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Autore: RandomWriter    06/09/2015    5 recensioni
Fissava con un sorriso leggero quel ragazzino strambo e solare, il primo che le avesse rivolto la parola con tanta facilità. Sin da subito, aveva sentito che c’era qualcosa che li accomunava, come il bisogno di stare soli ma, al contempo, quella loro esigenza li differenziava: se per Ambra, era più che altro una scelta obbligata, il carattere di Armin gli permetteva di essere a suo agio anche tra gli altri.
Aveva quella spensieratezza ed indipendenza di chi non conosce la vera solitudine.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ambra, Armin
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'In her shoes'
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QUELLA VOLTA IN TRENO
 
 
Sbuffò, posandosi nervosamente contro lo schienale del sedile.
Odiava andare alle gite, perché era in occasioni come quelle che emergeva la sua solitudine; considerava solo Charlotte come unica amica e, doveva riconoscerlo, di quel rapporto non poteva certo farsene un vanto. Nonostante le fragili e, forse, inesistenti fondamenta su cui si basava il loro legame, avevano bisogno l’una dell’altra per poter preservare e ostentare quel bandolo di dignità e superiorità, che le portava a essere trattate dagli altri con diffidenza e soggezione.
A quell’epoca non avrebbe mai ammesso, neanche a sé stessa, quanto invece avesse un disperato bisogno di un po’ di calore umano, di una parola gentile da parte di qualcuno che non fosse la sua adorata Molly.
Eppure, contraddicendo le sue stesse esigenze, Ambra era una vera maestra nell’allontanare le persone, assicurandosi che non invadessero il suo territorio, desolato e triste. Quell’atteggiamento rispondeva alla sua insana concezione di proteggere il suo orgoglio dalla vulnerabilità di essere se stessa; dove negli altri il nome Ambra Daniels incuteva ammirazione e timore, in lei risuonava nei toni del disprezzo e dell’insoddisfazione.
Era più comodo fingere che la sua solitudine fosse voluta; non poteva rischiare di abbatterla, con il rischio di un fallimento che l’avrebbe esposta all’umiliazione generale: mai dimostrarsi deboli di fronte agli altri, mai tradire le proprie insicurezze. Era quella la chiave per diventare una donna di successo, una figura che anche i suoi genitori, prima o poi, sperava potessero guardare con ammirazione.
Sospirò scocciata una seconda volta ma, come la precedente, non bastò a distrarre Charlotte dal suo stuolo di compagne adoranti: incredibile cosa potessero fare dei biglietti gratis per il concerto dei Maroon 5.
La mora li sventolava ogni tanto, con sufficienza, mentre le loro compagne di classe facevano a gara per attirare la sua attenzione. Improvvisamente, era diventata la ragazza più popolare e amata, quella con cui tutte volevano parlare. I maschi erano totalmente disinteressati alla faccenda, perpetuando la sfida a carte con quelli dell’altra classe.
Nel tentativo di aiutare la figlia a farsi nuovi amici, il padre di Charlotte le aveva comprato tre biglietti per quel concerto e, dopo averne regalato uno ad Ambra, la ragazza doveva decidere chi sarebbe stata la fortunata ad unirsi a loro.
Il treno continuava imperterrito la sua corsa, offrendo agli occhi celesti della bionda, un paesaggio brullo e spoglio come unica distrazione. Nessuno le parlava, erano tutte troppo prese dalla sua amica e dal tesoro che brandiva in mano. Ormai non sopportava più il sorrisetto trionfante della mora, unito ai suoi palesi tentativi di isolarla sempre più: appena la ragazza cercava di intervenire infatti, Charlotte la interrompeva, cambiando argomento o anticipandone la risposta, qualora qualcuno le avesse rivolto una domanda.
Non si arrabbiò, pur sapendo di averne tutte le ragioni: una sfuriata, equivaleva ad ammettere quanto le desse fastidio essere isolata.
