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Autore: Duncneyforever    11/09/2015    4 recensioni
Estate, 1942.
Il mondo, da quasi tre anni, è precipitato nel terrore a causa dell'ennesima guerra, la più sanguinosa di cui l’uomo si sia mai reso partecipe.
Una ragazzina fuori dal comune, annoiata dalla vita di tutti i giorni e viziata dagli agi che l'era contemporanea le può offrire, si ritroverà catapultata in quel mondo, circondata da un male assoluto che metterà a dura prova le sue convinzioni.
Abbandonata la speranza, generatrice di nuovi dolori, combatterà per rimanere fedele a ciò in cui crede, sfidando la crudeltà dei suoi aguzzini per servire un ideale ormai estinto di giustizia. Fortunatamente o sfortunatamente non sarà sola e sarà proprio quella compagnia a metterla di fronte ad un nemico ben peggiore... Se stessa.
Genere: Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
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Resto immobile a guardarlo, anche perché non potrei neppure fingere di non averlo visto. 

Lui si toglie l'elmetto, per poi passarsi una mano sui capelli corti e biondi. Raramente ricordo di aver visto un biondo così chiaro. 

È troppo lontano per poter dire di che colore abbia gli occhi, anche se scommetto su una tonalità di verde o di azzurro. 

Il ragazzo avanza di qualche passo, indeciso sul da farsi tanto quanto me.

Cosa devo fare? Scappare? Attaccare? Non sembra intenzionato ad aggredirmi. Per sicurezza, brandisco il coltello con entrambe le mani, preparandomi al peggio. Lui intercede lentamente, facendomi segno di abbassare l'arma. Più si avvicina e più mi accorgo che non sia italiano; lo si vede dai tratti, dalla pelle chiarissima e dal naso dritto, tipico delle genti del nord Europa. Non se ne vedono di stranieri da queste parti... È strano, stranissimo. 

Distendo le braccia in avanti, minacciandolo tacitamente di andarsene, ma lui, al mio gesto, alza lentamente le mani verso l'alto e china la testa in segno di resa: non ha cattive intenzioni, ora lo so. A poco a poco, allento la presa sull'oggetto, riflettendo bene su cosa dire. 

- Ti sei perso? - Non sono convinta che mi capisca, ma tentar non nuoce, no? 

- Italienisch - sussurra, più a se stesso che a me.

Fantastico. Tedesco. Io non so parlare bene il tedesco ed è già un miracolo che sappia formulare qualche frase, ma magari oggi è il mio giorno fortunato e la cosa non è reciproca. Ha riconosciuto la lingua, sebbene dovrebbe essere ovvio quale stessi parlando, visto che ci troviamo in Italia. Un tipo bizzarro, non vorrei avere a che fare con un fattone o con qualche svitato. Come glielo spiegherei poi ai miei? 

- Parli l'italiano? - " Dimmi di sì, dimmi di sì, dimmi di s... " 

Con un cenno del capo mi fa capire che la risposta è affermativa; sia lodato il Signore per questo! Sorrido involontariamente e forse lui la scambia per cordialità, perché adesso anche lui appare più rilassato. 

- Dove siamo? - Il suo tono è gentile, anche se traspare un velo di confusione nella sua voce. Parla bene la mia lingua, il suo accento è lieve e gradevole. Non mi aspettavo di sentire la sua voce, ma visto che mi ha chiesto... - Potsdam? Schwerin? - Ok, ora stiamo sfiorando l'assurdo. Potsdam non si trova nei pressi di Berlino?! Ma che l'hanno drogato, imbavagliato, chiuso in un furgone e gettato in un fosso a più di mille chilometri di distanza? Si spiegherebbe anche, visto che porta una divisa militare. Forse è una spia... Mannaggia a me, che non ho mai guardato James Bond! In ogni modo, non è obsoleta quell'uniforme? 

- Al nord biondino, nord Italia intendo. - Sono sorpresa e questo, dal mio tono di voce, si sente. Parecchio. 

- Was?! - Grida, come se stesse avendo un attacco di panico. Lo vedo stringersi convulsamente i capelli, mentre borbotta frasi incomprensibili nella sua lingua. Davvero non si ricordava di essere qui? Non è che ho ragione io e lo hanno rapito? Non sono un'esperta di complotti, però il suo vuoto di memoria non sarebbe giustificabile altrimenti. 

