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Autore: katvil    08/09/2015    4 recensioni
Quando togli un quadro da un muro o sposti un mobile che era lì da anni, non lo sposti mai veramente. Rimane sempre un alone, un segno del suo passaggio, del fatto che era lì. Puoi far sparire quell’alone con un pennello e un po’ di pittura, ma rimarrà sempre qualcosa che ti dirà che lì prima c’era quel quadro, quel mobile.
Così succede anche con le persone. Una volta che ti entrano dentro, che trovano il loro posto nell’anima, vi lasciano una traccia indelebile che puoi provare a coprire in mille modi, ma rimarrà sempre lì. (dal cap.21)
Shannon e April, una famiglia quasi perfetta, ma si sa che la famiglia del Mulino Bianco esiste solo nella pubblicità. Il destino ha qualcosa in serbo per loro...
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Shannon Leto, Tomo Miličević, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Life is a Roller Coaster'
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Finalmente sono tornata! Chiedo venia, ma la mia Musa ha avuto un calo incredibile... avevo perso totalmente l'ispirazione non solo per questa ff, ma per la scrittura in generale. Comunque adesso sembra che la Musa si sia ripigliata e così eccovi l'aggiornamento. Spero sia uscita una cosa leggibile....
Come sempre, vi invito a commentare (o qua o nel gruppo dedicato alla ff o in privato... basta che mi facciate sapere cosa ne pensate) e ringrazio chi continua a seguirmi <3
Vi lascio 
il link al gruppo dedicato alla ff e vi invito ad iscrivervi così potremo conoscerci un po' meglio Life is a Roller Coaster
E qua trovate il trailer della ff  Life is a Roller Coaster

Buona lettura :)
 

«Ciao Shannon… cosa vuoi a quest’ora?»
«Niente… Ho parlato con April…»
Dall’altra parte solo silenzio.
«Kai… ho bisogno di vederti.»
«Shannon… io…» Kai tentenna qualche secondo di troppo poi riprende a parlare «Non so cosa tu stia pensando, ma questa cosa non cambia quello che c’è tra di noi.» prende un lungo respiro.
«Non l’ho fatto per te, ma perché dovevo farlo. Lo dovevo ad April e ai ragazzi. Non potevo andare avanti con delle bugie come ho fatto in questi cinque anni.» Shannon sembra percepire la titubanza della ragazza «Adesso però mi sento distrutto, come se mi si fosse aperta una voragine sotto i piedi ed io stia lottando per non caderci dentro. Spero che passare del tempo con Chris mi faccia stare un po’ meglio.»
Kai rimane in silenzio ad ascoltare il batterista. Lo sente raccontare della moglie, del fatto che adesso viva da Jared, ma in realtà la testa non è molto concentrata sulle parole dell’uomo. Da quando l’ha rivisto, sta provando in tutti i modi a ignorare i sentimenti che prova per lui, cercando di non far trapelare niente, ma non ci riesce. È come se questi cinque anni non fossero mai passati, almeno per lei, e il fatto che adesso anche April sappia di loro, di quello che è successo ha cambiato qualcosa dentro di lei.
«Allora… ci possiamo vedere?»
La voce di Shannon la distoglie dai suoi pensieri «Adesso?»
Complimenti Kai: hai appena vinto il premio “Domanda cretina” dell’anno.
A Shannon scappa una risata «Noa domani.»
«Ehm… hai ragione… Ok, anch’io ho voglia… cioè… Chris ha voglia di vedere te e Jared. Vuoi che ci vediamo al Grand Hope Park durante la mattinata? Ho tutta la giornata libera.»
«No, aspettateci in albergo. Visto che abbiamo una giornata intera a disposizione, voglio portarvi in un posto. Non voglio che Chris torni a casa pensando che Los Angeles sia solo Downtown.»
«Ok… vi aspettiamo qua…»
Ma che cavolo succede? Com’è che le parole faticano a uscirle e quando escono solo sono cretinate?
«Buona notte Kai, da un bacio a Chris.»
«Sta dormendo da un po’.»
