Serie TV > Hannibal
Ricorda la storia  |      
Autore: Curiosity    01/09/2015    9 recensioni
“E qual è la realtà?”
“Che non hai mai avuto scampo. Dal momento in cui ci siamo conosciuti il tuo destino è stato segnato. E così il mio.”

.
Post finale 3a stagione. Confessioni, compromessi e qualche barriera fisica da superare.
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Hannibal Lecter, Will Graham
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'Flight For Things Earthbound'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Disclaimer: No, i personaggi non mi appartengono, se lo facessero Will e Hanni si sarebbero infilati la lingua in bocca molto tempo fa. La storia è mia, tranne qualche citazione diretta dalla serie/film/libri e le parti in inglese che derivano da questo post di tumblr. Per l'ultima parte potete incolpare Bryan Fuller e l'intervista in cui afferma che Hannibal è pansessuale, Will è etero ma sono talmente intrecciati l'uno con l'altro che "who knows with a six pack of beer what would happen".

Non scrivo una ff da quacosa come dieci anni. Vediamo come va.

 

Inescapable

di Curiosity

First.

(he touches you and you light on fire. your wrist blazes where his fingers meet your skin. the burns don’t show, but it’s hard to breathe with ash in your lungs. it’s so hard to breathe. you’re suffocating daily.)

*

Ciò che più ricordava della caduta era l’assoluta oscurità che l’aveva inghiottito mentre le braccia di Hannibal si stringevano intorno a lui. L’impatto impietoso con l’acqua gli aveva mozzato il fiato, e per un attimo era sicuro di aver perso conoscenza. A risvegliarlo fu il bruciore del sale sulle ferite, e l’improvvisa difficoltà a respirare data dal non riuscire a stare a galla.

L’acqua intorno a lui era gelida, come mille aghi che gli perforavano la pelle. Le sue dita persero sensibilità e scivolarono, e un’onda lo strappò alla presa di Hannibal, sbattendolo con uno schiocco fragoroso contro uno scoglio. Di nuovo l’aria gli sfuggì dai polmoni, e un rantolo strozzato gli scappò dalla gola mentre con mani impacciate cercava di trovare un appiglio sulla roccia scivolosa. Più volte i marosi lo sbatterono contro la scogliera, stordendolo, ed infine Will smise di lottare.

Era stato lui, in fondo, a decidere la loro sorte. Nel momento in cui aveva spinto entrambi nel vuoto aveva accettato l’eventualità di non sopravvivere. “Non puoi vivere con lui, non puoi vivere senza di lui”. Morire insieme sarebbe stato accettabile, in fondo. Era meglio così. Il mondo avrebbe tirato un sospiro di sollievo alla morte di Hannibal Lecter, e ben poche persone avrebbero pianto quella di Will Graham. Avrebbe solo voluto non aver perso la presa.

Chiuse gli occhi, lasciando che i flutti lo inghiottissero, ma mentre il gelido abbraccio dell’Atlantico lo trascinava verso il fondo un paio di braccia lo strapparono agli abissi, e la sua mente riemerse dall’oblio quando sentì nuovamente il vento sul viso.

“Will”, disse la voce familiare di Hannibal al suo orecchio, appena spezzata dal fiato corto, sovrastando il ruggito del mare. Il suo petto traditore si strinse per il sollievo. Cercò di aprire gli occhi, ma non era sicuro di ricordarsi come fare. Era stanco e si sentiva la testa leggera. Voleva solo lasciarsi andare e dormire.

Una mano sulla guancia gli sollevò il viso, bollente a contatto col gelo che lo aveva avvolto. L’attenzione con cui ancora lo toccava faceva più male di qualsiasi ferita. Morire sarebbe stato molto più facile che accettare quella gentilezza disarmante anche dopo che aveva quasi ucciso entrambi. Hannibal sembrò leggergli nel pensiero.

“Non oggi, Will. Non ancora. Guardami”.

Con estremo sforzo Will riuscì ad aprire gli occhi, ma anche così il buio era quasi totale. Il chiarore lunare disegnava appena la sagoma di Hannibal nell’oscurità, e per un attimo a Will sembrò di intravedere un palco di corna incoronargli la testa. Fu solo un attimo, però, e un momento dopo c’erano solo gli occhi di Hannibal che brillavano nell’oscurità.

“Resta con me, Will”, gli disse, come aveva fatto tre anni prima nel disinfettargli le ferite alle nocche. A ripensarci, sembravano essere passate vite intere. L’immagine della sala da pranzo di Baltimora danzò per un attimo di fronte ai suoi occhi, portando con sé una punta di nostalgia, e poi lentamente la coscienza lo abbandonò. Non si accorse del rombo di una barca che lentamente si avvicinava.

*

Second.

(your ears are tuned to his voice. you could pick him out in a sea of thousands. his voice makes pretty singers who sing pretty songs sound dull. his voice makes everything else sound ugly.)