Troppo frastornata e inebetita da quell’ondata di attenzioni ipocrite, Charlotte non si accorse di Ambra che scivolava via dal suo posto, abbandonando il vagone.
Sfilò accanto agli insegnanti ma solo il professor Gaulle si accorse del suo incedere silenzioso; le chiese dove stesse andando e non sembrò stupirsi quando lei gli rispose laconica:
« In bagno »
Se avesse brillato di maggior acume, avrebbe realizzato che piuttosto che ricorrere alla toilet del treno, la ragazza avrebbe preferito farsi esplodere la vescica.
Crescendo sarebbe diventata molto meno altezzosa e schizzinosa, ma all’epoca era solo una ragazzina delle medie, abituata al lusso di una villa con cinque bagni.
Spinse la cigolante porta, lasciandosi alle spalle il frastuono di due classi.
Si accomodò all’interno del vagone attiguo, trovandolo completamente deserto.  Scelse un posto accanto al finestrino, anche se consapevole che all’esterno non c’era nulla che potesse attirare una mente critica e cinica come la sua.
Odiava stare da sola ma al contempo amava esserlo, perché non poteva farne a meno: quando era con gli altri, viveva quello stato di perenne disagio che la portava a desiderare la solitudine; quando poi riusciva ad assecondare quella sua richiesta, si riscopriva eternamente insoddisfatta e triste.
Se solo avesse saputo come stare bene in mezzo alla gente.
Se solo avesse avuto anche lei quella banalissima capacità di ridere, di non prendersi troppo sul serio.
Se solo avesse saputo essere una normale adolescente spensierata di tredici anni.
« E VAI COSI’! CAMPIONE DEL MONDO! ARMIN EVANS, GENTE! QUESTO NOME COMPARIRA’ NEI LIBRI DI STORIA! 10000 PUNTI SECCHI! QUESTA E’ CLASSE! »
A quella rumorosa ed improvvisa autocelebrazione, non aveva potuto fare a meno di sussultare spaventata: c’era un altro passeggero in quel vagone ed era seduto proprio nel posto dietro al suo.
Cauta, si mise in ginocchio sul sedile e, dall’alto, osservò una chioma scura e un paio di Converse blu appoggiate in posa un po’ anarchica, sulla seduta del posto davanti.
Il ragazzo teneva in mano una console, dal cui schermo provenivano una serie di fuochi d’artificio che celebravano il merito della sua impresa.
Lo vide digitare una serie di tasti, per poi estrarre una scheda ed inserirne una seconda al posto della precedente. Partì una musica trionfale e uno scenario medievale apparve sotto i suoi occhi curiosi.
Il giocatore premette skip, ma il comando sembrò non essere eseguito e la schermata rimase immutata. Riprovò più volte ma dopo il quinto tentativo sbuffò irritato:
« Ma porca miseria! »
Alzò di scatto il viso, sollevando gli occhi al cielo, che sgranò maggiormente nel trovarsi davanti quelli zaffiro della ragazzina.
Diventò paonazzo, staccandosi istintivamente dallo schienale e cacciando un urlo spaventato.
Anche Ambra arrossì, pentendosi dell’audacia del suo gesto.
« M-mi hai fatto prendere un colpo! » balbettò lui, alzandosi in piedi.
In quel momento però il treno iniziò una frenata, che destabilizzò il suo già scarso senso dell’equilibrio, facendolo barcollare visibilmente.
La console gli volò via dalle mani, dipingendo il panico più totale nel viso diafano del ragazzo che si incurvò nel cercare di afferrarla. Il suo eroico gesto risparmiò il dispositivo da una rovinosa caduta, ma non l’impacciato giocatore, che si trovò disteso supino sul corridoio del vagone.
Ambra aveva assistito incredula a quella sequenza di avvenimenti che sfidavano la logica della realtà.
Lo vide rialzarsi, con un sorrisetto stupido e sistemarsi la console in tasca, per poi strofinare via dai jeans la polvere che aveva aderito alla stoffa.
