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Autore: Darik    18/08/2003    0 recensioni
Il seguito di "Un compagno per Asuka"...in cui potrete fare la conoscenza dei nuovi piloti della Nerv...
Genere: Romantico, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'The new arrivals'
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THE NEWS ARRIVALS

Autore: Darik

6° PARTE

Nel palazzo, le porte dell’ascensore con dentro Kaji e Tang-Po si aprirono.
L'uomo, travestito da tecnico, uscì per primo, si guardò in giro.
Il corridoio era deserto, in quel momento tutti i tecnici erano al laboratorio dove stavano condizionando Rei e Shinji.
“Vieni fuori”, disse Kaji a Tang-Po.
“Che facciamo adesso?”
“Quel tipo aveva detto la sesta porta a sinistra”.
Si avviarono cautamente lungo il corridoio.
“Ecco, questa è la sesta porta”, annunciò l’uomo, che la aprì.
Quello che vide lo fece rabbrividire: il laboratorio era diviso in due sezioni separate da una vetrata: in una c’erano una decina di tecnici in camice bianco, con alle spalle Russel McCoy, lo riconobbe perché l'aveva già visto in alcune foto, insieme ad un uomo giovane che non conosceva ed alcune guardie del corpo.
Ma nell’altra sezione c’erano delle vasche cilindriche, con dentro Shinji e Rei che cercavano di dimenarsi e avevano delle terribili espressioni di dolore.
Una delle vasche era vuota. “La vasca dove hanno ucciso Asuka. Maledetti!”, pensò Rioji.
Ma non avrebbe permesso che facessero lo stesso agli altri due ragazzi.
“Ehi tu, fermo dove sei!”
Una voce maschile giunse alle spalle di Tang-Po, che era rimasto alle spalle dell’uomo, nel corridoio: l’avevano scoperto.
Tang-Po scappò proseguendo per il corridoio, mentre Kaji si voltò a guardarlo e quando vide gli uomini in nero che si dirigevano verso di lui, si irrigidì preparandosi a tirare fuori la pistola.
Ma quando lo raggiunsero, le guardie dissero: “Sei salvo per un pelo, amico. Quel ragazzino stava per prenderti alle spalle”.
Grazie al camice l’avevano scambiato per un tecnico.
Kaji rispose prontamente: “Già, sono stato fortunato”.
Russel McCoy uscì dalla sala controllo dicendo: “Che succede?”
Gli rispose l’uomo che aveva parlato con Kaji: “Un ragazzino è entrato nel palazzo, signore. L’ho riconosciuto, era uno dei piloti alla Nerv. L’avevo già visto quando oggi ho sparato a quella donna alla stazione”.
Kaji si irrigidì ulteriormente: aveva di fronte a sé il bastardo che aveva ferito Misato. La tentazione di fargliela pagare era forte, ma non poteva sprecare il colpo di fortuna che gli era capitato.
McCoy fu raggiunto da Thoms: “Ha detto che era uno dei piloti della Nerv, vero? Bene, sicuramente è venuto qui da solo, perché altrimenti ci sarebbero già saltati addosso. Catturatelo, lo voglio vivo. Cosi potremo di nuovo usare la terza vasca”.
“Agli ordini”.
McCoy e Thoms tornarono nella sala controllo, mentre gli uomini in nero andarono alla ricerca di Tang-Po, e a loro si aggiunsero anche le guardie del corpo, tranne due.
A Kaji dispiaceva per il ragazzo, avrebbe voluto aiutarlo, ma doveva pensare adesso a Rei e Shinji.
E poi Tang-Po non era in pericolo di vita.
Rioji entrò nella sala controllo, nessuno si curò di lui.
Lentamente si mise alle spalle degli uomini in nero, gli occhi di tutti erano puntati sui monitor o sulle vasche.
“Quanto manca al completamento del processo?”, chiese McCoy.
“Poco signore. Quei ragazzi hanno resistito molto, ma ormai tra quindici minuti al massimo le loro vecchie coscienze saranno distrutte”, rispose un operatore.