«Allora il bacio lo do a te.»
Ok, è giunto il momento di chiudere questa telefonata!
«Buona notte Shannon.» Kai si affretta a riattaccare.
Kai si sdraia sul letto, lo sguardo fisso al soffitto. Perché le basta sentire la voce di Shannon per sentirsi così? Deve smetterla subito, prima di finire un’altra volta col farsi del male. Deve concentrarsi su Chris, su quello che è giusto per lui. Tutto il resto non conta.

******

Le serrande lasciate leggermente aperte fanno entrare alcuni raggi di sole che gli si posano dritti sulla faccia. Allunga un braccio trovando l’altra metà del letto vuota e apre gli occhi. Si guarda intorno e per un attimo resta smarrito, non riconoscendo le pareti che lo circondano. Poi si ricorda della sera prima, del litigio con April e realizza di non essere a casa sua, ma in quella di suo fratello.
Shannon si stropiccia le palpebre e guarda l’orologio: le sette. Nella casa regna il silenzio, fatta eccezione per i passi leggeri di Camila che arrivano dal corridoio. Ripensa a casa sua, alle discussioni dei figli al mattino su chi deve usare il bagno per primo. A quest’ora i ragazzi staranno ancora dormendo approfittando del fatto che non hanno scuola o si saranno svegliati? E April? Che cosa starà facendo?
I ricordi tornano alla sera prima, al volto della moglie, alle parole che gli ha detto. Ancora non può credere di essere stato così stupido da buttare via tutto.
Si siede sul letto passandosi le mani tra i capelli poi si alza e decide di farsi una doccia.
Apre l’acqua e la fa scorrere fino a che non raggiunge la giusta temperatura poi si spoglia e si butta sotto il flusso.
Shannon chiude gli occhi e getta la testa indietro prendendo l’acqua sulla faccia. Sente il liquido scorrergli lungo la schiena, lungo i muscoli e scendere nello scarico. Vorrebbe che fosse così facile anche cacciar via i pensieri, che bastasse una bella risciacquata per farli scorrere lontani. Esce prendendo uno degli asciugamani appesi di fianco alla porta in vetro della doccia e legandoselo in vita.
Tornato in camera, si siede sul letto e prende il telefono digitando il numero della moglie.
«Pronto?» dall’altra parte gli arriva una voce ancora mezza assonnata.
«April… ciao… stavi dormendo?»
«Diciamo di no… cosa vuoi Shannon?»
«Volevo chiederti se potevo passare tra un’ora circa… ho bisogno di parlare con i ragazzi…»
«Ok… passa pure.»
Il tono freddo e distaccato usato dalla moglie gli gela il sangue «Ok… allora… allora ci vediamo dopo…»
«Va bene. Ciao.» riattacca.
Shannon rimane per qualche minuto a fissare il telefono, come se servisse a mantenere una sorta di contatto con April. Resta immobile mentre i pensieri corrono altrove finche non è interrotto da qualcuno che bussa alla porta della sua camera.
«Shan, sei sveglio?» Jared si affaccia alla soglia.
«Sì, entra pure.» Shannon risponde mentre s’infila una maglia e un paio di pantaloni.
Il più giovane dei Leto osserva il fratello in silenzio, come se volesse captare un qualche segno che solo lui può riconoscere. Lo guarda scegliere i vestiti e infilarseli poi portarsi davanti allo specchio per sistemarsi i capelli.
Shannon cerca di non guardare Jared, ma sa benissimo che lo sta osservando, in attesa del momento giusto per chiedergli qualcosa. Lo vede toccarsi i capelli, abbassare lo sguardo per poi riportarlo su di lui. Ogni tanto apre la bocca come se volesse parlare, ma poi la richiude, tornando a puntare gli occhi altrove.
«Jared, che c’è?» il batterista si pone davanti al fratello.
«Niente… cioè… volevo chiederti una cosa.»
Shannon sorride vedendo suo fratello così titubante. Jared, che quando è in pubblico ostenta sicurezza ed egocentrismo, diventa quasi timido quando deve affrontare un discorso importante con lui o con sua mamma. A Shannon sembra quasi di rivedere il bambino di quattro anni che gli si avvicinava timoroso, giocando con le dita per cercare di fingere indifferenza.
