Fanfic su artisti musicali > Adam Lambert
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Autore: Emo pumpkin    08/09/2015    3 recensioni
okay allora, è la mia prima e unica fanfiction su Adam e boh, non so cosa ne sia venuto fuori esattamente.
Concerto di Amsterdam, 2010, lo ricorderete no? E' quando c'è stato quel fantastico bacio tra Adam e Tommy ed è proprio questo di cui parla la ff (quindi se non vi piace la coppia non leggete, io vi ho avvisate u.u).
Dal testo: "Non poteva venirmi un attacco di panico in un altro momento? No! Ovviamente prima del concerto di Amsterdam!
Ero rimasto da solo dentro al camerino riservato ai musicisti, tutti gli altri erano fuori, dietro le quinte o nei dintorni, tanto per sciogliere la tensione, o fare le ultime prove. Malgrado le pareti del camerino fossero quasi del tutto asonorizzate, sentivo lo stesso i cori delle migliaia di fan radunate sotto al palco che urlavano –Adam! Adam!- scandendo accuratamente tutte le sillabe."
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Adam Lambert, Tommy Joe Ratliff
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono imperdonabile lo so, sono passati tipo due mesi da quando ho aggiornato l’ultima volta, non ho scusanti per questo ritardo, non posso incolpare nessun blocco dello scrittore dato che la ff è già finita e non aspetta che essere copiata. Quindi mi dispiace, vi prego di non linciarmi, e li lascio al quinto capitolo.
Baci, Sofia
 
 
 
CAPITOLO 5
Dopo i circa quarantasette minuti che impiegai a prepararmi, uscii dalla stanza vestito e truccato (sì, okay, lo ammetto, anche a me piace truccarmi, non tanto quanto a una diva del pop di mia conoscenza, ma non disdegnavo un po’di matita e ombretto) di tutto punto.

Percorsi il corridoio verso l’ascensore con le mani affondate nelle tasche del cappotto e la testa incassata nelle spalle.

Arrivato a pochi passi dall’ascensore mi bloccai come congelato, impossibilitato a muovermi, le gambe che non seguivano i comandi del mio cervello, erano come inchiodate al parquet del pavimento.

E tutto questo per chi, se non per lui?

Adam era di fronte alla porta della sua camera e sembrava stesse aspettando qualcuno, non potevo andare all’ascensore senza passargli di fronte; era sovrappensiero e non mi aveva ancora visto così presi in seria considerazione l’idea di tornarmene in camera, ma proprio mentre stavo per voltargli le spalle si accorse di me: -Tommy!- esclamò.

Lo salutai con un cenno del capo e poi tirai dritto verso l’ascensore, ma a meno di un metro da quelle porte in lucido acciaio che erano la mia salvezza venni tirato indietro: Adam mi aveva afferrato per il cappuccio del cappotto.

-Dove vai?- mi domandò.

-Esco-

-Da solo?-

-Sì, magari trovo qualche bella olandesina da portarmi in camera. Ti chiederei di accompagnarmi e farmi da spalla se non sapessi che non sono il tuo genere- risposi caustico.

Inarcò le sopracciglia e rimase lì a fissarmi, sorpreso dal mio tono.

-Non mi va molto a genio che il mio bassista vada in giro per una città sconosciuta da solo-

Sentii il cuore in gola quando calcò la voce su quel “mio”, aveva un tono possessivo, che andava ben oltre il nostro rapporto lavorativo.

Lo squadrai da capo a piedi mentre anche lui mi fissava; aveva addosso una vestaglia lilla, con il bordo del collo, delle maniche e quello inferiore foderato di pelliccia viola melanzana, non aveva trucco sul viso, niente brillantini, nemmeno un po’ di mascara sulle ciglia scure o di fondotinta sulla pelle, così che le sue lentiggini fossero visibili. Era la prima volta che lo vedevo totalmente al naturale, e mi piaceva, sembrava più giovane e meno diva del pop isterica.

Mi scappò un risolino quando vidi che ai piedi portava delle assurde pantofole a forma di Gatto Silvestro.

-Adesso mi odi, vero Tommy?-

Alzai gli occhi e mi strinsi nelle spalle. –Non mi va molto a genio essere l’oggetto di una scommessa-

Lo sentii sospirare e ero certo che si fosse passato una mano sugli occhi, era un gesto che faceva spesso.      -Sapevo che non avrei dovuto dirlo…-

-No- lo interruppi. –No, sei stato onesto. Sono io che non avrei dovuto farmi illusioni su ciò che è successo-

Le sue mani si posarono sulle mie spalle e così alzai gli occhi per incontrare i suoi.