“Non credo”, commentò ironico Kaji.
Tutti si voltarono verso di lui, anche le guardie, che prontamente Kaji colpì al viso con la pistola mettendoli al tappeto.
Poi estrasse anche la pistola che teneva dietro la schiena e puntò entrambe contro i tecnici e contro Thoms e McCoy.
“Chi sei maledetto?!”, sbraitò il secondo.
“Stai zitto assassino”, rispose Kaji, che gli diede un calcio in mezzo alle gambe, aggiungendo: “Questo è per Asuka!” McCoy cadde a terra dolorante, mentre Kaji ordinò ai tecnici: “Spegnete quelle macchine infernali!”
I tecnici non si mossero.
L’uomo allora sparò contro uno dei monitor facendolo esplodere.
“Se non fate come vi dico, il prossimo bersaglio sarà la vostra testa!”. In realtà Ryoji non voleva eliminarli, ma era molto bravo a recitare la parte dell’uomo pronto ad uccidere.
I tecnici si spaventarono e subito spensero le macchine.
Lentamente Rei e Shinji smisero di agitarsi.
“Bene. E ora toglieteli da lì”.
Kaji si spostò fuori dalla sala di controllo, facendo spazio ai tecnici che uscirono e andarono a liberare i due ragazzi.
Thoms lo fissava imperturbabile: “Credi davvero di poter uscire di qui tutto intero?”, gli disse spavaldo.
“Io sono molto ottimista”.
Intanto i tecnici avevano liberato i ragazzi, che caddero in ginocchio e si tenevano la testa tra le mani, come se volessero fermarla da chissà quale movimento frenetico.
“Bene”, continuò Rioji, “ora entrate nella sala di controllo”.
I tecnici obbedirono, Kaji chiuse la porta e sparò alla serratura deformandola e bloccando quegli uomini dentro.
Dopo si chinò sui ragazzi: “Ragazzi, fatevi forza. Dobbiamo andarcene”.
“Si-signor Kaji, è… è lei?”, chiese balbettando Shinji.
I due ragazzi avevano un'espressione frastornata.
“D-dove siamo?”, chiese Rei.
“Nella tana del lupo”, rispose Kaji, “ed è arrivato il momento di lasciarla. Potete muovervi?”
Rei e Shinji cercarono di alzarsi, ci riuscirono, anche se barcollavano come se fossero ubriachi.
“Andiamo presto!”, li incalzò l’uomo.
Shinji si guardò intorno e chiese: ”Un… un momento… d-dov’è Asuka?”
Kaji non sapeva che dirgli: certo non poteva nasconderglielo, ma se Shinji lo avesse saputo in quel momento, sarebbe scoppiato a piangere, e il dolore lo avrebbe immobilizzato. Non era proprio il caso.
Perciò disse: “Te lo dirò dopo dov’è Asuka. Ora andiamo”.
Uscirono dalla stanza, mentre i tecnici si affannavano intorno alla porta.
“Lasciate perdere”, disse Thoms. “Sfondate la vetrata con le sedie”.
McCoy si rialzò.
“Spero per lei che quei quattro non riescano ad uscire da qui”, aggiunse tranquillo Thoms.
In un'altra ala del palazzo, Tang-Po stava dando parecchio filo da torcere agli uomini in nero, che nonostante fossero armati, non potevano usare le pistole perché avevano l’ordine di prenderlo vivo.
Ma Tang-Po era scatenato, menava pugni e calci a tutto spiano, saltava sulle scale metalliche, correva: un'autentica furia.
Tuttavia l’inferiorità numerica si fece alla fine sentire: lo avevano chiuso in un vicolo cieco, era circondato.
“Merda! E adesso che faccio? Accidenti a me e quando ho deciso di aiutare quegli imbecilli”, ringhiava il ragazzo.
Improvvisamente un esplosione risuonò dentro il palazzo, seguita da una sirena d’allarme.
“Che succede?”, si chiesero gli uomini in nero.
Se lo chiese anche Tang-Po, che comunque non si lasciò sfuggire l’occasione e si lanciò tra le gambe degli avversari, scivolando sul pavimento, per poi rialzarsi e correre via.
Ma gli uomini in nero non lo seguirono, anzi si sparpagliarono in altre direzioni.