«Che cosa devi chiedermi?»
«Ecco… volevo parlarti di Chris… tra due giorni lui e Kai torneranno a Honolulu. Volevo chiederti se hai già deciso cosa fare. Cioè… lo so che avrai una gran confusione in testa per via di quello che è successo con April, ma ecco… Chris è mio nipote… cioè… tuo figlio… non vorrei ti scordassi di lui.»
«Ti pare che potrei scordarmi di mio figlio? È solo che… boh… non ho ancora capito cosa fare con lui. So per certo che non smetterò di vederlo una volta tornato alle Hawaii, non saranno certo sei ore di volo a impedirmelo. Poi vorrei riconoscerlo, mi piacerebbe portasse il mio cognome… Magari potrei anche accordarmi con Kai per fare in modo che passi un po’ di giorni solo con me.»
«Ne hai già parlato con lei?»
«No, pensavo di farlo oggi. A proposito, volevo chiederti se tu e Zoe volevate venire con me. Ieri sera ho chiamato Kai per dirle che volevo vedere Chris e mi ha detto che tuo nipote ha voglia di vederti.» Shannon sorride al fratello.
«Davvero ti ha detto così?»
«Certo.»
Il volto di Jared s’illumina «Se mio nipote vuole vedermi, chi sono io per negarglielo?»
Al batterista scappa una risata «Allora va a svegliare Zoe che vorrei uscire prima di mezzogiorno.»
Jared ride a sua volta poi torna serio «Shannon… hai pensato a cosa fare con Jan e Josh?»
«Ho chiamato April. Tra un’ora vado da lei e spero di riuscire a parlare con i ragazzi. Mi piacerebbe venissero con noi, che conoscessero Christopher.»
«Non ti sembra un po’ presto?» Jared aggrotta le sopracciglia «Sicuramente April avrà spiegato loro cosa è successo, visto che non sei rientrato stanotte. Non credi che questa cosa potrebbe destabilizzarli ulteriormente?»
«Lo so, ma non credo di avere molta scelta. Tra un paio di giorni Chris partirà per Honolulu e vorrei conoscesse i suoi fratelli prima di andarsene. Comunque non ho intenzione di forzarli: se Jan e Josh vorranno conoscerlo ok, altrimenti non li costringerò. Sicuramente non mi presenterò a casa con Christopher, dovrà essere una cosa voluta anche da loro.»
Jared abbassa lo sguardo restando in silenzio. Dopo alcuni minuti, Shannon si rivolge al fratello «A cosa stai pensando?»
«Pensavo che non sarà facile affrontare questa situazione. Lo sai che far conoscere Chris ai ragazzi implica il fatto che Jan e Josh si troveranno a dover incontrare Kai sapendo tutto quello che è successo tra voi e, soprattutto, sapendo che lei è una delle cause per cui la loro mamma sta male e tu non vivi più con loro.»
«Già…» Shannon abbassa lo sguardo «Ma non credo di avere molte alternative. Se voglio far incontrare i miei figli non penso di poter fare a meno di Kai.» poi torna a guardare Jared con un sorriso «Ma cerco di stare tranquillo perché ci sarai tu a farmi da angelo custode.»
«Un gran bell’angelo direi!» il cantante sorride a sua volta «Vuoi che venga con te anche da April?»
«No, devo affrontarla da solo, lei e i ragazzi.»
«Ok, come vuoi. Se serve sai dove trovarmi. Intanto vado a vedere di svegliare la bella addormentata, sperando che non mi tiri un cazzotto nei denti.»
Jared esce dalla stanza, seguito da Shannon che si reca al piano di sotto per la colazione.
