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Autore: Lady_purosangue    14/09/2015    1 recensioni
Questa storia parla di Walter Wright, un giovane soldato americano e Edith Miller, giovane figlia di un Gerarca Nazista.
Siamo alla fine della guerra.
É il 16 marzo 1945 e ormai la corsa verso Berlino é rapida.
La giovane Edith si trova a Koblenz, una città stategiacamente importante per entrambi le parti.
Gli americani stanno arrivando e l'ultima speranza é gettarsi tra le grinfie della morte:
ma se qualcosa andasse storto?
Se il cianuro che avrebbe dovuto ingerire Edith non funzionasse?
Cosa succederà?
Genere: Drammatico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
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"Cosa ne faremo della ragazza?" chiese il terzo uomo appena la figura della giovane scomparve dietro la porta.
Harry iniziò a grattarsi la testa, come faceva ogni qualvolta aveva strano pensiero gli passava per la mente.
"non penso sia pericolosa" sentenziò dopo qualche minuto di silenzio.
"Ma Signore..." si intromise ancora l'altro soldato "...avete visto anche voi, con che facilità ha ucciso quel crucco... potrebbe farlo anche con noi"
Walter che fino a quel momento aveva partecipato poco alle conversazioni si intromise dicendo: "L' ha fatto per odio glielo si leggeva negli occhi"
"Tu stai zitto pivello! Non ne sai niente di guerra!" lo ammonì il terzo soldato.
Il giovane non rispose alle offese ricevute, per il semplice motivo che non poteva mettersi nei guai davanti al suo superiore; che fino ad allora lo aveva considerato come un ragazzo incline alle regole.
"io la penso come lui" aggiunse serio e con sguardo ammonitore il più vecchio, alzandosi andando verso i fuoco scoppiettante: "...ma non ci possiamo fidare al cento per cento...ci serve qualcuno che indaghi con discrezione"
"se mi permette signore..." si intromise l'altro soldato alzandosi a sua volta "proporrei il soldato Walter Wright per questo compito...insomma, è giovane e bello... e lei una ragazza giovane, che puo' cadere ai suoi piedi"
Sul volto del vecchio Harry si tinse un espressione dubbiosa, ma poi ammise: "non sarà così semplice. Non tutte le crucche si vendono per un po' di cioccolata, e lei non è una di quelle. Ma si puo' tentare... cosa ne pensi Walter?"
"Nessun problema Signore" dichiarò immediatamente alzandosi in piedi di scatto.
"Allora cosa aspetti? Vai da lei! Non voglio vederla da sola nemmeno un secondo" continuò imperioso, mentre Walter usciva dalla porta.
Il giovane era molto più che felice. Passare il suo tempo con la giovane Edith suonava inverosimile nella sua mente, e un lato di lui sperava che sarebbe riuscito a farla innamorare; mentre l'altro, quello più razionale gli ricordava della dura missione da compiere.

Edith se ne stava tranquilla nella fredda biblioteca di famiglia. Quel posto, pieno di libri ingialliti la estraniava dal mondo e le portava alla mente suo fratello; infatti era propio qui che i due si incontravano e fantasticavano sulla loro vita futura. In quel periodo la guerra era solo un rumore lontano riportato da voci alla radio, a lei non sembrava vero della brutta piega che aveva ormai preso la sua vita.
Gli occhi di ghiaccio fissavano la piazza brulicante di soldati in mimetica verde e le sembrava strano di non udire i loro passi sul selciato scuro, come succedeva con i militari tedeschi. Il suo corpo giaceva composto nella poltrona di pelle marrone e sulle gambe aveva un libro, fermo su quelle stesse pagine da molto tempo, mentre la mente vagava per sentieri sconnessi.