Nel laboratorio gli uomini erano appena riusciti ad uscire sfondando la vetrata quando suonò l’allarme.
“E adesso che succede?”, si chiese McCoy.
“Signore”, gridò un tecnico giunto in quel momento, “gli uomini della Nerv ci hanno trovato. Hanno circondato il palazzo e hanno fatto irruzione. Sono…”.
L’uomo non fece in tempo a finire la frase perché qualcuno gli sparò alle spalle.
I soldati della Nerv stavano sopraggiungendo dagli ascensori e dalle scale, e avevano l’ordine di non fare prigionieri.
I tecnici fuggirono, insieme a Thoms, mentre McCoy rimase indietro.
Prima che potesse uscire dalla stanza, cinque soldati bloccarono l’accesso e gli puntarono i mitra contro.
“No, no, pietà vi scongiurò!”, implorò McCoy mettendosi in ginocchio.
Ma uno dei soldati disse: “Guardate, è Russel McCoy. Il nostro obbiettivo principale. Il comandante Ikari ci ha ordinato di ucciderlo a tutti i costi”.
Raffiche di mitra risuonarono nella stanza, seguite dal rumore di un corpo che cadeva a terra.

Mentre dentro il palazzo si scatenava il finimondo, Kaji, Rei e Shinji, uscirono dall’ingresso principale dell’edificio.
Erano scappati tutti, quelli usciti dal palazzo furono arrestati dalla polizia locale, mentre quelli che cercavano scampo fuggendo all’interno, venivano trucidati dai soldati della Nerv.
Kaji uscì dalla porta, e subito si vide una decina di uomini puntargli contro le loro armi.
Stava per dirgli che era uno dei loro, quando un ufficiale gridò: “Fermi! E’ Ryoji Kaji, lavora per la Nerv. E quelli sono i ragazzi rapiti”.
Li condussero dentro un ambulanza messa lì per evenienza.
Vi trovarono anche Tang-Po e Jean-Luc.
Erano stati loro ad avvertire i soldati della presenza di Kaji dentro l’edificio.
“A quanto pare, sembrerebbe tutto finito”, disse Kaji sorridendo.
“Sì, ma… ora ricordo! Come sta la signorina Misato? Le avevano sparato!”, esclamò Shinji allarmato.
“Non preoccuparti. Se la caverà. Quella donna ha sette vite come i gatti”.
“E Asuka?!”
Kaji rimase silenzioso, anche Tang-Po e Jean-Luc, al quale il primo aveva detto la fine di Asuka.
“Allora?!”, insistette Shinji sempre più allarmato dal loro silenzio.
“Ecco… vedi…”, cominciò esitante l’uomo.
“Salve a tutti. Come va?”, si intromise una voce femminile.
Kaji, Tang-Po e Jean-Luc sobbalzarono: era la voce di Asuka!
La ragazza spuntò fuori sorridente da uno sportello laterale dell’ambulanza, con a fianco Giovanni.
Era lei! Pallida, ma era lei!
“Ma… come… come è possibile?”, domandò Kaji.
“Sacré!!!”, esclamò stupefatto Jean-Luc.
“Che io sia dannato!”, affermò Tang-Po.
“Asuka!”, gridò felicissimo Shinji, che corse da lei e la abbracciò.
Per qualche secondo Shinji strinse la ragazza più forte che poteva, poi sbarrò gli occhi pensando: “Oh no! Che sto facendo? Asuka odia certe cose. Adesso mi ammazzerà!”.
Shinji stava per lasciarla, ma Asuka disse: “Cosa fai? Continua ad abbracciarmi stupido”, però il suo tono era dolce.

