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Autore: MelimeJH    13/09/2015    1 recensioni
Michael ha diciotto anni ed è un liceale come tutti,ha degli amici,va bene a scuola, ha una vita tranquilla. Tuttavia,non è sicuro sulla sua sessualità ma non ne parla con nessuno. Cosa succederebbe se il ragazzo più popolare della scuola gli chiedesse un aiuto?Cosa succederebbe se i due si innamorassero?
Questo è come mi sono immaginata l'avvio al debutto di Mika e la storia con il suo compagno. Ci sono dei riferimenti a fatti realmente accaduti,ma molti di questi li ho cambiati secondo la mia immaginazione e li ho adattati alla storia.
Spero che vi piaccia!
Melime
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Quel venerdì sera, la principessa delle cheerleader sedeva sul suo divano sospirando e mangiando un pacco di biscotti dietetici. Si era lasciata andare ad un piacere culinario talmente calorico, dopo quasi due mesi di dieta ferrea e allenamenti costanti per entrare in uno dei vestiti più belli che avesse mai comprato. Non che prima avesse già un fisico perfetto, ma voleva arrivare a quel livello di pancia piatta e gambe slanciate tale che avrebbe fatto invidia anche a uno degli angeli di Victoria’s Secret.
E ci sarebbe riuscita, se non avesse lasciato quel ricchione del suo ex fidanzato. Aveva fatto quella dieta per lui, non solo per il vestito.
Girò un’altra pagina della rivista, trovandosi di fronte all’immagine dello stesso vestito che l’aspettava sul letto di camera sua. Era un Armani, che lasciava la schiena completamente scoperta e che aveva un gioco di perle e applicazioni sul davanti. Donava perfettamente a quella modella e la ragazza non riuscì a trattenere un gemito di protesta.
Quel weekend, avrebbe dovuto brillare come una stella. Tutte le sue amiche l’avrebbero invidiata e sarebbe stata sulla bocca di tutti per almeno una settimana.
Ma invece no.
Mark aveva deciso di passare il suo compleanno da solo, senza fare grandi cose, lasciando cadere una festa meravigliosa e annullando tutto. Aveva deciso di camminare per i corridoi tenendo per mano un ragazzo, sentendosi un eroe.
Jessie non riuscì a trattenere l’ennesima smorfia di disgusto al pensiero. Gli era andata incontro quando era tornato dall’ospedale, per accertarsi che quello che John le aveva detto fosse vero.
Lui semplicemente, la guardò gelidamente e poi le mostrò la sua mano che stringeva quella di un altro ragazzo, che in quel momento stava parlando con una sua amica con i capelli ricci. Avevano le dita intrecciate, e quando l’altro ragazzo si accorse del breve movimento delle loro mani, si girò a guardare Mark e gli sorrise.
Prima di girarsi e andare altrove, Jessie guardò il suo ex fidanzato lasciare un tenero bacio sulla sua guancia.
Era davvero troppo per lei.
Così li lasciò, andando a cercare John, il ragazzo che adesso doveva essere il suo cavaliere e con tantissima nonchalance gli gettò le braccia al collo, baciandolo il modo passionale, incurante del fatto che fossero in mezzo a un corridoio e che potevano passare dei professori da un momento all’altro.
In quel momento la sua priorità era quello di salvarsi la faccia e lasciare che tutta la cattiva reputazione che la notizia dell’omosessualità di Mark aveva portato, andasse a infrangersi solamente sul suo ex ragazzo.
John, di tutta risposta, acconsentì al bacio e nei giorni seguenti l’aveva trattata come una regina. Ma lei non riusciva a essergli grata e quasi le dispiaceva quando andava a rifugiarsi nei bagni abbondati del terzo piano, per vedersi con Sam.
Quel ragazzo ci sapeva fare.
Sapeva come accarezzarla, cosa dirle per confortarla, come farla sentire la più bella del mondo. Probabilmente un’altra ragazza al posto suo si sarebbe sentita innamorata, ma ormai Jessie aveva la testa china su se stessa, non sarebbe più riuscita a pensare all’amore così come ci pensavano gli altri. Per lei ora l’amore era qualcosa di astratto che la doveva mostrare agli altri, come un premio, come una mostra. Non ne sapeva niente di sentimenti, o di parole sussurrate che l’avrebbero fatta arrossire fino alla punta delle sue orecchie.
