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Autore: HurricaneOfHope    01/09/2015    2 recensioni
Storia scritta ad un'amica ripartita per il suo Paese.
E' quasi Natale.
Genere: Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Secondo un'antica leggenda in ogni casa abita una piccola creatura di fattezze umane, alta all'incirca quanto un indice. Si dice che quando qualcuno va ad abitare in una nuova casa, uno di quei piccoli individui scelga e adotti quella persona come compagno per tutta la vita. Nessuno sa dove queste creature vivano prima di scegliere una dimora e stabilircisi, com'è vero che nessuno ne abbia mai davvero visto una e molti la reputino solamente una vecchia storia per bambini. Ebbene, molti si sbagliano.
Era la vigilia di Natale in una piccola città appena fuori Londra, la neve cadeva lentamente senza far rumore e rendeva tutto ovattato e piacevole alla vista. I cespugli senza foglie sembravano degli strani dolci ricoperti da una glassa bianca, mentre i tetti delle case erano come degli enormi e soffici materassi.
La strada principale era occupata solo dai ritardatari che si affrettavano a fare le ultime spese prima di Natale, e il poco traffico dava modo di godersi la città in versione natalizia. Iniziava a fare buio, e una moltitudine di piccole luci colorate prendeva il posto della grigia luce che aveva riempito il cielo; le vetrine dei negozi e le finestre delle abitazioni emanavano una calda luce accogliente.
Al secondo piano di un vecchio palazzo dai mattoni rossi, a due minuti di cammino dalla strada principale, una luce si era appena accesa nel salotto dell'appartamento numero 203.
- La legna, Thomas, la legna! - disse una signora dai capelli ben fatti - Lo sai che stanno per arrivare gli zii. Dammi una mano, per favore, devo ancora finire di preparare il budino. -
Si stava rivolgendo ad un bambino di otto anni, che si affrettò subito a prendere due grossi pezzi di legna per il camino dal mucchio ordinato vicino alla porta d'ingresso. Arrivato nuovamente in salotto si diresse verso il camino, cercando di tenere la presa salda sui tocchi di legno, troppo grandi per le sue mani minute. Andò vicino ad un uomo con la camicia a righe, capelli brizzolati, che stava accartocciando della carta di giornale accucciato accanto al camino.
- No Thomas, dobbiamo accenderlo il camino, non possiamo usare quelli grossi. Va' a prendere i rametti più piccoli - disse John Smith, il papà di Thomas, scompigliando i capelli biondo scuro del figlio. Sbuffando il bambino appoggiò i due pezzi di legno che aveva portato e andò di nuovo nell'ingresso, a fare ciò che gli era stato detto.
Era difficile trovare una casa più natalizia dell'appartamento 203, a due minuti di cammino dalla strada principale. Nell'accogliente salotto, sopra un morbido tappeto, troneggiava un grande abete, carico di palline dai più svariati colori, spessi festoni abbracciavano l'albero riflettendo le luci di lampadine grandi quanto la punta di un mignolo, che si accendevano e spegnevano in continuazione creando varie ombre colorate sulle pareti. Accanto ai normali soprammobili tanto cari a Mary Smith, la mamma di Thomas, su tutte le mensole, credenze e ogni spazio su cui poteva essere appoggiato qualcosa, vi erano statuette di ceramica raffiguranti Babbo Natale, pupazzi di neve, elfi e pacchi regalo, piccole candele rosse profumate e ancora luci e festoni. L'agrifoglio con le sue bacche vermiglie aveva ormai invaso tutta la casa, e le sue spine continuavano a pungere le dita di tutti. John aveva più volte suggerito di toglierlo ma la signora Smith non avrebbe tollerato un Natale senza agrifoglio, così una scatola di cerotti aveva definitivamente preso posto in cucina.
All'improvviso, dalla cucina, una forma non ben definita di pelo grigio schizzò attraverso il salotto, subito seguita da una bambina con le mani tese, che cercava di acchiappare l'animale sulle sue gambe malferme. Il felino si piazzò sopra lo schienale della poltrona, così da non poter essere raggiunto dalla piccola, che dopo un paio di tentativi gli voltò la schiena e imbronciata se ne andò a sedere su una piccola sedia di legno. Il nome dell'animale era semplicemente Gatto: ogni componente della famiglia voleva dargli un nome diverso e nessuno era voluto scendere a compromessi. Con i grandi occhi gialli teneva d'occhio tutta la casa, leccandosi i baffi e agitando lentamente la coda.
Lily, la bambina, era la quarta ed ultima inquilina dell'appartamento, cinque anni appena compiuti e un grazioso fiocco rosa ben messo in testa per fare bella figura con i parenti che di lì a poco sarebbero arrivati. Si stava lisciando il vestitino a pois comprato appositamente per l'occasione, ne andava molto fiera e non permetteva a nessuno di toccarlo.