NEO-TOKYO 3-IL GIORNO DOPO
Tutto era finalmente tornato alla normalità.
Gendo aveva ordinato di fare un controllo completo ai tre piloti, per vedere se il tentato lavaggio del cervello avesse lasciato tracce.
Per fortuna non c’era nulla. Anche la sincronizzazione con gli Eva era a posto.
Misato si era ripresa quasi del tutto, tra una settimana l’avrebbero dimessa. Ritsuko aveva vegliato costantemente sulla sua amica, e quando stava per svegliarsi le fece trovare accanto al letto Rei, Shinji e Asuka, per rassicurarla. La donna, con le lacrime agli occhi per la felicità, li abbracciò tutti e tre e ringraziò anche la sua amica per la bella sorpresa.
Gendo non intraprese azioni disciplinari nei confronti di Kaji e dei tre nuovi piloti, grazie anche alla mediazione di Ritsuko.
Kaji inoltre spiegò a Ritsuko cosa fosse successo: lui era certo che Asuka fosse morta quando la vide su quella barella.
La dottoressa rispose: “C’è una sola spiegazione scientifica a questa, diciamo, resurrezione: Asuka era andata in catalessi”.
“Catalessi?”
“Sì, morte apparente. Evidentemente il suo metabolismo si era abbassato al punto che ha ingannato anche le macchine del nemico. Ma ormai Russel McCoy è morto, quindi non dovremo più temerlo”.
“Lui, ma adesso sappiamo che era solo lo strumento di qualcun altro”.
“Staremo all’erta”.
“Però, quale può essere stata la causa della catalessi? E come ha fatto a riprendersi? Giovanni ha detto che la ragazza si è alzata di scatto dalla barella, facendogli prendere un colpo. Pensava di avere di fronte uno zombie”.
Ritsuko si strinse nelle spalle: “Stavolta devo ammettere di non avere risposte”.

Asuka si stava riposando nella sua camera.
Era molto rilassata, e in quel momento si ricordò cosa le successe durante la sua apparente morte.

