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Autore: Duir    04/03/2005    3 recensioni
questa è la prima Fan Fiction che scrivo, spero di non averla buttata troppo sul tragico, ma ero molto triste quando l'ho scritta. Spero in ogni caso vi piaccia, fate i commenti che volete.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’Albero Stagionale

L’Albero Stagionale

 

Odore di umidità. In sottofondo il vuoto rumore di gocce d’acqua che si espande avvolgendo l’ambiente di un’atmosfera senza tempo. Un freddo innaturale.

 “Noi ti abbiamo accolto su questa nave come segno della stima che provavamo per te! Per il coraggio che hai dimostrato e per dimostrarti che anche se eri una renna eri una creatura normalissima! Pensavo l’avessi superata quella fase ormai!!! Smettila di piangerti addosso solo perché sei una renna!!! Come puoi essere così egoista?! Non sei il solo ad avere un brutto aspetto!!!”. Chopper si svegliò, la fronte che gli pulsava di un dolore profondo.  Non capiva dove si trovava e forse non voleva nemmeno saperlo. Attorno rumore imperterrito di acqua gocciolante da chissà dove.

Le parole di Usop gli rimbombavano ancora nella testa, chiare e precise, mentre scolpite nei suoi ricordi ormai le tremende immagini del suo primo litigio con il suo migliore amico gli si riproponevano continuamente; sembrava che fossero lì a monito della sua azione cattiva, a torturarlo, come punizione per il suo comportamento malvagio. - Smettila di piangerti addosso, smettila di piangerti addosso!- si ripeteva come on grammofono incantato, mentre invece le lacrime gli rigavano le guance pelose e il respiro quasi gli mancava per la strana posizione che……Come un lampo a ciel sereno la consapevolezza di non sapere dove diavolo fosse finito gli fece riprendere un po’ di lucidità. L’unico ricordo che aveva era che aveva preso una delle scialuppe e si era messo a remare a più non posso, ottenebrato dal dolore e dal dispiacere. Non sapeva dove sarebbe andato. Voleva solo sparire dalla vista di Usop….un vano tentativo di non vedere più il suo volto ferito…

L’oscurità era insopportabile, ma la sensazione di gelo lo era ancora di più. Ebbe un brivido incontrollato. Qualcosa gli cadde sul naso e l’istinto fu quello di muovere una zampa a grattarselo. Inutile dire quale fu il suo orrore quando capì di essere completamente immobilizzato. Le sue gambe e le sue braccia erano strette in una morsa e così anche la sua vita e il suo collo. Era saldamente ancorato a quella che percepiva come una parete ruvida e coperta da viscido limo. Gli pareva come di essere sospeso nell’empio vuoto di un sogno, in cui non si ha padronanza delle proprie membra.

In preda all’orrore più estremo iniziò a dimenarsi e a contorcersi nel tentativo di liberarsi. Fece forza spingendo gli zoccoli sulla parete e buttandosi in avanti.Si udì uno schiocco, come di qualcosa che si rompeva; ma non fu di certo ciò che lo teneva prigioniero, anzi, pochi istanti dopo un atroce dolore al fianco destro esplose improvviso, privandolo di quel po’ di ossigeno che ancora possedeva. Un’altra goccia gli cadde sul naso. Strinse i denti e tentò nuovamente di liberarsi, soffrendo e lottando contro quella sensazione che ora non era più dolore, ma una spira pulsante che dall’interno gli torceva le viscere. Dopo un ultimo disperato tentativo, stremato e terrorizzato, capì che non vi era nulla da fare. Si era smarrito in chissà quale tremendo incubo, in chissà quale oscuro meandro di castigo…..forse…..era morto ed era giunto all’inferno…..ma gli era difficile ora ragionare. Deglutì a fatica. La bocca gli si era seccata, la lingua era come di carta vetrata…e in sottofondo dappertutto acqua che gocciolava senza sosta.  – Addio Usop….-

 

 

Nel frattempo, in superficie la Going scivolava sulla superficie di un grande e per ora placido fiume

che si snodava sinuoso attraverso l’isola fitta di vegetazione. A livello del suolo erano presenti molte varietà di piante, tra cui gigantesche orchidee gialle e rosa spiccavano, rompendo a tratti quel verde estenuante; gli alberi, prevalentemente mangrovie secolari, svettavano attorno a loro, dando l’idea di trovarsi più in una enorme sala a colonne che pareva percorribile anche a dorso di cavallo, se non fosse stato per l’intrico di liane, che trasformavano la selva in una giungla di difficile accesso. Elevandosi anche oltre i cinquanta metri le chiome fitte e ravvicinate impedivano alla luce del sole di filtrare, cosicché le ombre si allungavano sui loro volti, mano a mano che si inoltravano in quella specie di paradiso incontaminato.

