THE NEWS ARRIVALS
Autore: Darik
6° PARTE
Nel palazzo, le porte dell’ascensore con dentro
Kaji e Tang-Po si aprirono.
L'uomo, travestito da tecnico, uscì per primo, si guardò in
giro.
Il corridoio era deserto, in quel momento tutti i tecnici erano al
laboratorio dove stavano condizionando Rei e Shinji.
“Vieni fuori”, disse Kaji a Tang-Po.
“Che facciamo adesso?”
“Quel tipo aveva detto la sesta porta a sinistra”.
Si avviarono cautamente lungo il corridoio.
“Ecco, questa è la sesta porta”, annunciò l’uomo, che
la aprì.
Quello che vide lo fece rabbrividire: il laboratorio era diviso in due
sezioni separate da una vetrata:
in una c’erano una decina di tecnici in camice bianco, con alle
spalle Russel McCoy, lo riconobbe perché l'aveva già visto
in alcune foto, insieme ad un uomo giovane che non conosceva ed alcune
guardie del corpo.
Ma nell’altra sezione c’erano delle vasche cilindriche, con
dentro Shinji e Rei che cercavano di dimenarsi e avevano delle terribili
espressioni di dolore.
Una delle vasche era vuota. “La vasca dove hanno ucciso Asuka.
Maledetti!”, pensò Rioji.
Ma non avrebbe permesso che facessero lo stesso agli altri due ragazzi.
“Ehi tu, fermo dove sei!”
Una voce maschile giunse alle spalle di Tang-Po, che era rimasto alle
spalle dell’uomo, nel corridoio: l’avevano scoperto.
Tang-Po scappò proseguendo per il corridoio, mentre Kaji si voltò a guardarlo
e quando vide gli uomini in nero che si dirigevano verso di lui, si
irrigidì preparandosi a tirare fuori la pistola.
Ma quando lo raggiunsero, le guardie dissero: “Sei salvo per un pelo,
amico. Quel ragazzino stava per prenderti alle spalle”.
Grazie al camice l’avevano scambiato per un tecnico.
Kaji rispose prontamente: “Già, sono stato fortunato”.
Russel McCoy uscì dalla sala controllo dicendo: “Che succede?”
Gli rispose l’uomo che aveva parlato con Kaji: “Un ragazzino è
entrato nel palazzo, signore. L’ho riconosciuto, era uno dei piloti
alla Nerv. L’avevo già visto quando oggi ho sparato a quella donna
alla stazione”.
Kaji si irrigidì ulteriormente: aveva di fronte a sé il bastardo
che aveva ferito Misato. La tentazione di fargliela pagare era forte,
ma non poteva sprecare il colpo di fortuna che gli era capitato.
McCoy fu raggiunto da Thoms: “Ha detto che era uno dei piloti della
Nerv, vero? Bene, sicuramente è venuto qui da solo, perché
altrimenti ci sarebbero già saltati addosso. Catturatelo, lo voglio
vivo. Cosi potremo di nuovo usare la terza vasca”.
“Agli ordini”.
McCoy e Thoms tornarono nella sala controllo, mentre gli uomini in nero
andarono alla ricerca di Tang-Po, e a loro si aggiunsero anche le guardie
del corpo, tranne due.
A Kaji dispiaceva per il ragazzo, avrebbe voluto aiutarlo, ma doveva
pensare adesso a Rei e Shinji.
E poi Tang-Po non era in pericolo di vita.
Rioji entrò nella sala controllo, nessuno si curò di lui.
Lentamente si mise alle spalle degli uomini in nero, gli occhi di tutti
erano puntati sui monitor o sulle vasche.
“Quanto manca al completamento del processo?”, chiese McCoy.
“Poco signore. Quei ragazzi hanno resistito molto, ma ormai tra
quindici minuti al massimo le loro vecchie coscienze saranno distrutte”,
rispose un operatore.
“Non credo”, commentò ironico Kaji.
