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Autore: giraffetta    19/09/2015    2 recensioni
/ BellaxEdward // Au // OOC // Storico/
|Ispirato al libro “Jane Eyre” di Charlotte Bronte|
...
“Bella, Bella, Bella!”
Un urlo accorato si levò sul silenzio, lasciandomi senza fiato.
“Dove sei?” urlai al nulla. Nessuno era lì con me, almeno non fisicamente.
Rientrai in casa frettolosamente e mi chiusi nella mia stanza. Era arrivato il momento della rivincita.
Sarei tornata da Edward.
...
“Devi rimanere, Isabella. E per un buon motivo, anzi per mille buoni motivi.” affermò. Poi, si mise in ginocchio dinanzi a me e mi prese una mano.
“Ti offro il mio cuore, la mia anima, la mia casa e i miei beni.” soffiò, posando le labbra sul dorso della mia mano. Non mi lasciai scioccare da quelle parole, sapevo che era tutta una farsa.
“Ti chiedo di vivere accanto a me, di essere il secondo me stesso, la mia compagna su questa terra.” sussurrò più dolce, non lasciando la mano.
Genere: Angst, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Un po' tutti | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Emmett/Rosalie
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessun libro/film
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Inghilterra, 1827     
 
Odiavo le lunghe passeggiate durante i rigidi pomeriggi autunnali. Ero costretta a seguire mia cugina Tanya nelle sue estenuanti esplorazioni campestri e immancabilmente finivo per rincasare infreddolita, con le mani e i piedi gelati e il naso rosso.
Ma, anche quella volta, mi ero dovuta arrendere di fronte alle richieste imperiose di mia zia, lady Carmen Denali, sorella di mia madre. Costei mi aveva “amorevolmente” accolto nella sua casa dopo la perdita dei miei genitori, morti entrambi due anni prima per una grave febbre. Ero rimasta orfana a soli dieci anni e mia zia era l’unica parente in vita che mi rimaneva ed era stata praticamente costretta ad adottarmi, o le malelingue l’avrebbero etichettata come una persona spregevole e senza cuore.
Il problema era che mia zia era davvero senza cuore: non mi amava né provava per me qualcosa che poteva paragonarsi all’affetto o almeno alla pietà. Al contrario, adorava ed idolatrava la sua unica figlia, Tanya, una piccola e perfetta bambolina bionda della mia stessa età, cui ero costretta a sottostare.
Ero considerata un’intrusa, una persona sgradita e inutile e non mancava mai l’occasione per farmelo notare: ero esclusa dai normali pranzi e dalle cene, relegata nella mia stanzetta in occasione di una festa, costretta a subire le cattiverie di mia cugina e le sfuriate di mia zia senza possibilità di difesa. Sognavo di andare via, di diventare finalmente libera e di abbandonare quella vita per farmene una mia, ma fino alla maggiore età sarei stata costretta a rimanere nelle grinfie delle mie parenti senza alcuna via di fuga.
“Isabella! Ti muovi o no? Che fai ferma lì con un’aria da stupida?” La voce acuta di Tanya mi riscosse dai miei pensieri, facendomi sobbalzare. Mi voltai verso di lei, riprendendo a camminare con passo spedito, nonostante il fastidio alle dita dei piedi.
“A cosa pensavi? Lo sai che non devi distrarti quando sei con me, altrimenti come fai ad ascoltare ed eseguire subito i miei ordini?” mi rimproverò non appena la raggiunsi, aggiustandosi in maniera elegante un boccolo dorato sfuggito alla sua acconciatura. Continuai a camminare a testa bassa, senza rispondere. Era inutile cercare di ribattere alle sue cattiverie: non ne avrei ricavato nulla di buono.
Sentii Tanya sbuffare e riprendere a passo svelto la camminata, distanziandomi nuovamente di vari passi.
“Lo sai anche tu che devi portarmi rispetto o la mamma ti punirà. Cerca di non dimenticarlo.” continuò poco dopo, voltandosi all’improvviso e sventolandomi il dito indice davanti al naso, per poi riprendere il suo giro.
“E come potrei. Me lo ricordi ogni cinque minuti.” sussurrai a bassa voce, rimettendomi in marcia.
