Libri > Hyperversum
Ricorda la storia  |      
Autore: ragazza_innamorata    10/02/2009    11 recensioni
Geoffrey Martewall odiava i francesi. Detestava tutto di quella terra, dal cibo [...] alla lingua dei suoi abitanti [...]. Ma soprattutto, odiava con tutte le sue forze quel dannatissimo Jean Marc de Ponthieu...
[Questa Fanfiction partecipa alla V Minisfida di Criticoni - Il trionfo di San Faustino]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Questa fanfiction partecipa alla Minisfida #5 - Il Trionfo di San Faustino indetto da Criticoni.net.
Inoltre, partecipa anche all'iniziativa Temporal-Mente, anch'essa indetta da Criticoni.net
Al mio Geoffrey,
perchè so che sotto quell'aria spavalda
ancora soffri per quello che è successo.

In casa del nemico;

Il dolore della solitudine non ha nulla a che vedere con l'essere sgridati dai genitori.
(Naruto)

Geoffrey Martewall odiava i francesi. Detestava tutto di quella terra, dal cibo - quello che gli avevano portato per il pranzo era rimasto intatto sopra il tavolo - alla lingua dei suoi abitanti, così vuota e musicale. Ma soprattutto, odiava con tutte le sue forze quel dannatissimo Jean Marc de Ponthieu per averlo costretto a prendere parte ai suoi intrighi e perché, in quel momento, la vite di suo padre e sua sorella erano nelle sue mani.
Anzi, si corresse con uno spasmo di rabbia, solo la vita di sua sorella era nelle mani di quel francese. Suo padre era già stato giustiziato da quel dannato Senza Terra e lui, l'unico figlio maschio che potesse difendere Dunchester, era bloccato in quella fortezza ospite dei suoi peggiori nemici.
Ospite. Dannazione, avrebbe preferito che il conte gli avesse urlato contro tutto il suo sdegno e lo avesse fatto rinchiudere nelle segrete di Dunkerque piuttosto che quel trattamento di cortesia che Jean Marc gli aveva accordato. Se non altro, nel primo caso avrebbe avuto un motivo di rancore nei suoi confronti, mentre adesso aveva dovuto persino ringraziarlo.
Ma era stato poi così fastidioso ringraziare un uomo che si stava prodigando per salvare, oltre a sir Daniel, anche sua sorella Leowynn?
Balle, mormorò l'inglese, afferrando la spada che il signor conte gli aveva lasciato tenere per la bontà del suo cuore e scendendo le scale che, dalla stanza che gli era stata affidata conducevano al cortile interno, scoperto durante i suoi vagabondaggi attraverso la fortezza.
Lui era un Martewall, un barone inglese che nulla aveva da spartire con quel conte francese dai mille intrighi, e che soprattutto lo detestava.
E soprattutto, era solo. Il solo inglese in terra francese a portare la spada al fianco, il solo barone in esilio che calpestasse il terreno dove l'Inghilterra aveva ricevuto una delle sconfitte peggiori che si ricordassero. L'unico inglese costretto a vivere da ospite nella casa del nemico.
Doveva sfogarsi. Mantenersi in allenamento in vista del giorno in cui sarebbe tornato a Dunchester ed avrebbe finalmente liberato la sua casa dal nemico.
Con un movimento lento ed esperto, frutto di anni e anni di duro allenamento, sguainò la spada, portandola davanti a sé come un naturale prolungamento del braccio che la reggeva. Quella spada, donatagli da suo padre il giorno in cui era partito per iniziare il suo apprendistato da cavaliere, era l'unico cimelio, l'unico ricordo felice di quel padre a volte troppo severo ma che lo aveva amato come solo un genitore può fare con suo figlio.
Sfiorò con le dita il simbolo dei Martewall inciso sull'elsa e la strinse forte tra le mani, fin quasi a farsi penetrare quell'incisione nella carne. Piuttosto che disonorare quel blasone, si sarebbe fatto tagliare le mani.
Non appena iniziò a muoversi, Geoffrey perse quasi completamente il dominio sui propri pensieri. Nella sua mente si susseguivano sprazzi d'odio, vendetta, vergogna, risentimento. Luci e volti s'inseguivano, le parole di suo padre diventavano quelle del conte di Salisbury e poi quelle di Brianna, ed allora il volto della giovane donna si affacciava nei suoi pensieri, per poi mutarsi in quello del giovane Nigel Murrow.
Murrow, quel dannato traditore! Aveva voltato le spalle a tutti i giuramenti di amicizia ed aiuto fatti anni prima nella sala dei banchetti di Dunchester, quando ancora suo padre non aveva compiuto la pazzia di mettersi apertamente contro re Giovanni Senza Terra.
Che follia era stata quella di suo padre! Sperare nell'aiuto degli altri baroni quando lui stesso ne dubitava. Aveva cercato di fare il bene per il suo feudo, ma il suo gesto era stato solo cagione di sofferenze per il suo popolo.
Tuttavia, Geoffrey non riusciva ad odiarlo per quel suo gesto. Ne riconosceva pregi e difetti come fa una donna che esamina una pezza di stoffa al mercato e non sa decidersi se comprarla o lasciarla sul banco del venditore. E così lui, cercando di valutare il comportamento del padre arrivava prima convincersi che il suo fosse stato un errore, per poi tornare a pensare che forse, se fosse stato al suo posto, avrebbe agito nello stesso modo.
