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Autore: Michan_Valentine    08/09/2015    3 recensioni
Cid Highwind e le donne. Più o meno.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Cid Highwind, Shera, Tifa Lockheart, Vincent Valentine, Yuffie Kisaragi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Cid assottigliò lo sguardo e lo puntò sulla femmina fastidiosa che gli si stagliava di fronte. Dall’altra parte del tavolo Shera ricambiò con ostinazione, mani su fianchi. ‘Fanculo! Ecco cosa succedeva a essere gentili con le femmine. Bastava anche una sola volta per dare loro l’idea di possedere dei diritti. Su qualsiasi cosa e su chiunque, ovviamente.

“Cazzo, donna! Questa è ancora la mia cucina, perciò smettila di avanzare questioni e servi quel fottuto tè! Non ho mica tutta la giornata a disposizione, io!”

E già gli toccava alzare la tavoletta ogni volta che andava a pisciare – e solo perché aveva commesso l’errore di offrirle vitto e alloggio in qualità di… serva, sì.

Shera batté le palpebre e inarcò il sopracciglio, mentre la determinazione sul suo viso acquisiva le sfumature dell’incredulità. Beh? Che c’era di così difficile da capire? Tanto più che la teiera fischiava già da un po’, posizionata sui fornelli retrostanti. 

Cid,” intervenne lei, “ti ho solo chiesto di accomodarti. Dov’è il problema?”

Il Capitano trasalì. Lo sapeva lui dove stava il problema! Ce l’aveva davanti in tutta la sua femminile testardaggine! Tuttavia ricacciò l’istinto di buttare all’aria il tavolo e andò con gli occhi alla tazza lì disposta, in attesa di lui. Poi di nuovo a Shera. In effetti esordire con “posso berlo anche da qui, in piedi sulle mie cazzo di gambe” poteva risultare un po’ eccessivo, se decontestualizzato. Peccato che non avesse alcuna intenzione di fornirle spiegazioni. Da quando in qua era divenuto un obbligo, poi?

Ah, le femmine! Sempre a fare domande. Le meno opportune, ovviamente. E che aveva ancora da guardare, quella?! Forse era meglio fare uno sforzo e andarle incontro. Soprattutto se voleva chiudere la questione e uscirne… pulito, ecco. Aveva una reputazione da proteggere, lui. Senza contare che l’altra avrebbe potuto cominciare anche ad annusarlo e a frugargli nelle tasche di nascosto, alla ricerca di chissà quale indizio o spiegazione. Il sospetto era compagno fedele degli esseri dotati di utero; senza contare la pericolosa tendenza che avevano a farsi film mentali degni degli oscar. Per la fantascienza.

“Mi siedo, ok? Guarda, lo sto facendo. Porca troia se lo sto facendo. Contenta?” grugnì quindi; e scansò la sedia dal tavolo con la delicatezza di un behemoth incazzato.

“Dal fermo sostenitore de ‘metti il culo sulla sedia e bevi la tua fottuta tazza di tè’ non potevo aspettarmi niente di meno, dopotutto,” commentò Shera, peraltro continuando a fissarlo senza occuparsi della teiera. E del suddetto – fottuto – tè.

Al colpo basso Cid reagì con un’occhiataccia cui Shera rispose arricciando le labbra verso l’alto.

“Su, accomodati che ti servo il tè,” soggiunse l’altra; e l’esortò a farlo con un plateale gesto della mano.

“Lo sto facendo, donna, non vedi? Oppure i fondi di bottiglia che hai sul naso non servono a un cazzo? E sei pure diventata volgare. Sarà che ti stai avvicinando alla mezz’età. Brutta bestia la menopausa, eh!”

“Sto aspettando,” sottolineò la diabolica femmina; e senza cedere alle offese. Gli anni di duro allenamento – gentilmente offerti da lui – stavano dando i loro frutti, evidentemente; e Cid fu certo di scorgere delle sfumature tronfie – e vagamente maliziose – nel sorriso che teneva stampato in faccia. Fece una smorfia.

“Mi stai sfidando?”

“Assolutamente no, perché lo pensi? Non sentirti minacciato nell’orgoglio, si tratta solo di una tazza di tè!”

