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Autore: nuvole_e_popcorn    08/09/2015    2 recensioni
Le storie che ci raccontano sono tutte vere. Le storie di bellezze del villaggio, armate di cappucci rossi che scappano nella foresta inseguite da bestie del terrore; quelle stesse bestie che finiscono con l'innamorarsi delle bellezze che rincorrevano. È il gioco del gatto e del topo. E io sono il topo.
“Fammi capire bene... voi non solo siete lupi mannari...”
“Licantropi..” Morris si beccò un'occhiataccia e chiuse la bocca, alzando le mani in segno di resa di fronte alla rossa che lo fissava di malo modo.
“dicevo... voi non solo siete lupi mannari, ma avete anche deciso per qualche strana, impossibile ragione che io sarei una specie di Luna?”
“Tu sei la nostra Luna!” esclamò Marie come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
“E cosa sarebbe una Luna?”
“Ecco... qui viene la parte difficile...” Morris e Marie si scambiarono un'occhiata e Angelique si portò una mano al collo.
“NO!” le sue mani corsero alle orecchie e serrò gli occhi, terrorizzata.
“Vous ne pouvez pas échapper, petite lune” [Tu non puoi scappare, piccola Luna].
Genere: Generale, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia, ispirata alla Bella e la Bestia prende spunto dai mie trip mentali nel mondo sovrannaturale... eh niente, spero vi piaccia, buona lettura!
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Francia 1814

“Mon!” [Mia!] il ruggito gutturale le fece correre i brividi lungo la schiena. Suo padre glielo aveva detto, più di una volta, di non addentrarsi nel bosco, ma quel troglodita di Philip doveva per forza spaventarla a morte con le sue storie dell'orrore, ovvio che se l'era data a gambe levate. Nella direzione sbagliata. E ora le mani di quella bestia erano sui suoi fianchi, mentre muoveva il suo naso dritto e perfetto, strusciandolo nell'incavo tra il suo collo e la spalla, lì dove il suo cuore pulsava maggiormente. Sembrava le volesse scoppiare in petto.

“Je ne suis pas le vôtre! Vous êtes un monstre!” [Io non sono vostra! Voi siete un mostro!] tentò di divincolarsi, sentì il mantello porpora che le ricopriva le spalle cadere a terra tra la polvere e il manto erboso della radura. Le sue mani. Le sue grandi, calde, callose mani accarezzavano la pelle candida del suo collo, dove la sua barba ispida aveva grattato la sua pelle sensibile arrossandola. La sua risata, calda e profonda provocò altri brividi lungo la sua schiena.

“Heureux de voir que nous sommes d'accord sur quelque chose, petit compagnon” [Felice di vedere che su qualcosa siamo d'accordo, piccola compagna] non sapeva più cosa fare, era stretta nella presa ferrea di quel mostro, da sola, al buio e al freddo. Mentre contemplava le sue possibili via di fuga, un dolore era penetrato nelle sue carni, il punto da cui si irradiava era il luogo dove la bestia la stava mordendo, voracemente. Lacrime le riempirono gli occhi, mentre il dolore diventava un intorpidimento, poi un formicolio e poi solo una serie di scosse elettriche lungo il suo corpo. Non si era accorta che si era allontanato che stava ispezionando la ferita con sguardo critico.

Da dietro palpebre pesanti posò lo sguardo sul suo. Occhi gialli e spaventosi le restituirono lo sguardo, lei vide qualche goccia carmina del proprio sangue sulle sue labbra piene e solo allora l'urlo spaventoso riuscì a farsi spazio nella sua gola, mentre cominciava a correre a perdifiato il più lontano da quel mostro possibile.

“Il est inutile de fuir, petit compagnon – lo sentì dire [È inutile fuggire, piccola compagna] - à des gens comme moi comme chasser” [a quelli come me piace rincorrere].

 

Washington DC 2015

 

Mon Dieu, Emma!” sbottò Angie, mentre cercava le chiavi della macchina “Lo so che sta piovendo, me ne sono accorta” quelle dannatissime chiavi erano sparite nei meandri della sua borsa.

Non usare il francese con me, Parigina dei miei stivali! Sono solo preoccupata per la mia migliore amica, che è andata in città per aiutare una vecchietta alla sua libreria e non è ancora tornata. Fuori è buio e piove! Dio ma quanti anni hai, quindici?” Angie alzò gli occhi al cielo. Adorava Emma, davvero, ma a volte era un tipo un po' troppo materno.

“Tranquilla, Em' – la apostrofò – venti minuti e sarò nuovamente tra le mura protette del campus”

Buon Dio, Angie – rispose lei – sono solo preoccupata per te. L'ultima volta c'è stato l'incidente...” Angie lo sapeva. Ed apprezzava Emma per le sue attenzioni.

“L'ultima volta ero sconvolta, Emma – le ricordò – e mi ero scolata quattro bottiglie di birra... ora sono sobria e perfettamente lucida.” Dannazione! Doveva averle lasciate nella libreria, ma adesso la Signora Summers aveva già chiuso i battenti e se ne era tornata a casa col bus. Avrebbe dovuto farsela a piedi fino al campus. Sotto la pioggia. Senza ombrello. Davvero fantastico.

