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Autore: Yaya    14/09/2015    1 recensioni
Lei è in fuga da se stessa. Lui è un idolo delle teenager. Entrambi vorrebbero essere guardati per quello che sono, non per come appaiono. Due mondi che collidono oppure l'incontro di due anime che si appartengono?
“Il mio nome (...) è Keegan. Keegan Allen”.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 4: ORE COME GIORNI

Trascorro la mia mattinata libera muovendomi da un negozio all’altro. Manca meno di un mese a Natale ma qui è già un tripudio di decorazioni e luci; il Black Friday ha dato il via allo shopping natalizio compulsivo e devo ammettere che gli americani si prendono molto sul serio quando devono dimostrare di avercelo più grande degli altri – usando le parole di Greg. Probabilmente mi sto americanizzando, perché sto girando per la città con borse piene di palline colorate, led luminosi, festoni e ammennicoli vari. Non contenta, decido di fare anche un salto in libreria per una rinfrescatina al nostro parco libri. E alla mia libreria personale, ovviamente.

Entro in caffetteria davvero di buon umore; sono sinceramente curiosa di sentire cos’avrà da raccontarmi Keegan sulla vita di LA. Certo, non vedo l’ora di avere aneddoti ricattatori su Greg ma è anche vero che finalmente potrò conoscere un po’ anche lui. Mi concentro su questo e sui clienti per evitare di pensare che, a causa dell’evento saltato, non ci sono validi motivi per cui Keegan debba tornare a Berkeley tanto presto una volta partito.

Quando entra sono al telefono con il nostro fornitore di caffè, anche lui italiano, che non si fa mai scappare l’occasione per fare quattro chiacchiere. Mi sorride e gli faccio cenno di andare nella saletta. Prima di raggiungerlo gli preparo un marocchino – maxi, questa volta – ma invece di sedermi sul divanetto mi fermo al limitare della stanza, accanto alle tende, e lo osservo. E’ seduto comodo, con i capelli spettinati e gli occhi fissi sul libro che ha appoggiato sulle ginocchia. In mano una matita, segna qua e là degli appunti. Qualche ruga sulla fronte, la bocca una linea sottile. E’ concentrato e bellissimo. Quando alza lo sguardo, incrocia i miei occhi e sorride.

“Ehi, a cosa pensi?” mi chiede curioso.

“Niente di che” scuoto la testa. “Sei tornato dal brucaliffo?” gli chiedo mentre mi avvicino. Appoggio le nostre bevande sul tavolo e mi siedo accanto a lui.

“No, questa volta un libro che non conosco” mi risponde sollevando il libro per mostrarmi la copertina. E’ Lo strano mondo di Alex Woods. La mia copia personale, non quella del locale.

“Com’è che gira e rigira i miei libri finiscono nelle tue mani?”

“Cleptomania. L’ho visto lì, l’ho preso. Ma te lo restituisco subito, se vuoi” ribatte lui.

“No, tienilo. Ne vale la pena. Però pretendo qualche nota a margine che faccia compagnia alle mie” sorrido, mentre penso che non riesco a non farlo in sua presenza.

“Ho un regalo per te” mi dice dal nulla porgendomi una scatolina verde con un bel fiocchetto in cima.

Sono incredula. “Oh. Io...io, non me l'aspettavo”balbetto. “Insomma, mi conosci da quanto, 96 ore? E già mi merito un regalo?”

Mi fa un sorriso sghembo. “Su, apri.” mi sprona.

Prendo la scatolina e sollevo il coperchio. Dentro c'è un ciondolo a forma di chiave. Sono ancora senza parole.

“L'ho visto ieri mentre tornavo in albergo e non ho resistito. Mi è sembrato perfetto, visto come mi hai chiamato…”

E' perfetto. Davvero, grazie. Non so cosa dire” rispondo, mentre armeggio per appenderlo subito alla catenina che indosso sempre.

“Non dire nulla. Prendilo per quel che è, un pensiero per salutarti. I miei programmi sono cambiati, devo tornare a LA prima del previsto. Domani devo presentarmi agli studi e quindi...”

“Oh. Capisco” scrollo le spalle per mascherare un po’ la delusione “Mi stavo quasi abituando ad averti qui, sai?”

“Ma come, mi conosci da 96 ore e ti stai già abituando a me?” mi canzona

Touché!

Ridacchiamo e lo osservo mentre pulisce accuratamente il bicchiere dai residui di cioccolato. Mi ricorda quand'ero piccola e raschiavo i barattoli di Nutella fino a farli brillare.

“Ora sei tu che lo fai” mi dice sorprendendomi in flagrante “Sei tu che mi osservi come se fossi interessante”

“E’ che faccio fatica a racchiudere nella stessa persona te e l’attore famoso. Sono due mondi che non riesco a far combaciare. E poi diciamocelo” aggiungo “con quel baffo di cioccolata non ti ci vedo sul red carpet”.

