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Autore: Mikaeru    09/09/2015    2 recensioni
Will fa da esca per la cena, a Firenze.
[scritta prima della s3, ma si adatta benissimo anche a post finale s3.] [no spoilerz]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Hannibal Lecter, Will Graham
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non ha idea di come l’uomo si chiami, non si ricorda nemmeno di che colore ha gli occhi, i capelli; i suoi baci sono caldi, il suo respiro veloce, la sua presenza fisica è pesante, solida contro il suo corpo. Ha spinto Will contro il muro di una stradina buia, un cliché in tempo reale. Lo ha pescato a caso in un locale, si è fatto offrire da bere – gli è bastato guardarlo un po’ dal basso attraverso le ciglia, ridere ad ogni sua battuta con una risata abbastanza convincente, ravviarsi un ricciolo dietro l’orecchio, e l’uomo lo ha seguito fuori, nella serata fresca di Firenze, nel chiacchiericcio sotto i lampioni. Ha cercato di riempire il silenzio con chiacchiere inutili che Will ha ascoltato per metà, annoiato. Gli si è avvicinato perché il desiderio già acceso esplodesse del tutto; lo ha afferrato per un polso, stringendolo troppo forte, e lo ha trascinato nel buio, godendosi la sua risata.
Contro il muro le spalle di Will sfregano, immagina la pelle arrossarsi; piega il collo contro i suoi baci, apre le labbra contro la sua lingua, apre le gambe e struscia il bacino contro la sua coscia. Quando l’uomo sta per slacciargli la cintura, si interrompe per un rumore di passi che si avvicinano. Will sorride e gli prende il viso tra le mani per farsi guardare, per dirgli senza parlare che deve concentrarsi su di lui, ma sembra non essere sufficiente; quello si volta, ma staccarsi.
“Ehi!”, urla l’uomo senza nome, “Non vedi che siamo occupati?”, e per sottolinearlo spinge di più il ginocchio contro il bacino di Will, che geme ad alta voce, ed intanto il suo sorriso si fa enorme.
“Non credo proprio.”, risponde il nuovo arrivato in inglese, con quel suo strano accento europeo, e l’uomo senza nome non capisce – forse non ha capito le parole, ma ha capito le intenzioni. Will può percepire il suo battito cardiaco accelerare, la sua arroganza sbriciolarsi.
“Ehi, ehi, ehi, non cerco guai, se lo vuoi è tutta tua, questa puttana –”
“Non è molto cortese chiamare il mio uomo in questa maniera.”, continua Hannibal, avvicinandosi. “E noi cosa facciamo agli uomini poco cortesi, Will?”
“Li mangiamo.”, risponde lui in italiano, un attimo prima che Hannibal recida la carotide all’uomo davanti a lui. Viene inondato dal suo sangue – sul viso, sul collo, sui vestiti. La sua camicia bianca si appiccica al petto. Scoppia a ridere forte, euforico.
“Sei in ritardo, Hannibal.”, ma il rimprovero non smorza il suo sorriso, “Non mi si sarebbe dovuto avvicinare così tanto. Che schifo.”
“Volevo vedere cosa avresti fatto.”
“Non lo perderai mai il vizio di trattarmi come una cavia, allora.”
Hannibal non risponde, ma sorride e basta. Gli si avvicina, scostando con un calcio il cadavere (che ancora trema, che ancora viene scosso dalle ultime convulsioni, prima della morte) e Will lo accoglie con le cosce aperte. Si china sul suo collo per leccargli via le macchie di sangue, e lo bacia con le labbra sporche. Will ne traccia i contorni con la lingua.
“Non dovevi farlo spaventare così, corrode il sapore della carne.”
“Non avevo intenzione di mangiarlo, questo.”
“Ma io sì.”
“Il prossimo, il prossimo. Te lo prometto.”
Will si struscia contro di lui, gemendo bisognoso, la voce di una nota più alta di prima; attorno a loro c’è odore di sangue che gli va alla testa per poi finire in mezzo alle gambe. Hannibal gli stringe il sedere e lo alza contro la parete, contro cui adesso si ferisce ogni volta che Hannibal lo bacia o spinge il bacino contro di lui. Ha un suo fascino, il dottor Hannibal Lecter coi capelli spettinati e il respiro corto. Lo bacia fino a spaccargli le labbra, e ora può sentire distintamente il sapore del sangue diverso, in mezzo a quello dello sconosciuto, che è amaro – vino trasformato in aceto.
“La prossima volta fai tu l’esca.”, geme, mentre torna coi piedi a terra il tempo necessario per farsi abbassare i pantaloni, farsi preparare velocemente da due dita fredde – ma non c’è tempo, non ne vuole, vuole sentirlo in tutto il suo dolore.
“Ma tu sei più bello di me, Will.”, gli sorride lui. Lo riprende in braccio, e Will gli cinge la vita con le gambe, cercando stabilità.
“Lusingarmi non ti esimerà dai tuoi doveri. E tu sei più affascinante.”
“Sì, certo.”, e lo penetra, e Will urla, e urla, e urla. Riprende a baciarlo appena riesce a riprendere fiato, gli bacia le labbra e il collo, e ancora ci sono tracce di sangue da bere. Viene molto prima di Hannibal.
“Domani sera, ti prego, rifacciamolo domani sera…”, geme acuto, spezzato.
“Tutto quello che vuoi, Will.”, e ancora una volta gli sorride, spingendo più in fondo che può.
  
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