« Un tuffo triplo carpiato niente male eh? » borbottò il moro.
Lei lo fissò spiazzata dalla naturalezza e leggerezza con cui aveva reagito. Al posto suo, si sarebbe scavata una fossa per la vergogna.
Assolutamente incapace di avviare la conversazione, si limitava a fissarlo in silenzio, ancora con i gomiti appoggiati al sedile e le ginocchia sulla seduta.
All’epoca, aveva dei capelli corvini, tagliati troppo corti ma che se non altro, mettevano in risalto un paio di iridi talmente chiare da sembrare luminose. Il sorriso era spontaneo e sincero, come quello di un bambino, un’espressione che le scaldò il cuore.
L’abbigliamento era decisamente fuori moda ma il ragazzo non dava l’aria di curarlo minimamente; Ambra avrebbe dovuto attendere di rivederlo alle superiori, quando, con l’aiuto del gemello, il suo look sarebbe stato più presentabile.
« Come mai qui? » le domandò, aggirando i posti e sedendosi davanti a lei.
Non le chiese della sua attività di spionaggio, si limitò semplicemente a riestrarre la console e assicurarsi che fosse tutta intera e funzionante.
« Volevo stare un po’ da sola, di là fanno troppo casino » farfugliò lei, a disagio per il comportamento bizzarro dello sconosciuto.
« Siamo in due. Quando gioco devo essere concentrato »
La sorprese la spontaneità con cui le parlava. Chiunque, nelle scuole medie, la conosceva di fama e non si azzardava a trattarla come una qualsiasi ragazza.
Lui invece era diverso, ma forse, era così fuori dal mondo e stralunato, da non sapere di avere davanti Ambra Daniels.
« Tu sai chi sono? » gli domandò, quasi con timidezza.
Il moro la fissò interrogativo, poi sbottò:
« Perché sei una star del cinema? »
Ambra aggrottò le sopracciglia, chiedendosi se la stesse prendendo in giro o meno:
« Sono Ambra Daniels… »
« Hai recitato in qualche film? » continuò lui, sempre più confuso ed eccitato.
La ragazza socchiuse le labbra, basita.
No, non la stava deridendo, era semplicemente un ingenuo idiota.
« Non sono famosa e non sono un’attrice, vengo nella tua scuola, sono in seconda B! »
Lui apparve deluso e mormorò:
« Allora non essere così solenne quando parli »
« Sei tu che sei strambo »
« Non sei la prima che me lo dice » convenne il ragazzo, con una scrollata di spalle « comunque mi chiamo Armin »
Non ricordava di averlo mai visto bazzicare per i corridoi dell’istituto ma quel nome era ricorso da una bocca all’altra durante la gita per un semplice motivo:
« Allora sei tu quello che ha passato tutta la gita in hotel? »
« Ah, sono famoso allora » si pavoneggiò, con una smorfia soddisfatta.
« Veramente ti prendevano in giro dicendo che avevi la dissenteria » lo informò Ambra.
Lo vide sbiancare e allungare il collo in avanti, terrorizzato:
« Stai scherzando, spero! »
« Non ho un gran senso dell’umorismo… mi dispiace, è la verità »
« Oh no! Che figuraccia! Sai quanto mi sfotteranno? » si lagnò Armin, portando una mano sulla fronte.
« Ma allora cosa avevi? » si incuriosì la bionda, per nulla coinvolta emotivamente dalle pene del moro.
« Un gioco fantastico da finire » squittì l’altro, cambiando radicalmente espressione.
Seguì qualche secondo di inebetito silenzio, poi Ambra ripeté sconvolta:
« Tu hai tirato pacco ad un’escursione in montagna, per stare in camera a giocare? »
« Diciamo che io e la natura non ci sopportiamo a vicenda » spiegò il moro.
« Che intendi? »
Armin sospirò, mettendosi seduto a gambe incrociate sul sedile, assolutamente incurante delle buone maniere.