 
******
 
Stropiccia gli occhi e si guarda intorno: Joshua dorme ancora mentre il sacco a pelo di Janis è vuoto. Si alza dal letto e si trascina al piano di sotto, cercando di non svegliare il bambino. Va in cucina, ma non trova la figlia. Prende un biscotto dalla ciotola sul ripiano di fianco ai fornelli e torna verso il salotto sgranocchiandolo. Nota che la portafinestra che da sul giardino è leggermente accostata così si avvicina, vedendo la ragazzina seduta su uno sdraio a bordo piscina.
«Ciao.»
Janis si volta sorridendo «Buongiorno mamma. Hai dormito bene?»
«Diciamo di sì, anche se non ho dormito molto.» addenta l’ultimo boccone di biscotto e si sfrega le mani per eliminare le briciole residue.
«Me ne sono accorta. Eri un po’ agitata, tanto che a un certo punto ho temuto che volassi giù dal letto schiacciandomi.» la ragazzina ride.
«Scusami, non volevo tenerti sveglia.»
«Non importa.» Janis scuote la testa sventolando la mano destra «Tanto non sarei riuscita a dormire comunque.» si volta rivolgendo lo sguardo alla piscina.
April si avvicina «Comunque ha chiamato papà: tra poco sarà qui per parlare con te e Joshua.»
Janis guarda la madre per pochi secondi poi torna a rivolgere lo sguardo altrove.
«Posso sedermi?» April si avvicina allo sdraio dov’è seduta la figlia.
La ragazzina annuisce, facendo spazio alla madre, poi torna a guardare la piscina.
Nel giardino cala un silenzio rotto solo dal rumore lieve dell’acqua increspata dalla leggera brezza mattutina. Madre e figlia sono immerse nei loro pensieri.
Dopo alcuni minuti, Janis si rivolge ad April «Mamma, ti ricordi quando ero piccola e mi pettinavi i capelli?»
«Certo che mi ricordo. Pretendevi che papà spostasse la sedia enorme che avevamo in camera poi ti sedevi davanti allo specchio e mi sorridevi. Dopo un paio di spazzolate iniziavi a lamentarti, ma ti piaceva che ti pettinassi. Ricordo che arrivavi sempre con la tua scatolina delle mollette, quella rosa con i fiori che ti aveva regalato nonna Constance, e stavi a fissarle per dieci minuti per poi scegliere sempre le stesse.»
Janis sorride «Prendevo sempre quelle rosse con i fiocchetti.»
«Già… eri innamorata di quelle mollette. Quando si sono staccati i fiocchi hai provato in tutti i modi a sistemarle e hai pianto tutto il pomeriggio perché non era possibile aggiustarle.»
«Sai che le conservo ancora? Le ho nel cassetto della scrivania, sempre nella scatola rosa con i fiori di nonna Connie. Sono le uniche mollettine che ho tenuto, nonostante siano rotte.» sospira guardando un passerotto che svolazza allegramente nel giardino. Poi torna a rivolgersi alla mamma «Le amavo tanto perché me le aveva regalate papà. Me le aveva portate una sera, di ritorno da un tour con la band, ed io le adoravo perché quando le indossavo sapevo che il papà stava pensando a me.»
«Hai avuto sempre un rapporto speciale con tuo padre.»
«Ho sempre pensato che fosse l’uomo migliore del mondo. Da piccola ero gelosa di te e dicevo sempre con Alicia che da grande l’avrei sposato. Se lei provava a dire che non potevo perché eri tu sua moglie, mi arrabbiavo e le tenevo il muso per ore.» sorride.
«L’ho sempre saputo e lo sapeva pure tuo padre.»
«Adesso però mi sembra una cosa tanto stupida.» Janis abbassa lo sguardo. Dopo qualche secondo riprende a parlare «Perché deve essere tutto così difficile?» torna a guardare April «È una cosa ingiusta! Prima l’incidente e adesso, che finalmente era passato tutto, che potevamo tornare a vivere come una famiglia normale, arriva questa cosa.»
«Lo so che adesso ti risulta difficile capirlo, ma, come ti ho detto ieri sera, tutto questo non c’entra niente con te e Josh.» April cerca di rassicurare la figlia.