Tutti si voltarono verso di lui, anche le guardie, che prontamente Kaji
colpì al viso con la pistola mettendoli al tappeto.
Poi estrasse anche la pistola che teneva dietro la schiena e puntò entrambe
contro i tecnici e contro Thoms e McCoy.
“Chi sei maledetto?!”, sbraitò il secondo.
“Stai zitto assassino”, rispose Kaji, che gli diede un calcio in
mezzo alle gambe, aggiungendo: “Questo è per Asuka!”
McCoy
cadde a terra dolorante, mentre Kaji ordinò ai tecnici: “Spegnete
quelle macchine infernali!”
I tecnici non si mossero.
L’uomo allora sparò contro uno dei monitor facendolo
esplodere.
“Se non fate come vi dico, il prossimo bersaglio sarà la
vostra testa!”. In realtà Ryoji non voleva eliminarli, ma era
molto bravo a recitare la parte dell’uomo pronto ad uccidere.
I tecnici si spaventarono e subito spensero le macchine.
Lentamente Rei e Shinji smisero di agitarsi.
“Bene. E ora toglieteli da lì”.
Kaji si spostò fuori dalla sala di controllo, facendo spazio ai
tecnici che uscirono e andarono a liberare i due ragazzi.
Thoms lo fissava imperturbabile: “Credi davvero di poter uscire di
qui tutto intero?”, gli disse spavaldo.
“Io sono molto ottimista”.
Intanto i tecnici avevano liberato i ragazzi, che caddero in ginocchio e
si tenevano la testa tra le mani, come se volessero fermarla da chissà
quale movimento frenetico.
“Bene”, continuò Rioji, “ora entrate nella sala di controllo”.
I tecnici obbedirono, Kaji chiuse la porta e sparò alla serratura
deformandola e bloccando quegli uomini dentro.
Dopo si chinò sui ragazzi: “Ragazzi, fatevi forza. Dobbiamo
andarcene”.
“Si-signor Kaji, è… è lei?”, chiese
balbettando Shinji.
I due ragazzi avevano un'espressione frastornata.
“D-dove siamo?”, chiese Rei.
“Nella tana del lupo”, rispose Kaji, “ed è arrivato
il momento di lasciarla. Potete muovervi?”
Rei e Shinji cercarono di alzarsi, ci riuscirono, anche se barcollavano
come se fossero ubriachi.
“Andiamo presto!”, li incalzò l’uomo.
Shinji si guardò intorno e chiese: ”Un… un momento…
d-dov’è Asuka?”
Kaji non sapeva che dirgli: certo non poteva nasconderglielo, ma se
Shinji lo avesse saputo in quel momento, sarebbe scoppiato a piangere, e
il dolore lo avrebbe immobilizzato. Non era proprio il caso.
Perciò disse: “Te lo dirò dopo dov’è
Asuka. Ora andiamo”.
Uscirono dalla stanza, mentre i tecnici si affannavano intorno alla
porta.
“Lasciate perdere”, disse Thoms. “Sfondate la vetrata con le
sedie”.
McCoy si rialzò.
“Spero per lei che quei quattro non riescano ad uscire da qui”,
aggiunse tranquillo Thoms.
In un'altra ala del palazzo, Tang-Po stava dando parecchio filo da
torcere agli uomini in nero, che nonostante fossero armati, non potevano
usare le pistole perché avevano l’ordine di prenderlo vivo.
Ma Tang-Po era scatenato, menava pugni e calci a tutto spiano, saltava
sulle scale metalliche, correva: un'autentica furia.
Tuttavia l’inferiorità numerica si fece alla fine sentire: lo
avevano chiuso in un vicolo cieco, era circondato.
“Merda! E adesso che faccio? Accidenti a me e quando ho deciso di
aiutare quegli imbecilli”, ringhiava il ragazzo.
Improvvisamente un esplosione risuonò dentro il palazzo, seguita
da una sirena d’allarme.
“Che succede?”, si chiesero gli uomini in nero.