« Per farti un esempio, la scorsa estate sono andato in montagna con i miei e mio fratello: nell’arco di ventiquattr’ore sono stato punto da una vespa, inseguito da un cinghiale e rimproverato da una guardia forestale » elencò, distendendo un dito alla volta.
« Cos’avevi combinato? » domandò Ambra divertita.
« Lasciamo perdere » sorvolò lui, ripensando alla sensazione di benessere provata mentre la sua vescica urinaria veniva svuotata, proprio su uno dei pochi esemplari di un delicato fiore di montagna. La cosa peggiore era non aver notato la folla di esploratori a cui la guardia stava indicando di osservare il meraviglioso spettacolo offerto dalla natura. Probabilmente era pure finito involontariamente immortalato in qualcuna di quelle foto, venendo scambiato per un adolescente esibizionista; solo suo padre aveva saputo prendere con filosofia quell’episodio, commentando con fierezza:
« Almeno figliolo non hai nulla di cui vergognarti: da quel punto di vista, noi Evans siamo ben messi! »
Non era nell’indole di Ambra, almeno non in quella circostanza, insistere per conoscere la verità.
Fissava con un sorriso leggero quel ragazzino strambo e solare, il primo che le avesse rivolto la parola con tanta facilità. Sin da subito, aveva sentito che c’era qualcosa che li accomunava, come il bisogno di stare soli ma, al contempo, quella loro esigenza li differenziava: se per Ambra, era più che altro una scelta obbligata, il carattere di Armin gli permetteva di essere a suo agio anche tra gli altri.
Aveva quella spensieratezza ed indipendenza di chi non conosce la vera solitudine.
« Non ti conveniva allora restare direttamente a casa? »
Il moro incurvò le spalle e sbuffò:
« Mia madre non ha voluto sentire ragioni. Dice che passo troppo tempo davanti ad uno schermo e che un po’ di aria fresca mi avrebbe fatto bene »
« Dovrai raccontarle una bella balla allora, quando tornerai a casa »
« Mi darà man forte mio fratello » replicò prontamente l’altro, facendole l’occhiolino. La bionda stava per lodare la complicità tra i due, quando Armin si affrettò a precisare « ho minacciato di dare in beneficenza i suoi vestiti se non mi reggerà il gioco »
« Ma tuo fratello che c’entra scusa? Mica è venuto in gita »
« Come no, siamo nella stessa classe »
Dopo quella risposta, Ambra collegò subito la notizia dell’esistenza di una coppia di gemelli all’interno della Holy Heart.
« Quindi sei tu quello che ha un gemello? »
« Yeah, si chiama Alexy »
« Vi siete mai scambiati? » s’incuriosì la ragazza « voglio dire, tu sei diventato lui e viceversa? »
Non si accorse che, esattamente come aveva sempre sognato, si stava comportando come una normale ragazza, spensierata e simpatica.
« Ci abbiamo provato qualche volta: ho sostenuto un’interrogazione al posto suo, visto che in matematica è piuttosto scarso… Gaulle, ce l’hai presente? Quello tarchiato, che assomiglia a Peter Minus? »
« Sì » ridacchiò Ambra « ce l’ho anche io »
« Ecco, quello ha una certa simpatia per mio fratello, mentre odia me, il che è un controsenso, visto che nella sua materia vado molto meglio di Alexy… comunque, per farla breve, dopo un’interrogazione mediocre, mi ha assegnato un voto alto solo perché pensava di avere di fronte lui. Così mi sono indignato, finendo per smascherarmi come un idiota. Il che non ha fatto altro che aumentare la sua insofferenza verso di me »
La bionda sorrise, divertita. Il ragazzo parlava a macchinetta, con una mimica facciale che da sola, bastava ad infonderle un’allegria che difficilmente ricordava di aver provato prima.
Armin Evans era totalmente diverso da lei.
Era quel tipo di persona di cui aveva un disperato bisogno nella sua vita.