*

Quando riaprì gli occhi si trovò a fissare le travi del soffitto di quella che si rese conto doveva essere una barca. Il ronzio del motore era appena udibile da dove si trovava supino sul letto della stretta cabina, e lo scrosciare delle onde gli comunicò che erano in movimento. Will si accigliò, cercando di mettersi seduto, ma una fitta di dolore alla spalla lo inchiodò lì dov’era.

“Eviterei di muovermi troppo, se fossi in te. Ho appena finito di metterti i punti e odierei doverlo rifare con te da sveglio. Non abbiamo morfina a disposizione.”

Will sollevò lo sguardo e trovò Hannibal sulla porta della cabina, vestito con nient’altro che i suoi boxer e con una coperta in mano. Will si accorse che anche i suoi vestiti erano scomparsi, biancheria a parte, e delle bende coprivano le sue ferite.

“Cosa è successo?”, chiese con voce roca, sentendo i punti freschi tirare sulla guancia.

“Chiyoh ci ha trovati. La barca è sua. A quanto pare non ha mai smesso di vegliare su di me.”

Hannibal si avvicinò, spiegando la coperta e agitandola per liberarla dalla polvere. Un vago odore di muffa riempì l’aria, come di qualcosa che era stato troppo a lungo chiuso in un armadio.

“Perdona il deshabillé, non avendo altri vestiti a disposizione ho messo ad asciugare quelli che indossavamo prima”, disse sistemando la coperta ai piedi del letto e sedendosi sul bordo, un fianco che sfiorava appena quello di Will. I loro occhi si incontrarono, e per un attimo Hannibal lo osservò in silenzio.

“Devo chiedertelo, Will. Perché ci hai spinti giù dalla scogliera?”

La sua voce era libera da qualsiasi particolare inflessione, eppure lo riempì di calma. Anche privato dei suoi abiti su misura Hannibal era riuscito a recuperare una compostezza che Will poteva solo invidiare. Per un attimo confrontò questa versione dell’uomo con quella che aveva visto quando lo aveva abbracciato sul bordo dell’abisso, aperta e vulnerabile, ammorbidita dal sollievo. Un sollievo così profondo che era quasi una resa, come un pellegrino giunto alla fine del suo viaggio che si abbandona in ginocchio al volere del proprio dio una volta che tutte le sue preghiere sono state pronunciate.

“Era l’unica soluzione possibile. L’FBI ti avrebbe ucciso comunque, e io non volevo che accadesse. Preferivo che morissi per mano mia, insieme a me. Non ho mai avuto intenzione di sopravviverti. Ho lasciato che fosse il fato a decidere la nostra sorte.”

Hannibal inclinò la testa da un lato, in quel modo felino che aveva di farlo.

“Sempre con un piede da entrambi i lati della soglia, non è così? Anche quattro anni fa non sei riuscito a prendere una decisione. Hai teso la tua trappola affinché vi cadessi ma all’ultimo momento mi hai telefonato perché mi salvassi.”

“Questa volta era diverso. Stavolta sapevo di non poter sfuggire a ciò che sono. A te. Sei inevitabile. Io e te siamo inevitabili.”

Sì.

Poco più di un’esalazione, che però portava con sé tutta l’inesorabilità della certezza. Will si accorse che Hannibal aveva un’aria stanca.

“Le tua ferite?”, si ritrovò a chiedere, abbassando lo sguardo sulla benda che copriva parte dell’addome dell’altro.

“Nulla di eccessivamente grave una volta ricucite. Il proiettile è entrato e uscito senza danneggiare in maniera permanente nessun organo interno. E Chiyoh è bravissima a suturare ferite.”

Will si rilassò marginalmente, sollevando lo sguardo verso dove supponeva fosse la cabina di comando, e quasi gli parve di poterla vedere attraverso le pareti, ritta e solenne al timone.

“Dove ci sta portando?”

“In un luogo sicuro. L’FBI penserà che la caduta ci abbia ucciso, e questo dovrebbe darci un minimo di vantaggio dato che nessuno dovrebbe inseguirci. Al resto penseremo dopo aver riposato. Dovremo condividere il letto dato che a parte la branda di Chiyoh è l’unico della barca, se non ti dispiace”.

Will non rispose, ma con cautela scivolò verso la parete dello scafo liberando parte del letto, e lasciò che Hannibal si stendesse al suo fianco e coprisse entrambi con la coperta che aveva portato. La stranezza dell’essere in un letto accanto a Hannibal era data dalla sensazione che non fosse affatto strano. L’intimità tra loro, tra le loro menti, aveva già sorpassato confini ben più importanti di quelli fisici.

Nonostante la stanchezza e tutto quello che avevano passato Will poteva avvertire l’aria di serena calma che Hannibal emanava.

“Sei felice”, mormorò Will con una punta di incredulità. Non era una domanda.

Hannibal si voltò verso di lui, e piccole rughe si formarono intorno ai suoi occhi in quel modo tutto suo che aveva di sorridere senza minimamente muovere le labbra.

