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Autore: lapoetastra    06/09/2015    1 recensioni
< Che cosa vuoi? >, sente domandare Caroline alle proprie labbra, e la sua voce risuona fioca e stridula, nella vasta stanza.
La donna bionda allarga ancora di più quel ghigno da belva feroce e scuote impercettibilmente la testa, come se tutta quella situazione la stesse divertendo un mondo.
< Tuo figlio, Caroline. Dammi tuo figlio, ed io me ne andrò. Lo giuro. >
Genere: Drammatico, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Sorride, la donna bionda.
Ma non c’è traccia di gioia, o di simpatia, in quel sorriso che non coinvolge gli occhi, i quali rimangono freddi ed impenetrabili come il ghiaccio.
Caroline ha paura di lei, ed il terrore che si è completamente impossessato del suo corpo le impedisce di scappare per mettersi al sicuro.
< Che cosa vuoi? >, sente domandare alle proprie labbra, e la sua voce risuona fioca e stridula, nella vasta stanza.
La bionda allarga ancora di più quel ghigno da belva feroce e scuote impercettibilmente la testa, come se tutta quella situazione la stesse divertendo un mondo.
< Tuo figlio, Caroline. Dammi tuo figlio, ed io me ne andrò. Lo giuro. >
Il mondo inizia a girare vorticosamente intorno a Caroline al suono di quelle parole, sempre di più, sempre più velocemente.
< No! >, urla quando ritrova la lucidità perduta, con tanta forza che la gola le si scortica bruciandole come se andasse a fuoco.
Non succederà mai. Non darà per nulla al mondo il suo bellissimo ed innocente bambino a quella pazza, a costo di morire lei stessa.
< Dallo a me, Caroline. Durerà solo un attimo, non te ne accorgerai neanche. Poi uscirò per sempre dalla tua vita >, mormora ancora la bionda, ed il suo è un sibilo basso e suadente.
Caroline ne è sorda, però, completamente.
Suo figlio è la cosa più importante che abbia mai avuto, l’unico dono lasciatole dal marito prima di abbandonarla per sempre, e mai avrebbe potuto rinunciare a lui.
< No! E se… >, risponde con cattiveria, cercando di apparire dura e minacciosa, ma non riesce a terminare la frase che la porta della camera si apre di colpo alle sue spalle e sulla soglia si staglia la piccola figura di un bambino dai grandi occhi azzurri velati dal sonno interrotto.
< Mamma… ho sentito delle voci >, sussurra il piccolo, entrando con passo malfermo.
< Antony, no! >, grida Caroline, ma il bambino è troppo lontano dalla porta, ormai, per cui non può fare altro che prenderlo tra le braccia e stringerlo forte a sé.
< Mamma, cosa succede? >, biascica Antony, spaventato e confuso contro la sua spalla.
Piange, il piccolo. Un lamento roco e soffocato.
Ha solo cinque anni, in fondo.
La bionda intanto sorride, felice che la preda sia caduta finalmente nella sua trappola.
< Non puoi opporti a me. Ho vinto. Ed adesso dammelo >, comanda imperiosamente, e c’è furia, nei suoi occhi. E c’è un coltello, nella sua mano destra, apparso chissà da dove.
< Mamma… cosa vuol dire che hai vinto? E… e cosa è che ti devo dare? >, chiede di colpo Antony a Caroline, tremando appena.
La donna lo guarda, ma non capisce.
< Perché hai quel coltello in mano, mamma? >, le domanda ancora il bambino, cercando di divincolarsi dal suo abbraccio ferreo.
Caroline, però, non lo lascia andare, ed anzi stringe ancora di più la presa.
< Non ti preoccupare, amore mio, lei non ti porterà via da me >, gli risponde direttamente all’orecchio, cullandolo come fosse un neonato.
< Lei chi? >, grida Antony, tirandole i lunghi capelli dorati per cercare di scappare.
Caroline chiude un attimo gli occhi per il dolore, e quando li riapre ciò che vede la sconvolge.
La donna bionda è ancora lì, di fronte a lei. Ed ha Antony tra le braccia, adesso. Ed il coltello ancora tra le mani.
< No! >, urla Caroline con il poco fiato che le rimane in gola dopo tutti gli strilli di quella strana giornata, ma è lenta, troppo lenta, e non riesce ad arrivare in tempo.
La lama affilata e lucida affonda del tenero corpo del fanciullo, che guarda la madre confuso. Solo confuso.
Poi il suo sguardo si annebbia, divenendo vitreo, spento. Privo di vita.
Caroline chiude nuovamente gli occhi, stringendoli con forza, come se così facendo potesse risvegliarsi da quell’orrendo ed indicibile incubo.
Li riapre dopo una vita intera, o forse dopo solo pochi minuti. Non lo sa dire con certezza.
La prima cosa che nota quando lo sguardo si snebbia è lo specchio, che si staglia imperioso di fronte a lei nella spaziosa e pressoché spoglia stanza.
Urla, a quella vista, e questa volta sono grida non di paura, bensì di terrore. E di orrore.
È lei, quella riflessa nella superficie lucida e liscia.
È un coltello, quello che stringe  nella mano destra, con forza convulsa.
Ed è Antony, quello che giace senza vita come una bambola di pezza tra le sue braccia, ricoprendola di caldo sangue scuro.
La donna bionda, invece, non c’è più.
Ha ottenuto ciò che voleva, ed è sparita come le aveva promesso, tornando a nascondersi nei recessi più oscuri della suo mente malata.
Sarebbe tornata, però, Caroline lo sa, perché lei torna sempre prima o poi.
Sono la stessa persona, in fondo, solo che la bionda è la parte cattiva, crudele e folle, di cui però non ci si può liberare.
Caroline piange, adesso, piange a causa di un dolore che mai ha provato in tutta la sua vita, ed il corpo di Antony sussulta insieme a lei ad ogni singulto incontrollato.
Caroline non sente più nulla, ora. Solo le grida forsennate del proprio cuore che la rendono completamente sorda.
Continua così per tempo immemore, fino a quando arriva la polizia, che le chiede spiegazioni, che la avvalena con qualche pastiglia strana.
Che la uccide.
Facendola, finalmente, non pensare a nulla.