Girò un’altra pagina della rivista, era arrivata nell’ala gossip.
E lei di gossip ne sapeva tanti, solo che preferiva tenerseli per sé. Sapeva l’importanza dei segreti e sapeva cosa avrebbero fatto le persone per non lasciare che diventassero pubblici. Anche lei ne aveva, ma preferiva tenerseli per sé. Da quando da bambina la derisero perché scoprirono che i suoi vestiti non erano firmati, ma solo stupide imitazioni, Jessie capì che non volle mai più svelare qualcosa di suo a qualcun altro. Non si sarebbe mai abbassata a subire umiliazioni pubbliche e non avrebbe mai messo a rischio i suoi sentimenti, o almeno quello che ne rimaneva.
Era scivolata via dalla questione di Mark attentamente, sicura del fatto che nessuno avrebbe potuto avere il sospetto che lei potesse rimanerci male.
Perché si, lei ci era rimasta male, solo che non lo voleva ammettere.
Camminava per i corridoi con il suo solito sorriso strafottente, ridendo ogni volta che qualcuno faceva battute su Mark , rimanendo il silenzio ogni volta che qualche sua amica accennava all’argomento “ex fidanzato” e distogliendo lo sguardo ogni volta che incrociava i due ragazzi per i corridoi della scuola.
Aveva notato che non era stata l’unica però, a perdere il fidanzato per colpa di quei due.
Quella ragazza dai capelli ricci e neri che continuava a mettersi quelle stupide sneakers, non rivolgeva più la parola a James. Una ragazza di nome Madison le aveva detto che prima stavano insieme come burro e marmellata, ma poi quando sono tornati dall’ospedale non si sono nemmeno più guardati in faccia. O almeno, James non ce la faceva, si sentiva in colpa.
Aveva provato lei stessa a parlargli e fargli capire quanto fosse stupido andare dietro a una ragazza che appena ti vede cambia strada, ma lui si era ostinato.
Per me c’è lei e solo lei.
Era rimasta stupita da quelle parole, non credeva che un ragazzo carino come James potesse mai impuntarsi su una ragazza come quella. Era carina, sì, ma ne avrebbe potute trovare tante altre. Eppure voleva lei.
Lei, e solo lei.
Stava per girare la pagina e trovarsi di fronte a un pomposo articolo su un possibile tradimento tra una coppia di giovani cantanti. Mangiò un altro di quei terribili biscotti ai cereali pieni di zuccheri, sfregandosi le mani. Dovette fermarsi però dal ritornare alla sua amata rivista, perché suonò il campanello.
Si alzò sbuffando, perché pensava che potessero essere le sue amiche che cercavano di convincerla ad andare all’ennesimo party da single. Eppure, rimase stupita di ritrovarsi John davanti a lei. Un arrabbiato, deluso, John.
“Sei solo una puttana” le disse quasi tremando. La voce era bassa, ma solo perché se avesse alzato un po’ il tono si sarebbe messo ad urlare. Nei pugni stringeva qualcosa che le porse quasi sbattendoglielo in faccia.
Erano delle foto.
Foto di lei e Sam.
“Cosa vuoi che ti dica?” lei era tranquilla in quella situazione. Stringeva il biscotto che poco prima aveva addentato in una mano come se niente fosse. Incrociò l’altro braccio. “Ci siamo messi insieme solo perché il mio ex è gay. Tu ti sei solo offerto per accompagnarmi al ballo. Solo perché non c’era Mark”
Quelle parole sembravano dei proiettili che ad uno ad uno lo stavano trafiggendo. John spalancò gli occhi dalla sorpresa e dal dolore e fu tentato dal toccarsi il petto per sentire se il cuore batteva ancora, o se semplicemente aveva alzato una bandiera bianca.
“Mi hai baciato davanti a tutti. Hai detto che io ti rendevo felice”
“Ma quanto sei stupido. Ancora non capisci che stavo mentendo?” gli rise in faccia così tanto che dovette coprirsi le labbra con la mano con cui stringeva il biscotto. Era allenata a quel tipo di scenate, sapeva anche cosa si provava a stare dall’altro lato. Una piccola vocina le stava dicendo che non era il modo più appropriato di comportarsi e di essere sincera.
Lei la ignorò.