BERLINO, 1934

"Elga, dici che tornerà?" chiese Edith alla sua balia.
Aveva sei anni e se ne stava seduta sotto il gazebo del giardino, al riparo dal caldo sole estivo.
"Ma certo, piccolina" le aveva sorriso Elga accarezzandole la treccia di capelli chiarissimi per poi riempirle il bicchiere di limonata fresca. "Non ti preoccupare". Le aveva sorriso di nuovo e aveva ripreso a leggere il suo libro.
Elga Krause era una donna sulla trentina, con lunghi capelli biondo scuro – spesso raccolti in una crocchia – e con un paio di occhi marrone cioccolato. Era stata assunta dalla famiglia Miller sei anni prima, quando era nata Edith, perché la signora Miller non avrebbe sopportato il fatto di crescere un altra creatura urlante come il suo primo figlio, Adam. Elga era anche l’unico membro della servitù che potesse rivolgersi ad Edith come avrebbe potuto fare con sua figlia e questo era un enorme privilegio agli occhi dei suoi colleghi, che non potevano permettersi di interagire con Edith come faceva lei. E per Edith era l’unica persona con la quale potesse parlare liberamente di qualsiasi cosa le passasse per la testa, era l’unica vera madre che avesse mai conosciuto.
Ma, mentre Elga proseguiva nella sua lettura ad alta voce, cercando in ogni modo di attirare la sua attenzione e coinvolgerla, i pensieri di Edith non erano lì con lei.
Pensava a Thor, il pastore tedesco che due anni prima aveva chiamato come uno degli dei della mitologia nordica.
Ricordava ancora come, il giorno del suo quarto compleanno, suo padre fosse tornato a casa con un fagottino tra le braccia, glielo avesse porso e, con sua grande sorpresa, le avesse fatto gli auguri. Già a quattro anni Edith non avrebbe mai immaginato che quell’uomo distaccato e sempre concentrato sul suo amato esercito fosse in grado di cantarle Zum Geburtstag viel Glück[1] con un sorriso dipinto sulle labbra.
Quando aveva scostato un lembo della coperta marrone – presa in prestito da quelle dell’esercito, come aveva sospettato la bambina – per vedere cosa nascondesse, si era lasciata sfuggire un urletto eccitato vedendo il musino di un cucciolo di pastore tedesco che le annusava la mano.
Era saltata in piedi di scatto, con il cucciolo ancora tra le braccia, e si era fiondata in cucina per far vedere il suo nuovo amico ad Elga.
Ricordava che la donna le aveva sorriso e le aveva chiesto, inginocchiandosi davanti a lei: "Come si chiama, Edith?".
La bambina ci aveva pensato su qualche secondo quando ricordò i miti nordici che le raccontava suo fratello Adam e il nome del dio che le piaceva di più.
"Thor!" ed era corsa in giardino a giocare con il cane nell’aria tiepida della primavera.
Ma ora Thor mancava da casa quasi da un mese, durante il quale non era passato giorno senza che Edith non avesse fatto altro che piangere tra le braccia della balia.
Ad un tratto Thomas, un ragazzo sui diciott’anni figlio del giardiniere, aveva girato intorno alla casa e aveva iniziato a camminare nella direzione di Edith ed Elga con Thor legato al guinzaglio.
Appena lo vide, la bambina gli corse in contro urlando di gioia, si era inginocchiata e aveva buttato le braccia attorno al collo peloso del cane per abbracciarlo.
"Allontanati da lui" l’ordine secco di suo padre la fece sobbalzare sul posto, facendo sciogliere l’abbraccio della bambina. "Si è allontanato una volta, non possiamo più fidarci di lui, Edith".
Quando si girò, suo padre teneva la pistola in una mano, il braccio teso, e la puntava dritta nella sua direzione.
Edith si allontanò di qualche passo dal cane per paura di essere colpita.
"Padre..." voleva supplicarlo, ma era troppo tardi.
Non sentì il rumore dello sparo, forse la sua mente non voleva registrarlo. Sentì invece un uggiolio di dolore e, quando si girò per guardare, Thor giaceva sull’erba tre passi di fianco a lei, un buco sanguinante campeggiava sulla sua fronte, sporcandogli il pelo del muso di sangue.
Si avvicinò al cane come in sogno, reggendosi sulle gambe tremolanti.
Ricordava che si era lasciata cadere sulle ginocchia, aveva abbracciato Thor, sporcandosi il vestitino bianco con il suo sangue, ed era scoppiata a piangere disperata.
Era rimasta in quella posizione fino a quando Elga non si era riscossa dallo shock ed era corsa a separare i due amici.


La bionda tedesca quasi cadde dalla poltrona per lo spavento, quando la figura di Walter comparve dinnanzi a lei. Era talmente immersa nei suoi pensieri, che non aveva fatto caso al giovane soldato.
"Posso farvi compagnia?" Chiese cortesemente.
Edith non ci pensò due volte e dichiarò: "einer [2]"
Il ragazzo si sedette nella poltrona di fronte a lei e puntando i suoi occhi nocciola sulle pagine del libro chiese: "che libro è?"
"Psychologie und die Analyse der Selbst [3]" rispose tranquilla chiudendo le copertine.
Sul volto del giovane si dipinse lo stupore e incuriosito aggiunse: "Pensavo che Freud fosse ebreo!?"
"Lo è" dichiarò Edith puntando i suoi occhi grigi in quelli del soldato. "I suoi libri sono stati banditi... questa è una delle ultime copie in Germania... sono riuscita a salvarla da mio padre solamente perché lui non metteva mai piede qui"
"Non credevo che vi potessero interessare certi argomenti" rispose pacato.
Edith portò le mani alla bocca per scaldarle e mentre le strusciva l'una contro l'altra aggiunse: "la medicina e la psicologia mi hanno sempre afascinato; ma essendo donna, il massimo che ho potuto fare è stato diventare infermiera"
"Io prima di finire in guerra mi stavo specializando nell'ospedale della mia città" dichiarò sorridente Walter "...e ora mi ritrovo tra questi barbari analfabeti"
L'appellativo con cui il giovane aveva chiamato i suoi compagni face sorridere Edith che cambiando discorso disse: "da quale città venite?"
"Si chiama Chicago... è molto fredda, come la germania" rispose guardando fuori dalla finestra.
"Non l'ho mai sentita..." parlò in un sussurro la giovane.
"Scusatemi." Aggiunse nuovamente alzandosi "ma credo che mi ritirerò... la mia mente sta pensando a troppe cose"
"A domani, Edith" rispose sorridendo il soldato, guardando la figura della giovane fuggire via.





[1] La canzone di buon compleanno.
[2] si
[3] La psicologia delle folle e analisi dell'io un libro dello psicanalista Austriaco di origine Ebrea Sigmund Freud
SPAZIO AUTRICE:
Mi scuso per il grande ritardo con cui ho pubblicato questo capitolo, ma nemmeno l'estate è riuscita a eliminare lo scrittore tormentato che vive in me.
Spero vi sia piaciuto.
Baci.~
   
 
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