Ormai era da più di un’ora che continuavamo a gironzolare per il giardino e il boschetto dietro casa in cerca di chissà che cosa e Tanya non accennava minimamente a voler rientrare. Ero stanca, mi facevano male i piedi e mi era venuto il mal di testa per il freddo, ma lei sembrava fresca come una rosa e intenzionata ad andare avanti per altre ore.
“Perché non rientriamo? Comincia a tirare vento e quelle nuvole non mi piacciono, potrebbe piovere.” accennai timidamente d’un tratto, guardando il cielo farsi più scuro. Tanya si voltò di scatto, guardandomi infastidita.
“Voglio camminare ancora, Isabella. Non discutere.” replicò gelidamente con cattiveria. Sospirai e continuai a trascinarmi con passi lenti per il sentiero, cercando di stringermi meglio nel mio mantello leggero. Non avevamo fatto che pochi passi, che un tuono squassò l’aria, facendomi saltare su dalla paura. Pochi secondi e una pioggia scrosciante iniziò a cadere copiosamente.
“L’avevo detto io, dovevamo rientrare prima.” urlai, dirigendomi immediatamente verso casa.
“Dove pensi di andare così di fretta? Vieni qua e riparami la testa col tuo mantello. Non posso ammalarmi, io!” urlò a sua volta Tanya, tirandosi sulla testa il cappuccio del suo cappotto imbottito.
Mi bloccai a metà cammino e inghiottendo le parole che avrei voluto lanciarle contro, corsi a riparala col mio mantello, bagnandomi così ancora di più. Quando raggiungemmo casa, ero infreddolita e zuppa dalla testa ai piedi, ma la stessa cosa non poteva dirsi per mia cugina. A parte qualche boccolo bagnato e l’orlo del vestito fradicio, era asciutta e composta.
Ci fermammo nell’atrio e, in quel momento, mia zia scese le scale e ci venne incontro.
“Tanya! Eccoti qua, finalmente. Non ti sei accorta che stava per scoppiare un temporale? Dovevi rientrare subito.” disse con una sottile aria di rimprovero, guardando mia cugina. Stavo per spiegare come erano andate le cose, ma Tanya mi precedette. Scoppiò in lacrime e corse verso sua madre, aggrappandosi alla sua gonna.
“Mamma! Io l’avevo detto ad Isabella di rientrare, ma lei mi ha costretto a continuare la passeggiata e quando è scoppiato il temporale voleva lasciarmi sola e venire via. Ho dovuto supplicarla di aiutarmi.” singhiozzò con voce lamentosa. Spalancai gli occhi, sorpresa per quella grossa bugia.
Mia zia abbracciò affettuosamente la figlia e mi guardò con uno sguardo carico d’ira.
“Dovevo saperlo che era solamente colpa tua. Sei sempre cattiva e sconsiderata. Ma cosa pensavi di fare, volevi spaventare e far ammalare il mio tesoro?” urlò, mentre le gote le si coloravano di rosso. Rimasi impietrita, senza avere la capacità di formulare una risposta, che sarebbe comunque stata perfettamente inutile.
“Vai subito in camera tua e resta lì finchè non ti dirò di uscire, faremo i conti più tardi. E non azzardarti ad accendere il camino! Per punizione ti asciugherai all’aria, così vedremo se imparerai a rispettare mia figlia.” sentenziò, voltandosi e salendo al piano superiore. Vidi Tanya farmi una linguaccia, per poi salire rapidamente le scale, dietro sua madre.
Restai impalata ai piedi delle scale per vari minuti, poi mi decisi a raggiungere la mia stanza, vicino alla cucina. Entrai e richiusi la porta dietro di me, cercando di bagnare il meno possibile il pavimento. Mi avvicinai all’angolo della mia toilette e iniziai a spogliarmi frettolosamente, gettando in una cesta i vestiti zuppi e cercando di asciugarmi con un telo di stoffa ruvida. Strizzai i capelli nel catino, annodandoli poi in una cuffia asciutta, e mi rivestii con un completo pulito.
Mi sedetti sul letto, avvolgendomi con la coperta di lana, ma anche così ero scossa da brividi di freddo. Avrei voluto accendere il camino, contravvenendo agli ordini di mia zia, ma aveva già fatto portare via dalla stanza la legna e perfino la candela. Non avrei potuto comunque accendere nulla.
Mi rannicchiai su me stessa, cercando di scaldarmi, e, mentre pensavo di essere sola al mondo e senza una vera famiglia, mi addormentai profondamente.
