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Autore: ineedofthem    18/09/2015    9 recensioni
Anita, un metro e sessanta di dolcezza e allegria, è una specializzanda in pediatria. Adora il suo lavoro, sa che è quello che deve fare perché ci crede da sempre e, spinta dalla passione per questo lavoro, comincia a passare le sue giornate in ospedale.
Qui conosce Lucia: una bambina rimasta orfana, con una grave disfunzione cardiaca, ricoverata nel reparto di pediatria.
Anita sente di provare per lei un affetto profondo e il loro diventa un rapporto viscerale.
Tutto procede bene, finché non arriva lui: Luca Franzese, il nuovo cardiochirurgo dell'ospedale, e Anita capisce che la sua vita non sarà più la stessa. Riconoscerebbe quella zazzera di capelli castani e quei lucenti occhi verdi tra mille. Sa che il ritorno in città del ragazzo porterà solo guai per lei. Il rapporto con Lucia li accomuna entrambi e la piccola sembra l'unica in grado di sciogliere il suo sguardo da duro e quel carattere burbero che lui si porta dietro.
Anita crede di averci messo una parola fine su quel capitolo, ci ha avuto a che fare in passato e non intende ripetere lo stesso errore. Ma se Lucia ci mettesse il suo zampino, cosa potrebbe succedere?
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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- Questa storia fa parte della serie 'Ricominciare'
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Capitolo 1

RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 1



La sveglia suona imperterrita sul comodino, mentre io sprofondo ancora di più con la testa nel cuscino, ancorandomi a esso.
Non sono pronta ad affrontare una giornata lavorativa, non dopo la serata di ieri. E pensare che l'avevo pure detto di non poter fare tardi, ma hanno insistito così tanto affinché rimanessi e il tempo è volato tra chiacchiere, balli che ci hanno indolenzito le gambe, e risate a perdifiato.
Nonostante non voglia, sono costretta a trascinarmi giù dal letto.
La sveglia segna a carattere cubitali le 7:00 e ciò non fa che mettermi ansia: ho solo un'ora per prepararmi e arrivare al lavoro, ma devo prima sistemare camera, scegliere cosa indossare, fare una doccia e magari mangiare pure qualcosa.
Ce la posso fare, ce la posso fare...
Un'ora e 10 minuti sono pronta. Ho racchettato una camicia e un jeans dall'armadio, indossato delle ballerine e spruzzato del profumo sul collo. Sono però bloccata nel traffico cittadino. Vorrà dire che arriverò tardi al lavoro in ritardo, per la prima se non unica volta!
Pigio il clacson indispettita dagli automobilisti dietro e, rassegnata, mi appoggio al volante, coprendomi la faccia con i capelli castani.
Chiudo gli occhi, mentre nella mia mente si fanno spazio vividi i ricordi di ieri sera.
Un venerdì sera qualunque passato in un bar della zona con degli amici: è un po' il nostro ritrovo da quando avevamo 17 anni e condividevamo i banchi di scuola. Ora di anni ne sono passati, di impegni ne abbiamo tutti, a detta di Nicola, il mio migliore amico, io fin troppi, ma troviamo ancora il tempo per rincontrarci, facendo finta che niente sia cambiato.
Proprio mentre sto per sonnecchiare, i clacson mi risvegliano, facendomi intendere che è ora di ripartire. Arrivo trafelatata in ospedale, la ventiquattrore in bilico tra il braccio e lo stomaco, mentre cerco di scovare il badge dalla borsa. Riesco a trovarlo non prima che essa mi sia cascata più volte dalle braccia e lo passo sul monitor, respirando agitata.
Mi becco le occhiatacce della signora alla reception che picchietta il dito smaltato di rosso sul suo orologio da polso, e io con la coda tra le gambe mi dirigo all'ascensore. Le porte di esso si aprono velocemente, permettendomi di salire e dirigermi al reparto.
Mi appoggio con la testa alla parete e sospiro frustrata. Adoro il mio lavoro, per carità, fare la pediatra è quello che progetto da anni, ma ci sono mattine in cui preferirei rimanere sotto le coperte a poltrire. Batto ritmicamente il piede e mi dirigo poi a passo svelto in corridoio, una volta che le porte si aprono sul mio piano. Mi tengo lontana da occhi intimidatori mentre penso che non ho niente di cui rimproverarmi, capita a tutti di arrivare in ritardo, eh!
Mi dirigo nello studio che mi è stato assegnato, quando la voce del primario mi richiama, facendomi bloccare sulla soglia. Stringo i pugni lungo i fianchi mentre conto fino a dieci, sperando che non mi faccia una ramanzina.
Alfredo Visconti, primario del mio reparto, uomo di mezz'età e un metro e sessanta di cinismo e avidità. Illude con le sue guance paffute e l'aria da finto bonario, ma è davvero difficile entrare nelle sue grazie, ottenendo la sua stima.
Mi volto quasi meccanicamente e un sorriso affiora sulle mie labbra, cercando di essere il più naturale possibile.
Mi avvicino a lui con flemma, accorgendomi delle due persone al suo fianco che stanno parlando.
La prima è Maria Luciani: un'infermiera sulla cinquantina che dimostra meno della sua età, fisico snello e slanciato, capelli biondi lunghi e fluenti, occhi azzurri piccoli e vispi.
E' la prima persona che ho conosciuto quando sono venuta a lavorare qui. Ero un medico alle prime armi, spaventata dal futuro, e lei mi accolse con un sorriso dolce, mostrandomi il reparto e facendomi sentire a mio agio. Ancora oggi è un punto di riferimento.
L'altra persona, invece, mi dà le spalle, è un uomo, postura diritta e abbigliamento elegante.
Il dottor Visconti, a quel punto, mi rivolge un sorriso di circostanza e, prima che possa dire qualcosa, lo precedo: "Buongiorno dottore, volevo scusarmi per il m..."
Lui, però, non mi lascia finire il discorso che mi interrompe. "Dottoressa, non sono qui per rimproverarla per il suo ritardo, ma che non succeda più". La sua voce, al contrario di quanto mi aspettassi, risuona gentile alle mie orecchie ed è capace di farmi tirare un sospiro di sollievo.
"Volevo semplicemente presentarle il nuovo medico, il dottor Luca Franzese" mi spiega, calmo, e già sentire quel nome lo stomaco mi si contorce. Ma non voglio farci caso, può davvero essere un omonimo.
Ho la conferma, però, di trovarmi davanti a la persona che non avrei mai voluto rincontrare, quando il dottorino, richiamata la sua attenzione, si volta a guardarmi e il sorriso scompare dalle sue labbra carnose.
" E tu!?" esclamiamo all'unisono.
Mi chiamo Anita Castaldo e no, questa giornata non è iniziata affatto bene.

Angolo autrice:

Buonasera a tutti miei cari lettori, per chi mi conosce già bentornati, per i nuovi, benvenuti. E' una storia senza pretese questa, nata per caso, ma mi farebbe davvero piacere che qualcuno magari la leggesse o che l'aggiungesse da qualche parte, non so.
E niente questo capitolo è corto, e non si capisce molto, ma si spiegherà tutto meglio nei successivi. Ringrazio chiunque leggerà e alla prossima! <3

  
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