“Se sei venuto qui per dirmi che non andremo al ballo insieme non c’è problema, chiamo Sam. Lui almeno sa come si tratta una ragazza”
Senza pensarci due volte chiuse la porta e rifugiarsi in casa. Prese il telefono e cercò di essere più calma, nonostante sentisse la nascita di una brutta sensazione all’altezza dello stomaco.
Sensi di colpa?
A quella sensazione ebbero piacere ad unirsi parecchie vocine nella sua testa che tenevano a ricordarle che John era un ragazzo popolare, e che nonostante tutto era stato gentile con lei e le voleva bene.
Mise a tacere tutto e l’unica cosa che ascoltava in quel momento erano i rumori a intervalli regolari degli squilli del telefono.
Dopo qualche minuto, anni per Jessie, una voce dall’altro capo del telefono la riprese dai suoi pensieri.
“Pronto, Jess?” la voce squillante di Sam la fece sorridere.
“Hey, senti, ti va di venire al ballo con me?” disse tutto d’un fiato e sentendo le vocine ammassarsi e una sensazione appesantirle lo stomaco.
“Mi spiace, Jess. Ho già invitato la mia ragazza.”
 
 
 
Si era aspettata di tutto, ma non quello.
Sapeva che era difficile e che lo studio si sarebbe fatto più intenso dopo gli esami ma adesso vedere tutte quelle aule e quelle librerie, le metteva una certa ansia. Gli scaffali in perfetto ordine e il profumo dei libri nuovi però riuscivano sempre a strapparle un sorriso timido dalle labbra.
Si sarebbe sentita a casa.
Il silenzio che echeggiava nella stanza quasi le rimbombava nelle orecchie, sapeva di aver scelto un orario mattutino per visitare il college. Eppure, nessuno l’aveva fermata quando aveva chiesto a un segretario di poter visitare l’aula studio e la biblioteca affianco.
“Fate pure, tanto molti studenti sono tornati a casa, altri non si alzeranno prima delle dieci” le aveva detto accennando a una smorfia che somigliava a una risata.
“Dopotutto tra qualche mese sarete anche voi una studentessa, non è così?” lei gli rispose annuendo, e iniziando ad avviarsi verso le aule che il segretario le aveva indicato. L’unico rumore che risuonava era quello dei suoi passi, che si fecero sempre più lenti man mano che arrivava a destinazione.
Ora si trovava a tracciare con la punta delle dita alcuni libri e leggendone i titoli. Sapeva che molti di loro sarebbero diventati i suoi nuovi tesori.
“Credevo di conoscere gli studenti di questo college, eppure per la prima volta mi ritrovo una studentessa alle otto del mattino in biblioteca. Non si finisce mai di imparare, vero?” una voce bassa, la fece sobbalzare. Si voltò con le spalle ancora in tensione per scorgere la figura di un uomo adulto, probabilmente sulla cinquantina che la fissava meravigliato. Non riuscì a riconoscere quel volto e aveva ancora le spalle in tensione.
“Sei una matricola?” continuava ad avere un tono pacato, eppure lei non aveva la minima idea di chi fosse. L’uomo sembrò comprendere e incurvò le labbra in un mezzo sorriso divertito.
“Io mi chiamo Tom Price, sono il professore del corso di fotografia” continuò come se non avesse notato per niente gli occhi sbarrati di lei e una mano che aveva portato alla bocca che probabilmente si era aperta per lo stupore. La trovò divertente ancora di più quando vide che le sue guance iniziarono a tingersi di un tenue colore rosa.
“Sì, i-io mi chiamo Karen”
Si guardarono in silenzio per qualche secondo, poi il professor Price riprese la parola.
“Credo che ti troverai bene allora, Karen. Ho visto le tue foto e un certo video su internet. Prometti molto bene” così dicendo girò i tacchi e si diresse vero l’uscita dell’aula. Il silenzio era ritornato e ora non si poteva ascoltare null’altro che i passi pesanti che si allontanavano sempre di più.
Karen sospirò, poi sorrise contenta e si avviò anche lei verso l’uscita.
Aveva un appuntamento con il suo migliore amico, ma sarebbe volentieri rimasta un altro po’. Il pensiero che il professore di fotografia avesse visto delle sue foto e il video di Mika e che pensasse che prometteva bene non riusciva a non renderla fiera di sé stessa. I tanti sforzi e sacrifici che aveva compiuto, stavano ricevendo il proprio riscatto regalandole squisite soddisfazioni.
