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Autore: Iraklion    15/09/2015    2 recensioni
'Nessuno riuscì mai a comprendere cosa fosse effettivamente accaduto: cosa avesse provocato la loro scomparsa e soprattutto dove fossero finiti. Il ragazzino aveva salvato il mondo, e questo lo aveva reso un eroe. La sua scomparsa, invece, lo aveva trasformato in una leggenda'.
L'arrivo di Jak & Daxter ad Haven City dal punto di vista di Erol (o Errol).
Beta Reader: OharaNakamura.
Genere: Azione, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Barone Praxis, Daxter, Errol, Jak, Pecker
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La pioggia cadeva fitta su Haven City.

Erol, pensieroso, osservava il cielo plumbeo da una delle grandi finestre della sua stanza, situata nella torre più alta del palazzo, non molto lontana da quella del Barone Praxis.
Da lassù riusciva a vedere gran parte della città: pochi abitanti percorrevano le sue strade e poche navicelle ne sorvolavano l’area sovrastante, le guardie Kremizi, invece, pattugliavano incessantemente ogni angolo.

Erol appoggiò un orecchio contro il vetro rigato dalla pioggia. Mille pensieri affollavano la sua mente ma soprattutto, si domandava se avesse fatto bene a prendere una simile decisione, se non fosse, invece, tutto sbagliato. Per calmare le sue ansie, chiuse leggermente le palpebre, respirò profondamente e si disse che non avrebbe potuto prendere una decisione diversa. La città era in pericolo, continuamente minacciata da orde di teste di metallo: lui e il Barone riuscivano a entrare in contatto con il loro Capo, Kor, per stipulare accordi di pace, ma Erol era convinto che non sarebbero riusciti a sostenere quella situazione a lungo. Prima o poi non avrebbero più potuto rispettare i patti e Kor avrebbe distrutto Haven City, mattone dopo mattone, proprio come aveva giurato la prima volta in cui il Barone aveva tentato di imbrogliarlo.
Prima che iniziassero a trattare, Erol aveva guidato alcune spedizioni contro quelle creature e dunque aveva ucciso alcune teste di metallo: gli strani esseri avevano effettivamente delle gemme dai contorni metallici sul capo, che era possibile estrarre una volta uccise. Krew, il proprietario del Naughty Ottsel, ingaggiava guardie Kremizi per ucciderne qualcuna e una volta compiuto il lavoro, la guardia portava al grasso uomo d’affari l’intera testa con la gemma ancora incastonata. Krew, appendeva poi i ‘suoi’ trofei, alle pareti del Naughty Ottsel – non molti comunque. Lui si creava un nome, le guardie ottenevano compensi. Krew, aveva inoltre lasciato uno spazio vuoto nella parete più grande, affermando che un giorno quello sarebbe stato il posto per il trofeo più grande di tutti: la testa del capo di quegli squallidi abomini.
Ad Erol, tutto ciò, non importava: Krew poteva fare come meglio credeva, a lui interessava solo che quegli esseri venissero annientati e che la città venisse liberata dalla loro minaccia. Non ci si poteva affatto fidare di loro. Solo Kor sembrava possedere un certo grado di intelligenza, tutte le altre, attaccavano per istinto o dietro diretto comando, dunque, erano imprevedibili. Il Barone riforniva il Capo con notevoli quantità di eco oscuro, il quale,in cambio, concedeva loro di vivere. Non si curava, comunque, del fatto che, talvolta, alcune teste di metallo riuscissero a varcare le mura della Città Rifugio gettando i cittadini nel panico. A volte ferivano, altre uccidevano. Era una situazione intollerabile. Se Mar, il fondatore, avesse visto com’era diventata adesso la sua amata città …
L’unico modo per sbarazzarsene per sempre, era creare un potente esercito. Non sarebbero bastate le pistole – ne servivano troppe per farne fuori una sola- era necessario, a quel punto, qualcosa di più efficace: l’eco oscuro!