« Ma la cosa peggiore è stata quando Alexy mi ha chiesto di prendere il suo posto ad un appuntamento » proseguiva il ragazzino « diceva che io sono più insensibile di lui e che si trattava di una persona che non voleva frequentare… in altre parole, voleva che la scaricassi al posto suo »
« E tu hai accettato? »
« Mi ha corrotto comprandomi Tomb Raider » spiegò Armin, come se fosse la motivazione più valida del mondo « così mi sono presentato nel luogo dell’appuntamento ma, appena raggiungo la fontana, chi mi trovo ad aspettarmi? »
Lasciò qualche secondo di suspense, poi esclamò sconvolto:
« Un ragazzo! »
Ambra scoppiò a ridere, mentre Armin borbottava:
« Ti assicuro che non è stata così comica la faccenda! Non avevo idea di cosa stesse parlando quel tizio, era innamorato alla follia di mio fratello e poi… »
Rabbrividì, incapace di proseguire.
A quel punto però Ambra si lasciò dominare dall’allegria e dalla curiosità: non gli avrebbe permesso di lasciar cadere il discorso, come aveva fatto poco prima.
« Non mi dire che ha provato a baciarti? » indovinò, con un sorriso astuto.
Di fronte all’imperituro silenzio del moro, si portò le mani allo stomaco, ridendo fino alle lacrime.
« Avrei voluto vedere te al mio posto » farfugliò lui.
« Non ho un gemello, per fortuna » esclamò poi, cercando di smorzare la sua ilarità, domandò:
« Quindi tuo fratello è… »
« Così parrebbe, ma per ora non ne è sicuro neanche lui » completò il moro.
« Mentre tu… »
Si morse la lingua per quella domanda audace che era sfuggita troppo presto. Aveva il terrore che Armin pensasse male, equivocasse le sue intenzioni ma, del resto, in cuor suo sapeva che era importante saperlo subito.
Il ragazzo tuttavia, era troppo smaliziato per interpretare quella richiesta in una chiave diversa dalla semplice curiosità, così rispose:
« No, io no… anche se le ragazze della nostra età sono tutte oche »
« Beh, grazie » lo incenerì Ambra.
« No, tu sei diversa »
Lei arrossì, spiazzata da quell’uscita così sincera e spontanea.
« Sei un po’ strana, in effetti » precisò lui, scrutandola e inclinando la testa di lato.
« In che senso? »
« Come posso dire… » rifletté, guardando verso l’alto «se fossimo a Hogwarts, saresti un Testurbante »
« E quali sarebbero le mie opzioni? »
« Mi sembri abbastanza intelligente da essere smistata ai Corvonero, ma hai decisamente qualcosa dei Tassorosso »
« Si vede che non mi conosci abbastanza » commentò amaramente lei « qualsiasi altra persona che mi conosce, direbbe che sono una Serpeverde al cento per cento »
Armin non sembrò convinto e dichiarò:
« Dipende da quanto bene ti conoscono… da qual è la vera te »
Per la seconda volta, non seppe come replicare, ascoltando quelle parole che erano come miele per il suo carattere fiero e ferito.
« Forse hai ragione: non sei né una Corvonero, né una Tassorosso… » ragionava Armin « scommetto che la tua casa sarebbe i Serpeverde »
« Lo immaginavo » replicò l’altra. Si sentiva quasi delusa, perché associava quello stemma verde-argento ai cattivi di turno.
La spiegazione che giunse da Armin però, si rivelò totalmente diversa dalle sue aspettative:
« Sì, ma solo perché è la mia casa preferita, quindi ci butto dentro la gente che mi sta simpatica »
Era la prima volta che qualcuno la definiva in quel modo. Lei e la simpatia, viaggiavano su binari opposti che, tuttavia, si erano appena incontrati in corrispondenza di quel ragazzino moro e chiacchierone.
