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Autore: AliceWonderland    05/09/2015    1 recensioni
DIECI ANNI DI DOMA!
Una breve storia di tre capitoli che ripercorre alcuni stralci della vita dei tre "swordsmen" nel periodo antecedente la loro vera e propria entrata in scena nella saga di Atlantide. Enjoy!
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alister/Amelda, Dartz, Doma, Raphael, Valon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: i personaggi presenti in questa fanfic appartengono al loro rispettivo creatore. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro. Buona lettura!



-Capitolo 1: Danse macabre dell’angelo mietitore-



-Ehi, quello non è il ragazzino di cui parlavano i giornali e le tv qualche tempo fa?-;
Bisbigli.
-Parli del bambino del naufragio?-;
Sguardi astiosi.
-Deve essere stata dura vivere per tutti quegli anni su di un'isola deserta, come un selvaggio-;
Cattiverie.
-Già. Si sarà riabituato alla civiltà lo scimmione?-;
-Eventualmente ci esprimeremo a gesti, voi che ne dite?-.
Riabituarsi alla civiltà?
Quella che voi definite civiltà, in realtà, è soltanto caos. La civiltà è forse crudo materialismo, cupidigia, egoismo e violenza? Secondo voi, tutto ciò che ci circonda, può essere davvero definito
civiltà'?
Ma come potete essere tutti così ciechi?



I componenti dell'organizzazione squadravano da testa a piedi quel loro nuovo e taciturno compagno, mostrando sorrisi ipocriti e attaccabrighe, ma Raphael, nonostante la giovane età, non era tipo da rispondere alle provocazioni. Non gli interessava dimostrare a quelle persone chi era.
Al seguito di una terribile disgrazia e di avverse circostanze che segnarono profondamente la sua infanzia, aveva imparato a convivere con la solitudine; si era abituato a quella taciturna compagna e non la rifuggiva, anzi, grazie a lei aveva imparato a conoscere se stesso ed ogni sfumatura della propria anima, e stabilire dei contatti o stringere alleanze con gli altri seguaci della Doma non era certo il motivo che l’aveva spinto sin lì.
Raphael era un sedicenne di indole pacata e taciturna, non esternava mai violenza e aggressività nei confronti dei compagni, ed era stato costretto dalle circostanze ad allenarsi con loro, ma nel giro di pochi mesi nessuno fu più alla sua altezza né dentro né tanto meno al di fuori di un'arena di combattimento, e fu questo a renderlo ancora più temibile agli occhi degli altri.
Nonostante dal suo sguardo di ghiaccio non trapelasse mai un'emozione, non un solo sentimento di rabbia e rancore che potesse giustificare la sua presenza in quel posto, tutti oramai avevano capito che dentro di lui doveva nascondersi qualcosa di terribile per renderlo così speciale agli occhi della loro guida e così distruttivo sul campo di battaglia; un potere che andava al di là del talento e della minuziosa strategia di duello, e che doveva essere tenuto sotto stretto controllo, o la latente e fatale creatura che dimorava nell'oscurità del suo animo sarebbe potuta giungere per mietere vittime.
Placido ma inesorabile, Raphael acquisì ben presto la fama di un angelo mietitore che attendeva, quasi sereno, il momento di agire.