Erol aveva quindi esposto il suo piano: arruolare soggetti nelle guardie da sottoporre ad esperimenti di mutazione genetica. Avrebbero somministrato loro piccole quantità di eco oscuro, sino a farli diventare delle macchine da guerra da mandare direttamente contro il loro covo, e finalmente, distruggerlo.
Inizialmente, tutto sembrava funzionare, ma con il tempo qualcosa era andato storto: gli uomini sottoposti all’esperimento avevano iniziato a morire. Le perdite erano notevoli. Ma Erol, aveva imposto di portare avanti il suo progetto. Era convinto che un giorno, tale esperimento avrebbe dato anche esiti positivi. E quella era la loro unica speranza. Nonostante i sensi di colpa, continuava a ripetersi che stava agendo per il bene comune, per la salvezza della città. Per lui, ormai, era diventato un mantra.
E continuò a ripeterselo anche quando si staccò dalla finestra per andare a prendere un pesante tomo dalla sua personale biblioteca.
Lo appoggiò sulla scrivania e con una mano tolse la polvere che si era accumulata sul dorso. Lo aprì facendo scricchiolare la spessa copertina. Seguì l’indice con il dito sino a trovare il punto che gli interessava. Il capitolo riguardava le gesta compiute da un certo Jak in un passato molto lontano, quando Haven City ancora non esisteva e quella che adesso era diventata ‘La città morta’, era ancora conosciuta come ‘Villaggio di Sandover’.
Jak era solo un ragazzino, eppure la sua impresa continuava a riecheggiare nel tempo. La sua stella brillava ancora.
Era giunto al villaggio di Sandover quando aveva solo quattro anni. Il Saggio Verde, Samos, aveva accolto quell’adorabile bambino muto nella sua dimora laddove era cresciuto in compagnia della figlia, Keira, la quale avrebbe, qualche anno dopo, potenziato lo zoomer che si era rivelato indispensabile per la realizzazione di quella gloriosa impresa.
Jak, Samos, Keira e Daxter, il fedele amico dell’eroe, erano giunti sino alla Cittadella di Gol e Maia per salvare gli altri Saggi: Il Giallo, il Rosso e il Blu. Poco prima di giungervi, anche Samos, Il Saggio verde, era stato catturato dai due malvagi fratelli. Jak, affrontando con destrezza tutte le prove impervie, era riuscito a salvare i Saggi ed infine a sconfiggere Gol e Maia, impedendogli così di utilizzare nel peggior modo possibile grandi quantitativi di eco oscuro presenti in antichi Silos. Per ironia della sorte Gol e Maia erano finiti proprio dentro una di quelle pozze oscure. Erano rimasti intrappolati in un congegno da loro inventato, finito all'interno del Silos colmo di eco oscuro. Semmai fossero riusciti a liberarsi ed uscire, sarebbero stati immediatamente sommersi dall’eco. Nessuno aveva alcun dubbio in merito alla loro morte.
Ma qualcosa di strano era successo a Jak e ai sui amici.
Dopo aver salvato il mondo da un orribile destino riuscendo a dominare l’eco luminoso, le cento batterie che Jak aveva raccolto nel corso della sua avventura gli avevano spalancato le porte a qualcosa di inimmaginabile. Il portale si era aperto, e una volta cessata la luce accecante, Jak e i suoi amici avevano scorto uno strano congegno. I saggi, attraverso I raggi di eco colorato che erano in grado di emettere, erano riusciti a sollevarlo e a riportarlo al villaggio.  Gli abitanti non riuscivano a comprendere quali funzioni potesse avere quello strano oggetto. Non avevano osato ficcanasare troppo. Ed anche gli altri Saggi, tranne Samos, stanchi di studiarci sopra senza riuscire a comprendere i meccanismi, avevano deciso di demordere ed erano partiti alla volta dei loro villaggi.
Un giorno, un temporale aveva sorpreso il Villaggio di Sandover, improvvisamente travolto da una luce accecante. Una volta svanita, il sereno era tornato. Il tutto era successo in pochissimi secondi e  Jak, Daxter, Samos e Keira erano scomparsi, svaniti nel nulla.
Nessuno riuscì mai a comprendere cosa fosse effettivamente accaduto: cosa avesse provocato la loro scomparsa e soprattutto dove fossero finiti. Il ragazzino aveva salvato il mondo, e questo lo aveva reso un eroe. La sua scomparsa, invece, lo aveva trasformato in una leggenda.