Digrignando i denti per la rabbia, Martewall compì un affondo, cambiando poi piede d'appoggio e schivando la risposta immaginaria al suo colpo.
Un giorno, quella lama si sarebbe immersa nel corpo del giovane Murrow, e lui lo avrebbe guardato dall'alto in basso e lo avrebbe lasciato a contorcersi nella polvere, tra i vermi suoi pari.
Quasi gli sfuggì un ghigno quando si chiese come avrebbe giudicato quella sua condotta il conte Jean Marc. Come minimo avrebbe cercato di fermare la sua spada, cercando di persuaderlo a non ucciderlo. E a quel punto...
Improvvisamente, il barone si fermò, accorgendosi di non sapersi dare risposta. A quel punto, cosa avrebbe fatto? Avrebbe dato ascolto alla vendetta, trapassando sia il barone che il francese oppure avrebbe ascoltato il francese e lasciato in vita Murrow?
Da quando si era unito a Jean Marc per fuggire da Dunchester, era come se dentro di lui si fosse avviato un lento processo che stava corrodendo l'essenza stessa del suo essere, la cultura che gli era stata inculcata e che lui aveva sempre seguito. Diventato adulto, aveva fatto della violenza il suo mestiere.
Ma adesso, osservando il conte cadetto prodigarsi per lui, per Brianna e per Coda di Volpe, vedendo la sua generosità anche nei confronti di un nemico, quella sua pacatezza così diversa dal contegno esuberante di Etienne de Sancerre, non era più sicuro che quella violenza con cui era cresciuto fosse - come aveva sempre pensato - l'unico modo di vivere. Da qualche parte, c'era anche un modo di combattere con lealtà, senza lasciarsi influenzare dalla vendetta o dai rancori personali. Questo sì, avrebbe dovuto impararlo dal conte.
Forse l'errore era stato suo. Forse era stato sbagliato cercare di onorare il suo debito di amicizia con Jerome, se questo lo aveva portato a coinvolgere anche degli innocenti. Ma poteva essere un errore aver condotto in casa propria l'uomo che adesso lo stava aiutando a salvarla?
L'incontro con quell'uomo così diverso da quelli del suo tempo lo stava cambiando, modellando un nuovo Martewall. Se il cambiamento fosse positivo o meno, sarebbe stato al tempo decretarlo. Adesso, tutto quello che doveva fare era concentrarsi per salvare Leowynn. Al resto, avrebbe pensato dopo.
Si fermò non appena percepì un movimento al limite del proprio campo visivo. Appena dietro l'angolo, Jean Marc lo osservava allenarsi.
Prima di parlare, l'inglese rifletté a fondo sulla sua scelta. Sarebbe stato in grado di controllarsi o avrebbe ucciso l'avversario guidato dl rancore?
« Battiti con me. » lo invitò infine, cercando di suonare il meno ostile possibile. Infondo, Jean lo stava aiutando.
« Fa troppo freddo. » cercò di rifiutare l'altro, in maniera per altro ben poco convincente.
« Vieni a batterti con me. » insistette l'inglese, in tono neutro « Accontentami, poi non te lo chiederò mai più. »
Per favore, avrebbe aggiunto se il suo onore glielo avesse concesso. Ma era un Martewall, e i Martewall non implorano.
Come se avesse compreso il sottinteso, il Falco d'Argento si mise lentamente in posizione al centro della piazza d'armi, soppesando la lama nella mano ed attendendo che fosse lui a fare il primo passo.
Con la coda dell'occhio, il barone vide Coda di Volpe osservarli rapito, spenzolato dalla finestra della sua camera al secondo piano.
Sorrise dentro di sé; c'era l'avversario, ed avevano anche il pubblico.
Scattando, non si fermò a riflettere. Non sapeva se l'avrebbe ucciso o no, e neanche se sarebbe stato ucciso. L'unica cosa che sapeva era che quel confronto, andasse come doveva andare, avrebbe chiarito ogni suo dubbio.
Geoffrey Martewall odiava i francesi, e soprattutto odiava Jean Marc de Ponthieu. Ma, si disse incrociando la sua spada con quella del francese, non c'era mai stato avversario che avesse apprezzato di più.



Fanfiction scritta sotto gli influssi malefici della febbre, altrimenti il mio cervellino di per sè vuoto non si sarebbe mai azzardato a cercare di analizzare una personalità complessa ed affascinante come quella di Geoffrey Martewall, che alla faccia di Ian è il mio personaggio preferito/adorato/da stuprare insieme a Etienne *ç*

Coomunque, a parte gli scleri, sono felice che questa Minisfida mi abbia dato la possibilità di scrivere qualcosa che ponderavo da un po' e allo stesso tempo utilizzare uno dei prompt più interessanti di Temporal-Mente ** e naturalmente, sono felice che la mia storia concorra a rimponguare il minuscolo fandom di questi meravigliosi romanzi ^^
  
Leggi le 11 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hyperversum / Vai alla pagina dell'autore: ragazza_innamorata