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Autore: _only_ hope_    17/09/2015    3 recensioni
Il protagonista di questa storia è un viaggiatore, un uomo che viaggia per vivere, che ha bisogno di farlo.
Oggi si trova alla stazione della metro di una città qualunque, in un bar.
[storia seconda classificata al contest "Meno di mezza stagione!" indetto da PrettySweetLolita sul forum di EFP]
Genere: Drammatico, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Viaggiatore.


Cammino lentamente per i lunghi e affollati corridoi della stazione della metropolitana, assaporando ogni attimo trascorso quaggiù: respiro a pieni polmoni l'aria intrisa di gas di scarico, che non è molto salutare, ma che io amo. Adoro anche il mix di odori che percepisco camminando in mezzo alla folla: sudore frammisto alle diverse tipologie di profumo, acqua di colonia, deodorante, shampoo e bagnoschiuma.

La gente mi spinge mentre corre per raggiungere la piattaforma ai cui lati arrivano i treni, ma io non inveisco contro nessuno e continuo la mia piacevole passeggiata mattutina con il passo di prima.
A prima vista mi si può giudicare piuttosto pazzo a causa dei miei gusti, ma continuare a viaggiare mi ha portato a prestare meno attenzione all'insieme e a perdere la fretta, che era una delle mie caratteristiche principali nella mia vita precedente; di conseguenza, ora apprezzo maggiormente i dettagli.
Seduto al tavolino di un bar che di sicuro riceverebbe qualche richiamo da parte degli ispettori igienici, se solo avessero il coraggio di entrarci, osservo ancora la folla che si accalca per riuscire ad entrare in un vagone già troppo pieno e sorrido tra me e me: ho girato mezzo mondo, ma ho notato che in qualunque città io mi trovi questo scenario mi si presenta davanti agli occhi. Nessuno ha mai la pazienza di aspettare per altri cinque minuti un treno quasi vuoto: la fretta è una brutta bestia, consuma il cervello e lo rende incapace di fermare le gambe e le braccia.
Alcuni attimi dopo noto una giovane dai lunghi e ricci capelli biondi che si fa largo tra la folla, imprecando contro chi non la lascia uscire dal vagone: suppongo che non abbia nessuna intenzione di rischiare di dover scendere alla fermata successiva, e dalla rabbia che trapela dall'espressione che è esplosa sul suo viso deduco che le è già capitato in passato di dover scendere alla fermata successiva. Di conseguenza si deve essere fatta uno o due chilometri in più a piedi; magari è anche arrivata in ritardo e si è dovuta sorbire una lunga ramanzina seduta sulla scomoda sedia nera del capo reparto e, di conseguenza, non ha nessuna intenzione di lasciare che tutto questo accada nuovamente.
La osservo mentre ordina un caffè al bancone del bar dopo essere riuscita a raggiungerlo: è adorabile anche con i capelli scompigliati ed il fiatone, ed è strano che io non abbia notato la sua camicia a fiori dai colori sgargianti o la sua borsa a tracolla altrettanto appariscente i giorni scorsi, visto che siedo qui tutte le mattine da due settimane. Il suo profumo di lavanda, però, mi è famigliare: sono certo che mi è passata accanto almeno un paio di volte.
La noto voltarsi per cercare un tavolino libero e, quando incontra il mio sguardo, le faccio cenno di venire a sedersi davanti a me: per accentuare il concetto sposto la valigetta nera e il cappello a cilindro dalla sedia che dovrebbe venire ad occupare. Lei mi sorride, grata, e si avvicina:
"Grazie mille."
"Il posto è libero, perché non occuparlo?" ribatto con noncuranza, alzando le spalle.
"Beh, non tutti sono gentili come Lei: arrivando a quest'ora e con quella metro non c'è mai un tavolo libero: di solito lo bevo in piedi e troppo di fretta per gustarlo come si deve, quindi grazie." commenta lei, al che deduco anche il fatto che è una chiachierona: beh, meglio per me.
"Comunque io sono Amedeo." le porgo una mano sorridendo, e lei ricambia sia la stretta che il sorriso:
"Loredana."
Il suo nome inizia per "L", come "Lorena", "Luisana", "Louise", "Lara", "Laura" e "Lorella": interessante. Ah, e anche "Linda" inizia con la stessa lettera, come dimenticarlo! Il nome "Loredana", però, proprio mi mancava: potrei aggiungerlo alla lista.
"Deduco che tu non ami la metropolitana." commento.
"Odio il fatto che sia così affolata, per il resto mi affascina. Mio padre ha costruito questo tunnel, oltretutto, e io stessa progetto i nuovi cunicoli."