Arrampicatasi in cima alla coffa, Nami scrutava con il cannocchiale la via che si apriva come magicamente avanti a loro, comunicando quanto il suo sguardo sempre più incredulo poteva avvistare. Attraverso l’intrico di liane gialle e rossicce, non capiva se quei frammenti di luce che a tratti si manifestavano fugaci come pensieri erano insetti, le cui ali rifrangevano i sottili raggi di sole che osavano infilarsi tra le fronde prepotenti oppure il frutto dell’immaginazione di una giovane mente preoccupata.

 Un odore di cannella mescolato all’umido dell’acqua e all’aroma intenso delle orchidee le penetrò dentro, come una magica pozione. Da lassù tutto sembrava ancora più immenso e maestoso e dopo poco un forte senso di vertigine la colse impreparata. – La mia testa….- sussurrò a sé stessa, mentre si portava una mano alla fronte. Si sentiva come ubriacata dal dolciastro odore che perpetuava attorno a lei e che nella densa aria soffocante era a tratti quasi tangibile. Ancora bagliori tra le fronde verde acido, schegge di luce, forse scherzi dei suoi occhi.

Sentì le gambe come cederle, il braccio destro non riusciva più a sostenere il peso del piccolo cannocchiale. Scosse di poco il capo per svegliarsi da quello strano ed insopportabile torpore e nel tentativo di appoggiarsi alla balaustra per sostenersi da un improvviso motto di malessere, si sbilanciò. Il cannocchiale cadde di sotto, ma ella non lo vide, come in una specie di trance.

Se non fosse stato per Rufy, che sordo agli strepiti di Sanji riguardo alla sua dolce Nami, si era arrampicato curioso come sempre, sicuramente sarebbe caduta di sotto.

- Hei, tutto bene Nami?-. Ella lo guardò come se si fosse appena svegliata da una specie di sogno ad occhi aperti. –Cos….io…s-si…sto bene- rispose ancora tenendo gli occhi fissi su un punto indefinito. Rufy le cingeva ancora la vita col braccio destro, la mano appoggiata sulla sua schiena. Nami alzò la testa e i loro occhi si incrociarono. Rimasero a guardarsi per alcuni attimi, che tuttavia sembrarono ore….momenti infiniti che ella desiderò non finissero nel solito comportamento infantile e un po’ menefreghista che Rufy ostentava in quelle situazioni. Era ben conscia del fatto di essere solo di un anno più grande di lui, ma confidava sulla responsabilità che egli si era preso, dichiarandosi il loro capitano e per di più essendo convinto nella sua missione di diventare il Re dei Pirati. Il ragazzo le sorrise dolcemente, invitandola ad appoggiarsi a lui. Senza smettere di fissarlo ella gli cinse le spalle con il braccio destro, ma era conscia che non sarebbe finita lì. Si sentiva al contempo rassicurata dalla sua presenza, ma anche fortemente intimidita……quegli occhi che ora la fissavano, quella luce che la avvolgeva di uno strano ed indecifrabile calore…non erano del solito Rufy. Appoggiata al suo corpo ne sentiva il respiro, calmo e ritmato che si confondeva al battito di due cuori innocenti. Appoggiò la testa al suo petto, chiudendo gli occhi, aspettando chissà che cosa.

Il ragazzo, per nulla imbarazzato né intimorito dalla situazione di intimità che si era creata, le baciò i capelli. Fu come se in un attimo ella avesse ritrovato tutto l’amore che giorno dopo giorno si era lasciata alle spalle…..forse per dimenticare. Stretta a lui, ora non aveva più paura di nulla e la sensazione sgradevole che poco prima le attanagliava lo stomaco si sciolse, come l’ultimo residuo di una coltre di neve troppo sottile.

Ritornarono a fissarsi negli occhi. Ella sorrise e il suo volto ora sereno trovò specchio nelle iridi scure del ragazzo. Come per non farsi scappare quel momento, Rufy improvvisamente la strinse a sé con trasporto. – Finchè ci sarò io non cadrai mai!- furono infine le sue parole. Tra le sue braccia Nami aveva già dimenticato quanto aveva visto, la sensazione innaturale che solo pochi istanti prima l’aveva stordita e anche spaventata. Furono le voci concitate di Zoro e Sanji a riportarli alla realtà.