Il caminetto aveva finalmente iniziato a scoppiettare quando il campanello suonò, e i vari zii e cugini e nonni si riversarono nel confortevole ambiente che era l'appartamento 203, quello a due minuti a piedi dalla strada principale.
L'atmosfera festiva era quasi palpabile e un sorriso era stampato su tutti i volti dei presenti. I cappotti erano tutti disordinatamente appesi sull'attaccapanni sovraccarico, le posate argentee scintillavano attorno ai piatti pieni di cibo succulento, una radio faceva da sottofondo alle chiacchiere dei presenti.
Vedendo tutti mangiare, Gatto scese dal suo trono e si diresse verso la sua ciotola in cucina a consumare il suo banale pasto a base di cibo in scatola. Mangiò in fretta per poi andare di nuovo in salotto, passare sotto il tavolo attraverso la foresta di gambe e scarpe, e acciambellarsi come prima sullo schienale, il suo posto preferito. Non che avesse nulla di speciale quella poltrona, non era né particolarmente comoda né bella, ma proprio lì, un poco più a sinistra di uno dei piedi della poltrona, quasi nascosto dai rami dell'abete, c'era un piccolo e stretto buco ricavato nella parete. Ora, gli Smith non si erano mai curati di farlo sistemare e avevano risolto la cosa mettendoci davanti un vaso, attualmente nell'ingresso per far posto all'albero di Natale.
Ma se foste stati un po' curiosi e vi foste accucciati così da poter sbirciare dentro il buco, vi sareste accorti di una cosa sorprendente: quello che sembrava un “buco” era, in realtà, l'ingresso della dimora di una delle piccole creature di cui racconta la leggenda.
L'interno era arredato principalmente con i mobili di plastica della casa delle bambole di Lily, la cui scomparsa era stata attribuita a Gatto, poi c'era qualche foglia ingiallita qua e là, un po' di paglia che serviva da giaciglio per il piccolo essere.
Ed eccola là, a mangiare il suo povero pasto che consisteva solo di alcune briciole di un dolce che la signora Smith si era mangiata di nascosto il giorno prima. Era una figura snella, i capelli biondi ondulati, che richiamavano alla mente una distesa di spighe di grano accarezzata dal vento. Aveva gli occhi chiari, molto grandi se si considera la sua piccola testa, e le guance sempre arrossate. Il suo nome era Frances, ed era solita portare in testa un sottile cerchio di un metallo chiaro, quasi bianco, che una volta doveva essere stato un anello.
Il suo aspetto dolce e gentile poteva farla sembrare calma, ma il suo animo era intrepido e non riusciva mai a stare un attimo ferma, sempre in cerca di qualcosa per tenersi occupata.
L'unico che sembrava essersi accorto della sua presenza era Gatto. I due non andavano per niente d'accordo, sempre in lotta per le briciole e il cibo avanzato. Lei era piccola, ma riusciva comunque a tenere testa a Gatto qualche volta, grazie alla sua agilità.
Finite le briciole Frances non si sentì per niente sazia, e la sua pancia continuava a brontolare, così si mise ad osservare dal suo buco. Tutti erano intenti a parlare e mangiare, nessuno avrebbe fatto caso a lei se fosse uscita, così decise di fare un viaggio fino alla cucina per vedere se riusciva a trovare qualcosa.
Gatto aveva gli occhi chiusi e non si muoveva lassù sullo schienale: era il momento perfetto per uscire. Si mise a correre attraverso il tappeto vicino alle gambe delle sedie, per poi fiondarsi velocemente in cucina e nascondersi dietro la parete con il fiatone. Ce l'aveva fatta,  dopotutto non era stato per niente difficile. Si arrampicò sulla sedia per arrivare sul tavolo, ed ecco quello che cercava: nell'ombra del cesto di frutta in mezzo al tavolo c'erano gli avanzi dei dolci della merenda dei bambini, non avrebbe potuto sperare di meglio.
Era intenta a leccarsi la punta delle dita dopo aver riempito al massimo la sua piccola bisaccia, quando vide un'ombra dietro di sé. Gatto. Subito l'animale si avventò contro di lei mostrando i denti e Frances riuscì a nascondersi dietro al cesto della frutta, ma il suo nascondiglio venne presto scaraventato via da Gatto con una sola zampata. Mele, mandarini e arance stavano rotolando dappertutto e lei sfruttò la confusione per scendere dal tavolo, saltare sulla sedia e infine per terra. Stava quasi per uscire dalla porta, quando la strada le venne sbarrata da una grossa scarpa marrone con un tacco forse troppo alto. Era la signora Smith, attirata dal rumore che Gatto aveva provocato rovesciando il cesto della frutta. Frances aveva il cuore a mille, non si era mai trovata così tanto vicino ad un essere umano prima d'ora, ma per fortuna la signora era troppo concentrata a sgridare il gatto per accorgersi di lei. Dopo essersi ripresa dallo spavento riprese la sua corsa attraverso il salotto, senza doversi preoccupare di Gatto che era in cucina, con le orecchie grigie abbassate, a farsi sgridare.