"Oh, quindi sei già stata nella sala di controllo o in quelle degli impianti elettrici?" esclamo, affascinato."O almeno sai dove si trovano?"
"È un appassionato anche Lei di cunicoli e affini?" osserva lei, con uno scintillio divertito negli occhi.
"Amo i dettagli: ad esempio, se la sala dove si trova l'impianto elettrico non ci fosse, il tutto non funzionerebbe."
"Ottima osservazione." commenta Loredana sorridendo entusiasta: le sue labbra sono piegate all'insù da quando si è seduta davanti a me.
"Ed amo gli impianti elettrici fin da quando ero bambino." concludo.
"Oh, elettricista?"
"No, avvocato." o, meglio, questo era il mio impiego nella mia vecchia vita, ma amo presentarmi ancora come un uomo che lavora in un tribunale: ora sono un viaggiatore, viaggio per vivere, viaggio per necessità. Posso dedicarmi a tempo pieno alla mia passione più grande da due anni, da quando ho vinto una grossa somma alla lotteria.
"Buffo." commenta intanto lei, poi entusiasta e curiosa chiede: "È divertente urlare: 'Obiezione!'?"
"Non si usa tanto quanto fanno vedere nei film." minimizzo.
"Non mi hai risposto."
"Lo so." rispondo tranquillo, e lei in risposta mi guarda negli occhi: solo la suoneria del cellulare la porta a riscuotersi. A vedere la fotografia di un uomo comparire sullo schermo sbuffa, poi risponde: "Dimmi!... Sì sì, sto arrivando, non preoccuparti. Sì, arrivo... No, non sono ancora alla metro!" sbuffa ancora e, senza neppure salutare il suo interlocutore, interrompe la chiamata. Mi guarda, mi fa un cenno di scuse e tenta anche di sorridere, ma i suoi occhi color del mare sono lucidi.
"Tutto bene?" le chiedo a quel punto.
"Sì, non ti preoccupare: il mio ex suocero è anche il mio capo. Mi odia, è già tanto se non mi ha ancora licenziata. Scusa, ma devo scappre: ti ritrovo qui domani?"
Le sorrido rassicurante: "Certamente." mi viene voglia di abbracciarla, e per un attimo penso che varrebbe davvero la pena di fermarmi qui con lei, che potremmo essere felici assieme, che lei potrebbe capirmi.
"Non è che prima mi faresti vedere dove si trova la stanza dell'impianto elettrico? È qui vicino, vero?"
"Certo, con piacere: dovrei avere cinque minuti di margine." risponde, poi mi guida per i corridoi e riesce anche a farmi entrare illegalmente: ride di gusto ad una mia stupida battuta su un bambino che ha paura del buio, ma poi mi riferisce che sta per lasciarmi lì da solo e mi dà appuntamento a domani in questo posto. Mi sorride un'ultima volta e mi saluta con un cenno della mano, poi fa l'errore di voltarsi. Il fazzoletto con il cloroformio la addormenta in un attimo, ma la sveglia poco dopo: i suoi occhi mi fissano terrorizzati non appena si rendono conto del fatto che i suoi polsi sono legati ad una sedia e che un laccio le copre la bocca. So che mi e si sta chiedendo il perché: lo hanno fatto tutte.
Avevo una sorella, Sole, brillante giudice, che mi ha fatto perdere parecchi casi: è sempre stata migliore di me, ma ci siamo sempre voluti bene, nonostante tutte le litigate che abbiamo fatto nel corso degli anni. Aveva una migliore amica, Linda, capelli biondi e pieni di boccoli, chiaccherona ed esuberante, che ha guidato ubriaca e che ha ammazzato il suo fidanzato, l'ha resa paralizzata e ne è uscita illesa. Sole si è uccisa tagliandosi i polsi: ricordo ancora il sangue che usciva copioso dalle sue vene quando l'ho trovata distesa incosciente sul pavimento della sua camera. Ho reciso le vene dei polsi di Linda due anni fa, e finalmente, dopo mesi di apatia, mi sono sentito bene, in pace con me stesso. Riprovo quella sensazione mentre recido i vasi sanguigni di Loredana, mi sento bene mentre osservo la vita scivolare via lentamente dai suoi occhi. Era una persona gradevole, per un nanosecondo penso che quasi mi dispiace: se avesse avuto un aspetto fisico e un nome diversi, in un'altra vita avremmo potuto essere amici.
Ma in questa vita io sono un viaggiatore: per me una necessità cambire residenza dopo alcune settimane, vistare luoghi nuovi, conoscere persone diverse.
Ho conosciuto e dissanguato ventinove donne in ventinove Stati diversi. Il tutto per sentirmi di nuovo bene.





Angoletto di Hope-barra-Gio:
Ehilà! Piaciuto il finale?
Non vi preoccupate, non sono come l'anonimo protagonista di questa storia, ma mi sono divertita a diventarlo per un attimo su carta.
E ricordate... una recensione è gratis, ed ha una sola controindicazione: fa sorridere incontrollabilmente chi la riceve :)

  
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