Si avviò verso l’uscita muovendo i passi come se stesse ballando. Il professor Price aveva ragione, si sarebbe trovata bene.


 
Mika per la prima volta arrivò prima di Karen a un appuntamento. Sapeva che quel Sabato mattina era andata a fare visita al suo futuro college che l’aveva accettata tra le nuove matricole. Quando le aveva dato la notizie era elettrizzata e quasi le tremavano le mani quando con voce piena di commozione gli disse: “Michael, sono entrata. Andrò al college!”
Non lo chiamava mai Michael, per questo ci mise un po’ prima di realizzare e stringerla forte a sé. Gliel’aveva detto il giorno in cui era tornato dall’ospedale dalla visita di Mark.
Erano già passate due settimane.
Due settimane in cui non aveva fatto altro che godersi l’affetto e le carezze del suo ragazzo in pubblico, senza alcun tipo di timore. Non sentiva più quell’ansia divorargli le viscere quando davanti a un giocatore di football, Mark gli stringeva la mano o gli lasciava un bacio su una guancia. L’aveva baciato anche davanti a Jessie, e ogni volta che la biondina li guardava male o li indicava mentre sussurrava qualcosa a un giocatore di football, quasi per miracolo passava Mrs. Anderson. Sembrava che tutto fosse organizzato e che le cose finalmente avessero preso una giusta piega, per questo si preoccupò quando, con il compleanno di Mark alle porte, lui aveva deciso di passarlo da solo, senza fare le cose troppo in grande.
Ovviamente, Mika non accettò la cosa e cercò di obbiettare, ma sembrava che niente e nessuno potesse smuovere il suo fidanzato da quella scelta. Così, aveva deciso, alla vigilia del suo compleanno, di chiamare Karen e organizzargli una festa a sorpresa.
Gli piacerà.
Non che avesse in mente di chiamare tutta la scuola e buttarsi in una piscina, no. Voleva fare qualcosa di abbastanza significativo da renderlo speciale; dopotutto, le loro lezioni erano nate per questo, per la festa di compleanno di Mark. Era stato un colpo per tutta la scuola quando si erano resi conto che di quella festa non sembrava esserci stato più niente. Specialmente per le cheerleader che si erano preparate con diete, digiuni e tacchi vertiginosi già settimane prima e che ora, non potevano fare a meno di guardarli in cagnesco ogni volta che gli passavano davanti. Ma a Michael poco importava, dopo la conversazione con il suo ragazzo all’ospedale nulla lo avrebbe fermato da mostrarsi per quello che era.
“Scusami, sono in ritardo” la voce della sua migliore amica proveniva dalla sua destra e istintivamente girò lo sguardo verso di lei. Aveva il fiatone, probabilmente era corsa da lui perché sapeva di non essere in orario.
“Figurati, per tutte le volte che lo faccio io...” disse sorridendo e fece per aprire la porta della caffetteria dove avevano deciso di incontrarsi e far entrare prima la ragazza. Era diversa da quella dove si incontravano di solito, ma era comunque accogliente. Le pareti color pesca e le cameriere in divisa le dipinsero sul volto un’espressione di apprezzamento. Sapeva che Michael aveva deciso di portarla lì per non ricordarle quella dove aveva conosciuto James e dove era nato tutto.
Così, decise di andare a prendere posto mentre il suo migliore amico si dirigeva a prendere i caffè alla cassa. Si guardò intorno, notando i piccoli dettagli che le erano sfuggiti alla prima occhiata che aveva buttato quando era appena entrata.
I tavolini erano color cappuccino e su ognuno c’era un mazzo di fiori all’interno. I colori neutri del negozio si mescolavano perfettamente con quelli caldi e freddi delle piante. Su ognuna c’era un cartellino, che segnava i significati e le caratteristiche di quel preciso fiore.
