- Chissà come mai è così luminosa...-, dissi con una strana malinconia nella voce.

- Sono gli umani, esseri infimi e superficiali. Loro hanno creato tante cose strane.-

- Sono riusciti a riprodurre la nostra luce?-

- Sì. Sono stregoni senza poteri.-

- Affascinante.-

- No, maligno. Ti rendi conto che hanno creato qualcosa anche per uccidersi tra di loro? Sono poveri di spirito.-

- Eppure... No niente.-

Amapola mi guardò negli occhi in modo minaccioso, ma non gli diedi la soddisfazione di farmi trovare infastidita. Lo ignorai semplicemente. Volevo tanto dirgli che ero di nuovo andata al pozzo a spiare gli umani, ma chissà quante me ne avrebbe dette. Non gli andavano a genio. Mi ripeteva continuamente che noi Demoni non dovevamo avere nulla a che fare con loro, che erano cattivi. Eppure li osservavo spesso e mi sembravano solo incredibilmente ingenui. Nonostante fossimo amici d'infanzia, però, non me la sentii di contrariarlo. Gli ero molto affezionata, sebbene il suo carattere non fosse dei migliori. E mentre continuavo a pensare, non notai il suo sguardo fisso su di me, preoccupato.

- Non pensare, ti fa male.-

- Scemo -, dissi stringendomi a lui. Glielo dovevo, visto che gli stavo mentendo per l'ennesima volta.

Era sempre stato un fratello per me. Nel primo giorno di lavoro come Guardiana dei Preta, lui c'era. I nostri ormai scomparsi genitori ci dicevano sempre che eravamo mano nella mano già quando ci eravamo reincarnati in Demoni. Avevamo gli stessi occhi rossi della stirpe demoniaca e ci capivamo sempre al volo. Eppure da quando lui aveva cominciato ad isolarmi dal resto del nostro mondo (o, almeno, quando io avevo iniziato a capirlo), il mio comportamento nei suoi confronti era profondamente cambiato: iniziai a dirgli bugie, a non uscire più molto spesso con lui... Qualcosa si era rotto tra di noi, e lui se n'era accorto benissimo. Ma ormai era consuetudine continuare a fingerci grandi amici.

- Cosa ti hanno fatto gli umani per farsi detestare così tanto da te?-, dissi senza pensare. Fu una domanda stupida ed errata. I suoi occhi mi guardarono adirati, ma notavo benissimo la sua insicurezza mentre si mordeva le labbra.

Fece un sospiro. - Nulla...-. Evidentemente non ero l'unica a mentire.

Delle ondate di luce iniziarono a passare sopra le nostre teste, in numero sempre progressivo, fino a che ne persi il conto. Era la parte della notte che preferivo, quella. Miliardi di anime si preparavano per riprendere vita e ricominciare il loro corso. Alcune fecero tappa da noi, nel Naraka, altre caddero sulla Terra. Solo tre anime scavalcarono il grande pianeta e divennero parte della luce stessa. Era il processo della chiusura della "Via del Risveglio". Me lo aveva spiegato Amapola, anni prima: i Deva erano coloro che, nella loro vita, si erano comportate in modo giusto e leale. A loro spettava il Nirvana. Nella scala gerarchica, regredendo, vi sono poi i Titani, gli animali, gli umani, noi Demoni e, infine, i Preta, ovvero chi si è fatto sopraffare da avarizia e ingordigia. Chissà cosa ero potuta essere prima di Demone. Me lo chiedevo continuamente, ma era un pensiero che avevo ormai archiviato in una zona lontana dal cuore. Amapola si voltò verso di me e prese in mano i miei capelli argentati, strusciandoli tra i suoi polpastrelli. Io lo guardai e gli sorrisi. I pochi momenti di sintonia... Non volevo sprecarne nemmeno uno.

Dopo esserci salutati, osservai per un po' l'ombra di Amapola. Quando scomparve del tutto, cominciai a pensare sul da farsi. Spesso giochiamo a dadi con la nostra vita. Così, mi decisi ad andare al pozzo. Mentre camminavo continuavo a pensare a quanto fosse grama la mia vita. Piena di bugie, illusioni. Avrei voluto essere da tutt'altra parte. Mi coprii la testa con le mani, come se servisse a scacciare ogni brutta sensazione e ogni malessere. Finalmente arrivai a destinazione: era un luogo come un altro, ma con una particolarità: affacciava esattamente sulla Terra, mostrando ogni minimo particolare degli umani. Fungeva da telescopio, in poche parole. Amapola mi aveva sempre vietato di andarci. In effetti era abbastanza protettivo nei miei confronti. Sbuffai cercando di levarmi dalla testa quel pensiero "fastidioso" e mi concentrai sul pozzo. Che strani: gli umani non fanno altro che giocare calciando una palla, lavare le cose che hanno addosso, parlare con quegli strani aggeggi. Non li capivo, e forse era proprio per questo che ero incuriosita da loro. Proprio mentre giravo il mondo, accadde una cosa strana. Il mio sguardo si soffermò su una tela rossa in fiamme. Stava fluttuando, dolcemente. Poi la vidi sgretolarsi in mille pezzi, diventare cenere e cadere nel buio, non facendosi più vedere. Osservai meglio, poi cercai di capire di chi era quella strana opera. L'unico nelle vicinanze era un ragazzo, di spalle al mio "telescopio". Qualcosa mi si bloccò dentro. Il cuore, forse. Mi sporsi di più, come se aiutasse a vedere meglio.

Successe in brevissimo tempo. Si voltò, come se avesse udito il mio respiro. Guardò dritto verso di me.

- Ma che diamin...-

La mano destra, su cui reggeva il mio intero peso, scivolò e mi fece sporgere in avanti, troppo. Persi l'equilibrio e caddi.

Milioni di luci colorate mi trapassarono il corpo, che divenne ghiaccio, poi fuoco. I pezzi del mio corpo si sgretolarono e si sparsero, la mia vista si oscurò per un breve periodo. Una luce oscura incombè su di me e mi trapanò nel cervello. Le mie emozioni si annullarono e con l'unico senso che mi era rimasto, l'udito, sentii il mio corpo schiantarsi a terra. Lentamente, il resto dei sensi tornò a riattivarsi, come l'innesco lento di una macchina. Cominciai a sentire l'odore dell'asfalto, il gusto, nella mia bocca, del sangue che mi era uscito dalle gengive.

La morte è solo un inizio.

Cosa vuol dire? Sinceramente non lo sapevo. Lo udii e basta, uscì dalla mia testa spontaneamente. Quando cercai di guardare oltre le mie palpebre, non vidi altro che oscurità.

Dove sono?

Annaspai, tirando su le mani e andando a tentoni. Avevo le braccia pesanti. Non c'era nulla di rassicurante da stringere a me, nessuna certezza.

Sono stesa per terra?

No. Sì. Non distinguevo più la forma del mio corpo, nè la sua posizione. Tossii.

- Ehi, allora sei viva! Respiri?-

Quella che udii non era la cupa voce di Amapola. Era una voce dolce, calda, tranquillizzante. Finalmente la mia mano riuscì a toccare qualcosa di solido, che emanava un tiepido calore. I miei occhi cominciarono a vedere dietro i fosfeni. Vidi solo delle labbra carnose. Mi parlavano.

- Non credo tu stia bene. Da dove diamine sei caduta? Cosa pensavi di fare, ucciderti? Non sei nemmeno nelle condizioni di tornare a casa, se ne hai una.-

Non riuscii a resistere. Mi addormentai, dolcemente, aggrappata ad un paio di forti braccia.

   
 
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