“Sì.”

“Hannibal, ho appena buttato entrambi giù da una scogliera.”

“Lo so.”

“Eppure sei felice.”

“Sì.”

Gli occhi di Will corsero sul suo viso, cercando la risposta.

“Sei felice perché mi sono buttato con te.”

Hannibal si girò con attenzione su un fianco, così che fossero faccia a faccia.

“Avresti potuto spingermi giù e far sembrare che fosse stato Dolarhyde. Avresti potuto tornare alla famiglia che ti sei scelto e liberarti per sempre di me. Invece non l’hai fatto. Per quanto poco apprezzi il rischio che hai fatto correre a entrambi, alla fine hai scelto me.”

Will abbassò automaticamente lo sguardo verso la sua mano sinistra, e si accorse che la sua fede era sparita, lasciando dietro di sé solo un vago segno più chiaro dove il sole per tre anni non era riuscito ad arrivare. Si chiese se l’avesse persa in mare o se fosse stato Hannibal a togliergliela mentre era privo di sensi. Decise che la risposta non gli importava.

“E’ strano. Anche nei momenti più felici con Molly ho sempre avuto l’impressione che quella felicità non mi appartenesse, come se fossero attimi rubati alla vita di qualcun altro.”

“In questi tre anni ti sei costruito intorno il mondo in cui avresti voluto vivere, perfetto e artificiale, e nonostante la tua mente cercasse di avvisarti che era tutta una finzione tu hai continuato ad ignorare la realtà.”

“E qual è la realtà?”

“Che non hai mai avuto scampo. Dal momento in cui ci siamo conosciuti il tuo destino è stato segnato. E così il mio.”

Will tacque, ascoltando il rumore attutito delle onde. Pensò a quanto in fondo avesse sempre saputo che se non fosse riuscito ad uccidere Hannibal avrebbe finito per diventare come lui. Pensò al fatto che alla sposa di Frankenstein non era mai stata data alcuna scelta.

“La Dottoressa Du Maurier pensa che tu sia innamorato di me”, si ritrovò a dire quasi sovrappensiero.

L’espressione di Hannibal non cambiò di una virgola, si fece solo marginalmente più divertita.

“Bedelia è una donna estremamente brillante.”

“E lo sei?”

Non sapeva perché l’aveva chiesto. Conosceva già la risposta, ma c’era una parte di lui – un’ignobile creatura egoista piantata nel suo petto, quella che aveva deciso che la morte di Hannibal era un privilegio che spettava solo a lui, la stessa che non aveva pensato a Molly e al dolore che le avrebbe provocato quando aveva spinto entrambi nel vuoto – che voleva sentirglielo dire. Voleva sentirgli ammettere quanto potere Will avesse su di lui.

Hannibal rispose senza battere ciglio.

“Ritengo che ciò che ci unisce sia un concetto ben più articolato di quanto qualunque parola sia in grado singolarmente di racchiudere. Ci sono anche quelli che ti direbbero che uno psicopatico non è in grado di provare sentimenti.”

“Stronzate. Tu non sei uno psicopatico. Non esiste parola in ambito psichiatrico per descrivere quello che sei”, lo interruppe Will.

Hannibal inclinò la testa in assenso, ma era chiaro che non avesse finito.

“…Tuttavia, se mai fossi in grado di provare amore, è quello che proverei per te.”

La creatura nel petto di Will emise fusa di compiacimento.

“E questo come ti fa sentire?”, chiese imitando il tono curiosamente impersonale che Hannibal aveva usato durante le loro sedute.

Hannibal sorrise appena, abbassando gli occhi in un punto all’altezza delle labbra di Will. Will avvertì un vago calore farsi strada sul suo viso.

“Scomodamente vulnerabile.”

“Bene.”

Il sorriso di Hannibal si fece più ampio, rivelando lunghi denti affilati. Will si chiese se fosse per quello che l’uomo sorrideva sempre a labbra chiuse. Nessun rischio di spaventare le prede se non si rivelano le fauci. Oh, che denti grandi che hai, si ritrovò a pensare.

“La crudeltà ti si addice, Will.”

Will sistemò meglio la testa sul cuscino, respirando profondamente. Sentiva la stanchezza farsi nuovamente strada nelle sue membra e le sue ferite pulsare ritmicamente, come un promemoria che gli impediva di dimenticare ciò che avevano fatto. Avevano ucciso insieme. Avevano tolto una vita e versato del sangue, danzando in sincrono intorno alla loro preda come se non avessero fatto altro per tutta la vita. L’ira dell’Agnello e la Bestia divoratrice. Si chiese se a cullarlo verso il sonno fosse il rollio della barca o la presenza di Hannibal al suo fianco.

“Farai meglio ad abituarti”, mormorò sentendo le palpebre farsi pesanti.

“Non mi stavo lamentando.”