Su quello dove ora sedeva, c’erano dei tulipani gialli e Karen cercò di resistere alla tentazione di leggere cosa c’era scritto a riguardo: lo avrebbe lasciato come pezzo forte. Si concentrò sugli specchi, posizionati strategicamente per rendere il negozio più luminoso e dando l’impressione di essere più grandi. Affianco ad ognuno di loro c’erano scaffali con libri, riviste e foto che ritraevano alcuni clienti in festività annuali. Una in particolare attirò l’attenzione della ragazza, era del Natale del 1995. Una ragazza dai capelli biondi e lisci baciava con tenerezza un ragazzo, posandogli le mani sulle guance e cercando di nascondere il suo sorriso. Lui, le teneva i fianchi e guardandolo meglio, Karen notò che aveva gli stessi capelli di…
“Karen” una voce dietro di lei cercò di richiamare la sua attenzione. No, quella non era decisamente la voce di Michael. Non si voltò.
“Per favore. Voglio solo parlarti” la voce del ragazzo dietro di lei cercava a fatica di rimanere sullo stesso tono senza cercare di abbassarsi troppo.
“Tra poco Mika sarà qui” lei continuava a dargli le spalle.
“Non mi importa”
“Beh, a me sì dato che l’ultima volta hai cercato di spaccargli la faccia” finalmente si voltò e il suo sguardo, glaciale, incontrò quello spaventato e triste di James. Karen si trattenne dallo sbarrare gli occhi, somigliava davvero tanto a quel ragazzo in foto.
James trasalì ma cercò di non darlo a vedere dato che era la prima volta che la ragazza gli rivolgeva la parola in due settimane.
“Possiamo parlarne?” indicò la sedia accanto a lei, ma non ottenne risposta, semplicemente gli voltò le spalle un’altra volta. Lui lo prese come un invito e non ci pensò due volte a prendere posto accanto a lei.
Karen invece voleva solo che se ne andasse, non riusciva a smettere di pensare a lui e di certo quella conversazione non l’avrebbe aiutata.
“Scusami. Non avrei dovuto fare quello che ho fatto, tu per me sei importante…”
“Anche Mika lo è per me” rialzò ancora una volta lo sguardo su di lui, cercando di rimanere ferma e impassibile.
“Anche Mark dovrebbe esserlo per te” continuò riducendo gli occhi a due fessure e cercando di mettere in scena l’espressione di disgusto migliore che aveva. Tuttavia, riuscì a sembrare solamente delusa.
“Ho parlato con Mark. E ho capito che cosa avete in mente di fare tu e il tuo… amico...”
“Si chiama Mika”
“Tu e Mika. So che volete organizzargli una festa a sorpresa” continuò a sostenere lo sguardo della ragazza, che adesso si mostrava stupita.
“Ah, sì? Ed hai intenzione di venire con i tuoi amici anche lì? Di venirci a picchiare perché non vi abbiamo invitato?” una risata amara seguì quelle parole che colpirono James come tanti pugni.
“Karen, ascolta. Io ho chiuso con quei tizi e voglio solamente stare con te. Voglio partecipare alla festa di Mark…voglio... aiutare. Riparare a quello che ho fatto” la ragazza rimase stupita e fece per rispondere, ma l’arrivo di un secondo ragazzo la fermò.
“Ecco il caffè, ci ho fatto mettere dentro la cioccolata dato che ultimamente tu…” la voce di Michael si fermò quando vide James seduto accanto alla sua migliore amica.
“Che ci fa lui qui?” disse mentre si sedeva. Karen stava ancora guardando negli occhi James, quando poi prima di girarsi verso il suo migliore amico per rispondergli, lesse il cartellino sul vaso ei fiori.
Tulipani gialli, il sole nel tuo sorriso e un amore disperato.
“Vuole aiutarci” disse sorridendo, e Mika annuì. Quella mattina aveva fatto fin troppi incontri, che fossero spiacevoli o no lo avrebbe scoperto poi. Per ora rimaneva una cosa, una piccola cosa, che non poteva sapere. 




Saaaaaaaalve!
Ebbene, dopo un anno e tre mesi pubblico l'ultimo capitolo della mia prima fanfiction. Ora manca solo l'epilogo, e ne approfitto per aspettare ancora un po' per salutare i miei lettori. Ho già in mente altre fanfictions, quindi ci rivedremo. Spero che mi seguirete con lo stesso supporto e amore che avete avuto per piccole cose che non puoi sapere. 
Per adesso vi lascio con un arrivederci e vi ringrazio ancora per il vostro affetto.


Melime

 
  
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