 
***
 
Fui svegliata all’improvviso dal rumore della porta che si apriva e vidi entrare Kate, la cameriera di mia zia, l’unica che mi trattasse con un po’ di affetto e calore. Si avvicinò al letto e mi aggiustò con cura le coperte.
“Hai freddo?” sussurrò, toccandomi le mani. Scossi la testa con forza, sorridendo. Ero riuscita a riscaldarmi ormai.
“Tua zia mi ha vietato di portarti qualcosa da mangiare. E vuole che tu vada immediatamente nella sua stanza per parlarti.” mi comunicò. Annuii pensierosa e Kate lasciò la stanza, lanciandomi ancora un’ultima occhiata di rammarico.
Non mangiare era il minimo della pena, conoscendo mia zia. Ero stata mandata a letto senza cena tante di quelle volte da abituarmi.
Mi alzai di scatto dal letto e disfeci la cuffia, liberando i miei capelli, ancora un po’ umidi. Recuperai la spazzola dal comodino e inizia a spazzolarli con delicatezza. Li avevo lunghi e ondulati e mi piacevano tanto. Ritenevo che fossero la mia unica bellezza, visto che ero brutta, goffa e molto magra. Mia zia mi ricordava spesso che, al confronto con Tanya, ero completamente insignificante, senza bellezza o fascino, destinata a rimanere sola per sempre.
Non me la prendevo più: non avevo mai desiderato la bellezza o l’eleganza, ma solo un po’ d’amore e affetto, come quello che mi avevano donato i miei genitori al tempo in cui ero stata felice.
“Isabella.”
Mi girai di scatto al suono di quella voce e vidi Kate ferma sulla porta.
“Isabella. Ti sto chiamando da un po’, ma eri nel mondo dei sogni.” sorrise. Sbattei le palpebre alcune volte e abbandonai la spazzola sul letto.
“Lady Carmen vuole vederti. È già nella sua stanza e ti sta aspettando. È meglio che tu non la faccia attendere troppo.” mi consigliò. Annuii e mi avviai verso la porta, lasciando sciolti i miei capelli, ma Kate mi fermò, toccandomi un braccio.
“Forse è meglio se metti la cuffia, non credi?” mi chiese gentilmente. Mi passai una mano sulla testa, pensierosa. Mia zia odiava che tenessi i capelli liberi, diceva che mi davano un’aria da selvaggia.
“No, vado così.” dissi decisa, incamminandomi verso la stanza di mia zia. Giunta davanti alla porta, mi fermai un istante, lisciandomi le pieghe del vestito e facendo un grosso respiro. Infine, bussai.
“Avanti.”  
Entrai in punta di piedi e scorsi mia zia seduta nella grossa poltrona blu accanto alla finestra. Si girò verso di me e poi riprese a guardare fuori.
“Sei tu, finalmente. Vieni avanti.” ordinò. Camminai decisa fino alla poltrona, posizionandomi di fronte ad essa e attendendo in silenzio.
Mia zia non accennava a parlare o a muoversi, così iniziai a guardarmi in giro per la sala. Era davvero spaziosa e tappezzata con una carta da parati color oro. Un grosso letto a baldacchino occupava un’intera parete e di fronte si trovava la scrivania, accuratamente ordinata.
Una grossa finestra si apriva con vista sul giardino e davanti ad essa c’era la poltrona in cui mia zia sedeva spesso, per leggere o pregare. Era una bella stanza, ma trasudava freddezza e ostilità da ogni angolo.
Mentre continuavo ad ispezionare la camera, sentii un sospiro provenire dalla poltrona e  mi voltai di scatto, trovando gli gelidi occhi azzurri di mia zia intenti a scrutarmi.
“Mi chiedo cosa ho sbagliato con te, Isabella.” disse stancamente. Rimasi zitta e immobile al mio posto. Quando lady Carmen parlava, odiava essere interrotta.
“Ti ho accolto nella mia casa e ti ho trattata come una figlia, ma in cambio non ho ricevuto che dispiaceri e cattiverie. Ho fatto quello che nessun altro avrebbe fatto, nutrendoti e dandoti un tetto sotto cui vivere, e tu mi ripaghi con disprezzo e odio. Non capisco, davvero non capisco.” continuò, mantenendo i suoi occhi fissi nei miei.