-o-O-o-



Raphael ubbidiva ciecamente agli ordini del suo mentore: lord Dartz. Di quest’ultimo seguiva i consigli, ascoltava con attenzione i progetti, e per lui fu l'unico esempio da cui trarre insegnamento, ma ben presto, quello stesso inverno, qualcun altro si unì al progetto, e il giovane non impiegò molto tempo per capire che da quel momento in poi non sarebbe stato il solo a cui lord Dartz avrebbe concesso la sua piena fiducia e a cui avrebbe dedicato le sue attenzioni.
In una piovosa alba celata dalle nuvole e illuminata solo dai lampi, il sovrano di Atlantide condusse presso la sede dell’organizzazione il nuovo discepolo: Amelda, di dodici anni appena.
Chiunque avesse vissuto abbastanza in quel posto sapeva bene che la giovane età non rappresentava né un ostacolo né un problema per il loro scaltro ed enigmatico leader, eppure, Raphael, trovandosi sempre più spesso in presenza di quel giovane compagno, non poteva fare a meno di scorgere nella sua esile e infantile figura quella dei suoi fratelli minori, di cui questi poteva essere quasi coetaneo. Ciononostante, nei suoi occhi plumbei non riuscì mai a scorgere altro che apatia e melanconia, a cui spesso si sostituiva un repentino barlume di rivalsa e di rabbia feroce nei confronti di chi sembrava avergli strappato qualcosa di molto importante; un fantasma del passato appena trascorso che Amelda sembrava cercare di scorgere ancora attorno a sé, invano...
Colpito, a disagio, ma allo stesso tempo incuriosito da quella nuova personalità, per la prima volta da quando era entrato nell’organizzazione, Raphael sentì di avere accanto a sé una presenza assai più affine di quanto avesse immaginato, e ben presto il loro mentore gliene diede conferma.
-Ha in sé una grande inquietudine, e la sua inesperienza e fragilità lo portano a commettere ancora degli errori- gli disse un giorno quest’ultimo, le labbra sottili curvate in un astuto sorriso -Ma Amelda ha perso tutto come te, Raphael, e come te ha un incredibile potenziale che potrà tornare utile alla nostra causa. Se imparerà a padroneggiare quell'angoscia, quella rabbia, quel dolore che porta dentro, se lo metterà a nostra disposizione, gli concederò ciò che più brama. Io non posso restituirvi i vostri cari, Raphael- precisò l'uomo, voltandosi -Ma posso creare per voi un posto migliore in cui vivere, in cui ricostruirvi una vita; per fare questo avrò bisogno del vostro aiuto-.
Fu come Raphael aveva previsto: lui e Amelda vennero affiancati, anche se i primi tempi non furono certo i più semplici per quel duo così agli antipodi.
Per quanto il nuovo arrivato mostrasse impegno negli allenamenti, talvolta si rivelava indisponente e cocciuto, infastidito dalla costante presenza di Raphael, a sua detta sempre pronto a correggerlo, a riprenderlo in modo eccessivo sui suoi sbagli e a togliergli quel briciolo di soddisfazione che a fatica ricavava dopo intense giornate di esercitazioni contro gli altri duellanti dell’organizzazione.
Eppure era quello il compito del ragazzo: assicurarsi che la formazione del bambino procedesse al meglio, istruendolo su quanto era stato insegnato a lui e agli altri adepti in precedenza, che la cosa gli andasse o no. L'idea di una futura missione affiancato ad un ragazzino così volubile, per quanto talentuoso venisse definito da lord Dartz, a Raphael proprio non piaceva.
Da quel momento in poi le sue responsabilità crebbero ancora, quando decise di scendere in campo per dimostrargli quanto quella sua testardaggine e quella sua indisponenza rischiassero di fargli perdere di vista i propri obbiettivi...