Quella storia Erol la conosceva a memoria e ciò nonostante ogni volta che ne sfogliava le pagine non poteva fare a meno di immergersi completamente in quel luogo che non aveva mai conosciuto. Eppure, la dimora di Samos, era ancora lì, nella Città Morta in cui regnava un silenzio sepolcrale. ‘Dove sono andati a finire?’ era solito domandarsi, una volta conclusa la storia. Lui era certo che a quel congegno fosse collegato anche un portale che li aveva catapultati chissà dove. Eppure, nessuno, aveva mai avvistato quello strano quartetto, in nessun altro tempo, in nessun altro spazio.
Era ancora immerso nei suoi pensieri, quando sentì bussare. Una guardia Kremizi lo attendeva fuori dalla porta. Non appena Erol abbassò la maniglia, la guardia iniziò a parlare «Comandante. La sua presenza è stata richiesta dall’indovina Onin..»
«Onin? - chiese Erol interrompendo la guardia- Non è ho mai sentito parlare.»
«Onin dimora in una tenda presso la zona bazar» rispose pazientemente la guardia.
«Adesso comprendo perché non ero a conoscenza: la zona del bazar è ben pattugliata dalle mie guardie. Dunque, la mia presenza in quella zona non si è mai rivelata necessaria, inoltre è un luogo molto tranquillo. Vai avanti. Cosa vorrebbe da me questa Onin?»
«Vorrebbe incontrarla. Ci ha riferito di avere qualcosa di molto importante e urgente da comunicarle. Ha richiesto la sua sola presenza»
«Interessante. Andrò immediatamente» concluse Erol congedando la guardia la quale, prima di andarsene, rivolse ad Erol un’ultima domanda. «Vuole che l’accompagni?»
«Non sarà necessario - decise - andrò da solo, come richiesto. Inoltre, come ho già detto, la zona è ben pattugliata. Non correrò alcun rischio. Adesso puoi andare»
La guardia abbassò il capo in segno di saluto e se andò.
Erol, guardò nuovamente Haven City. Il cielo era ancora cupo, la pioggia incessante. Si mise l’armatura sul petto e andò a prendere il suo zoomer e chiese alle guardie di lasciarlo uscire. Si calò sul volto la maschera dalle lenti rosse che gli permetteva di individuare facilmente le fonti di calore. Era solito usarla nelle spedizioni contro le teste di metallo. Mise il turbo e partì verso la misteriosa richiesta. Arrivato a destinazione si ritrovò con i capelli e la tuta completamente bagnati.
Scese dal suo zoomer, salutò alcune guardie che erano state informate del suo arrivo e si avviò verso la tenda. Non appena entrò venne colpito da una varietà di profumi: candele e incensi erano ammassati in quello spazio angusto. Anche un altro odore lo colpì, ma a differenza dei primi, questo non era altrettanto gradevole. Al centro della tenda, a gambe incrociate, un’anziana dagli occhi vitrei, chiaramente cieca, sedeva su un pila di morbidi cuscini ed agitava le braccia senza motivo apparente. Inoltre, non dava alcun segno di aver avvertito la sua presenza.