“Perché ti ostini a trattare male me e mia figlia? Cosa ti abbiamo fatto? Se è per le punizioni, sai bene che lo faccio solo per il tuo bene, per educarti e renderti più buona. Se tu non fossi così cattiva, non userei mai tali metodi con te. Sei tu, col tuo carattere, che mi costringi a punirti in continuazione.” constatò, appoggiando la testa ad una mano, come se fosse afflitta da un gran peso.
Il suo discorso non mi toccava: non capivo perché si ostinasse ad etichettarmi come cattiva, visto che non era quella la mia indole.
“Ho cercato di capire come sei fatta, ma non ci sono riuscita. Sei molto complicata per essere una bambina. E strana, disubbidiente, dispettosa. E ribelle. Guardati ora, ad esempio. Sei tutta scarmigliata e con i capelli sciolti, quando sai bene che amo l’ordine e voglio vederti sempre composta.” Mi guardò come se fosse addolorata, ma non mi lasciai convincere.
“Vorrei solo che tu fossi più riconoscente verso di me e verso tua cugina. Dovresti fare quello che ti chiediamo senza discutere. È il minimo, dopo tutto il bene che ti ho fatto.”
Mi venne da sorridere, ma mi trattenni. Quando era stata buona con me? Non ricordavo una sola volta in cui mi aveva rivolto una parola gentile o mi aveva fatto una carezza. Non era mai accaduto.
“Voglio darti ancora una possibilità. Cerca di essere più buona e rispettosa, e tratta Tanya con dolcezza. Non voglio più fare questo discorso con te. Mi addolora sapere che non ti rendi conto di che fortuna hai avuto venendo a vivere nella mia casa, nella mia famiglia.” concluse rapida. La guardai muta per alcuni secondi, senza tradire alcuna emozione, e poi, ad un suo cenno, mi incamminai verso la porta.
“Isabella.” mi richiamò. Mi voltai lentamente, attendendo.
“Per dimostrati che non sono cattiva come credi, hai il mio permesso di andare in biblioteca. So che ti diverti a sfogliare i libri del mio povero marito. Va pure.” mi concesse. La guardai sorpresa e accennai ad un sorriso, prima di andare via.
Era vero, adoravo la grande biblioteca di mio zio e appena potevo correvo a rifugiarmi lì, lontano da tutti. Passavo ore a sfogliare grossi volumi illustrati, perdendomi nelle mie fantasie e immaginando una vita diversa, migliore.
Raggiunsi la biblioteca e sgattaiolai dentro cautamente, sperando di non essere vista da Tanya. Recuperai il mio libro preferito, un volume pieno di immagini di paesaggi, e mi nascosi nel vano della grande finestra, tirando le tende e celandomi alla vista altrui. Era quello il mio nascondiglio preferito, il mio luogo segreto dove rifugiarmi per stare sola con me stessa.
Avevo sfogliato appena poche pagine, quando sentii la porta scattare e aprirsi. Chiusi il libro delicatamente e mi rannicchiai ancor di più dietro la pesante tenda di velluto rosso, trattenendo il respiro. Magari era solo una cameriera venuta a controllare che fosse tutto in ordine.
“Dove sei, brutta smorfiosa? So che sei qui! Vieni fuori!”
La voce di Tanya echeggiò per l’enorme sala per alcuni secondi, prima di spegnersi. Sospirai impercettibilmente e sbirciai da dietro una fessura della tenda. La mia tranquillità appena cominciata sembrava già destinata a finire.
“Su, vieni subito fuori e non ti succederà niente!” continuò, girando la testa in ogni direzione.
Dopo la strigliata di mia zia, non avevo alcuna voglia di mettermi di nuovo nei guai, soprattutto per colpa di mia cugina. Così, con il libro stretto al petto, uscii allo scoperto. Tanya mi dava le spalle, i fini capelli biondi, quasi bianchi, erano arricciati e tirati indietro sulla nuca e le braccia erano appoggiate sui fianchi del morbido vestito rosa, tutto pizzi e merletti.
“Che cosa vuoi?” mi affrettai a chiedere. Tanya si voltò verso di me e un ghigno le comparve sul viso.
“Devi dire “Che cosa vuoi, signorina Tanya”?” mi corresse. Non risposi e le rivolsi un’occhiata carica di odio e frustrazione.