< Dottor Melfi, abbiamo un’emergenza con la paziente Haring. Dovrebbe venire al più presto. >
Alle parole della capo infermiera, Irwin Melfi alzò gli occhi dal pesante e complicato tomo di psicologia pediatrica che stava studiando e si affrettò a seguirla al di fuori del proprio studio e lungo lo stretto corridoio costellato di camere.
Appena arrivò nei pressi dell’ultima stanza, la numero 25, dove era diretto, capì il motivo della preoccupazione dell’infermiera: una donna, al di là della porta di mogano riverniciata da poco, urlava a squarciagola, piangendo e bofonchiando parole sconnesse.
Il dottore, che conosceva bene quella voce e la persona a cui apparteneva, non perse un attimo ed entrò nella piccola camera.
Lei era lì, riversa a terra, in lacrime.
Irwin le si avvicinò piano e cercò di alzare il suo viso verso di sé.
< Cosa è successo questa volta, signora Haring? >, chiese a bassa voce, per non spaventarla ancora di più.
La paziente lo guardò con occhi vacui, come se, nonostante tutto il tempo in cui era ricoverata presso quell’istituto ed affidata alle sue cure, non lo riconoscesse.
< Lei… lei è tornata >, mormorò, e c’era follia nel suo tono.
< Intende dire la donna bionda? >, domandò ancora il medico.
< Sì… Lei.. lei si è impossessata di nuovo della mia mente e del mio corpo, e mi ha.. mi ha costretto ad uccidere mio figlio Antony! >, spiegò la donna, stringendo convulsamente un piccolo corpo tra le braccia. < Io.. io non volevo, ho cercato di oppormi, ma poi Antony è entrato in questa camera e.. e lei.. e io l’ho ucciso. Ho ucciso mio figlio! >, proseguì poi, cullandosi avanti ed indietro.
Il dottor Melfi la fissò a lungo, ma non rispose.
Non c’era niente da dire, in fondo.
Qualunque parola sarebbe stata vana, con lei, esattamente come le cure che le somministrava ogni giorno nella speranza che potessero porre un freno ai suoi disturbi mentali, e sarebbe sicuramente stata presto dimenticata.
Non c’era altro da fare che somministrarle come ogni volta un potente sonnifero, in modo che si addormentasse e scordasse tutto ciò che aveva visto in quegli assurdi pochi momenti.
Prese di tasca una piccola pastiglia rosa e gliela fece ingoiare senza fatica.
< Lei.. lei è un poliziotto, vero? È venuto a punirmi per quello che ho fatto al mio bambino? Ma non l’ho fatto apposta, non sono stata… > le parole della donna si affievolirono man mano che il calmante faceva effetto, ed i suoi occhi divennero pesanti, fino a che non si chiusero del tutto ed ella si addormentò come una bambina, lasciando finalmente andare il corpicino che stringeva.
< Dormi, Caroline. Dormi, e vedrai che tutto sarà passato, al tuo risveglio >, mormorò il dottore tristemente.
Poi, dopo aver raccolto da terra il piccolo fantoccio di pezza che la donna aveva creduto fosse suo figlio morto, come accadeva pressoché ogni giorno nell’ultimo anno, se ne andò, lasciandola al suo sonno senza sogni.
 
 
 
   
 
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