«Onin?»azzardò. Ma non ricevette risposta alcuna. Allora provò altre volte, alzando via via il tono della voce. Sino a quando, spazientito, non si mise quasi ad urlare. E qualcosa gli cadde addosso. Erol non riuscì a capire di cosa si trattasse sino a quando non vide che ai suoi piedi si erano accumulate delle piume rosse, blu e gialle. Sollevò lo sguardo e vide che accanto all’indovina si era materializzato uno strano essere. Pensando che non potesse sentirlo o tantomeno capirlo disse: «Credevo di averle viste tutte e che le teste di metallo fossero le creature più bizzarre mai esistite, ma non avrei mai pensato che un giorno mi sarei ritrovato davanti una… scimmia pennuta? -e soffocò una risata -Adesso capisco cos’era quello sgradevole odore….»
«Una scimmia pennuta che parla, oserei dire» rispose l’essere lasciando Erol di sasso. «Il mio nome è Pecker. Sono l’interprete di Onin. Non ci sente tanto bene. E’ necessario urlare.  Non credevo che lei, Comandante, sarebbe venuto qui così presto, dunque stavo sonnecchiando e non l’ho sentita arrivare sino a quando non ha iniziato ad urlare-  il pennuto gesticolava parecchio mentre parlava. -In merito al fatto di essere una scimmia pennuta….che dire….mia madre, ecco, lei era….»
«Risparmiami i dettagli» disse Erol che aveva fretta di sapere cosa dovesse comunicargli l’indovina e non aveva voglia di sentire il ciarlare di quella bizzarra creatura «Va al punto. Perché sono stato convocato qui?»
Il pennuto si voltò verso l’indovina e urlando gli disse che era giunto il momento di parlare al Comandante. L’indovina riprese ad agitare le braccia per comunicare con l’interprete.
Non parla, non vede, ci sente poco e il suo interprete è una scimmia pennuta. Dove diavolo sono finito? pensò mentre i due comunicavano silenziosamente.
Pecker interruppe i suoi pensieri. «Onin dice.. » e fece una pausa per osservare i gesti dell’anziana. «Onin dice che buone nuove stanno arrivando da un passato molto lontano»
Impaziente chiese «Buone nuove? Cosa intende dire esattamente? »
«Ebbene, persone importanti stanno arrivando dal passato. Ben quattro. Il loro destino era sconosciuto sino a quando, qualche giorno fa,  Onin li ha visti arrivare attraverso un portale magico. Nel loro tempo sono scomparsi senza lasciare alcuna traccia. E qui che stanno arrivando. Si tratta di Jak…..»
«Colui che ha sconfitto Gol e Maia?» chiese Erol improvvisamente attento.
«Proprio così, Comandante, si tratta dell’eroico Jak. E con lui ci sono anche Samos, sua figlia Keira e il suo fedele compagno Daxter. Durante il viaggio si separeranno ma arriveranno tutti e quattro qui, seppur in luoghi e tempi leggermente diversi. Onin dice che Jak è destinato a fare grandi cose qui. Lui ci salverà dalla minaccia delle teste di metallo. Lui è il predestinato. Ed Onin ha ben pensato di dirvelo in modo tale che voi possiate parlarne con calma con il Barone Praxis e organizzare al meglio le vostre guardie per accogliere i nuovi venuti ed istruirli affinché compiano il loro destino»
Erol era incredulo. Qualcuno aveva risposto alle sue preghiere, qualcuno aveva trovato la soluzione ai suoi drammi. Jak, aveva in precedenza dominato l’eco luminoso per sconfiggere i potenti Gol e Maia ed Erol, era sicuro che il giovane avrebbe imparato con il tempo a dominare anche l’eco oscuro tanto da trasformarsi in una potente macchina da guerra e finalmente le teste di metallo sarebbero state annientate. Nonostante Onin avesse visto in Jak la salvezza della città, non credeva che il ragazzo si sarebbe volontariamente sottoposto ad un esperimento così pericoloso, come le iniezioni di eco oscuro. Dunque, era necessario che Jak venisse fatto prigioniero. Ma questo, evitò di dirlo.
«Questa è una notizia grandiosa» affermò rivolgendosi ad Onin «Sono lieto che abbiate deciso di comunicarcelo prima della loro venuta. Quando e dove avverrà? Saperlo ci permetterà di accoglierlo come si confà ad un eroe»
Ed io sarò colui che ha portato in città l’arma che stavamo aspettando pensò, impaziente di sapere quando avrebbe incontrato la persona che lo avrebbe reso a sua volta un eroe.
«Jak e Daxter arriveranno qui tra tre settimane esatte, vicino al laboratorio dello scienziato Vin, il quale possiede a sua volta un portale che indubbiamente li attirerà li vicino». E Pecker riferì anche l’orario in cui sarebbero arrivati e dove si sarebbero materializzati anche Samos e Keira. Questi ultimi due non erano ancora una priorità per lui, ma in seguito li avrebbe comunque cercati. Anche loro due erano preziosi: un Saggio e una donna meccanico. Ed erano già stati fondamentali nella riuscita dell’impresa che aveva portato alla definitiva vittoria di Jak e alla salvezza del mondo.
«Ringrazia Onin da parte mia per queste preziose informazioni» disse a Pecker, il quale si voltò immediatamente per riferire i ringraziamenti all’indovina. E quando volse nuovamente lo sguardo verso il Comandante, Erol si era già dileguato.
Tornato al palazzo, riferì quanto appreso al Barone stesso, che ascoltò con molto interesse e infine disse che il nuovo arrivato avrebbe potuto segnare la svolta.