Dici? Guarda che lo faccio. Non ho problemi nel farlo, io.”

“Fallo.”

Cid trattenne il respiro, contrasse i muscoli e sedette. Una fitta di dolore gli serpeggiò lungo tutta la colonna vertebrale al solo contatto con la sedia. Ciononostante si costrinse a trattenere la colorita bestemmia che gli era salita alle labbra – e che vedeva Jenova associata a bovini e suini vari. Roba da far girare la testa al cocco della mammina, alias Sephiroth in persona.

Quando il Capitano tornò a puntare la femmina, colmo d’orgoglio per l’impresa appena compiuta, quella gli dava beatamente le spalle, intenta ad armeggiare con la teiera e il tè. Ok, lo stava facendo apposta. Eccome. Prima gli dava il tormento – stracciandogli deliberatamente le palle con questioni irrilevanti – e poi non gli dava nemmeno la soddisfazione di riconoscere la sconfitta. E capirne il perché stava diventando man mano prioritario.

Shera finì di sistemare il tutto e tornò al tavolo come nulla fosse. Anzi, quasi s’aspettò che iniziasse a canticchiare fra sé e sé. E solo perché di fischiettare non le riusciva. Era roba da uomini, quella! Cid assottigliò maggiormente lo sguardo e studiò i suoi movimenti, sospettoso. L’altra si limitò a fiancheggiarlo e a servirgli il tè in tutta seraficità.

“Prego, Capitano,” disse Shera; e tornò a rassettare il piano da cucina.

Cid fissò la bevanda fumante e l’eventualità che fosse avvelenata lo sfiorò seriamente per la prima volta. Kisaragi gliel’aveva augurato così tante volte che, cazzo, ormai cominciava a credere che fosse possibile! Scosse la testa e – più per orgoglio che per altro – si portò risolutamente la tazza alla bocca, prendendone un lungo, intenso sorso. Proprio allora la malefica donna aprì la bocca e disperse altre sentenze non richieste. E senza nemmeno prendersi la briga di voltarsi!

“Vincent se n’è andato all’alba. L’ho incontrato per caso, altrimenti sarebbe scomparso senza dire una parola. Tipico di lui, vero? La prossima volta invitalo a restare per il tè.”

E Cid sputò il suddetto – fottuto – tè tutt’intorno e persino dal naso. Decisamente: Shera aveva intenzione di ucciderlo, in un modo o nell’altro.
 
***
 
Cid poggiò sul bancone del Seventh Heaven l’ultima cassa colma di bevande e si stiracchiò. Il dolore alla schiena gli si propagò inevitabilmente da sotto a sopra e quasi lo costrinse a piegarsi in due. E a rimpiangere l’aiuto che aveva dato alla procace proprietaria del bar. Specie quando quest’ultima lo guardava di sottecchi dall’altra parte del piano.

“Cazzo, Lockheart, ho capito che hai un debole per i biondi, ma toglimi gli occhi di dosso! E poi io non ho né crisi d’identità né problemi d’emicrania. Niente a che fare col tuo tipo medio!”

La suddetta sobbalzò, piccata dal commento. Tuttavia non arrossì, né l’agguantò per il bavero come faceva solitamente allorché l’imbarazzo crescente la metteva alle strette. Che delusione. Specie quando nell’ultimo periodo le donne della sua vita non facevano altro che riservargli una sospetta e irritante… accondiscendenza, ecco. Accondiscendenza che puzzava di presa per il culo lontano un miglio.

“È che mi sembri così stanco, Cid. Ti fa male la schiena? Mi spiace di averti chiesto aiuto col magazzino, purtroppo Cloud è impegnato con le consegne. Ma non dovresti sforzarti se non te la senti,” commentò l’altra in tutta tranquillità. Anzi, con un’espressione accorata che lo fece sentire alla stregua di un vecchio rincoglionito con un piede già nella fossa.

Un momento. Che stava succedendo tutto d’improvviso? Si poteva dubitare di tutto. Del fatto che Cloud Strife fosse eterosessuale, ad esempio. E che avesse accettato di travestirsi da donna al solo scopo di entrare in un bordello la diceva assai lunga. Per non parlare del tempo che ci aveva messo per… riconoscere l’esistenza di Tifa.

