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Autore: Solounaltrarosarossa    20/09/2015    0 recensioni
Al Ministro, ci vediamo sulla Luna.
[...] C’era una volta un ragazzo. Più che un ragazzo era un bambino, sperduto in un paesino che a lui sembrava immenso. Questo bambino era davvero speciale, tanto da non saperlo. Vi chiederete allora perché io non vi dica il suo nome. Non lo so. Quel bambino, semplicemente lo aveva dimenticato, come ci si dimentica di comprare il latte tornando a casa o forse un nome non lo aveva mai avuto. Si diceva che fosse orfano ma lui non lo sapeva, lui non conosceva niente. Era giunto non si sa come in quel piccolo paesino, senza un nome come lui e non aveva niente, neanche sé stesso. Aveva con sé solo il suo destino, anche questo senza un nome e una promessa fatta a chissà chi, chissà quando e chissà perché “ci vediamo sulla Luna” ma lui, la Luna non sapeva cosa fosse. [...]
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Camilla aveva sempre detestato tutti. Non riusciva proprio a capire come tutte le persone potessero esser felici. Era solo una bambina eppure sembrava non provare alcuna emozione, sembrava guardare il mondo da una finestra appannata, come se non avesse niente di meglio da fare, e quello che vedeva non doveva piacerle molto. Usciva spesso, odiava stare in casa. Non usciva di certo per andare ad incontrare degli amici, lei amici non ne aveva. Si rifugiava spesso sotto una vecchia quercia, una di quelle che la gente avrebbe definito inquietanti, addirittura da abbattere ma quello era l’unico posto dove potersi sentire felice, a casa. Sotto quell’albero non si sentiva sbagliata, come in tutti gli altri posti. Le sarebbe tanto piaciuto viaggiare, trovare altri luoghi felici come quell’albero, cercare persone che non dovevano per forza fingere di essere felici eppure era ancora lì. Camilla era solo una bambina, certo, ma ne aveva passate più di molti adulti. Camilla non parlava quasi mai, con nessuno. Non ne aveva bisogno. Fino a qualche anno fa era molto loquace, forse addirittura logorroica ma nessuno l’aveva mai capita, e si era rassegnata al fatto che per lei non valeva la pena di parlare. Uscì come ogni giorno da casa, era un giorno qualunque, niente di strano, di diverso. Non le erano mai piaciuti i cambiamenti, la vita le aveva dato solo cambiamenti in peggio. I libri e la sua quercia erano le uniche cose che le davano un po’ di conforto. Si chiedeva perché mai non potesse essere uno di quegli eroi che trionfano sempre, che non vengono mai sconfitti perché loro sono il bene, ed è il bene che trionfa. Eppure non poteva fare a meno di immedesimarsi nei cattivi. Riusciva a capirli, sempre lì ad essere giudicati mentre qualche tipo belloccio li sconfiggeva proclamandoli malvagi. Lei era sempre stata definita tale, una cattiva. Gli altri non riuscivano a capirlo che così, lei, lo era diventata. Solo nove anni, eppure ne aveva decisamente passate tante.
Si sedette sotto la sua quercia. Aprì il libro che aveva preso un po’ di tempo prima in biblioteca. Non aveva ancora cominciato a leggerlo ma prima di farlo doveva sempre guardare l’ultima frase. Non sapeva come aveva preso quel vizio assurdo ma ormai non leggeva più niente senza fare così. «Da quant’è che non piangi?» lo disse ad alta voce, le capitava spesso di ripetere delle fasi ad alta voce. La faceva sentire meglio, più reale. Il silenzio l’aveva sempre infastidita perciò cercava di riempirsi la testa di frasi di persone coraggiose. Detestava gli eroi ma doveva dargliene atto, sapevano vincere. «Bella domanda.» si sentì rispondere pochi secondi dopo aver letto ad alta voce la frase. «A dire la verità non lo so, sai, io non piango molto spesso. Solitamente quando sono tanto felice piango di gioia. Quindi non saprei risponderti… non sono felice da un po’.»
Chi le aveva risposto? Non aveva visto nessuno lì intorno. Non aveva mai avuto nessuno vicino per tutta la sua vita, non avrebbe certo incominciato prima di leggere un nuovo libro. Si voltò. Vide un ragazzino più o meno della sua età. Evidentemente non l’aveva visto prima, non prestava mai molta attenzione ai luoghi ma non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione che quel ragazzino fosse comparso dal nulla, come un fantasma. Era una sensazione diversa, forse un po’ strana ma non poteva dire che non le piacesse. Aveva i capelli scuri, un po’ troppo scompigliati, gli occhi azzurri e la pelle chiara… chiara come… no, non riusciva a ricordarselo. Non era come se non riuscisse a ricordare la parola ma il concetto in sé non riusciva a venirle in mente. “Sarà stato qualcosa che ho letto in un libro” pensò.
«E tu, invece? Da quant’è che non piangi?» la domanda la mise a disagio. Un po’ perché era sorpresa che qualcuno le rivolgesse la parola, un po’ perché anche lei non sapeva rispondere. Non aveva mai pianto, da quando ne aveva memoria. Probabilmente, anzi, sicuramente era per questo che nessuno osava rivolgerle la parola, che veniva considerata strana. Agli altri dava l’impressione di non provare alcuna emozione. Non era normale per una bambina ma lei provava solo dolore e il dolore non lascia spazio a nient’altro. E aveva anche imparato che se questo viene nascosto si sente di meno. Le persone ti fanno meno domande. Detestava le domande rivolte a lei, esigevano una risposta.
«N-non lo so. Tu, piuttosto, chi sei?»
«Io sono io. Non ho un “nome”. È così, che si dice, giusto? Nome. Comunque, non mi serve.»
«Come fai a non averne uno? Che significa che non ti serve?»
«Non c’è nessuno che mi chiami, quindi non ne ho bisogno.»
Camilla rimase abbastanza turbata da quella affermazione, ma non si scompose più di tanto. In fondo anche lei aveva poco bisogno del suo nome.
«Va bene. Ora, per favore, lasciami stare. Vorrei leggere.»
«Leggere? Cosa significa?»
«Guardare dei disegni chiamati lettere e trasformarle in parole.»
«E perché lo fai?»
«Perché il mondo è noioso, e le persone fatte di carta sono… migliori. Non ti deludono. O, se lo fanno, lo fanno per scrivere una buona storia.»
«E tu?»
«Cosa?»
«Cosa fai per scrivere una buona storia?»
Era proprio vero. Detestava le domande, specialmente quelle rivolte a lei.
   
 
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