-Maledizione! Perché! Perché?!- gridò Amelda, furioso, dopo aver subito l’ennesima sconfitta, rialzandosi da terra e rivolgendogli un’occhiataccia torva -Perché riesci sempre a...!?-.
Raphael si avvicinò alle carte che quest'ultimo aveva scagliato a terra, e, dopo averle raccolte con pazienza, gliele porse.
Amelda doveva imparare a duellare e a dare il meglio di sé per arrivare a comprendere come sfruttare e padroneggiare la forza del Sigillo, e non a battibeccare e a ritenersi soddisfatto delle vittorie ottenute in blande sfide contro dei compagni attaccabrighe e ben lontani dal potenziale che, invece, loro potevano sviluppare.
Il vero allenamento cominciò da quel momento.
In quella maniera, Raphael sperava non solo di tirare fuori le vere e latenti potenzialità del bambino, ma anche di insegnargli come comportarsi. Come un vero seguace della Doma, degno di servire fedelmente il loro maestro, quando sarebbe giunto il momento.
-Mostra più rispetto per le tue carte, ragazzino. Se credi che la chiave per vincere un duello sia l’aggressività, allora sbagli già dal principio. Non ti servirà a nulla continuare a scagliarti come un selvaggio contro il tuo avversario, se poi non saprai in che modo dargli il colpo di grazia-;
-E allora come?! In che modo posso sperare di ottenere la mia vendetta?-.
Vendetta. Un ragazzino di appena dodici anni che dichiarava di volersi prendere una vendetta nei confronti di qualcuno; qualcuno che sembrava avergli strappato non solo cose materiali, ma anche l’innocenza e la spensieratezza dell’infanzia, costringendolo ad affrontare da solo una dura e spietata realtà, senza poter contare su nessuno se non su se stesso…
Era doloroso ammetterlo, ma Raphael rivedeva un po’ di se stesso in lui.
Non aveva mai messo in dubbio gli ideali, i metodi e i piani di lord Dartz, eppure, sentire quelle parole così gelide uscire dalla bocca di un bambino come Amelda lo lasciò per un attimo di stucco. Non poteva fare a meno di pensare che vi fosse qualcosa di innaturale; proprio come se quell’affermazione fosse uscita dalle bocche di Sonia o Julian.
Si riscosse da quel pensiero, scacciando i fantasmi di questi ultimi dalla sua mente, e si impose di non accostare mai più l’immagine spensierata e vivace dei suoi fratelli minori a quella tetra e inquieta di Amelda, che guardò con severità, come a rimproverarlo di averlo messo dinanzi a strani pensieri che prima d’ora non l'avevano mai sfiorato.
-Il tuo problema è che pensi solo alla vittoria e alla vendetta, ma non alla strategia per poterci arrivare. Non sei concentrato su quello che fai e perdi il controllo alla minima difficoltà. Per oggi terminiamo qui-;
-Cosa?! Abbiamo appena cominciato! Dove credi di andare…!-.
Raphael non era stato ancora messo al corrente delle motivazioni che avevano condotto lì quel ragazzino, ma al momento non gli interessavano. Finché non avesse imparato a controllarsi e a sfruttare appieno il Sigillo di Orichalcos, a poco sarebbe servito covare rancore verso qualcuno.

Trascorsero due anni tra allenamenti sempre più estenuanti che misero ogni elemento dell'organizzazione a dura prova.
Un giorno, al seguito di quella lunga serie di esercitazioni giornaliere, a Raphael giunse la notizia della partenza di Amelda.
-Proseguirà il suo addestramento altrove. Si è dimostrato molto interessato alla mia proposta di conseguire i brevetti di volo, e ha deciso di accettare il trasferimento in una sede specializzata con cui la nostra organizzazione ha degli agganci- gli spiegò lord Dartz, seduto alla scrivania del suo ufficio, alzando appena lo sguardo sul ragazzo fermo davanti a lui –Se tutto procederà senza intoppi, in futuro potrebbe rivelarsi un elemento molto utile ai nostri scopi, proprio come te, Raphael. C'è altro che vorresti sapere?- domandò, per poi tornare a posare la penna su alcune scartoffie.
Assorto, capendo che non gli sarebbe stato rivelato di più, Raphael scosse il capo e si congedò, chiudendosi la porta dell'ufficio alle spalle e restando immobile sul posto a contemplare con aria assorta il pavimento lucido…

-Avete visto Amelda?-;
-Quel pel di carota, dici? No, oggi no. E voi?-.
Alcuni dei motociclisti, fermi in sella alle loro moto nel parcheggio, sogghignarono. -Non sarà che la sua anima è stata presa?-;
-Già, uno gracilino e poco motivato come quello non poteva durare …-.
Raphael incenerì con lo sguardo il ragazzo ancor prima che questi avesse tempo di terminare la frase. Si avviò verso gli ascensori e le porte si chiusero dietro di lui.
-Ma che gli prende? E pensare che sembrava il primo fra tutti a non voler avere fra i piedi quel mocciosetto-;
-Quello mette i brividi. Meglio stargli alla larga-.
Quelle ‘marionette’ erano ogni giorno più arroganti, ma era raro che Raphael le prendesse sul serio; tuttavia quelle parole erano riuscite per un momento a gettarlo in uno strano sconforto.