« E tu dove ti metteresti? Forse saresti un Grifondoro… »
« Scherzi? Ho il coraggio di uno struzzo io! » rise l’altro, quasi con orgoglio « no, se potessi scegliere, sarei troppo pigro per studiare, quindi anziché andare ad Hogwarts, andrei a lavorare dai Tiri Vispi Weasley »
Ambra ridacchiò mentre il controllore che sfilò accanto a loro, lanciò un’occhiata di biasimo alla postura del moro:
« Siediti composto ragazzo, giù i piedi dai sedili »
Arrossendo per la vergogna, Armin assunse prontamente una posizione più composta, mentre l’uomo si allontanava.
In lui Ambra non vedeva una personalità ribelle e provocatrice, come lo era per esempio Castiel, l’amico di suo fratello Nathaniel. Armin Evans era un ragazzo semplice, sincero e allegro.
Aveva sempre la battuta pronta, prendeva tutto alla leggera ma dietro quei modi un po’ buffi, era sicura che si celasse una mente intelligente e sveglia.
La console iniziò a vibrare, richiamando l’attenzione del giocatore:
« Oh merda! » esclamò contrariato.
« Che c’è? »
« Sono morto » spiegò, mostrando la schermata. Un personaggio barbuto giaceva supino, con uno strano spirito usciva dal suo corpo « è la prima volta che mi dimentico completamente di una partita » mormorò sorpreso « pazienza, vuol dire che la compagnia è piacevole » sorrise.
A salvare il silenzio che era piombato, ci pensò una seconda vibrazione, questa volta scaturita dal cellulare di Armin.
« E’ mio fratello » lesse « dice che i prof hanno chiesto di noi »
Ambra incassò quella notizia con profondo rammarico.
Sapeva che una volta tornati nell’altro vagone, lei avrebbe occupato il posto accanto a Charlotte, mentre lui tra i suoi amici.
Doveva chiedergli di continuare a parlare anche una volta di là, in mezzo agli altri, ma il suo orgoglio era un muro indistruttibile.
Si alzò quindi in piedi, seguendo il silenzio del ragazzo.
Sapeva che quella sarebbe stata la sua prima e ultima occasione per parlargli e, purtroppo, quella previsione si rivelò corretta per parecchio tempo.
Lo vide aprirle galantemente la porta e, con un sorriso complice, mormorare teatrale:
« Dopo di lei, Lady Slytherin »
 
 
Scoperchiò la scatola, dopo averne accarezzato via un velo di polvere dalla superficie.
Erano anni che non la riesumava, dopo che Phoebe, da piccola, aveva involontariamente disperso il suo contenuto per la casa.
All’interno, c’era esattamente ogni cosa, ogni piccolo tesoro che conservava gelosamente e che resisteva al passare del tempo.  
Sotto l’attestato di partecipazione agli scout di sua figlia, trovò quel cartoncino che era oggetto del suo interesse; le scritte si erano ormai sbiadite, ma ad Ambra non serviva leggerle, per ricordare il nome della stazione di quel biglietto, che risaliva a ventisei anni prima.
Uno dei viaggi in treno più teneri della sua vita.
Sorrise, mentre lo riponeva all’interno della scatola e richiudeva il coperchio.
Da un paio di giorni, la casa era immersa nel silenzio più totale, dopo che Phoebe e Claire erano partite per il campeggio.
L’iniziativa, promossa dagli scout, di cui erano entrambe orgogliosamente membri, aveva imposto la presenza di uno dei genitori.
Ambra sospirò, chiudendo gli occhi e ricordando con un sorriso, la sua ultima raccomandazione alle due bambine:
« Mi raccomando ragazze: tenete papà lontano dalle vespe »
 
 
 
NOTE DELL’AUTRICE
 
Allora, il fatto è questo: sono indietrissimo con la long e, visto che mi sento in colpa a metterci tanto ad aggiornarla, ho voluto stemperare l’attesa (e la mia voglia di scrivere), con una OS leggera che “celebrasse” una delle mie coppie preferite u.u
In futuro mi piacerebbe scriverne altre di così, corte (per i miei standard) ma che facciano da “corollario” alla long ^_^.


Alla prossima!
 
  
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