Will chiuse gli occhi, deciso comunque a non addormentarsi.

“Che ne sarà di noi, ora?”

La mano di Hannibal si posò su un lato del suo viso, ben attenta a evitare la ferita sulla sua guancia, e dita forti si intrecciarono gentili tra i suoi capelli mentre un pollice gli accarezzava l’orecchio. Lo stesso gesto di quella notte lontana, pensò Will, giusto un attimo prima che il coltello ricurvo gli affondasse nello stomaco.

“Una volta mi hai detto che casa tua di notte assomigliava a una barca solitaria in mezzo al mare, e che questo ti faceva sentire al sicuro”, rispose Hannibal. Will non aprì gli occhi, ma sapeva che doveva essersi avvicinato dagli sbuffi d’aria che avvertiva sul viso ad ogni sua parola. La sua voce lo cullava. “Siamo su una barca in mezzo al mare ora, isolati da tutto e tutti, e il mondo non è che un’eco lontana. Ti senti al sicuro adesso?”

“Sì”, rispose senza esitazione. Perché avrebbe dovuto temere i mostri nella sua testa quando il peggiore di essi era sdraiato accanto a lui e gli accarezzava il viso come se Will fosse un tesoro inestimabile?

Non aveva bisogno di aprire gli occhi per sentire l’approvazione nello sguardo di Hannibal.

“Dormi, Will. Il futuro verrà da sé.”

E quella rassicurazione fu sufficiente a calmare la mente di Will, lasciando che lentamente scivolasse nell’incoscienza. Il mare oltre l’oblò era calmo, nero al chiaro di luna quanto il sangue che avevano versato insieme.

*

Third.

(it hurts to watch him. he shines. he’s brighter than the sun, he’s too beautiful for your eyes. it’s hard to look at him. it’s even harder to look away from him. you’re going blind.)

*

I giorni in mare si susseguirono veloci, senza alcun ordine. La prima settimana Will non fece altro che dormire. Quando avevano brevemente attraccato in Florida Chiyoh era scesa a comprare cibo e medicine, e la morfina aveva risparmiato a Will il peggio del dolore delle ferite. Tutto considerato poteva dirsi fortunato. Il coltello di Dolarhyde si era limitato a penetrargli la guancia, ferendo la gengiva e facendogli saltare un dente, ma la lesione non era grave nonostante facesse un male cane. Hannibal aveva magistralmente ricucito i lembi di pelle in maniera tale che la cicatrice non sarebbe stata troppo evidente. In un’altra vita sarebbe potuto rimanere sfigurato.

La spalla era tutta un’altra storia. I legamenti già rovinati dalla pallottola che lo aveva colpito a Firenze – gentile concessione di Chiyoh – difficilmente sarebbero tornati come prima.

“La ferità guarirà, ma per recuperare un completo controllo del braccio destro dovrai sottoporti a della fisioterapia”, disse Hannibal nel cambiargli la fasciatura. Will era supino sul letto, a petto nudo.

“Cosa estremamente facile quando si è in fuga dall’FBI”, commentò Will sarcastico.

Sovrappensiero accarezzò la linea irregolare della cicatrice che aveva sul ventre, e vide lo sguardo di Hannibal seguire il gesto. Improvvisamente fu piuttosto sicuro che in quei giorni l’uomo avesse accuratamente evitato di dirigervi l’attenzione, con la precisione chirurgica di chi cerca di resistere a un impulso insopprimibile. Si chiese se, tutte le volte che lo aveva svestito e rivestito mentre era privo di coscienza anni addietro, Hannibal si fosse mai soffermato ad accarezzare il marchio che gli aveva impresso addosso. Il suo perdono, elargito sulla lama di un coltello.

“Ti piace?”, si ritrovò a chiedere senza volerlo.

“Vuoi davvero conoscere la risposta?”, chiese Hannibal tornando a posare gli occhi su di lui.

Will capiva perché Alana e Bedelia erano cadute così facilmente nella sua rete. Percepire la totalità dell’attenzione di Hannibal addosso era una sensazione che mozzava il fiato. L’intensità con cui lo guardava in quel momento – con cui l’aveva sempre guardato, in realtà – era come un raggio di sole attraverso una lente d’ingrandimento, illuminava e bruciava allo stesso tempo. Will aveva la sensazione che sarebbe scomparso se Hannibal avesse smesso di guardarlo. Che, dopotutto, ciò che lo teneva ancora insieme fossero proprio quegli occhi del colore della terra bagnata di sangue.

Will distolse lo sguardo per primo.

“No.”

*

Fourth.

(the color of his eyes is blue enough to drown in. he is turning you into a clichéd love-wrecked being. you’re drowning, always sinking. down, down, down.)