-Non sarà che la sua anima...?-.
Era ovvio che si preoccupasse per Amelda; lo stesso lord Dartz l'aveva posto sotto la sua tutela, e nell'arco di quell'ultimo anno loro due non erano più stati considerati dal mentore come gli altri seguaci della Doma; non erano più dei semplici sottoposti, ‘marionette’, come erano soliti definire i senza volontà di quell’organizzazione. Loro erano superiori, con degli obbiettivi e una volontà propria che non era stata rimossa o alterata, ed erano a conoscenza della vera identità e provenienza del loro mentore -della sua storia e dei suoi molti progetti-, benché non fosse ancora stata ufficializzata la loro partnership all'interno dell'organizzazione.
Buffo pensare a come Raphael stesse meditando in maniera così frenetica riguardo tutto ciò, durante quella salita in ascensore.
In quegli ultimi mesi si era così abituato a tener d'occhio Amelda, a conoscerlo, a battibeccare, ad averlo intorno tra un allenamento ed un'esercitazione, che il fatto di non scorgerlo per una sola mattina negli uffici, nella mensa, per i corridoi, nell'arena o sulla terrazza stava facendo riemergere in lui l'apprensione di un fratello che sin dall’inizio si era imposto di reprimere.
Ma quel giovane adolescente così diffidente e inquieto era comunque riuscito a smuovere qualcosa in lui, un piccolo e bizzarro sentimento quasi fraterno, e da cui Raphael sembrava trarre una nuova ed inaspettata sicurezza che ora gli stava venendo di nuovo tolta, proprio come accadde anni prima, all’epoca del naufragio.
Lo cercò ovunque per tutto il pomeriggio, e a ogni buco nell'acqua il timore che le parole di quell'adepto fossero veritiere gli stringeva il cuore in una morsa opprimente che non gli riusciva di placare. Non avrebbe mai pensato di potersi preoccupare tanto per qualcuno dopo la perdita della sua famiglia.
Cercò Amelda nell'ultimo posto rimasto: la terrazza dell'edificio.
Il sole stava tramontando sulla città, ed una corrente salmastra proveniente dal porto zigzagava fra gli elicotteri fermi sulle loro piattaforme; Raphael le attraversò in silenzio, cercando, ma senza successo. Soltanto quando il vento placò i suoi sibili fra le pale dei mezzi, il giovane udì un fievole lamento riempire l'aria.
Guardandosi intorno, raggiunse a grandi passi l'elicottero più vicino e, spalancandone il portellone, sgranò gli occhi, scorgendo finalmente il ragazzino.
-Amelda?-.
Quest'ultimo, seduto contro il portellone opposto, alzò lo sguardo verso di lui e nuove lacrime riempirono i suoi occhi, scendendogli lungo le guance magre e arrossate.
-Allora sei qui. Cominciavo a temere il peggio-;
-Per poco non è successo- mormorò Amelda, con vergogna, nascondendosi il viso umido fra le mani -Raphael, sono stanco, non ce la faccio più…-.
-Non dire sciocchezze. Sai bene che dobbiamo portare a termine i nostri obbiettivi- gli ricordò il più grande, salendo sull'elicottero e richiudendo il portellone -e solo lord Dartz può aiutarci-.
Il ragazzino annuì, stringendosi nelle spalle, cercando di opporsi ai forti brividi che lo scuotevano -Lo so, ma non posso fare a meno di pensare che mio fratello non tornerà comunque da me! E questo dannato sigillo... fa male! Fa troppo male! Lo detesto!- pianse, sfregandosi rabbiosamente la fronte, come a cancellare i segni di quel patto maledetto stipulato un anno prima -Raphael... Io non sono affatto come te. Sono solo un debole! Non riuscirò mai a vendicare i miei cari! Mai!-.
Raphael serrò le labbra, a disagio per via di quell’improvvisa rivelazione, e subito bloccò la mano del più piccolo, allontanandola dalla fronte oramai graffiata e sul punto di sanguinare.
Poteva capire quanto fosse lancinante quel dolore, quanto fosse dura non poter più contare sulla propria famiglia, quanto quegli allenamenti divenissero ogni giorno più crudeli e spossanti, non solo a livello fisico, e quanto fosse insopportabile il pensiero di non tornare più, di perdere l'anima per sempre, ma dovevano farsi forza e andare avanti. Era la loro missione. Quello non era un gioco, era una vera e propria guerra, e Amelda, per essere così giovane, la stava affrontando con molto coraggio; più di quanto pensasse in quel momento di sconforto.
-Un debole? Né io né Dartz-sama ti abbiamo mai considerato in questo modo- disse -Lui ti ha scelto, Amelda, e non certo a caso. Pretende molto da noi perché sa che siamo gli unici in grado di portare a termine la missione. Smetti di sprecare lacrime qui. Portale sul campo di battaglia e sfruttale a tuo favore. E’ questo che ci hanno sempre insegnato, giusto?-.
Lo sguardo melanconico e disorientato di Amelda si levò, specchiandosi in quello del ragazzo inginocchiato davanti a lui.
-Perché ti preoccupi per me, adesso?-;
-Perché noi siamo compagni. Non dimenticarlo mai-.