«Mio Signore, sono convinto che Jak sarà in grado di dominare l’eco oscuro. Forse ci odierà per questo, ma quando sconfiggerà le teste di metallo ci sarà grato per l’opportunità che gli abbiamo concesso. La sua leggenda continuerà a vivere e tutti noi saremo ricordati come degli eroi» gli occhi di Erol brillavano mentre parlava e un leggero sorriso affiorò sulle sue labbra «mi permetta comunque di continuare gli esperimenti sugli altri uomini. Jak potrà sgominare le teste di metallo anche da solo, ma se l’esperimento dovesse dare qualche esito positivo, sicuramente farebbero comodo dei rinforzi. Non crede?»
«E sia! Non mi hai mai deluso, Erol! Nominarti Comandante è stata un’ottima scelta. Ho piena fiducia in te. Continua a sperimentare sugli altri uomini e va a prendere Jak, il nostro eroe» rispose il Barone che già vedeva davanti a sé giorni migliori.
«Sarà fatto. C’è un’ultima questione: cosa ne facciamo di Daxter? L’animale amico di Jak?»
«L’animale non mi interessa. Portami solo Jak» rispose il Barone liquidando la questione con un gesto della mano.
«Come desidera» disse Erol prima di congedarsi.

Le tre settimane passarono molto in fretta e il grande giorno era ormai arrivato.

Preparò l’operazione nei minimi dettagli. Si sarebbero appostati vicino al laboratorio dello scienziato Vin, che al momento si trovava altrove, in attesa che Jak e Daxter facessero la loro comparsa. Decine di posti di blocco delle guardie Kremizi avrebbero impedito qualsiasi tentativo di fuga. Erano autorizzate a ferire, ma non ad uccidere. Anche lui avrebbe portato con sé la pistola, per persuadere Jak da qualsiasi tentativo di darsela a gambe.
Stava ripetendo nella sua mente tutte le misure di precauzione attuate per la riuscita di quell’insolito arresto, quando uno squarcio luminoso si materializzò a una decina di metri sopra la sua testa. Jak e Daxter erano ormai arrivati.  Due figure atterrarono pesantemente sull’asfalto.

Erol e le guardie iniziarono ad avvicinarsi e videro quello che probabilmente era Daxter, - dall’aspetto sembrava un topo arancione -, lanciare un tubo metallico e dire: «Okay, okay lo giuro, questa è l’ultima volta, ho detto l’ultima, che tocco qualche stupidissima roba Precursor».
Quando finì di imprecare, li avevano ormai raggiunti.
«Eccolo» Erol capeggiava le guardie. «Muovetevi! »  ordinò e fece segno alle guardie di avanzare.
Non appena, ormai vicinissimo ai due, disse «State lontani dall’animale», Daxter fuggì passandogli tra le gambe.  «Lascia stare il topo» si rivolse ad una guardia che aveva fatto un passo avanti per afferrarlo «Il Barone vuole solo lui»

Jak, rimasto solo, era visibilmente impaurito. E mentre una guardia lo colpiva alla testa con la pistola, sentì Erol dire – con un ampio sorriso sul volto – «Ti stavamo aspettando!»
   
 
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