Scoppia a ridere mentre si sfrega il viso con le dita affusolate. Poi si allunga di lato, afferra una delle chitarre e se la mette sulle ginocchia. Ha preso la chitarra preferita di Greg.

“Questa gliel’ho regalata io, sai? Ho provato ad insegnargli a suonare, perché era convinto che così avrebbe rimorchiato più ragazze. Non so se tu hai già avuto a che fare con il suo senso musicale ma…” scuote la testa. “E’ stato un incubo, non ho cavato un ragno dal buco”

Rido di gusto e gli racconto della serata karaoke che settimanalmente proponiamo d’estate. Greg è stato bandito perché il suo incontenibile entusiasmo non sopperisce affatto alla sua voce stonata.

“Cindy ha definito la sua esibizione unghie di gatto su vetro, giusto per non lasciare fraintendimenti” termino. “Ma come gli è venuta la fissa della chitarra?”

“Mi ha sentito suonare questa ad una festa” mi risponde iniziando a suonare l'introduzione di un inconfondibile pezzo dei Dire Straits.

Romeo and Juliet. Quante ragazzine hai conquistato con questa?” gli chiedo.

“Diciamo che qualche bacio l'ho rimediato. Ma tu che fai la santarellina, quanti ragazzi hai conquistato suonando la chitarra?”

“Io non suono la chitarra”

“Solo pianoforte?”

“No. Ho studiato contrabbasso” rispondo. Mi guarda incredulo, come se mi stessi prendendo gioco di lui. “Giuro. C'è stato un periodo negli anni dell'università in cui impazzivo per il jazz, non che sia mai stata una flapper girl per carità, ma con le amiche andavo spesso nei club a ballare e qualche volta li abbiamo anche indossati quegli abiti anni 20 belli da impazzire. A Berlino c'è questo locale incredibile che...”

“Aspetta...Contrabbasso? Berlino?” Mi interrompe. “Sono sbalordito” La sua espressione ricalca esattamente le parole che ha appena detto. “C'è qualcosa di completamente folle in te” esclama mentre si sporge per rimettere la chitarra al suo posto.

“Non so bene se lo devo prendere come un complimento o come un insulto” gli rispondo con un mezzo sorriso, ma prima che possa parlare lo anticipo alzando una mano. “Alt. Se giochiamo alle domande ora tocca a me: colore preferito?”

Mi guarda spiazzato. Poi annuisce, come per confermarmi che starà al gioco.

“Rosso. E' il colore più forte dell'universo. Cosa ti rimproverano gli amici?”

“Considero i personaggi dei libri come fossero persone reali e a volte chi parla con me non ha assolutamente idea di cosa io stia blaterando. Difetto?”

“Sono permaloso. E guai se usi quest'informazione contro di me.” Mi scocca un'occhiataccia. “Mi insegni a fare quel caffè al cioccolato?”

“Certo. Ma non ora, te lo insegnerò quando torni. Cosa fai per sfogarti?”

“Corro. Corro finchè ho fiato e mi reggono le gambe. Qual è il vero motivo per cui sei qui? Voglio dire, hai studiato in Germania, poi in Inghilterra, ora l'America. Sei in fuga o sei un animo inquieto?” mi guarda dritto negli occhi con un'espressione molto seria.

Distolgo lo sguardo.

“Non...non penso di poter rispondere a questo. Non ancora”

Scrolla le spalle e torna a sorridere.

“E quale canzone legheresti a questo momento?”

“In realtà toccherebbe a me fare le domande” rispondo “Ma siccome sono buona ti cedo il turno: Glitter in the air di Pink. The top of the iceberg, the breath before the phrase. Have you ever invited a stranger to come inside?  Direi che questi versi calzano a pennello in questo momento. La conosci?”

“A-ah.” annuisce “Scommetto che se ti chiedo di suonarla me la metti in coda...dopo il marocchino e dopo la spiegazione del perchè sei qui. Sbaglio o stai cercando di darmi motivazioni per tornare?” chiede socchiudendo gli occhi.

“Beccata.” rispondo mentre sollevo le mani e ridacchio. “In ogni caso dovresti tornare per riportarmi il libro. Voglio sapere cosa ne pensi del signor Peterson e di Alex” continuo accennando al libro che ha deliberatamente preso in prestito. “Senza parlare del fatto che non ti sei ancora sbottonato su Greg a LA” aggiungo, scuotendo il ciondolo a forma di chiave nella speranza che si allenti la tensione che sento allo stomaco.