Frances attraversò la soglia del buco con un balzo, felice di essersi procurata così tante cose buone da mangiare proprio la vigilia di Natale. Finalmente anche lei poteva festeggiare.

Andò davanti al suo specchio, ricavato da una semplice pezzo di vetro rotto, per sistemarsi dopo la corsa e la lotta contro Gatto. Avrebbe dovuto farla pagare prima o poi a quello stupido animale... Il filo dei suoi pensieri si interruppe bruscamente, di colpo concentrata sulla sua immagine riflessa. L'anello che portava in testa era sparito. Si mise le mani nei capelli e andò a sedersi sul duro divanetto di plastica rosa. Quell'anello era la cosa più preziosa che avesse e non poteva assolutamente permettersi di perderlo. Doveva esserle caduto in cucina, magari era rotolato per terra insieme a tutta quella frutta... e se qualcuno lo avesse trovato? Non sarebbe mai riuscita a riprenderselo!
Dopo dieci minuti buoni di disperazione si asciugò le lacrime e decise il da farsi. Per capire se qualcuno avrebbe trovato l'anello sarebbe dovuta stare sulla soglia di casa sua, a tenere d'occhio i movimenti in cucina, cosa non facile perché da dove si trovava riusciva a vedere solo metà della stanza, il resto coperto dalla parete. Così prese una sedia dal tavolo, la accostò all'apertura e si mise pazientemente ad aspettare, l'unico momento in cui sarebbe potuta uscire di nuovo sarebbe stato dopo che tutti fossero andati a dormire.

La serata stava volgendo al termine per gli ospiti dell'appartamento 203, a due minuti di cammino dalla strada principale. Erano ormai tutti in piedi, stufi di stare seduti dopo quell'abbondante mangiata. In molti facevano i complimenti ai signori Smith per come avevano sistemato la casa. Gli adulti continuavano a sbadigliare, chi con la mano davanti alla bocca chi no, mentre Lily, Thomas e i loro cugini non riuscivano a stare fermi per l'eccitazione, infatti di lì a poche ore sarebbe arrivato Babbo Natale a portare i tanto desiderati regali.
Dopo infinite sequenze di baci e saluti, alla fine l'appartamento si svuotò. Fuori era ormai buio da un pezzo e le uniche luci rimase ad illuminare il salotto erano il caminetto morente, la luce che veniva dalla cucina e l'albero. I bambini erano stati appena messi a letto, e anche i signori Smith si preparavano ad andare a dormire.
Frances aveva iniziato a mangiare quel dolce squisito che le era costato la perdita dell'anellino, quando finalmente la luce in cucina si spense. Dell'anello, però, ancora nessuna traccia. Non poteva ancora rischiare di andare in perlustrazione, però, perché il signor Smith di solito si alzava ancora una volta per bere dell'acqua, prima di addormentarsi profondamente. Così decise che per il momento si sarebbe limitata ad arrampicarsi sull'abete, per vedere se riusciva ad individuare l'oggetto a lei tanto caro.
Iniziò a scalare i rami più bassi, quasi privi di decorazioni; man mano che saliva si aggrappava a festoni e ai fili elettrici delle lampadine. Si fermò quasi a metà del tronco per riprendere fiato. Guardandosi intorno si accorse che l'atmosfera “dentro” all'albero era qualcosa di magico. Una lampadina in basso alla sua destra illuminava ad intermittenza lo spazio tutto intorno a lei di una calda luce gialla che si rifletteva su un festone argentato a sinistra, le palline, grandi e piccole, che penzolavano sopra e di fianco a lei riflettevano la luce di tante altre lampadine colorate, creando degli effetti bellissimi. Si sedette su della morbida neve finta per ammirare meglio lo spettacolo che la circondava. Il profumo dell'abete le riempiva il naso mentre faceva scorrere la mano sulla ruvida corteccia del ramo su cui stava appollaiata, quando alzava la testa, tra i rami riusciva a vedere le lampadine colorate più in alto, che erano come tante piccole stelle.
Dopo essersi goduta le meraviglie dell'albero di natale riprese ad arrampicarsi, finché arrivo  sulla punta. Sfortunatamente, però, non riusciva a vedere l'anello da nessuna parte. In compenso, come aveva previsto, John andò in cucina a versarsi un bicchiere d'acqua, prima di dirigersi di nuovo in camera da letto. Era ora di andare a cercare l'anello.