Se lo chiese anche Tang-Po, che comunque non si lasciò sfuggire
l’occasione e si lanciò tra le gambe degli avversari,
scivolando sul pavimento, per poi rialzarsi e correre via.
Ma gli uomini in nero non lo seguirono, anzi si sparpagliarono in altre
direzioni.
Nel laboratorio gli uomini erano appena riusciti ad uscire
sfondando la vetrata quando suonò l’allarme.
“E adesso che succede?”, si chiese McCoy.
“Signore”, gridò un tecnico giunto in quel momento, “gli
uomini della Nerv ci hanno trovato. Hanno circondato il palazzo e hanno
fatto irruzione. Sono…”.
L’uomo non fece in tempo a finire la frase perché qualcuno
gli sparò alle spalle.
I soldati della Nerv stavano sopraggiungendo dagli ascensori e dalle
scale, e avevano l’ordine di non fare prigionieri.
I tecnici fuggirono, insieme a Thoms, mentre McCoy rimase indietro.
Prima che potesse uscire dalla stanza, cinque soldati bloccarono l’accesso
e gli puntarono i mitra contro.
“No, no, pietà vi scongiurò!”, implorò
McCoy mettendosi in ginocchio.
Ma uno dei soldati disse: “Guardate, è Russel McCoy. Il
nostro obbiettivo principale. Il comandante Ikari ci ha ordinato di
ucciderlo a tutti i costi”.
Raffiche di mitra risuonarono nella stanza, seguite dal rumore di un
corpo che cadeva a terra.
Mentre dentro il palazzo si scatenava il finimondo, Kaji,
Rei e Shinji, uscirono dall’ingresso principale dell’edificio.
Erano scappati tutti, quelli usciti dal palazzo furono arrestati dalla
polizia locale, mentre quelli che cercavano scampo fuggendo all’interno,
venivano trucidati dai soldati della Nerv.
Kaji uscì dalla porta, e subito si vide una decina di uomini
puntargli contro le loro armi.
Stava per dirgli che era uno dei loro, quando un ufficiale gridò: “Fermi!
E’ Ryoji Kaji, lavora per la Nerv. E quelli sono i ragazzi rapiti”.
Li condussero dentro un ambulanza messa lì per evenienza.
Vi trovarono anche Tang-Po e Jean-Luc.
Erano stati loro ad avvertire i soldati della presenza di Kaji dentro l’edificio.
“A quanto pare, sembrerebbe tutto finito”, disse Kaji
sorridendo.
“Sì, ma… ora ricordo! Come sta la signorina Misato? Le avevano
sparato!”, esclamò Shinji allarmato.
“Non preoccuparti. Se la caverà. Quella donna ha sette vite
come i gatti”.
“E Asuka?!”
Kaji rimase silenzioso, anche Tang-Po e Jean-Luc, al quale il primo aveva
detto la fine di Asuka.
“Allora?!”, insistette Shinji sempre più allarmato dal loro
silenzio.
“Ecco… vedi…”, cominciò esitante l’uomo.
“Salve a tutti. Come va?”, si intromise una voce femminile.
Kaji, Tang-Po e Jean-Luc sobbalzarono: era la voce di Asuka!
La ragazza spuntò fuori sorridente da uno sportello laterale dell’ambulanza,
con a fianco Giovanni.
Era lei! Pallida, ma era lei!
“Ma… come… come è possibile?”, domandò Kaji.
“Sacré!!!”, esclamò stupefatto Jean-Luc.
“Che io sia dannato!”, affermò Tang-Po.
“Asuka!”, gridò felicissimo Shinji, che corse da lei e la
abbracciò.
Per qualche secondo Shinji strinse la ragazza più forte che
poteva, poi sbarrò gli occhi pensando: “Oh no! Che sto
facendo? Asuka odia certe cose. Adesso mi ammazzerà!”.
Shinji stava per lasciarla, ma Asuka disse: “Cosa fai? Continua ad
abbracciarmi stupido”, però il suo tono era dolce.