Si poteva dubitare anche del fatto che le tette della Lockheart fossero naturali – perfino dopo averlo appurato ogni tanto tornava da chiederselo, specie quando le si vedeva sballonzolare in giro. O del fatto che Yuffie Kisaragi respirasse fra una parola e l’altra. E non voleva nemmeno vincere facile, tirando in ballo l’indefinibile Vincent Valentine di cui ignorava perfino l’esatta… specie. O età. Ma ciò che non si poteva assolutamente mettere in discussione era la sua innegabile e preponderante virilità – in ciascuno degli ambiti, ovviamente. Cazzo! Non c’era poro della sua pelle che non trasudasse testosterone! Ma quelle vipere imbellettate sembravano non accorgersene. O fare di tutto per sminuirlo, manco si fossero messe d’accordo.

Cid puntò la barista e inarcò infidamente il sopracciglio. Dopodiché recuperò una cicca, se la piazzò fra le labbra e l’accese.

“Tu piuttosto,” ribatté; e trasse una profonda boccata di fumo. “Stai perdendo colpi, cara la mia Lockheart. Sei fiacca. Cazzo, se lo sei. Non alzi le mani, non rispondi alle provocazioni. Nemmeno mi fai il fottuto sermone su Strife, la comprensione e le buone maniere! Cos’è successo, ti è morto il gatto?”

Tifa batté le palpebre, confusa.

“Io non ho un gatto, Cid,” replicò poi, fermandosi a mezz’aria con due bottiglie fra le mani.

“Ed è per questo che non si spiega perché cazzo tu sia così smorta,” convenne il Capitano. “Specie quando hai quel gran paio di bocce e stai ancora ad aspettare che l’uomo delle consegne se ne accorga! Hai intenzione di morire vergine nell’attesa? Non so se l’hai notato, ma fra il genere maschile il tuo bello rappresenta l’eccezione che conferma la fottuta regola. Se si esclude anche Valentine, ovviamente. Ma lui è morto dentro. Qual è la vostra cazzo di scusa, invece?”

Ecco, ora l’avrebbe assalito. Con sua grande soddisfazione avrebbe visto le guance della Lockheart tingersi di rosso. E sì, forse si sarebbe preso un pugno – o anche due – ma persino l’idea di rimetterci i denti era preferibile all’indifferenza. Dopotutto Cid Highwind non era di certo uomo da passare inosservato! Ciò pensando si concesse una seconda, più intensa boccata di fumo, il sogghigno impresso sulle labbra.

Cid,” esordì invece la prosperosa femmina; e si concesse pure un piccolo sospiro. “Non c’è bisogno di prendersela. Sono solo preoccupata per il tuo mal di schiena, tutto qui.”

Dici? Non so di cosa tu stia parlando. Sono un maschio forte, sano e pieno di vigore. E ti sto guardando le bocce di cui sopra, cara la mia aspetterò-in-eterno Lockheart.”

“Stai mettendo in imbarazzo i clienti,” replicò l’altra prima di voltarsi e di posizionare le bottiglie sul ripiano inferiore della scaffalatura, piegandosi praticamente a pigreco.

“E ora ti sto guardando il culo – che per inciso è praticamente all’aria. Dovresti tenerlo a mente quando prendi da bere per la tua cara – e sensibile – clientela. Sai se te lo chiedono spesso?”

Con un rumore secco la Lockheart posizionò l’ultima bottiglia sullo scaffale; e Cid fu certo che avesse raggiunto finalmente il limite di sopportazione. Ma Tifa si voltò l’istate seguente, incrociò le braccia al petto e replicò con nonchalance: “Davvero, Cid. Non devi dimostrare niente a nessuno.”