*

Quando finalmente Will si sentì maggiormente in forze iniziò ad uscire sul ponte della piccola barca a vela. Rivedere Chiyoh fu strano, considerando che l’ultima volta che aveva posato gli occhi su di lei era stato un attimo prima di essere scaraventato giù da un treno, e che poco tempo dopo lei gli aveva piantato una pallottola nella spalla. Errore madornale, quello di abbassare la guardia con lei. Dal canto suo la ragazza non accennò minimamente a scusarsi, e in fondo Will non si era aspettato nulla di diverso.

Chiyoh tornò dalla sua seconda incursione a terra con nuovi viveri e un paio di giornali. L’FBI non li aveva ancora dichiarati morti, decretandoli semplicemente dispersi, ma Will non se ne stupì. Jack era troppo guardingo per smettere subito di cercare.

“Siete come il gatto di Schrödinger”, osservò Chiyoh una sera. “Né vivi né morti.”

Will restò in silenzio. Solo quando la ragazza li lasciò soli aprì finalmente bocca.

“Chiyoh ha ragione. Ho la sensazione di trovarmi in un limbo”, mormorò. “Non sono né di qua né di là. Come se fossi arrivato alle porte dell’Averno ma non avessi con me il denaro per pagare Caronte.”

“Non c’è alcun bisogno di farti traghettare nel mondo dei morti, Will. Siamo vivi.”

“Per ora.”

Al destino di morte non scampa nessuno che nasce.

Will lo guardò con aria interrogativa.

“Omero”, spiegò Hannibal.

Will incrociò le braccia sul tavolo, posandovi il mento.

“Non è la morte che mi preoccupa. È l’incertezza che mi rende irrequieto. Tu non lo sei?”

“Pensavo che lo sarei stato di più. La tua presenza rende tutto più sopportabile.”

Hannibal aveva di nuovo sul viso l’espressione che era in grado di fargli attorcigliare lo stomaco, come se Will fosse l’inizio e la fine di tutte le cose. Era lo stesso sguardo che gli aveva visto rivolgere al dipinto della Primavera a Firenze. Come se non avesse mai visto nulla di più splendido in vita sua.

Will deglutì. Allungò la mano sul tavolo e Hannibal la prese tra le sue, sorridendo appena in un modo che sfiorava l’adorazione. Era così facile farlo felice. Will chiuse gli occhi pur di non vedere quell’espressione, fingendo stanchezza. La sua mano restò lì dov’era.

*

Una notte come un’altra, pochi giorni dopo che Chiyoh li aveva lasciati dopo aver deciso che si erano ripresi abbastanza da non aver più bisogno di lei, Will aprì gli occhi e trovò il letto vuoto accanto a sé. Nonostante ora ci fosse una branda libera a disposizione, a nessuno dei due era venuto in mente di menzionare il fatto che non fosse più necessario dormire insieme. La sua mano scivolò sul lenzuolo, trovandovi ancora del calore. Respirò per qualche attimo il profumo di Hannibal, che ormai associava a una sensazione familiare, quindi si alzò a sua volta, prese una coperta e salì sul ponte.

La brezza dell’Atlantico accarezzava il mare, facendo ondeggiare la barca lì dove avevano gettato l’ancora per la notte, a un centinaio di metri dalla costa. Hannibal fissava il cielo seduto sul bordo dello scafo, perfettamente immobile. Will andò a sedersi accanto a lui, coprendo entrambi con la coperta.

“So cosa stai pensando.”

“Oh?”, chiese Hannibal con voce divertita.

“Pensi che sia passato abbastanza tempo. Pensi che l’FBI abbia abbassato la guardia. E pensi che sia l’ora di chiudere i conti in sospeso.”

“Non avevo mai pensato di essere una persona prevedibile prima di conoscerti.”

“Hannibal, ti proibisco di fare del male ad Alana. O a Margot.”

“Noto che hai accuratamente evitato di includere Bedelia nella tua lista di persone da proteggere.”

“Bedelia si è fabbricata il destino con le sue mani.”

“Anche Alana.”

“Perché? Perché non ha fatto ciò che volevi?”

“Le ho dato una scelta, e ha fatto quella sbagliata. Io mantengo sempre le mie promesse.”

“Me ne frego delle tue promesse. Ti servono delle regole, Hannibal.”

L’uomo si voltò verso di lui, appena visibile alla luce delle stelle.

 “Di che regole parli, se posso chiedere?”

“Quelle che tu non hai e non hai mai avuto.”

“Mio caro Will, credevo che avessi finalmente accettato ciò che sono nel momento in cui hai accettato te stesso. O forse stai avendo dei ripensamenti?”

Will serrò la mandibola, avvertendo il vago dolore della ferita al viso che andava rimarginandosi.

“So benissimo chi sei, e so benissimo chi sono io. Per questo so che non può andare avanti come quando eravamo a Baltimora. Dobbiamo trovare un compromesso o questa cosa finirà ancora prima di iniziare.”

Questa cosa sarebbe?”

“Noi.”

Will sapeva di stare giocando sporco, ma aveva un vantaggio e non lo avrebbe sprecato per questioni di etica. Anche nella semioscurità poteva vedere lo sguardo di vaga disapprovazione di Hannibal.