«E invece sì. Questa cosa ha cambiato tutto, anche per me e Josh. Come credi che potrò ancora guardare in faccia papà e vederlo come l’uomo migliore del mondo? Se lo fosse stato davvero, non ti avrebbe mai tradito e non ci avrebbe mai messi in questa situazione.» Janis si passa un dito sotto gli occhi, cercando di ricacciare indietro le lacrime.
April guarda la figlia, incapace di risponderle. Forse dovrebbe dirle che alla fine Shannon è un uomo normale, che ha commesso un errore come potrebbe capitare a chiunque, ma non è pronta per farlo, non ancora. Neanche lei riesce a capacitarsi di come abbia potuto essere così stupida da non accorgersi di niente per cinque anni.
«Che ne dici se entriamo prima che Josh distrugga la cucina? Ho sentito qualche rumore in salotto e direi che si è svegliato pure lui.»
Janis si alza, sorride alla madre allungandole una mano ed entrano in casa, dove trovano Joshua e Shannon.
La ragazzina guarda la madre, torna a rivolgere lo sguardo al padre e poi ancora una volta ad April.
La donna le accarezza la testa «Tranquilla Jan, è tutto a posto.» le sorride poi guarda il marito «Shannon…»
«Ciao April…» l’uomo abbassa lo sguardo «Avevo bisogno di parlarti… di parlare con i ragazzi…»
«Non so cosa tu abbia da dirmi ancora.» la donna rivolge al marito uno sguardo duro.
«April…» Shannon rivolge lo sguardo alla moglie.
«Io e Josh saliamo al piano di sopra, quando avete bisogno di noi, sapete dove cercarci.» Janis prende il fratellino per mano e si dirigono verso le scale.
«Allora? Dove ti sei sistemato?» April prova a rompere la tensione, cercando di ignorare il tumulto che ha dentro.
«Da mio fratello.» Shannon è imbarazzato, a fatica riesce a reggere lo sguardo della donna «April… come stai?»
Come sta… se lo sta chiedendo dal giorno prima, da quando tutto il suo mondo le è crollato addosso, senza sapersi dare una risposta. «Sto… sto bene.» abbozza un sorriso rivolgendosi all’uomo che le sta di fronte.
«Possiamo sederci? Solo pochi minuti poi andrò via, se vorrai…»
«Sediamoci…» i due si accomodano sul divano «Shannon…» April sospira e si passa le mani sul volto «Che cosa devi dirmi?»
Il batterista si gratta la nuca «Ecco… volevo chiederti una cosa… insomma… sto andando da… da Christopher e… e vorrei portare Jan e Josh con me, sempre se loro vorranno e se tu sei d’accordo. Tra un paio di giorni tornerà a Honolulu e… ecco… insomma… ho pensato che poteva essere l’occasione giusta per fargli conoscere i fratelli… se per te non ci sono problemi…»
April prende un respiro profondo e si passa una mano sul volto. L’idea di far stare i suoi figli con quella baby-sitter non le piace molto, ma si rende anche conto che il bambino non c’entra, che non è colpa sua se si ritrova due emeriti imbecilli come genitori. «Per me non ci sono problemi. Se Jan e Josh sono d’accordo, lo sono anch’io.» risponde cercando di mantenere un tono il più freddo e distaccato possibile.
«Grazie…»
Tra i due scende il silenzio. Shannon tiene lo sguardo fisso sul pavimento, come se potesse leggervi le parole giuste da usare con April. Vorrebbe chiederle scusa, dirle che è stato un vero cretino, che ha sbagliato a tradirla, a mentirle, ma è certo che le parole non basterebbero. Così si limita a stare lì, a fissare il pavimento di quella che era casa sua fino a poche ore prima.
Dopo qualche minuto si rivolge alla moglie «April… ecco… lo so che probabilmente non servirà a niente, anzi… ne sono sicuro, ti conosco troppo bene… però… ecco… volevo chiederti scusa. Sono stato un vero imbecille.» si passa le mani sul volto «Ho mancato di rispetto a te, ai nostri figli e ho rovinato tutto quello che avevamo costruito. Non so se riuscirai mai a perdonarmi…»

Quando togli un quadro da un muro o sposti un mobile che era lì da anni, non lo sposti mai veramente. Rimane sempre un alone, un segno del suo passaggio, del fatto che era lì. Puoi far sparire quell’alone con un pennello e un po’ di pittura, ma rimarrà sempre qualcosa che ti dirà che lì prima c’era quel quadro, quel mobile.