 – Hei! Ragazzi svelti venite a vedere!!- gridava Zoro con un tono che fondeva stupore sgomento. Non fu necessario che Sanji rincarasse la dose e non dovettero nemmeno scendere dalla coffa: davanti a loro il fiume spariva come inghiottito da una voragine perfettamente rotonda. Era come se la terra in quel punto si fosse spaccata, lasciando andare alla deriva una placca erbosa, ma le acque avessero continuato a scorrere al di sotto della radici della vigorosa pianta, risalendo il pendio dell’isolotto, contro ogni regola della fisica.

I ragazzi rimasero senza parole a fissare quello spettacolo che nemmeno nei loro sogni più sfrenati avrebbero potuto immaginare. In quel punto, dove la volta arborea era praticamente assente, avvolto in una luce livida e opalescente cresceva un gigantesco e misterioso albero, le cui radici grosse e nodose sparivano verso il fondo del baratro. Dalla loro posizione potevano avere una visuale ben distinta delle due estremità dell’isoletta e subito ai loro occhi palese fu il contrasto tra le due parti della mistica pianta: la prima estremità del tronco aveva una corteccia fresca, palpitante di una vita appena nata, fremente di una linfa giovane, che pareva quasi vedersi nelle vene sotto il tenero strato coperto da ampie zone di verde muschio spruzzato di giallo.

Salendo con lo sguardo i forti, seppur giovani rami coperti di tenere foglioline stormivano alla brezza, che pareva avvolgere solo quella parte ed a tratti petali candidi cadevano come una magica pioggia, lasciandosi trasportare in una danza dai risvolti misteriosi. Di tanto in tanto, tra lo svolazzare lieve di farfalle vaporose come ritagli di stoffa colorata, scorgevano verdi germogli, adorni di soffici boccioli bianchi, i quali si dischiudevano, rivelando il loro cuore giallo, colmo di dolce rugiada.

Ai piedi di quella enorme creatura, sulle radici scintillanti di luci d’argento, fiori diversi e dai mille colori aprivano le loro corolle alla luce: fresche primule di primavera, piccoli ciuffi di crochi violetti, narcisi e giunchiglie giallo luminoso, giacinti di un pallido azzurro venato di toni porpora. Ancora avvolti nelle spirali delle foglie larghe e lanceolate i teneri mughetti riversavano i loro piccoli fiori bianchi, confondendoli con l’erba fresca. 

- Per tutti i pesci dell’All Blu…….me che strana apparizione è mai quella!- sussurrò Sanji, lasciando cadere a terra la cicca ancora intatta. Dietro di lui Zoro, altrettanto intontito da quella immagine non rispose, ma si limitò ad avanzare qualche passo verso la sua sinistra. In quel punto l’enorme albero era inondato di una luce dorata, che addolciva i contorni dei rami e faceva risplendere i rami dell’erica abbarbicata sul tronco bruno e maturo. I loro corpi erano avvolti da un silenzio profondo, appena sfiorato dal lieve fruscio delle foglie che, staccandosi dai rami, cadevano lentamente le une sulle altre, a formare un sontuoso tappeto, in cui si scioglievano come in un acquarello stinto i colori della terra immersa nel sopore di un’estasi senza tempo.

Era come se da quel lato una pioggia d’oro avvolgesse tutto. Incantati dalla meraviglia di quel magico sortilegio nessuno ora osava più fiatare. Se davvero era un sogno o un incantesimo non volevano certo che svanisse nel nulla. Dopo la grande tristezza e rabbia provata per la sparizione misteriosa dei loro compagni, quell’immagine sospesa tra la realtà e la fantasia era come un conforto.

Nami avanzò lentamente, la bocca ancora spalancata, gli occhi sempre fissi in quel punto. Dietro di lei anche Rufy, che in tali casi era il più razionale di tutti ora non poteva distogliere lo sguardo che era come magnetizzato da tanta bellezza. Ripresa per un attimo la padronanza dei sensi, si avvicinò a Nami, posandole una mano sulla spalla; la ragazza non si volse, ma istintivamente la sua mano andò a intrecciarsi con le dita di lui. Egli la avvolse per una seconda volta, come se l’istinto gli dicesse di proteggerla. Accanto a loro, Zoro e Sanji erano anch’essi prossimi ad abbracciarsi, i loro sguardi languidi, la loro mente probabilmente lontana dal motivo per cui si erano addentrati nell’interno di quella strana isola.