“Dai ci sentiamo dopo, Em'”

Guida con attenzione!” si raccomandò l'amica chiudendo la chiamata. Non avrebbe guidato affatto. Angie sbuffò, ripose il telefono nella borsa e fece un profondo respiro, decidendo poi che prima si muoveva meno facilmente si sarebbe beccata un malanno. Fottutamente logico.

Era ufficiale. Angie odiava la pioggia. I pensatori romantici, con le loro idee su inetti e grandi tempeste burrascose non erano mai finiti a piedi – avendo una macchina ferma per una dimenticanza – sotto la pioggia torrenziale, la sera dopo una giornata pesante, con i tacchi e le scarpe aperte.

“Uffa! - sbuffò irritata – avrei proprio bisogno di un cavaliere in armatura scintillante adesso!?” fu allora che sentì il rombo di una motocicletta “Beh ripensandoci anche un motociclista in pelle nera con gli occhiali da sole quando piove va bene lo stesso” sussurrò più a se stessa che a qualcun altro.

“Serve una mano?” appunto. Il ragazzo aveva capelli biondi e grandi occhi verdi, che sgranò quando la vide, beh si, effettivamente poteva sembrare un pulcino bagnato in quella situazione. Le sorrise amorevole e attese la sua risposta.

“Ho la macchina ferma e devo arrivare al campus” spiegò Angie, ignorando il suo comportamento strano e indicando con la mano la generale direzione del campus.

“Sei fortunata, allora – le disse, togliendosi il casco e porgendoglielo – sto andando proprio lì” Angie rimase interdetta, non aveva un altro casco?

“Oh, non me lo perdonerebbe mai se ti facessi male” rispose lui a mo' di spiegazione.

“Chi?”

“Il capo, no?” domandò lui sorridendo e indicando in alto. Intendeva Dio?

“Sei per caso nella mafia?” domandò comunque, tanto per andare sul sicuro.

“Se fossi della mafia te lo direi?”

“Ottima osservazione”

“Non ti farò del male” Angie incrociò i suoi occhi, che ora sembravano più gialli che verdi, evanescenti come quelli degli animali di notte. Qualcosa la convinse a fidarsi di questo sconosciuto. Si infilò il casco, salendo dietro di lui.

“Mi chiamo Angelique” si presentò, passandogli le braccia attorno al petto.

“Piacere Angelique, mi chiamo Morris... credo che io e te saremo ottimi amici.”

 

“Come dovrei prendere il tuo sospiro sollevato?” domandò ridacchiando Morris quando, appena arrivati al campus Angie scattò giù dalla moto e si tolse il casco respirando a fondo.

“Beh, mamma mi ha sempre insegnato a non accettare passaggi dagli sconosciuti” scherzò lei, la risata le si mozzò però sulle labbra quando vide il suo sguardo serio. In quel momento Morris non sembrava un normale ventenne, ma sembrava troppo vecchio anche solo per contare.

“Dovresti stare attenta.. gira brutta gente”

“Dannazione! Sei della mafia vero?” questo lo fece ridere.

“No, Angelique, non sono della mafia”

“Mi hai spaventata per un momento... Atchoo! Credo di dovermi bere qualcosa di caldo... ti va di...?” ma Morris era sparito.

 

Terra chiama Angie!” qualcuno le stava muovendo una mano davanti agli occhi. Angie spostò lo sguardo a incontrare quello di Emma, la sua compagna di studi.

“Oh perdonami, Emma – disse la rossa, passandosi distrattamente una mano sul collo – ero sovrappensiero”

“Me ne sono accorta – la prese in giro l'amica, sgomitando – hey centrerà mica niente Zac, vero? Ho sentito dire che siete usciti insieme l'altra sera” Angie adorava Emma, sul serio, se non fosse per quella sua pessima abitudine di ficcare il naso negli affari altrui.

“Oddio! Non era neanche un appuntamento!” sbottò comunque “semplicemente mi si era smagnetizzata la tesserina del campus e non mi volevano fare lo sconto studenti al pub di Mice!”

“E lui è stato così gentile da farti da sponsor e offrirti anche da bere” completò lei con un sospiretto romantico.

“No, Emma – la bloccò immediatamente l'amica – niente del genere...! Pour l'amour de Dieu! Nulla, non c'è nulla tra me e Mr. Mi-scopo-solo-le-rosse-perché-sono-figo. Nulla. Nothing. Nada. Zéro! Sono stata chiara?” molti le stavano osservando, in fondo si trovavano in una biblioteca.

“Okay, okay! Non c'è bisogno di arrabbiarsi!” la prese in giro l'amica “e diventare così difensiva” Angie alzò gli occhi al cielo. Sapeva che non ne sarebbe uscita.

“Emma..”

“No, okay. Lo so. Dopo Colui-che-non-deve-essere-nominato non vuoi più storie. Fidati. Lo so. Ero lì con te”

“Mi dispiace”

“A me dispiace di più che ti rovini l'esistenza per l'errore di un indiota.” rispose la sua amica mettendo il broncio.

“Ahi!” esclamò Angie, portandosi automaticamente una mano al collo, dove si trovava la sua voglia a cioccolato.

“Che succede?” domandò Emma, finalmente abbandonando il broncio e osservando l'amica circospetta.

“Nulla... devo aver preso la scossa” rispose, poco convinta Angie.

  
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