Delle voci provenienti dal corridoio adiacente interruppero i suoi pensieri.
Gli allenamenti che seguirono dal lontano giorno di quella conversazione avevano cambiato molto Amelda, il suo atteggiamento e il loro rapporto, ma Raphael non avrebbe più potuto seguitare nelle esercitazioni assieme al ragazzino: Amelda aveva lasciato quella sede, e senza neanche metterlo al corrente. Un forte senso di costernazione si impadronì per un attimo di lui.
-Perché noi siamo compagni. Non dimenticarlo mai-.
Raphael lo pensava davvero. Era certo che il tempo in cui sarebbero diventati ufficialmente compagni di squadra sarebbe presto arrivato, ma non aveva tenuto conto dei repentini cambiamenti che erano all'ordine del giorno nell'organizzazione.
D'altronde, quella era la strada che loro avevano abbracciato: si sarebbero dovuti sacrificare tutti fino alla fine per ottenere ciò che volevano, e l'unico modo era seguire lord Dartz e confidare in lui. Nessun dubbio, nessun rimpianto.
Si riscosse, rimproverandosi per quel momento di debolezza in cui l'assenza di Amelda si era fatta sentire con inaspettata prepotenza.
Forse era meglio così; era meglio che le loro strade si fossero divise.
Un giorno, qualcosa o qualcuno avrebbe potuto separarli, metterli l’uno contro l’altro, chi poteva dirlo? magari un duello che avrebbe decretato un vincitore ed un'anima vinta, come spesso accadeva in quel posto.
Aveva sbagliato ad affezionarsi, ponendo Amelda allo stesso livello dei componenti della sua famiglia.
La Doma non era una famiglia.
La Doma era un'organizzazione.

CONTINUA...