La luce del sole, da quella parte era più fioca e meno brillante, ma egualmente piena di poesia e si rifletteva a bagliori negli occhi attoniti di Sanji. Nello scintillio di ogni singola foglia, gli parve di rivedere una figura a lui familiare…..un viso anziano, due folti baffi ……un vistoso, alto cappello da chef…..- Zeff…-. Quindi fu la volta dei volti di Rufy, Nami, Zoro…..e della incredibile battaglia che si era scatenata subito dopo. Un soffio di vento gli scompigliò i capelli, intrufolandosi sotto i vestiti e facendolo rabbrividire, nonostante la forte calura della zona. 

Finalmente, la voce di Zoro osò rompere il silenzio – Autunno…..- disse, annusando l’aria – C-cosa?- esclamò stordito Sanji, strofinandosi gli occhi col braccio. Zoro si parò di fronte a loro – Sveglia! Guardate! Primavera e Autunno!- ribadì, portando l’indice destro a indicare prima la zona costellata di fiori e poi il tappeto giallo-rossastro. Autunno……era autunno quando ….Kuina era morta….rimase sorpreso a trovarsi di fronte a quel ricordo in quel momento. Abbassò il capo, portandosi una mano alla fronte. – Maledizione…..- sibilò, mentre l’immagine di Kuina sbiadiva lentamente.

– Per i baffi di Gold Roger ! Non l’avevo notato!- se ne uscì candidamente Rufy e per un attimo la reazione fu quella di un generale senso di disappunto. Subito però il perché di quello stranissimo incontro li fece rinsavire. – Hei, aspettate un momento! Le stagioni sono quattro, dove sono l’inverno e l’estate?- chiese sospettoso Sanji, che non aveva esitato ad accendersi un’ennesima sigaretta. Nami avanzò verso la balaustra. Da dietro la chioma filata dell’Autunno, vaporose frange bianche avvolgevano dei rami spogli, grigi che si innalzavano al cielo come le braccia scheletriche di un morto. – Inverno….- sussurrò la ragazza, non potendo staccare gli occhi. La visione era parziale, ma più che sufficiente a riempirla di malinconia…..l’inverno….la stagione che più di tutte le era entrata dentro. In quell’istante le ritornò alla mente la corsa che i suoi compagni avevano fatto per salvarle la vita, quando non più di quattro anni prima si era ammalata. Rufy aveva rischiato l’assideramento mentre Sanji si era fratturato due costole che gli avevano quasi perforato un polmone….rivide tutto quello nelle spire incorporee di quella visione fredda e sterile, che da dietro la nuvola d’oro dell’autunno si sporgeva come a richiamare i suoi pensieri più lontani e segreti.

Fu Rufy a concludere il giro, puntando semplicemente il dito verso un ciuffo verde smeraldo, che a tratti si percepiva dietro i novelli rami della Primavera -…..e la dietro c’è l’Estate!!-. Non fece in tempo a concludere la frase che il volto sorridente e sornione di Shanks gli balenò dinanzi agli occhi per poi svanire come era venuto. Senza dare troppa importanza a quella visione, Rufy richiamò l’attenzione della ciurma con una semplice frase - …..hei! Se noi siamo qui a fissare l’albero, chi sta governando la nave?- esclamò con un sorriso innocente. Improvvisamente fu come se il senno ritornasse a far da padrone. Effettivamente anche se nessuno si occupava di manovrare il timone, la Going andava da sola….scivolava, prima a sinistra poi a destra, aggirava gli ostacoli, scansava le liane che in quel punto erano sempre più fitte…… avvicinandosi al baratro dove le acque precipitavano! Una forza misteriosa li stava lentamente ma inesorabilmente portando a sé.

 – Gettiamo l’ancora! Presto!- urlò Nami convinta. – Hei! Sono io il capitano! Li impartisco io gli ordini!- rispose contrariato Rufy riacquistando improvvisamente il suo fare infantile. Nami non gli diede retta, confidando nell’atteggiamento che egli aveva avuto sulla coffa poco prima….non era possibile che adesso si comportasse così! – Pista ragazzi!- urlò Zoro, mentre a mani nude sollevava l’ancora e la gettava di sotto. La seguirono con lo sguardo, fissando a tratti il baratro che ora era molto vicino. Furono attimi di tremenda tensione, mentre la Going Merry seguitava nel suo incedere. –Maledizione! Non ci fermiamo!!- esclamò Sanji, dando palese dimostrazione di avere una fifa del diavolo. Silenzio. Ci fu un “TOC”, poi lentamente la nave iniziò ad arrestare il suo corso. Rimasero immobili nella paura che un loro movimento potesse essere fatale. Quando finalmente furono certi di essere fermi un unico, concitato sospiro di sollievo si levò dai loro petti.

Ma……ancora non sapevano che da sotto la superficie delle acque quiete qualcuno lì stava osservando da tempo……..

 

 

  
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