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Autore: claws    18/09/2015    0 recensioni
Ah, brava, Anne, sei riuscita a beccare l’unica poliziotta in tutta l’Avenue, pensò Anne, continuando a correre.
[Genderswap everywhere][≈1300 parole][Non lo so neanche io, ma credo un po' SmoAce. Forse. Se lo è, è shojo-ai.]
Genere: Comico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Portuguese D. Ace, Smoker, Tashiji
Note: AU | Avvertimenti: Gender Bender
- Questa storia fa parte della serie 'The person that you take a bullet for is behind the trigger'
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Note più o meno utili: le scrivo ancora prima di scrivere la storia perché è più bello ed emozionante pffffffff ma chi la do a bere, amo scrivere note e basta.

I personaggi (maltrattati) sono: Fem!Ace, Fem!Smoker, Male!Tashigi, Fem!Marco, Thatch, Hina (questi ultimi tre appaiono solo nel finale e solo perché li adoro).

Linrossa – boh, versione storpiata di Linea Rossa. Il primo nome decente per una città a caso in un mondo a caso. Faccio schifo con la toponomastica, lol.

Per la versione genderbender di Ace, Marco e Smoker rimando alla seguente cosa meravigliosa: io me le immagino così. Cioè, in realtà per me Marzia assomiglia a Erika Linder in questo video. Nella fanart che vi ho linkato compare anche una delle pessime pick-up lines di Anne. Qualcuno faccia santa Anne, per favore, è tipo il mio mito.

Helter skelter significa qualcosa come “grande macello, caos, confusione”, oppure “un’interruzione della quiete pubblica”. Going helter skelter significa qualcosa tipo “fare la festa a qualcuno”. Non sono brava coi titoli, se sono troppo banali mi turbano, quindi... Ecco un titolo scemo per una cosa ancora più scema. Mamma mia.

Idiozie ahead. Se letta, questa storia causa riso (basmati) convulso o schifo. In realtà vorrei vi strappasse un sorriso, eh! C:

Buona lettura!























 

Helter skelter









 

 

 

Come si dice, la prima cosa da fare è individuare la propria vittima. Ci vuole un po’ di pratica, bisogna stare attenti, osservare attentamente la persona che si intende rapinare per evitare casi disperati o poliziotti in incognito. Oppure anche campioni di judo o di boxe, come è successo diverse altre volte a Linrossa – il che suona come una cosa assurda, ma è capitato almeno una decina di volte. Questo, in sè, avrebbe dovuto scoraggiare sia borseggi che rapimenti, ma i problemi non erano affatto diminuiti.

Anne non aveva veramente bisogno di prendere i portafogli altrui. Però quello che era cominciato per una scommessa le era piaciuto talmente tanto che continuava imperterrita a giocare col fuoco. E poi non rubava veramente niente (tranne foglietti divertenti o compromettenti: quante cose le persone nascondevano nei portafogli!), a dire il vero. Magari si teneva un portafogli perché le piaceva, magari li scambiava tra persone per vedere le loro reazioni. Una volta due single si erano conosciuti grazie ai suoi trucchetti, e qualche ora prima Anne li aveva visti prendersi un caffè al bar insieme. Ah, che carini, che erano.

In quel momento, dicevamo, Anne si stava pettinando i capelli con le dita, seduta su una panchina della strada principale di Linrossa – cara grazia, quella strada era pedonale. Osservava le persone piene di pacchetti, sacchetti, altri bagagli i cui nomi finivano in –etti, le loro mani, i loro sguardi.

Una donna attirò la sua attenzione: fumava sigari e aveva un’aria o infastidita o minacciosa (o entrambe). Be’, era un soggetto piuttosto divertente, messo lì in mezzo a una folla di persone felici. Al suo fianco c’era un ragazzo con gli occhiali, carino, un po’ goffo, inciampava spesso – oh, e aveva degli anfibi notevoli. Per motivi diversi, entrambi non rientravano bene nel quadro dell’Avenue di Linrossa.

Lui era carino, lei era da urlo. Per l’amor del cielo.