Cosa?! Dimostrare? Lui? Ma che accidenti stava succedendo a tutte le femmine del Pianeta? Sindrome premestruale congiunta? Perlomeno si spiegava la lunaticità e la voglia di attaccar briga! Ed erano loro a stuzzicarlo, altroché! Prima Shera si prendeva gioco di lui in casa sua e ne metteva in discussione l’autorità, come se fosse il primo sbarbatello di passaggio. Di quel passo avrebbe preteso pure l’uso delle pattine e messo il divieto di fumo. E ora la Lockheart faceva la superiore, minando al suo orgoglio di maschio verace, per di più! Era… troppo, ecco. Tant’è che si sfilò la cicca dalle labbra, poggiò il braccio sul piano e si sporse oltre il bancone col cipiglio di guerra.

“Senti un po’, c’è forse una fottuta congiura di cui sono all’oscuro? Cos’è, la guerra delle racchie, il ciclo via ha dato alla testa oltre che all’utero o cosa? Perché se c’è qualcuno che deve dimostrare qualcosa quello chiaramente non…”

Lo scampanellio improvviso della porta preannunciò l’ingresso di qualcuno nel Seventh Heaven. Di rimando Tifa sorrise e guardò da quella parte, ignorandolo bellamente. E Cid bestemmiò Jenova a denti stretti. Chi era che rompeva le palle in un momento così… cruciale?

“Vincent, capiti a fagiolo! Perché non ci pensi tu a spiegare a Cid che non c’è niente di male – e di poco virile – ad avere il mal di schiena?”

Eh, no! Questo, per la figa dentata e tentacolare di Jenova vacca, no! Cid rabbrividì alla sola – inaccettabile – prospettiva e la sigaretta gli sfuggì di mano. Il resto fu solo un grande, insopportabile bruciore lì dove la cenere l’aveva scottato. E non solo.
 
***
 
“E quindi ti fa male il cul… la schiena. SCHIENA. O fondo schiena. Insomma, giù di lì, no? Il passo è breve! E perché sarebbe un segreto di stato? A una certa età è normale avere degli acciacchi. Se non sei Valentine, ovvio.”

Cid sbuffò fumo dalle narici alla stregua di una ciminiera incazzata e puntò lo sguardo sulla ninja accomodata dirimpetto. Davanti alla bamboccia presenziava una coppa di gelato più grande di lei.

“Fottiti, Kisaragi. Ho 35 anni – 35-‘fanculo-anni – e ne vado fiero. E piantala di nominare quello lì! Che, c’avete il suo nome incollato alla bocca voi femmine? E che cazzo!”

La ninja affondò il cucchiaino nella coppa e inarcò il sopracciglio.

“Fumi decisamente troppe sigarette… la nicotina ti rende nervoso. Anzi, fuori di te.”

“Non è la nicotina a rendermi fuori di me. T’assicuro.”

Valentine.”

“Porca troia e porco cazzo falla finita!”

“Peccato, era divertente. E – tanto per essere chiari, Highwind – mi hai portata qui solo per insultarmi?”

“No, per farti ingozzare fino a scoppiare, a quanto vedo. Di questo passo non entrerai più dalla porta di casa e tuo padre – l’imperatore, eh – sarà costretto a chiamare un cazzo di fabbro.”

“Tutta invidia perché sono giovane – GIO-VA-NE –  e carina. E perché di notte non mi viene il rigurgito esofageo, i reumatismi e tutte quelle cose da vecchi decrepiti lì. E comunque non potevi pretendere il mio aiuto in cambio di niente. E il gelato è solo per iniziare.”

Cid si passò le mani fra i capelli e rimpianse amaramente l’attimo di debolezza che l’aveva spinto a contattare la Kisaragi. Su una cosa aveva ragione, la mocciosa stracciacazzi, era decisamente fuori di sé. E Dubitava che tutta la nicotina del mondo sarebbe servita a calmarlo. Eppure se c’era qualcuno che poteva spiegargli cosa diavolo stesse succedendo alle femmine attorno a lui era senza ombra di dubbi l’ultima rimasta di queste. Quella meno femmina, tra l’altro – e quindi più comprensibile. Almeno da un determinato punto di vista.

“Allora… è ovvio che non hai più l’età e la tempra necessari per un certo… tenore di vita, diciamo. È ora di scendere a patti con se stessi, Highwind. Di ridimensionarsi. Te lo dico d’amica. Altrimenti rischi di renderti ridicolo. Anzi. Non è un rischio, piuttosto una realtà.”