Discese tutto il tronco fino a toccare terra, e qui un pensiero le attraversò la mente. Non aveva visto Gatto da lassù, il che era strano visto che stava sempre sulla sua poltrona. Poteva essere dappertutto. Comunque, non poteva rimandare oltre la missione, così, sperando che fosse appisolato da qualche parte, iniziò la ricerca.
Andò subito in cucina, la frutta era di nuovo al suo posto. Setacciò il pavimento senza trovare altro che polvere e una o due carte di merendine. Si arrampicò quindi sul tavolo, non senza un certo sforzo, e si tuffò nel cesto al centro del tavolo per vedere se era stato messo lì per sbaglio quando la frutta era stata raccolta, spostò a fatica le mele e le arance, ma anche qui non trovò nulla. Iniziò così a girare per tutte le stanze dell'appartamento numero 203, e dopo un paio d'ore di ricerca l'anello non era ancora saltato fuori.
Aveva lasciato il salotto come ultima stanza, e non avrebbe perso tempo a cercare lì se fin'ora non avesse trovato l'anello, perché era stata a guardare attraverso il buco per tutta la sera ed era quindi sicura che nessuno ce lo avesse portato. Guardò tra le frange del tappeto, sotto l'albero e perfino dentro al camino, ma il suo anello non era da nessuna parte.
Le rimase come ultimo posto da controllare la casa delle bambole di Lily, se l'anello non era lì almeno poteva prendere qualcos'altro da portare nella sua casa. La casetta rosa si trovava di fianco al camino. Frances entrò e iniziò a guardare in tutte le piccole stanze finché, finalmente, trovò il suo prezioso oggetto di metallo nella camera da letto. Era appoggiato sulla testa della padrona di casa, rigidamente seduta su di una sedia troppo piccola e non poté fare a meno di pensare che l'anello stesse molto meglio a lei. Frances si avvicinò e cercò di sfilarlo da quella testa di plastica, ma era incastrato. Così tirò sempre più forte finché riuscì a sfilarlo, però ci aveva messo troppa forza e venne scaraventata al piano di sotto, scontrandosi con tutti i mobili e facendo un gran rumore. Stette lì un paio di minuti per riprendersi dalla botta, poi si diresse alla porta d'ingresso e uscì. Non aveva neanche mosso un passo che già se la trovava di fronte. Una figura grigia accucciata, occhi chiari. Gatto, fu il suo primo pensiero. La stanza era immersa quasi completamente nell'ombra, ma quella sagoma non poteva essere il gatto, era troppo grande. Le luci dell'albero ripresero a scintillare dopo la pausa d'intermittenza e riuscì a distinguere la figura. Non era Gatto, ma Lily, con i suoi occhioni marrone chiaro e il pigiama grigio.
Si fissarono per qualche secondo, immobili. Frances non aveva la minima idea di quello che poteva fare. Non avrebbe mai dovuto essere vista da un essere umano. Era nei guai. E chissà adesso che cosa avrebbe fatto la bambina, poteva prenderla in mano e stringerla così forte da farle male o correre dai suoi genitori, e la sua vita all'appartamento numero 203 sarebbe finita.
Ma Lily non fece nulla di tutto ciò. Allungò una mano e indicò l'anello, poi puntò lo stesso dito verso sé stessa, e infine sorrise. Stava cercando di dirle che l'anello era stato suo, ma non sembrava rivolerlo indietro, così Frances si azzardò a metterlo in testa e il sorriso sulla bocca di Lily si allargò. Un muto legame si era appena creato tra le due più piccole inquiline della casa.
Frances si avviò verso casa sua facendo cenno alla bambina di seguirla, lei entrò mentre Lily si accucciò sbirciando dentro con un solo occhio, e rimase totalmente affascinata da quella casa in miniatura di cui non aveva mai neanche sospettato l'esistenza, senza curarsi dei mobili giocattolo che le erano stati rubati. Frances indicò le briciole sul tavolo, che Lily riconobbe come gli avanzi della sua merenda.

Da quella notte Frances e Lily divennero amiche, e soprattutto complici, Lily raccoglieva le briciole per Frances e le teneva lontano Gatto, lei, in cambio, metteva a posto la casa delle bambole quando Lily finiva di giocarci.
Finalmente qualcuno poteva smentire tutti quelli che dicevano che la leggenda delle piccole creature fosse falsa, e quel qualcuno era la più piccola inquilina dell'appartamento 203, nel vecchio palazzo dai mattoni rossi, a due minuti di cammino dalla strada principale.

 

  
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