Asuka stava cadendo nel nulla.
Poi accade qualcosa: in mezzo all’oscurità si accese una piccola luce, Asuka la vide, cercò di raggiungerla, ma era troppo lontana.
La ragazza continuò a cadere, ma la luce non si allontanò, era sempre alla stessa distanza, come se la seguisse.
All’improvviso una mano uscì dalla luce e afferrò la giovane.
L’oscurità si illuminò, ed Asuka si ritrovò a galleggiare in un mondo di luce.
Non capiva cosa le stesse succedendo: era forse morta?
“Asuka”, la chiamò una voce dietro di lei.
“Questa voce.” Asuka non riusciva a crederci.
Era la voce di Michael.
Il ragazzo era dietro di lei, sorridente.
Indossava lo stesso vestito del loro appuntamento.
“Michael! Michael!”, gridò felicissima Asuka, che si diresse verso di lui, e lo abbracciò.
Muoversi in quel nulla era come nuotare.
“Michael! Quanto mi sei mancato! Se io sono qui, vuol dire che sono morta, vero?”
“No. Solo apparentemente. Sono stato io a farlo perché avrò solo questa occasione per parlarti”.
“Ma Shinji… e Ayanami?”
“Non preoccuparti. So già come finirà il tutto. Se la caveranno”.
“Allora posso restare con te per sempre”.
“No, Asuka”.
“Come no?”
“Asuka, io ti amo, ma non sono la tua anima gemella. E’ stato molto bello quello che abbiamo passato insieme, però ora stai sbagliando”.
“Cosa sto sbagliando?”
“Asuka, ricordi la discussione che avemmo quella sera, quando ci siamo baciati?”
“Come potrei dimenticarla?”
“Infatti. Io allora ti dissi che non bisogna sbarazzarsi del proprio passato, perché per quanto si possa aver sofferto, sono le cose che ci portiamo dentro a fare di noi ciò che siamo. Con tutti i difetti, ma anche con i pregi. Tu sei una ragazza fantastica Asuka, se decidi di ricominciare daccapo, cancellando il tuo passato, perderai te stessa. Sbagli a pensare di risolvere tutto agendo così.
Il passato è importante, basta non esserne schiavi. E tu cosi devi agire”.
“Ma io…”, Asuka abbassò lo sguardo.
“Asuka, io sono stato solo un qualcosa di passeggero, è un'altra la persona che è fatta per te. E se ora parti, anche se dici che non sarà un addio, ti assicuro che lo perderai per sempre”.
“Vuoi dire… parli di Shinji?”
“Sì. Tu finora hai sempre evitato gli uomini perché in fondo temevi che ti facessero soffrire, ma credimi, Shinji non ti farà soffrire. Quel ragazzo possiede una bontà, una generosità straordinarie. E’ lui la tua anima gemella. Lui è sempre stato attratto da te. E anche tu da lui, che però non si è mai dichiarato perché in parte è troppo timido e in parte perché non si ritiene degno di stare con te. Mentre tu l’hai sempre evitato perché ti bloccavano le sofferenze del passato. Ora basta. Non devi più esserne schiava”.
Asuka si sentiva strana, poi sollevò lo sguardo e fissò Michael.
“Michael… tu… tu hai ragione. Stavo commettendo un altro dei miei sbagli. Ma ora lo so, ora so chi devo amare”.
“Brava Asuka. E’ così che ti voglio, decisa. Ora devo andare”.
“Michael, ti rivedrò ancora?”
“Forse”, rispose Michael sorridendo e facendo l’occhiolino.
I due ragazzi cominciarono ad allontanarsi sempre di più, Michael diventò un puntino minuscolo.
Poi tutto divenne nero, Asuka aprì gli occhi e si alzò di colpo.
Era su una barella, e davanti a lei c’era un ragazzo vestito di nero, che vedendola gridò: “Santa Madre!”
Era Giovanni, uno dei nuovi piloti.

Asuka sentì qualcuno bussare alla sua porta.
Si sentì la voce di Shinji: “Asuka, posso?”
“Certo. Entra pure”.
Lui entrò un po’ titubante: “Come stai?”
“Bene. Ma cosa fai lì in piedi? Vieni a sederti”.
Shinji si sedette su una sedia a fianco al letto.
“Non intendevo lì. Siediti qui accanto a me”.
“Co-come?”
“Sì. Vieni”. Asuka gli indicò un punto del letto battendoci sopra con la mano.
Shinji, imbarazzato, si sedette.
Dopo qualche attimo di silenzio, il ragazzo chiese: “Hai ancora intenzione di partire?”
“Certo che no. Senza il mio aiuto, come fareste contro gli Angeli?”, affermò con finta spavalderia la ragazza.
“Davvero?!”, Il volto di Shinji si illuminò.
“Certo”.
“Shinji, a proposito, ti ricordi la proposta che mi hai fatto qualche giorno fa di aiutarmi?”
“Sì. Scusami per averlo fatto”.
“Ti sbagli Shinji. Sono io che devo scusarmi per aver rifiutato la mano che mi hai teso. Ma ora, sei in grado di tenderla di nuovo a questa stupida?”
Shinji la fissava stupito: era la prima volta che Asuka si scusava con lui. Il ragazzo si fece coraggio e le tese la mano.
Asuka la prese e la strinse.
I due ragazzi si guardarono in faccia.
Asuka di scatto si avvicinò a Shinji e lo baciò.
Shinji, inizialmente sorpreso dal gesto, si irrigidì.
Poi si rilassò e la abbracciò.
La luce del pomeriggio avvolgeva i due ragazzi, che proiettavano un'unica ombra sul pavimento.

  
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