-Aspetta, fammi spiegare-

Non dovevo farmi incantare di nuovo, non potevo essere così stupido da cascarci di nuovo… epure la sincerità che leggevo in quegli occhi color del cielo mi spiazzava.

Annuii.

Ebbene sì, ero così stupido da cascarci di nuovo.

-Possiamo entrare? Ci sediamo e ti offro qualcosa. Parlare qui in corridoio non mi piace-

Mi prese per il polso e mi obbligò a seguirlo nella sua stanza, quasi avesse paura che potessi scappare da un momento all’altro.

La sua camera era pressoché identica alla mia, televisore a schermo piatto appeso alla parete, un divano con i cuscini verdi e un letto con le coperte della stessa tinta, la porta del bagno era socchiusa.

-Vuoi qualcosa da bere?- mi domandò aprendo il frigo bar. –Bibite, succhi, una birra… oppure possiamo chiamare il servizio in camera e farci portare qualcosa di più forte-

Scossi la testa, mi tolsi il cappotto e lo appoggiai sulla testiera del divano. Sprofondai nei cuscini quando mi sedetti.

Adam si sedette accanto a me, appoggiando un gomito sull’altro bracciolo, a dividerci c’erano sì e no una trentina di centimetri. Quando accavallò le gambe la vestaglia scese, lasciandogli scoperta la gamba a partire da metà coscia.

Arrossii cercando di non guadare il piccolo affossamento che si creava sul quadricipite quando si contraeva.

-Allora?-

-Allora…-

-Se non era una scommessa perché mi hai baciato?- domandai, via il dente via il dolore.

Un sorriso tirato si aprì sul suo viso –Molto diretto…- commentò.

Scrollai le spalle e raccolsi le gambe al petto, poggiando poi il mento sulle ginocchia, in attesa della sua spiegazione.

Sospirò –Non c’è nessuna scommessa. Ti ho baciato solo ed esclusivamente perché volevo farlo, e da molto tempo-

In effetti aveva provato a baciarmi altre volte prima di questa sera sul palco, come nei camerini, e durante le prove.

-È che… Tommy, tu  mi piaci, davvero, è dalla prima volta che ti ho visto che non esci dai miei pensieri, che…-

-Allora perché? Perché hai detto che era tutta una scommessa? Perché non mi hai più guardato dopo quel bacio?- chiesi con il respiro affannato e le guance in fiamme.

Gli piacevo. Gli piacevo davvero!

Io stesso faticavo a credere a quelle parole.

Il sangue mi pulsava nelle orecchie a  velocità doppia, come se il cuore volesse esplodere.

Gli occhi blu di Adam si spalancarono per la sorpresa –Pensavo di aver mandato tutto a farsi fottere, ecco perché! Hai idea di come mi sia sentito quando ti sei fermato?-  esclamò, la voce che come sempre raggiungeva note altissime.

-Sei stato tu a fermarti- replicai io.

Incredibile come stessimo ancora discutendo quando avremmo dovuto stare zitti a fare ben altro.

-Oh no, honey! Stava andando tutto da Dio e poi tu ti sei bloccato di colpo- disse alzandosi in piedi e iniziando a fare avanti e indietro per la camera di fronte a me.

Mi alzai a mia volta e gli posai le mani sugli avambracci incrociati, sorrisi nel vedere quanto fosse preoccupato.

-Ehm… forse mi sono davvero fermato senza rendermene conto- mormorai.

Adam sbuffò ma i suoi occhi rimasero incollati ai miei.

-Probabilmente è stato quando mi sono reso conto che quello è stato il bacio migliore della mia vita e che anche tu mi piaci-

Stupore, incredulità, meraviglia e felicità, ecco tutto quello che passò sul viso di Adam in meno di un secondo.

-Quindi…-

-Esatto-

-Anche tu…-

-Sì-

-Ti piaccio sul serio?-

-Quest’insicurezza non è da Adam Lambert- sogghignai.

La sua risata riempì la camera, poi di colpo le sue braccia si strinsero attorno al mio corpo in un abbraccio strettissimo.

Prima di baciarmi mi sollevò senza sforzo tanto che le punte dei miei piedi non sfioravano il pavimento.

Le nostre labbra si incontrarono di nuovo e quello fu un bacio più tenero e giocoso del primo.

Fu lui a voler approfondire quel contatto intrufolando la sua lingua tra le mie labbra, oltre la barriera dei denti.

Così, mentre mi mordicchiava il labbro inferiore, fui libero di stringere le braccia attorno al suo collo.
  
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