Così succede anche con le persone. Una volta che ti entrano dentro, che trovano il loro posto nell’anima, vi lasciano una traccia indelebile che puoi provare a coprire in mille modi, ma rimarrà sempre lì.

«Shannon… Capisci quanto sia difficile per me stare anche solo nella stessa stanza con te? Sto provando in tutti i modi a odiarti, a smettere di amarti, ma non ci riesco e vorrei prendermi a schiaffi per questo. Nonostante tutto quello che mi hai fatto, non riesco a non amarti, a non pensare che sei l’uomo con il quale avevo deciso di condividere la vita. Fatico persino a stare in questa casa perché ogni angolo mi parla di te… di noi.» April chiude gli occhi e prende un respiro profondo «Nonostante questo, non posso perdonarti. Non posso guardarti e fare finta di niente, non ci riesco. Non riesco a ignorare il fatto che mi hai tradito, che mi hai umiliato perché tutti lo sapevano tranne me. Non t’impedirò di vedere i ragazzi, ma non voglio neanche forzarli a passare del tempo con te. Potrai vederli se e quando lo vorranno, ma non qui. Ho bisogno di tempo per capire in che direzione sta andando la mia vita e lo posso fare solo se stacco completamente da te.»
«Allora è proprio finita… Non c’è più niente che io possa fare…»
«No, non puoi più fare niente.» April cerca di trattenere le lacrime «Ti rendi conto di cosa avevamo? Eravamo una delle coppie più invidiate non solo di Los Angeles, ma di tutto il mondo. Io ero così orgogliosa di te, di quello che eri diventato per me, per i nostri figli. Avevamo una famiglia perfetta e tu cosa hai fatto? L’hai buttata via. Se ti fossi innamorato di lei, forse ne sarebbe anche valsa la pena, almeno da parte tua, ma così mi dici cosa ci hai guadagnato? Ti sei divertito per un’ora e poi? Hai… abbiamo perso tutto quello che avevamo costruito e adesso non c’è più niente da fare.» le lacrime iniziano a rigarle le guance.
«April…» Shannon si avvicina «Se posso fare qualcosa per te…»
«Per me? Se volevi fare davvero qualcosa per me, avresti dovuto pensarci cinque anni fa, adesso è tardi. Ma non preoccuparti, me la caverò in un modo o nell’altro. Tu pensa ai ragazzi, vedi se riesci a recuperare qualcosa, almeno con loro.»
Shannon si alza e si ferma a guardare la moglie. Non dice niente, tanto le parole non servirebbero, non ora. Dopo alcuni minuti, sale al piano di sopra, lasciando April in salotto. Si avvicina alla porta della camera di Janis, trovandola socchiusa.
«Jan, Josh… posso entrare?»
«Ok…» la ragazzina risponde senza staccare gli occhi dal cellulare mentre Joshua resta seduto sul letto, lo sguardo fisso rivolto al padre.
Shannon guarda i figli e per alcuni minuti rimane in silenzio, incapace di trovare le parole giuste per affrontare il discorso con loro. Sposta lo sguardo su Joshua, che continua a fissarlo, poi su Janis, che invece lo ignora, completamente assorbita dai messaggi che si sta scambiando quasi sicuramente con Alicia.
«Posso parlarvi?» dopo un po’, Shannon rompe il silenzio.
«Ok..» Janis risponde, ma continua a non guardarlo mentre Joshua si limita a far un cenno con la testa.
«Jan, potresti guardarmi?» La ragazzina appoggia il cellulare sul letto sbuffando «Te lo chiedo per favore. Solo un paio di minuti poi potrai continuare a ignorarmi se lo vorrai.» Shannon addolcisce la voce e la figlia si siede sul letto, di fianco al fratellino, decidendo di dargli almeno la possibilità di provare a spiegarsi.