- Lavori per i Servizi Segreti? Sei in missione? - Chiedo, decisamente perplessa. Domanda stupida. Quale spia rivelerebbe la sua identità? 

- Cosa? No no, io... Io sono un soldato, in licenza per di più. Un attimo fa ero a Berlino. -

Certo, ed io sono la regina Elisabetta. Le soluzioni sono due: o si è drogato di sua spontanea volontà, o lo ha fatto qualcun altro per lui. Eppure dalla sua reazione sembrava perfettamente lucido. 

Lo guardo per un attimo e lo vedo in piena crisi. No, non lo ricorda davvero.

Poverino, chissà cosa gli è accaduto... Fa su e giù per il noceto, per poi ritornare davanti alla staccionata, con gli occhi lucidi. Mi prega di aiutarlo, dicendo che vorrebbe solo tornare a casa da sua madre. Non dovrei fidarmi, ma ho così pena di lui... Che cosa avrei fatto se fosse successa a me la stessa cosa? 

Lentamente mi avvicino e, oltrepassando il limite delle assi, gli poggio una mano sulla spalla, non senza mostrare una certa paura. Lui mi garantisce che non ha alcuna intenzione di nuocermi e che non lo rivedrò mai più, una volta che sarà ripartito per il suo Paese. Mi rimbombano nelle orecchie l'ordine perentorio dei miei genitori di non far entrare nessuno, ma dopo averlo visto barcollare, sull'orlo di uno svenimento, non ho potuto che accoglierlo in casa mia, pur minacciando di sbudellarlo al primo movimento sospetto. 

Pure la crocerossina... Ho temuto di doverlo anche portare in spalla ma, fortunatamente, è stato in grado di reggersi sulle sue gambe. 

Lo faccio accomodare su una delle sedie in cucina, sperando di non dover chiamare la crocerossa o la polizia per questa mia incoscienza. Non potevo non aiutarlo, con questa espressione da cucciolo smarrito poi! 

Una volta seduto ( all'ombra soprattutto ), riesco a capire meglio di che colore abbia gli occhi. Se in un primo momento mi erano sembrati acquamarina, ora posso affermare con sicurezza che abbia gli occhi azzurri, azzurri come il cielo.

Resto per qualche secondo a rimirarli, perché sono incredibilmente luminosi e di un'intensità particolare. Poi mi accorgo che anche lui mi sta osservando di sottecchi. 

Lui è l'opposto di me: alto, biondo, occhi azzurri; io sono castana ed ho gli occhi altrettanto scuri. Più facile notare lui che me, in mezzo ad una folla. 

- Come ti chiami? - Mi chiede lui, distraendomi dai miei pensieri. Mi trovo particolarmente a disagio ora. Non sarebbe prudente da parte mia rivelarglielo, come non sarebbe stato sicuro invitarlo dentro casa. Beh, se gli servisse per qualche losco scopo, avrebbe ora la sua occasione, dato che ce l'ho di fronte. 

- Sara, e tu? - Inizio già a pensare a tutti i nomi tipicamente tedeschi che conosco: Friedrich, Felix, Ludwig, Wilhelm... 

- Friederick, piacere mio. - 

Mai sentita come variante, alquanto particolare.

Particolare è anche la sua divisa, adesso che la guardo meglio. Ha qualcosa di familiare, decisamente familiare. Oserei dire che è identica a quella che portavano i soldati tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale.

Allora, dev'essere un attore o qualcosa di simile. Dubito che sia un neonazista; in entrambi i nostri Paesi, è severamente proibito fare apologia al nazi-fascismo e sarebbe stato arrestato, se veramente fosse andato in giro conciato così. 

Il suo sguardo, invece, si posa sul calendario affisso su un'anta di frigorifero. È completamente impallidito e non riesce a staccare gli occhi da quel preciso punto. Gli chiedo di guardarmi; lui gira la testa, ma i suoi occhi sono vuoti.

Ho paura che svenga da un momento all'altro.

Perché ha reagito in questo modo? 

Cosa posso fare.... 

 

  
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