La ignorai e mi diressi verso lo scaffale per posare il libro, quando mia cugina mi si avvicinò all’improvviso e, senza che potessi far nulla per evitarlo, mi spintonò, facendomi cadere a terra. Poi, mi strappò il libro dalle mani e con noncuranza iniziò a strappare le pagine, tutte le pagine con i miei adorati disegni. Sentii le lacrime pungermi gli occhi, ma cercai di trattenerle per non darle soddisfazione.
“Non hai alcun diritto di prendere questi libri, sono miei, e tu sei una dipendente. Non hai denaro, i tuoi genitori non ti hanno lasciato niente, e dovresti guadagnarti il pane andando a chiedere l’elemosina! È solo per la nostra grande generosità che non ti sbattiamo in mezzo ad una strada. Sei povera e brutta e devi imparare chi comanda qui!” mi alitò in faccia meccanicamente, assestandomi un colpo con il libro.
Vacillai e mi portai le mani al naso: sanguinava. Allora, non so come, ma fui presa da una rabbia cieca e mi alzai in piedi, aggredendo Tanya. La gettai a terra e cominciai a tirarle i capelli con forza.
“Cattiva! Cattiva! Strega!” le urlavo contro, cercando di colpirla meglio, di graffiarle la faccia, di farle male. Lei intanto si dimenava e urlava come un’ossessa, finché non fece il suo ingresso nella stanza Lady Carmen, seguita da Kate.
“Adesso basta.” disse gelida mia zia. Mi bloccai e Tanya ne approfittò per scansarmi e correre in lacrime da sua madre.
“Abbiamo appena fatto un discorso, io e te.” disse lady Carmen, guardandomi irritata.
“Credevo che questa volta avessi capito e che ti saresti comportata bene. Invece, ti ritrovo ad aggredire mia figlia. Con che violenza, poi! Sei soltanto una piccola rozza selvaggia.” mi accusò.
“Ma ti insegnerò io le buone maniere. Kate, la frusta.” concluse. La cameriera sobbalzò a quell’ordine e lasciò subito la stanza, tornando poco dopo con un sottile frustino.
“Scopriti la schiena e girati.” ordinò mia zia, prendendo il frustino ed avvicinandosi. Rimasi immobile, lo sguardo pieno di terrore sul frustino.
“Sei sorda? Ho detto: scopriti la schiena e girati!” urlò più forte. Feci come mi aveva detto, arrendendomi al mio destino. Mi ero appena voltata, quando una serie di colpi si abbatterono sulla mia schiena. Urlavo e mi dimenavo ad ogni colpo, ma mia zia non accennava a smettere.
“Devi imparare l’educazione. E visto che con altri metodi non apprendi, spero che con questo imparerai una volta per tutte che devi essere buona e obbediente.” urlò, dandomi un ultimo colpo.
Mi accasciai al suolo, esangue. Sentivo dolore in ogni parte del mio corpo, ma il dolore più grande era chiuso nel mio cuore, nella mia anima.
L’ultima cosa che vidi fu mia zia lasciare la stanza con Tanya e poi mi abbandonai all’incoscienza, lasciando che il buio mi inghiottisse con sé.

 






Note:
Salve :)
Ecco qui il primo 'vero' capitolo della storia, che è venuto anche abbastanza lunghetto e.e Qui, siamo tornati indietro nel tempo rispetto al prologo: Bella è una bambina, vive con sua zia e sua cugina (che richiamano la zia e i tre cugini che ha Jane Eyre nel libro), ma non è trattata bene; l'unica che si prende cura di lei è la cameriera di sua zia, Kate. Man mano seguiremo la crescita di Bella (e le sue disavventure xD). Il suo incontro con tutti i Cullen avverrà un tantino più in là, in età adulta o quasi. Ci tengo a narrare gli eventi in maniera che si capisca tutto, perchè anche il più piccolo particolare che può adesso apparire insignificante servirà per comprendere la storia futura.
Non so se la storia stia piacendo e no, non avendo avuto pareri, ma ho deciso di pubblicare il capitolo perchè qualche anima pia l'ha messa tra seguite/preferite e anche perchè personalmente ci tengo a questa cosina, è un po' una sfida con me stessa!
Grazie a tutti coloro che hanno avuto la forza di leggere fin qui <3
Alla prossima.

bacioni,Giraffetta

 
  
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