NEO-TOKYO 3-IL GIORNO DOPO
Tutto era finalmente tornato alla normalità.
Gendo aveva ordinato di fare un controllo completo ai tre piloti, per
vedere se il tentato lavaggio del cervello avesse lasciato tracce.
Per fortuna non c’era nulla. Anche la sincronizzazione con gli Eva
era a posto.
Misato si era ripresa quasi del tutto, tra una settimana l’avrebbero
dimessa. Ritsuko aveva vegliato costantemente sulla sua amica, e quando
stava per svegliarsi le fece trovare accanto al letto Rei, Shinji e
Asuka, per rassicurarla. La donna, con le lacrime agli occhi per la
felicità, li abbracciò tutti e tre e ringraziò anche
la sua amica per la bella sorpresa.
Gendo non intraprese azioni disciplinari nei confronti di Kaji e dei tre
nuovi piloti, grazie anche alla mediazione di Ritsuko.
Kaji inoltre spiegò a Ritsuko cosa fosse successo: lui era certo
che Asuka fosse morta quando la vide su quella barella.
La dottoressa rispose: “C’è una sola spiegazione
scientifica a questa, diciamo, resurrezione: Asuka era andata in catalessi”.
“Catalessi?”
“Sì, morte apparente. Evidentemente il suo metabolismo si era
abbassato al punto che ha ingannato anche le macchine del nemico. Ma ormai
Russel McCoy è morto, quindi non dovremo più temerlo”.
“Lui, ma adesso sappiamo che era solo lo strumento di qualcun altro”.
“Staremo all’erta”.
“Però, quale può essere stata la causa della
catalessi? E come ha fatto a riprendersi? Giovanni ha detto che la ragazza
si è alzata di scatto dalla barella, facendogli prendere un colpo.
Pensava di avere di fronte uno zombie”.
Ritsuko si strinse nelle spalle: “Stavolta devo ammettere di non
avere risposte”.
Asuka si stava riposando nella sua camera.
Era molto rilassata, e in quel momento si ricordò cosa le successe
durante la sua apparente morte.
Asuka stava cadendo nel nulla.
Poi accade qualcosa: in mezzo all’oscurità si accese una
piccola luce, Asuka la vide, cercò di raggiungerla, ma era troppo
lontana.
La ragazza continuò a cadere, ma la luce non si allontanò, era
sempre alla stessa distanza, come se la seguisse.
All’improvviso una mano uscì dalla luce e afferrò la
giovane.
L’oscurità si illuminò, ed Asuka si ritrovò a
galleggiare in un mondo di luce.
Non capiva cosa le stesse succedendo: era forse morta?
“Asuka”, la chiamò una voce dietro di lei.
“Questa voce.” Asuka non riusciva a crederci.
Era la voce di Michael.
Il ragazzo era dietro di lei, sorridente.
Indossava lo stesso vestito del loro appuntamento.
“Michael! Michael!”, gridò felicissima Asuka, che si
diresse verso di lui, e lo abbracciò.
Muoversi in quel nulla era come nuotare.
“Michael! Quanto mi sei mancato! Se io sono qui, vuol dire che sono
morta, vero?”
“No. Solo apparentemente. Sono stato io a farlo perché avrò
solo questa occasione per parlarti”.
“Ma Shinji… e Ayanami?”
“Non preoccuparti. So già come finirà il tutto. Se la
caveranno”.
“Allora posso restare con te per sempre”.
“No, Asuka”.
“Come no?”
“Asuka, io ti amo, ma non sono la tua anima gemella. E’
stato molto bello quello che abbiamo passato insieme, però ora stai
sbagliando”.
“Cosa sto sbagliando?”
“Asuka, ricordi la discussione che avemmo quella sera, quando ci
siamo baciati?”
“Come potrei dimenticarla?”