Keegan sorride, allunga una mano e mi sposta la frangia dietro l'orecchio, finendo poi per accarezzarmi la guancia. Avvicina il viso al mio e sussurra “Io ce l'ho già un motivo valido per tornare”. Mi sfiora il naso con il suo e mi guarda dritto negli occhi. “Ricordi come continua la canzone?”. Il mondo si ferma un attimo, sospeso. The breath before the kiss. E poi sento le sue labbra sulle mie, morbide, leggere. Gioca con la mia bocca lentamente mentre con la punta delle dita percorre il profilo collo. Dall'orecchio alla spalla. Su e giù, ancora e ancora.

Mi siedo più vicina a lui, che mi accoglie con un sorriso disarmante. Mi guarda e mi rendo conto di essere completamente in balia di quegli occhi, ma non mi importa più. Voglio caderci dentro e quello che succede succede. Riprendo a baciarlo e nell'istante in cui inizia a muovere di nuovo le labbra sulle mie mi lascio andare e perdo completamente il contatto con la realtà. Dio, è così dolce e languido che potrei continuare per sempre. Gli passo le mani tra i capelli e mi fermo a giocare sulla nuca. Lo sento sorridere sulle mie labbra mentre muove la testa per venire incontro alle mie dita.

“Potrei iniziare a fare le fusa come un gatto, sai?” bisbiglia.

Non ho la possibilità di rispondere perchè la sua bocca cattura di nuovo la mia. Ne percorre il contorno con la punta della lingua. Mi assaggia, letteralmente. E' una tortura dolcissima. Ma prima che il bacio si faccia più profondo lui si allontana e appoggia la fronte sulla mia. Rimango ancora un attimo ad occhi chiusi, mordendomi il labbro inferiore, assaporando il lieve aroma di caffè che mi ha lasciato addosso. Sento il suo respiro che mi accarezza e apro gli occhi.

“Mh. Potrei usare il tuo stesso metodo e dirti che il resto del bacio lo avrai quando verrai da me a LA” mi dice pensieroso.

Lo guardo sgranando gli occhi.

“Mi prendi in giro?”

“Assolutamente si”. E sta ancora ridendo quando torna sulla mia bocca e la invade, questa volta senza tanti preamboli. Accolgo la sua lingua e un brivido mi percorre quando inizia a giocare con la mia, sento il cuore che mi martella nelle orecchie. E’ un bacio invadente, pressante, compensato dalla delicatezza con cui mi accarezza i fianchi con le mani. Non so più dove finisce lui ed inizio io, galleggiamo in una bolla per pochi secondi o per giorni interi, fino a quando la vibrazione insistente del suo telefono non ci richiama lentamente alla realtà. Fissa lo schermo con il fiato corto e stacca la chiamata senza rispondere, ma il significato è tangibile e si insinua tra noi come una terza persona: il tempo a disposizione è agli sgoccioli.

“Okay” comincia sfregandosi le mani sui jeans “penso di dover andare”

Sono un po' spiazzata dal repentino ritorno alla realtà, ma anche se vorrei tanto che non partisse non posso certo legare qui Keegan e sequestrarlo. Perciò mi alzo dal divanetto e gli porgo una mano. Lui l'afferra e intreccia le dita alle mie. Le tengo strette fino alla porta d'ingresso.

“Mi daresti un secondo il tuo cellulare?” mi chiede mentre si infila il giubbino. Ci scrive su qualcosa e mi mostra lo schermo. “Chiamami, ok?”

“Okay” gli dico piano. Mi alzo sulle punte e gli poso un bacio sulle labbra prima di abbracciarlo forte. Non sono pronta a lasciarlo andare, proprio per niente. Mi stringe anche lui e non allenta la presa neanche quando mi lascio scappare un sospiro.

“Ehi, che c'è?” mi chiede piano.

Alzo gli occhi per incrociare i suoi.

“Sto cercando di mantenere un minimo di dignità per non mettermi a supplicarti di non andare via” rispondo.

Il suo volto si schiude in un sorriso.

“Sissi...” sussurra mentre mi prende il viso tra le mani. Mi posa un bacio sulle labbra, poi un altro, poi un altro ancora. Mi aggrappo alle sue spalle ed in un attimo la mia lingua scivola nella sua bocca. Keegan mi avviluppa tra le braccia, una mano salda sulla schiena, l'altra sulla nuca. Mi spinge contro di lui come volesse entrare nella mia pelle e io sento le farfalle allo stomaco. Ci baciamo avidamente come dovessimo imprimerci nella memoria l'uno dell'altro fino a quando lui dolcemente si allontana.

“Devo andare, devo davvero andare” borbotta a mezza voce. Sembra debba convincere anche se stesso, non soltanto me.

Gli accarezzo una guancia.

“Ci sentiamo presto, allora”

“Prestissimo” risponde dandomi un bacio sulla fronte. “Promesso” suggella con un bacio sulle labbra.

“Okay”.

Gli sorrido, mentre guardo quegli enormi occhi blu che hanno il potere di scavarmi dentro.

“Buona notte Sissi” mi sussurra all'orecchio.

Un ultimo sorriso, poi si volta e va.
  
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