L’uomo si passa le mani sul volto nervoso «Non so da dove cominciare…»
«Dall’inizio?» Janis incrocia le braccia riservando al padre uno sguardo duro mentre Joshua continua a osservarlo in silenzio.
«Ok… partiamo dall’inizio…» Shannon si gratta la nuca «Voi siete ancora piccoli e ci sono cose che non si possono spiegare. A volte la vita ci mette davanti a scelte e non è sempre facile fare quella giusta.»
«Se tu avessi pensato alla mamma, a noi due, forse saresti riuscito a fare le scelte giuste.»
«Jan non è tutto così facile… Hai undici anni e ci sono cose che ancora non puoi capire…»
«Papà, non so cosa siano queste cose che ancora non posso capire, ma una cosa la so.» Janis si morde il labro inferiore cercando di trattenere le lacrime «So che tu non eri solo il mio papà. Per me eri l’uomo migliore del mondo, quello che da piccola avrei voluto sposare. Ero convinta davvero del fatto che tu ci volessi bene.»
«E ve ne voglio davvero.»
«Non è vero! Se tu ci avessi voluto davvero bene, non avresti mai tradito la mamma e adesso non saremmo in questa situazione.» le lacrime iniziano a rigare il viso di Janis.
Shannon si avvicina alla figlia per abbracciarla, ma lei si allontana «Papà no, non adesso. Non voglio un tuo abbraccio. Non so neanche se voglio restare in questa stanza con te.» Janis si passa le mani sul volto asciugando le lacrime e si alza, dirigendosi verso la porta «Se non hai nient’altro da dirmi, io andrei al piano di sotto da mamma.» si volta per uscire.
«Aspetta Jan.» Shannon la ferma afferrandole un braccio «Devo chiedervi una cosa.»
Janis si ferma sulla porta, voltandosi in direzione del padre.
Il batterista prende un lungo respiro poi inizia a parlare «Sto per andare a Downtown, per incontrarmi con Kai… e Christopher… vostro fratello. Ecco…» si gratta la nuca imbarazzato «Tra un paio di giorni torneranno a Honolulu ed io… ecco… vorrei chiedervi di venire con me… adesso. Mi piacerebbe farvi conoscere Chris.»
Janis e Joshua restano in silenzio per qualche minuto, guardando il padre come se avesse detto chissà quale amenità.
Poi lo sguardo del bambino si addolcisce «Ok.» Josh, che fino a quel momento non aveva proferito parola, si rivolge al padre «Papà, sono ancora molto arrabbiato con te perché hai fatto stare male la mamma, ma va bene. Se vuoi che conosca Christopher per me si può fare.» alza le spalle con fare indifferente, quasi non gli importasse molto del fatto che Chris sia suo fratello.
Janis si volta a guardare il fratellino poi alza gli occhi al cielo e scuote la testa «No.» guarda il padre «Non mi puoi chiedere una cosa del genere. Non m’importa niente di quel bambino. Io di fratelli ne ho uno ed è qui davanti a me, anche se, in questo momento, credo si stia comportando come un imbecille. Non m’interessa conoscere il figlio di quella baby-sitter. Per me può pure tornarsene a Honolulu o andare dove cavolo gli pare che tanto non è e non sarà mai un problema mio.» prende un respiro «Adesso, se non ti dispiace, andrei da mamma che sicuramente ha più bisogno di me rispetto a te.»
«Jan…» Shannon cerca di fermarla.
«Papà no, non adesso. Vai da Kai, da quel bambino. Fai quello che vuoi, ma lasciami fuori da questa storia. Se vuoi uscire con me, andarci a prendere un gelato o quello che vuoi mi sta bene. Usciamo con lo zio Jay, con la nonna, qualsiasi cosa, ma non mi coinvolgere nello schifo causato da te e quella stronza.» Janis esce dalla stanza dirigendosi al piano di sotto.