A questo punto, non si trattava più di essere attenti e cauti: si trattava di fare un grosso scherzo a quei due (soprattutto a lei, ovviamente). Doveva solo prenderle il portafogli, e aveva già una mezza idea—

Anne smise di pettinarsi i capelli e si alzò dalla panchina. Non erano distanti da lei e stavano camminando verso la sua panchina. Doveva solo mescolarsi bene nella folla e non avrebbe avuto problemi.

Ecco, si era infilata nella fiumana di persone, nuotava con calma, convinta delle proprie capacità di borseggiatrice a tempo perso. Ora camminava dietro di loro per studiarli.

Il ragazzo inciampava spesso, davvero. Ogni tanto la donna lo acchiappava per il colletto della giacca come una mamma gatto acchiappa i cuccioli per la collottola. Di certo non era suo figlio biologico (lei era troppo giovane e lui troppo grande perché potesse essere possibile), ma il loro rapporto doveva essere simile a quello tra una madre e un figlio. Ah, erano carini, a modo loro.

Li seguì per qualcosa come cinque minuti. L’Avenue era una strada piuttosto lunga e, in quel pomeriggio autunnale, era anche piuttosto affollata (come si sarà ormai capito), per cui Anne ebbe tutto il tempo di studiarli. La donna portava il portafogli nella tasca destra posteriore dei jeans, il giovane nella tasca sinistra. Tenendo conto che lei era alla sinistra di lui, ad Anne parve quasi che li avessero messi il più possibile al centro dell’asse rappresentato dal sottile spazio vitale che separava le loro braccia. Come a dire: uno controllava che il portafogli dell’altra fosse ancora lì e viceversa.

Erano così interessanti che Anne si infervorò ancora di più. Li superò senza farsi notare per poi poter camminare verso di loro facendo finta di nulla. Doveva dividerli abbastanza da sfilare i portafogli dalle loro tasche; aveva il piano giusto (be’, giusto, adesso: diciamo il più divertente) per farlo.

Camminava, camminava: quando fu a tre passi da loro, Anne prese la rincorsa del fiato (perché prendere la rincorsa per correre è troppo ordinario, lei la prendeva per respirare), fece un passo, si alzò sulla punta dei piedi perché quella donna già era alta, in più camminava sui tacchi a spillo, le prese il viso tra le mani, la baciò sulle labbra, si infilò tra i due scivolando tra i loro fianchi e sfilò con leggerezza i loro portafogli dalle tasche.

La cosa più buffa in tutto questo è che nessuno dei due si accorse dei portafogli mancanti: non subito, perlomeno. Anne invece cominciò a correre a perdifiato tra la gente, seguita a ruota dai due rapinati.

«Polizia!» Gridò la donna – e Anne avrebbe pagato per vedere la sua faccia arrossata per l’imbarazzo, la corsa e la rabbia, ma doveva assolutamente scappare. «Sei in arresto per oltraggio a pubblico ufficiale!»

Ah, brava, Anne, sei riuscita a beccare l’unica poliziotta in tutta l’Avenue, pensò Anne, continuando a correre. Avrebbe anche voluto vedere come se la stava cavando il ragazzo, visto che camminando rischiava sempre di finire a terra.

Anne correva con le sue gambe lunghe e le sue scarpe da ginnastica, ma la donna non cedeva. Dovette riconoscere che scattare come un ghepardo con dei tacchi a spillo non era esattamente da tutti. Ah, quella là le piaceva ancora di più.

Quel pensiero fu abbastanza perché Anne si distraesse e la poliziotta l’afferrasse per una spalla. Finirono a terra per la velocità a cui stavano correndo: rotolarono per qualche metro. Quando Anne riaprì gli occhi, si era ritrovata nel campo visivo la poliziotta e il ragazzo, entrambi senza fiato.

«Ehi, agente,» cominciò Anne, «se le dicessi che ha un corpo da urlo, lo userebbe contro di me?»