“Infatti. Io allora ti dissi che non bisogna sbarazzarsi del proprio
passato, perché per quanto si possa aver sofferto, sono le cose che
ci portiamo dentro a fare di noi ciò che siamo. Con tutti i
difetti, ma anche con i pregi. Tu sei una ragazza fantastica Asuka, se
decidi di ricominciare daccapo, cancellando il tuo passato, perderai te
stessa. Sbagli a pensare di risolvere tutto agendo così.
Il passato è importante, basta non esserne schiavi. E tu cosi devi
agire”.
“Ma io…”, Asuka abbassò lo sguardo.
“Asuka, io sono stato solo un qualcosa di passeggero, è
un'altra la persona che è fatta per te. E se ora parti, anche se
dici che non sarà un addio, ti assicuro che lo perderai per sempre”.
“Vuoi dire… parli di Shinji?”
“Sì. Tu finora hai sempre evitato gli uomini perché in fondo
temevi che ti facessero soffrire, ma credimi, Shinji non ti farà
soffrire. Quel ragazzo possiede una bontà, una generosità
straordinarie. E’ lui la tua anima gemella. Lui è sempre stato
attratto da te. E anche tu da lui, che però non si è mai dichiarato
perché in parte è troppo timido e in parte perché non
si ritiene degno di stare con te. Mentre tu l’hai sempre evitato perché
ti bloccavano le sofferenze del passato. Ora basta. Non devi più
esserne schiava”.
Asuka si sentiva strana, poi sollevò lo sguardo e fissò
Michael.
“Michael… tu… tu hai ragione. Stavo commettendo un altro
dei miei sbagli. Ma ora lo so, ora so chi devo amare”.
“Brava Asuka. E’ così che ti voglio, decisa. Ora devo andare”.
“Michael, ti rivedrò ancora?”
“Forse”, rispose Michael sorridendo e facendo l’occhiolino.
I due ragazzi cominciarono ad allontanarsi sempre di più, Michael
diventò un puntino minuscolo.
Poi tutto divenne nero, Asuka aprì gli occhi e si alzò di
colpo.
Era su una barella, e davanti a lei c’era un ragazzo vestito di
nero, che vedendola gridò: “Santa Madre!”
Era Giovanni, uno dei nuovi piloti.
Asuka sentì qualcuno bussare alla sua porta.
Si sentì la voce di Shinji: “Asuka, posso?”
“Certo. Entra pure”.
Lui entrò un po’ titubante: “Come stai?”
“Bene. Ma cosa fai lì in piedi? Vieni a sederti”.
Shinji si sedette su una sedia a fianco al letto.
“Non intendevo lì. Siediti qui accanto a me”.
“Co-come?”
“Sì. Vieni”. Asuka gli indicò un punto del letto
battendoci sopra con la mano.
Shinji, imbarazzato, si sedette.
Dopo qualche attimo di silenzio, il ragazzo chiese: “Hai ancora
intenzione di partire?”
“Certo che no. Senza il mio aiuto, come fareste contro gli Angeli?”,
affermò con finta spavalderia la ragazza.
“Davvero?!”, Il volto di Shinji si illuminò.
“Certo”.
“Shinji, a proposito, ti ricordi la proposta che mi hai fatto
qualche giorno fa di aiutarmi?”
“Sì. Scusami per averlo fatto”.
“Ti sbagli Shinji. Sono io che devo scusarmi per aver rifiutato la
mano che mi hai teso. Ma ora, sei in grado di tenderla di nuovo a questa
stupida?”
Shinji la fissava stupito: era la prima volta che Asuka si scusava con
lui. Il ragazzo si fece coraggio e le tese la mano.
Asuka la prese e la strinse.
I due ragazzi si guardarono in faccia.
Asuka di scatto si avvicinò a Shinji e lo baciò.
Shinji, inizialmente sorpreso dal gesto, si irrigidì.
Poi si rilassò e la abbracciò.
La luce del pomeriggio avvolgeva i due ragazzi, che proiettavano un'unica
ombra sul pavimento.