Shannon rimane solo con Joshua. Guarda il bambino che, seduto sul letto della sorella, tiene la testa bassa torturandosi le dita. Gli si avvicina poggiandogli una mano su una spalla e piegando le ginocchia per mettersi col volto di fronte a quello del figlio.
Josh alza lo sguardo e resta immobile a guardare il padre. Dopo qualche secondo, torna a rivolgergli la parola «Papà… adesso cosa succede?»
«Cosa intendi?»
«Con la mamma. Cosa succede? Che le chiedi scusa e fate pace, come faccio con i miei amici di scuola, così torni a vivere con noi?»
Shannon accarezza il caschetto biondo del figlio «Quando si è adulti, purtroppo non sempre le cose sono così facili come quando si ha otto anni.» il batterista abbassa lo sguardo per qualche secondo poi torna a rivolgersi al figlio «Non so se la mamma vorrà mai fare pace con me, ma ti prometto che ci proverò.» sorride «E tu? Sei ancora arrabbiato?»
Josh arriccia il naso e increspa le labbra «Un po’, ma adesso mi passa.» poi sorride «Se mi abbracci però mi passa più in fretta.»
Shannon stringe a sé il figlio accarezzandogli la schiena: forse le cose possono migliorare.
 
******
 
Chi è stato a inventare l’uomo e la donna? Chi ha deciso che dovevamo avere due braccia, due gambe, una testa… un cuore? E chi è stato a stabilire che il cuore deve sempre fare quello che gli pare, ignorando quello che la testa e il buon senso gli suggeriscono? Il cuore se ne frega, se ne frega sempre. Se ne frega se lo stomaco si attorciglia, se il respiro si chiude, se gli occhi s’inumidiscono. Il cuore va avanti per la sua strada, anche se questa ti porta a farti del male.
 
Kai guarda Shannon entrare nella hall del Luxe City Center e sente il cuore salirle direttamente in gola. Da quando l’ha rivisto, sta provando in tutti i modi a non pensare al batterista, a ignorare quel dannato muscolo che sembra scoppiarle ogni volta che sente la sua voce, ma sembra che tutti i suoi sforzi siano vani. Oggi, come cinque anni fa. Può raccontarsi tutte le balle che vogliono, cercare di auto convincersi che, in fin dei conti, quella sera è stato solo sesso, ma non riuscirà mai a far smettere di battere il cuore all’impazzata ogni volta che Shannon si avvicina.
«Ciao Kai.» Zoe lo abbraccia interrompendo il flusso dei suoi pensieri.
«Ciao Zoe. Ciao Jared.» Kai sorride poi torna a rivolgere lo sguardo verso Shannon, notando che tiene per mano un bambino.
Per qualche minuto rimane in silenzio a osservare il caschetto biondo, quegli occhi azzurri che non lasciano dubbi perché identici a quelli di Jared «Joshua?» Kai si avvicina al bambino accennando un sorriso.
Josh annuisce con un cenno della testa «Ciao Kai.» le risponde serio.
«Come stai?»
La ragazza gli si avvicina, ma il bambino si allontana alzando le spalle «Sto bene, grazie.» risponde senza accennare a un minimo sorriso.
«Zio Jay! Papà!» Chris arriva di corsa, gettandosi tra le braccia di Shannon.
«Ecco la mia scimmietta.» il batterista prende in braccio il bambino «Dove ti eri cacciato?»
«Ero lì.» Chris ride indicando il bancone della hall «Facevo il gioco dei versi con Ally.» guarda la ragazza della reception che gli sorride.
Joshua, vedendo la scena del padre con Christopher, s’irrigidisce. Fino a quel momento, forse, non si era ancora reso conto di cosa volesse davvero dire affrontare il fatto che il suo papà ha un altro figlio. Vedere Shannon coccolare un altro bambino l’ha messo davanti alla realtà, una realtà che probabilmente non era ancora pronto ad affrontare.
Christopher si guarda intorno e incrocia gli occhi di Joshua. Per un paio di minuti resta a fissarlo, come se lo stesse studiando, quasi avesse capito chi è. Poi si rivolge al padre «Papà, chi è quel bambino?»
 
 
   
 
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