La poliziotta (che aveva perso il sigaro nella corsa) fece una smorfia minacciosa e premette con più forza il ginocchio sulla pancia di Anne. «Sta’ zitta, razza di scalmanata. Sei in arresto.»

«Signora, il distintivo!» Disse il ragazzo – che evidentemente era qualcosa come un suo partner di lavoro. «Qualcuno me lo ha sottratto!»

«Lasciami indovinare,» disse la donna, «dove hai messo i nostri portafogli, marmocchia?»

Anne le fece l’occhiolino. «Non saprei. Ma se proprio vuol perquisirmi...»

«Tashigi, va’ a prendere l’auto. Questa va dritta in Centrale e ci rimarrà un bel po’.»

«Sissignora.» Il ragazzo – Tashigi – scomparve dalla vista di Anne, che sorrise.

«Oh, avanti, ogni scusa è buona per rimanere da sola con me, signora

La poliziotta sbuffò pesantemente. «Ti conviene star zitta, o finirai in guai peggiori.»

«Lei, per esempio, sembra proprio un bel guaio, signora!» Continuò Anne.

Per l’amor del cielo, era proprio senza vergogna, la ragazzina. Recuperò i loro due portafogli – non senza notare come Anne avesse ghignato quando la donna le mise una mano nella tasca dei pantaloncini per prenderli –, la ammanettò e per i due minuti successivi ignorò completamente i tentativi di conversazione di Anne.

«Smoker, signora!» Disse Tashigi, ancora senza fiato. «L’auto è qui.»

Solo a quel punto Anne si rese conto del casino in cui era finita. Però un po’ ne era valsa la pena, eh.




 

 

 

 

«Marzia, su! Pagate la cauzione per me!»

Marzia e Thatch si guardarono, poi all’unisono dissero: «No.»

«Te lo sei meritato.» Aggiunse Marzia.

Anne mise su il broncio più tenero che riuscì a fare, ma nemmeno quello fu utile. E inutile, comunque, fu il suo soggiorno in cella, visto che una volta fuori ricominciò con il suo passatempo preferito – ma evitò belle donne sui tacchi a spillo con un sigaro tra le labbra.


 

Certo, però, che quella donna dai capelli colorati – perché va bene tutto, ma capelli rosa naturali non erano proprio la norma – era davvero uno schianto. Forse—

Ma neanche con Hina le andò bene, davvero.


















Note Autrice:

Scrivo genderswap/genderbender perché oddeo, le donne in One Piece sono tutte gnocche e non posso stare a guardare senza far niente. Grandi motivazioni, mi dicono.

Ah, Smoker va in giro col tacco dodici a spillo perché sì. Headcanon ovunque (in verità è solo perché amo i tacchi a spillo ma non saprei camminarci su neanche con l’aiuto delle stampelle). Tashigi invece è un maschietto perché io amo Tashigi sempre e comunque e almeno una volta volevo renderla un uomo adorabilmente goffo. Oddio, Tashigi, ti amo, sposami, uomo o donna non mi interessa.

E non vorrei dire, ma Marzia (oh, il nome deriva da quello di Marte e per me è troppo, non potevo non sfruttare un nome del genere!) tipo è troppo per me e i miei ormoni. Ciao a tutti, vi ho voluto bene.

E Hina, personaggio lasciato in disparte, povera cara. Adoro anche lei.

Also è tutta colpa di tumblr e delle masterlist dove trovo prompts bellissimi e non so cosa farci e piango e poi scrivo ste cose. Il prompt era: kissed them as a distraction while stealing their wallet AU. E poi io amo le Smoker/Ace da non so quanto, tipo che li shippavo da prima di sapere che cavolo fosse una ship. LOL. Ma voglio dire, non disdegno nessuna ship in OP, tranne la ZoNami, causa brutti ricordi, non perché loro non mi piacciano.

E le note diventano più lunghe della storia ma amen.

Spero che a qualcuno sia piaciuta – boh, io mi sono divertita un mondo a scriverla. Se non siete ancora scappati da queste note, sappiate che siete coraggiosi più di Usopp.

Grazie per aver letto!

claws_Jo




Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

  
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