“Cosa vorresti che facessi, Will? Che smettessi di cacciare?”

“Non dirlo come se non ne saresti in grado nemmeno se lo volessi, so che non è così. Uccidi perché vuoi farlo, non perché la tua natura ti costringe a farlo. È il tuo mezzo di espressione designato. Tu uccidi come altre persone dipingono o suonano il violino.”

“E chiederesti a un musicista di smettere di suonare?”

“No. Ma così non può durare. Io non sono come te. Non gioisco della violenza indiscriminata. Appena sbarcheremo a terra tu troverai la prima persona che non ti dirà buongiorno e la ucciderai, e io questo non voglio che accada.”

Hannibal si limitò ad osservarlo. Erano abbastanza vicini sotto la coperta da sentire il calore emanato dall’altro, ma non abbastanza da toccarsi.

“Se fossi realmente inorridito dai miei omicidi non saresti qui con me. I limiti morali che invochi sono una tua creazione artificiale, non nascono dalla tua natura. Hai sacrificato un’intera squadra di uomini durante il nostro falso trasferimento. Sapevi che Dolarhyde li avrebbe uccisi tutti. Credi forse di essere più misericordioso di me?”

“Non ho più quest’illusione. Ma bisogna pur tracciare una linea da qualche parte.”

“E ingabbiare il potenziale per uniformarsi a ciò che la massa detta essere accettabile? Noi non siamo come loro, Will.”

“No. Non lo siamo. Ma se vuoi che resti con te queste sono le mie condizioni.”

Hannibal lo fissò per qualche momento e infine sospirò, sollevando una mano e accarezzandogli il viso. Will si appoggiò al suo tocco senza nemmeno pensarci.

“Te lo ripeto, Will. Cosa vorresti che facessi?”

“Lascia che sia io a scegliere chi uccidi”, rispose Will guardandolo dritto negli occhi, due punti brillanti nella semioscurità. “Lascia che li uccidiamo insieme.”

Hannibal si fece improvvisamente immobile, in quella maniera innaturale che hanno certi rettili quando avvertono un pericolo o si preparano ad attaccare.

“Uccideresti con me?”

“Sì. Lascia che sia io a scegliere gli obiettivi e avrai ciò che hai sempre voluto.”

Will si leccò le labbra, e per un attimo fu sicuro che gli occhi di Hannibal avessero seguito il movimento nel buio, prima di continuare.

“Un compagno con cui condividere il brivido della caccia.”

Quando tornò a sollevare lo sguardo Hannibal lo osservava intento, di certo cercando di leggere oltre la sua esplicita manipolazione. C’era diffidenza nei suoi occhi, ma anche una malcelata fame per tutto ciò che Will gli stava offrendo. Più passava il tempo, più Will non era più del tutto sicuro di sapere se volesse o no lasciarsi divorare.

Quando Hannibal tornò a muoversi fu per voltarsi nuovamente verso il mare.

“Come ho già detto, la mia parzialità nei tuoi confronti è quanto mai un inconveniente”, disse senza guardarlo.

“Ce l’hai con me perché so quali corde toccare?”

“Ce l’ho con te perché non ti fai alcuno scrupolo nel toccarle quando più ti torna comodo”, rispose, ma il sorriso che gli rivolse aveva in sé una nota di divertito orgoglio.

“E’ un sì?”

“Sì, Will, è un sì. Se pensi che questo sia l’unico modo in cui questa cosa, come dici tu, può funzionare. Anche se dubito che il nostro rapporto sia ancora così fragile.”

Will appoggiò la testa sulla sua spalla.

“Giuro su Dio che ti faccio del male se ricominci con la storia della tazzina”, sospirò con una punta di esasperazione.

Hannibal voltò il viso verso di lui, e quando parlò il suo fiato gli solleticò i capelli sulla fronte.

“Non credi che sia un paragone adatto?”

“Credo che se si lascia ripetutamente cadere un giocattolo giù dalle scale si perda il diritto di mostrarsi preoccupati per la sua sorte.”

“Come vuoi. Posso paragonarti dunque a un giorno d’Estate?”

Will ridacchiò, ignorando il dolore alla guancia.

“Shakespeare? Sul serio? Un po’ melodrammatico, non ti pare?”

“Non illuderti, Will. Se mai io e te avremo una fine sarà degna della migliore tragedia del grande bardo.”

“Se finirà, finirà nel sangue?”

Hannibal sorrise.

“Spero bene di sì.”

*

Fifth.

(you know him. you love him. through a thousand lifetimes, across millions of stars, you’d find him, you’d never leave him. you love him, till death do you part.)

*

Quando il momento infine arrivò, arrivò per caso. Col passare delle settimane avevano preso ad attraccare la notte nei porticcioli delle cittadine. Will li riforniva di viveri ai supermercati notturni, il suo volto meno riconoscibile di quello di Hannibal, e qualche volta si attardava in un pub per carpire qualche notizia.