“Ti ho già detto di fotterti?” replicò Cid; e si portò nervosamente la cicca alle labbra. “Il mio tenore di vita è il solito e mi sta fottutamente bene così. Quello che è cambiato è il vostro atteggiamento! Eccolo qui qual è il mio problema. Altro che mal di schiena, altro che reumatismi e rigurgiti gastroesofagei! Cazzo santo! Siete voi femmine il mio problema!” urlò; e indicò la dirimpettaia con un gesto secco. Stizzito, sarebbe stato meglio dire.

La Kisaragi affondò il cucchiaino nella panna e se l’infilò in bocca senza battere ciglio.

Dici?”

“Dico. Assolutamente,” insistette. “Passate la vita a lamentarvi di tutto. Quanto sei maschilista, quanto sei volgare. Sei troppo aggressivo, Cid Highwind. Bevi la camomilla, non il tè. Ricordati di asciugare le gocce sul lavandino. Il fumo passivo uccide! Tieni le mani e gli occhi apposto! Jenova vacca c’è da impazzire! Andate a dormire ed è bianco, vi svegliate ed è nero! Dite il contrario di quello che intendete e la parola ‘niente’ significa ‘tutto’.”

“Sì, e se siamo nel campo scientifico vi ritrovate pure cadaveri e geneticamente modificati. Nevvero?”

Verissimo; e farò finta di non notare che ci hai ficcato di mezzo tu-sai-chi. E non parlo di Cait Sith,” convenne. “Resta il fatto che siete incontentabili. Incomprensibili e lunatiche. E, soprattutto, non parlate mai – e dico mai – chiaro. ‘Fanculo! Siete dei cazzo di quadri astratti a libera interpretazione! E l’aggeggio che avete fra le gambe promette il paradiso, ma dispensa tenaglie per la castrazione nera, altroché!”

“O forse siete voi che siete troppo stupidi o insensibili per capire l’ovvio,” ribatté la ninja, recuperando altro gelato dalla coppa. “Tu dici che Shera e Tifa si comportano in modo strano...”

“Nemmeno tu me la conti giusta, se è per questo. E fai la stronza.”

“…che mettono in discussione la tua virilità. E io dico che hai solo una grossa – enorme, colossale – coda di paglia, caro il mio Cid – m’infiammo facilmente – Highwind,” terminò la ninja; e gli scoccò un’occhiata maliziosa. Così maliziosa che per un attimo gli sembrò una femmina a tutti gli effetti anche lei, di quelle che lo facevano uscire fuori di testa; a dispetto delle tette inesistenti e delle maniere da scaricatore di porto. “Sicuro che quello che ha dei dubbi a riguardo non sia proprio tu?”

Per un attimo Cid restò a bocca aperta. E per poco la cicca non gli finì di nuovo sui pantaloni. Quindi era colpa sua? Stronzate. Era ovvio che la Kisaragi facesse parte della congiura in atto! E ne ebbe la conferma quando l’altra deglutì l’ultimo cucchiaino di gelato e soggiunse, con un sorriso a trentadue denti che avrebbe abbagliato pure il sole: “E per questa mirabolante perla di saggezza mi merito almeno – e sono a dieta – altre due coppe di gelato! Perciò metti mano al portafoglio e tira fuori i Gil!”
 
***
 
Sdraiato supino nel letto, Cid si soffermò a fissare il soffitto, dove le scie grigie s’innalzavano e si disperdevano. Tirò una boccata, la punta della cicca s’arrossò e altro fumo gli uscì dal naso. Tuttavia c’erano ancora molte – troppe cose – che gli sfuggivano. E che non gli andavano giù. E rilassarsi gli risultava impossibile, anche dopo il piacevole passatempo appena concluso.

Aggrottò le sopracciglia, inseguendo i miasmi del tabacco su per il soffitto, e si grattò il petto nudo e muscoloso. Poi la realizzazione lo colpì con la violenza di un maglio e lo lasciò senza fiato, facendogli addirittura sgranare gli occhi.