Disse l’autrice: 2005-2015
DIECI ANNI CON LA DOMA!
WOW! Dieci anni con la Doma!? *Indossa Leviatano a mò di sciarpa e trinca un Martini*
Sono davvero già passati dieci anni da quando mi appassionai alla sagRa di Atlantide?!
Sembrava solo ieri e invece le mie rughe possono confermare ahah!
Ho detto ‘rughe’, omg o( ;=3=;)o
Ma siamo seri almeno per un momento, perché al di là delle solite idiozie… dal 2005 ad oggi sono successe davvero moltissime cose.
Ora, volevo elencarvi in ordine alfabetico tutte le cose successe per rendervi tutti più partecipi, a partire dalle panoramiche del dentista, fino al numero dei capelli persi, delle amicizie fatte e disfatte, e delle rughe acquisite, ma mi limiterò ad un: “Ne sono successe tantissime”, e la cosa più bella e importante di tutte, per venire subito al nocciolo, è che a distanza di anni posso ancora dire che amo questo anime -in particolare questo spin-off- come il primo giorno.
Sarà sciocco ma è una cosa che a ben guardarla riempie un po’ d’orgoglio. Non credo di aver sviluppato, nel corso di questi ultimi dieci anni, un attaccamento pari a quello per Ygo nei confronti di altri anime *Lacrimuccia*.
Sono felice perché in tutti questi anni ho avuto qualcosa a farmi compagnia. Una passione che mi ha portato verso la scrittura (bella o brutta, sta a voi giudicare), che ha creato dentro di me nuove curiosità e nuovi interessi, da cui in seguito se ne sono diramati ulteriori, e in un modo nell’altro mi ha permesso di comunicare ad altre persone cosa pensavo e quello che avevo in testa, e tante altre belle cose.
Rileggendo le mie primissime fanfiction sulla Doma (palm-face a non finire) non posso fare a meno di notare quanto i personaggi e il loro modo di essere/agire sia pian piano maturato di storia in storia, assieme al mio stile di scrittura. Non sono miei personaggi, certo, ma vi assicuro che dopo dieci anni si sviluppa un bell’attaccamento.
L’idea per questa fanfiction prese piede proprio nella prima metà di questi anni, e sono davvero fiera e felice di non essermi mai arresa e di poterla presentare in sezione proprio in questa “ricorrenza” per me molto speciale.
L’idea di scriverla tramite il pov di Raphael ha preso piede sin dalla prima riga!
Io in primis volevo conoscere e studiare meglio questo pg che inizialmente rifuggivo, con l’intenzione, in futuro, di portare alla luce quello che nella serie di Ygo è uno degli “antagonisti” meno considerati, e che, francamente, non lo merita proprio.
Mandando avanti la storia, capitolo dopo capitolo, mi sono resa conto che Raphael è un ragazzone pieno di interessanti sfumature, se si va oltre il suo aspetto non proprio rassicurante e piuttosto nerboruto; nell’infanzia viene mostrato come un bambino di buona famiglia, allegro e vivace come i suoi fratelli, fino a giungere al naufragio, a parte della sua infanzia e adolescenza trascorsi nella solitudine dell’isola deserta con la sola compagnia delle sue carte, e se quell’esperienza da una parte ha saputo renderlo forte e riflessivo, dall’altra ha reso complesso il suo ritorno e adattamento nella società civile.
Insomma, ognuno degli antagonisti è stato ben caratterizzato ed ha avuto il suo giusto spazio per ‘farsi conoscere’ quanto bastava a rendere giusta la propria presenza nella trama. Tutti questi moschettieri non hanno nulla da invidiare agli altri pg della serie! Perciò non scordatevi della loro esistenza! (*w *)/
Ma non perdiamoci in altre chiacchiere, o mi verranno le lacrime, e concludiamo. *Melodrammi da vecchia matrona tzè, tzè*
Vorrei che questa ff fosse una specie di tributo/festeggiamento per i dieci anni di mia totale dipendenza da Oricalchos *è un bene?*, e spero sinceramente che anche voi, fra queste righe, troverete qualcosa di un po’ diverso dal solito, che vi sappia intrattenere ed offrire nuovi punti di vista su questa serie, perciò…
Enjoy!
Ringrazio chiunque abbia speso un po’ del suo tempo per leggere il primo dei tre capitoli che comporranno la storia!
Al prossimo, gente!

+Alice(oramai è vecchia)Wonderland+

  
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