Quella notte quando tornò sulla barca fu con un peso morto al seguito che lasciò cadere con malagrazia in mezzo all’abitacolo.

“Will. Che cosa hai fatto?”, chiese Hannibal fissando il corpo steso a terra. Un uomo corpulento, di mezza età, la cui faccia era stata ridotta a una poltiglia sanguinolenta.

Will fu costretto ad appoggiarsi alla parete con una mano, sporca di sangue non suo, le nocche sbucciate da tutte le volte che aveva percosso quel figlio di puttana. Gli girava la testa. Doveva essersi lasciato andare a qualche birra di troppo al pub.

“L’ho trovato che bastonava un cane e se la rideva dei guaiti”, rispose, il fiato ancora corto per lo sforzo di trascinare quel bestione fino a lì. “Ho pensato che la spranga che brandiva sarebbe stata meglio conficcata nella sua stupida faccia.”

Hannibal tornò a osservare l’uomo a terra, talmente malridotto che respirava appena.

“Cosa hai intenzione di fare con lui?”

“Tu cosa credi? Ti ho chiesto di uccidere insieme. Uccidiamo insieme.”

“Questa è la tua preda, Will, non potrei mai privarti del privilegio di farne ciò che vuoi.”

Will alzò gli occhi al cielo.

“Come preferisci. Almeno vuoi dirmi come fare? Lo so che hai già pensato a come vorresti che lo uccidessi. Puoi dirmelo quando vuoi che faccia qualcosa. Non sono un sensitivo.”

Hannibal inclinò appena la testa da un lato.

“Come ho detto, hai il diritto di fare di lui ciò che più ti aggrada. Tuttavia, se ti sentissi di tenere a mente le mie preferenze…”

Sparì per un attimo oltre la porta, recuperando dalla cucina un coltello ricurvo dall’aspetto orribilmente familiare e allungandoglielo.

Will fissò la lama nella mano dell’altro con la gola improvvisamente secca.

“Non è lo stesso che ho usato su di te, se è questo che ti stai chiedendo.”

“Non ha importanza. È comunque un colpo basso.”

“Come ho già detto, Will, la scelta è tua.”

Will esitò qualche attimo, ma alla fine prese il coltello, dalla parte del manico. Era un sollievo per una volta essere dal lato non letale. Hannibal affondò una mano tra i suoi ricci in un gesto a metà tra il possesso e l’approvazione.

“Mostrami il tuo disegno”, gli disse, quindi fece un passo indietro.

Will si rigirò il coltello tra le dita, osservando il corpo ai suoi piedi. Tracce delle menti di mille serial killer si intrecciarono tra i suoi pensieri, fornendogli mille diversi scenari e modus operandi per occuparsi di quel maiale. Non avrebbe potuto trasformarlo in arte come aveva fatto col prigioniero in Lituania, l’FBI ancora troppo sul chi vive e in cerca delle loro tracce, per cui avrebbe dovuto accontentarsi di togliersi la soddisfazione e farne sparire il corpo.

Will stese il collo da un lato e dall’altro, sciogliendo i muscoli. La sua spalla protestava per l’eccessivo sforzo a cui l’aveva sottoposta, ma la ignorò. Con un paio di calci fece sì che l’uomo rinvenisse, e vide i suoi occhi saettare intorno a sé confusi. Will si inginocchiò su di lui a cavalcioni, afferrandogli la mandibola in una morsa.

 “Voglio che tu sappia perché lo sto facendo”, mormorò guardandolo dritto negli occhi. Voleva che si rendesse perfettamente conto di quello che stava per succedergli. “Sei un patetico esempio di essere umano. Sei privo di cuore, quindi non ti dispiacerà se te lo strappo via.”

Prima che potesse iniziare a dimenarsi Will affondò la lama nel suo fianco, sotto l’ultima costola. Il modo più semplice per arrivare al cuore era passare sotto la gabbia toracica. Will non si chiese nemmeno come facesse a saperlo. L’uomo sotto di lui emise un rantolo strozzato e cercò di trovare un appiglio sulla sua faccia per spingerlo via, ma Will aprì la bocca e morse con tutta la forza che aveva, piantando una mano sulla bocca dell’altro per soffocarne il grido.

Lasciò la presa coi denti quando fu piuttosto sicuro che le dita dell’uomo fossero ormai inutilizzabili, sputando ciò che gli era rimasto in bocca e sentendo sangue non suo colargli sul mento. Con l’altra mano intanto diede uno strattone e aprì uno squarcio nell’addome dell’altro, lasciando andare il coltello e infilando a forza una mano nella lacerazione, attraversando strati di carne e organi interni fino ad arrivare al cuore che pulsava spasmodicamente in preda al panico.

Fu estremamente semplice chiudervi la presa intorno e tirare. I palpiti si arrestarono con un ultimo sussulto, e a Will non restò che estrarre l’organo da ciò che rimaneva dell’essere umano a cui aveva appena tolto la vita.