“Gliel’hai detto. Cazzo, sì. Tu gliel’hai detto. A quelle!”  

Valentine, accomodato al margine del letto e intento a rimettersi i pantaloni, sollevò lo sguardo su di lui; e a Cid sembrò di scorgere un interrogativo sul fondo di quelle iridi rosso sangue.

“Alle arpie!” specificò quindi, cercando di essere più esaustivo. “Cazzo, Valentine! Hai idea di quello che mi hanno fatto passare? Tutto il tempo a stuzzicarmi e a prendermi per il culo! E la Kisaragi mi ha praticamente lasciato al verde!”

“Io non ho detto niente,” commento l’altro senza fare una piega.

Cid l’osservò per un attimo; poi convenne: “No, certo che no. Tu non dici niente. E basta. Giusto?”

“Quando vieni nella mia stanza,” continuò Vincent, monocorde e monoespressione, “spesso ti addormenti. E russi forte. Non sono stupide, Cid.”

Cazzo! Certo che non erano stupide. Tutt’altro. Erano delle streghe manipolatrici, bastarde e criminali! Femmine dalla testa ai piedi! E ovviamente ad andarci sotto era stato lui, perché Valentine sembrava intoccabile, nella sua aura da uomo – o quasi tale – alto, bello e tenebroso. E, poco ma sicuro, per via della sindrome da crocerossina tipicamente femminile con lui – poverino – le tre vipere ci sarebbero andate pure coi guanti bianchi!

Sul punto di esplodere, Cid piantò ambo le mani sulle coperte, si protese da quella parte e urlò: “Quindi la mia virilità è stata messa in dubbio perché, al contrario di qualcuno che nel letto sta fermo e zitto come un morto, io russo e sbavo sul cuscino come un vero – verace – uomo? Questo è troppo! Troppo! Sai che ti dico, Valentine? Non rompi il cazzo per la tavoletta alzata o per le gocce sul lavandino e di sicuro il fumo passivo non ti uccide… ma non sono le donne il mio problema! Sei tu il mio cazzo – fottuto e fottutissimo – problema! E se mi sento meno uomo è solo colpa tua! E già che ci siamo, brutto stronzo asociale di merda, piantala di rompermi il culo – bestiaccia – e di andartene alle prime luci dell’alba come un cazzo di ladro! Santa Jenova protettrice delle vacche baldracche quanto mi fai incazzare!”

Per tutta risposta Valentine arricciò leggermente le labbra verso l’alto, gli tolse la sigaretta di mano e si concesse una – sexy – boccata di fumo. Dopodiché gli scoccò un bacio a fior di labbra, gli restituì la cicca e si allontanò come se ciascuna parola gli fosse entrata da un orecchio e uscita dall’altro. Di rimando Cid digrignò i denti e si sentì letteralmente ribollire dentro, perché poi quel bacio gli era pure piaciuto.

“Valentine, sul serio... dal più profondo del cuore… Vaffanculo. Con la rincorsa e pure con la sabbia!”
 
Riecchime col secondo esercizio della serie. Lol. Sì, fa cagare pure questo. ùù' Anche perché ho fatto uno strano esperimento. Mi sono seduta e ho cominciato a scrivere senza sapere bene cosa... ed ecco il risultato. ^^' Per cui se non si capisce... è normale. Credo. Intanto era da un po' che volevo cimentarmi in una Valenwind, anche se strana come questa. oo' Perché sì. Perché Vincent è come la glassa d'aceto balsamico: sta bene con tutto. xP *e volarono altre sedie* °A° A parte ciò, spero di essere riuscita a strapparvi almeno un sorriso. ç_ç Non so, ma mi sembra una porcheria noiosa e completamente OOC, povero Capitano! >-< E ho dimenticato come si scrive... =_=''' A maggior ragione non fatevi scrupoli a farmi notare eventuali errori, imprecisioni, etc. O a dirmi che fa semplicemente schifo. ùù
Come accennato nell'altro sgorb... nell'altra fic, cercherò di riprendere le fila di Efp. Perdonate l'assenza e il ritardo nelle risposte/recensioni. Spero di recuperare in questi giorni. A presto!
CompaH 
   
 
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