Will fissò l’ammasso sanguinolento che aveva in mano, sentendo l’adrenalina cantargli nelle vene. Aveva la testa leggera e si rese conto di stare ansimando.

“Will”, disse una voce senza fiato dietro di lui.

Lasciando andare il cuore privo di vita Will si alzò in piedi su ginocchia instabili, e sarebbe caduto a terra se un paio di braccia forti non si fossero chiuse intorno a lui. Con la schiena premuta contro il petto di Hannibal Will si lasciò sfuggire una risatina strozzata, sentendo le labbra dell’altro accarezzargli l’orecchio.

“Straordinario ragazzo”, lo sentì sussurrare, e che fosse per quello o per ciò che aveva appena fatto un brivido tutt’altro che spiacevole gli corse giù per la schiena.

Will sollevò le mani tremanti, osservando il sangue che le ricopriva, non nero questa volta ma rosso rubino alla luce della lampada artificiale. Provò l’irrefrenabile impulso di assaggiarne il sapore, ma si rese conto che era uno di quei pensieri che la sua testa formulava con la voce di Hannibal.

Si voltò tra le braccia dell’uomo così che fossero faccia a faccia, sfiorandogli le labbra con dita insanguinate.

“Fallo”, gli disse guardandolo negli occhi e osservando le sue pupille dilatarsi dal desiderio. “So che vuoi farlo. Ti sto dando il mio permesso.”

Hannibal non rispose, ma aprì la bocca e la richiuse intorno alle sue dita, succhiando via il sangue ad occhi chiusi. Will fu costretto a chiuderli a sua volta, sopraffatto da una quantità di sensazioni che minacciavano di soffocarlo. Il cuore di Hannibal pulsava veloce contro il suo petto, rincorrendo il ritmo impazzito del suo, la testa gli girava e l’alcool e l’euforia gli riempivano di fuoco le vene e il basso ventre. Ogni carezza della lingua dell’uomo contro i suoi polpastrelli rischiava di mandarlo in mille pezzi. La stranezza dell’essere premuto così intimamente contro un corpo maschile giaceva dimenticata in un angolo, soppiantata dal sapere che era di Hannibal che si trattava e che questo non era che il naturale risultato della simbiosi che le loro menti avevano già raggiunto da tempo.

Will esalò un respiro tremulo, e mentre le sue dita lasciavano la bocca dell’altro le sue labbra si sostituirono ad esse. Quello sembrò spezzare l’autocontrollo di Hannibal, e Will si ritrovò premuto contro la parete della cabina, mani forti che lo accarezzavano ovunque riuscissero a raggiungere e labbra affamate che lo divoravano. Hannibal sapeva di sangue, di sollievo e di disperazione. In quel momento realizzò che l’uomo tra le sue braccia non era stato toccato da nessuno in tre anni, e la creatura sempre appostata nel suo petto emise un ringhio possessivo.

Le dita di Will si intrecciarono tra ciocche striate di grigio, stringendo con forza, e il contatto tra le loro bocche si interruppe quando entrambi boccheggiarono alla sensazione dei loro inguini premuti insieme.

“Will”, sospirò Hannibal contro il suo collo col tono di un supplice in ginocchio di fronte all’altare. Will chiuse nuovamente gli occhi, aggrappandosi a lui come se temesse di essere trascinato via dalla marea in tumulto nel suo petto. Si chiese per quale motivo avessero impiegato così tanto ad arrivare a quel momento quando era chiaramente qualcosa di ineluttabile. Hannibal aveva ragione, non c’era mai stato scampo per nessuno dei due. Se lui era l’incantatore Will era il serpente che danzava per lui. L’oscurità all’interno di entrambi chiamava quella dell’altro, come un lupo che ulula ai membri della propria specie.

Un gemito non del tutto di dolore sfuggì alle sue labbra quando Hannibal affondò i denti nel suo collo, ferendolo. Will sentì un rivolo di sangue colargli giù per la clavicola e si ritrovò a ridere senza fiato. C’era un cadavere per terra e loro due si strusciavano con foga come due adolescenti in preda agli ormoni. Per un attimo si chiese se Hannibal avesse mostrato lo stesso abbandono anche con Bedelia, durante la loro fuga a Firenze, e pur sapendo istintivamente che non era così sentì la gelosia stringergli la gola e la creatura nel suo petto sfoderare gli artigli.

“Credo…”, ansimò, mordendosi il labbro per ricacciare indietro un gemito quando Hannibal gli morse gentilmente il lobo, apparentemente più che felice di divorarlo a piccoli bocconi ora che ne aveva l’occasione. “…Credo che sia arrivato il momento di andare a fare visita alla Dottoressa Du Maurier.”

*

Sixth.

(He loves you too.)

 

Fine.

  
Leggi le 9 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Hannibal / Vai alla pagina dell'autore: Curiosity