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Autore: Claire DeLune    21/09/2015    5 recensioni
Cosa succederebbe se tra Haruka e Rin non ci fosse solo una competizione sportiva, ma anche una amorosa?
Cosa succederebbe se ci fosse un quinto elemento strettamente collegato al passato dei componenti di quel club di nuoto delle elementari? Una ragazza.
E cosa succederebbe se quella ragazza fossi tu?
Ecco l'entrata in scena di un nuovo personaggio molto vicino ai protagonisti, tanto da esserlo lei stessa. Questa ragazza, cresciuta con loro, non ha un nome o un aspetto preciso, perché lei sei proprio tu: la lettrice. E come tale, nella tua mente, lei assumerà il nome e l'aspetta che ognuna preferisce.
҉
(LA STORIA è AMBIENTATA DUE ANNI PRIMA RISPETTO ALL'ORIGINALE, SICCOME MI SONO BASATA SULLA DATA DI PUBBLICAZIONE DELLA LIGHT NOVEL HIGH☆SPEED. POSSIBILE OOC E CAMBIAMENTO DI RATING)
Per chi volesse ricevere avvisi di aggiornamento, specificatelo pure tra le recensioni/commenti. Sarò felice di accontentarvi :)
Genere: Commedia, Sportivo, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Haruka Nanase, Nuovo personaggio, Rin Matsuoka, Sorpresa
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Legame a Idrogeno'
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15.
Il festival
 
   E’ uno spettacolo mozzafiato da cui è impossibile distogliere lo sguardo.
   Haruka è veloce, sinuoso. Si fa spazio all’interno della corsia, recuperando e superando gli avversari uno ad uno.
   “E’ quarto”, bofonchia Nagisa con le guance arrossate dalla fatica.
   “Terzo!”, si infiamma Makoto.
   Rin non sbatte nemmeno le palpebre per paura di perdersi anche un irrilevante fotogramma di quella magnificente ripresa.
   “Haru-chan…”.
   Un grido si leva nell’aria.
   “…Ikeeeeeeee!”.
   “Un’altro ancora”, commenta la cronista dai capelli di fuoco, “E’ secondo! Secondo!”.
   Voi donne vi tenete per mano, stringendovele talmente forte da sentirle formicolare, mentre le nocche si sbiancano.
   Il delfino raggiunge il leader della batteria e passa in testa proprio di fronte allo squalo ancora inerme a fissarlo da bordo-piscina, mentre espone il volto per una bocca d’ossigeno.
   Sbraitate in sincrono il suo nome seguito dai vari onorifici.
   Poi, un silenzio improvviso cala tra la folla, appena una cuffia scura emerge dall’acqua, accompagnando un palmo aperto contro la parete della vasca.
   Boccheggiante, il vice-capitano posa gli occhi di zaffiro sul tabellone dei risultati, cerca la propria corsia, trovandoci accanto un 1.
   “Abbiamo… vinto!”, urla il team Iwatobi, sia in campo sia sugli spalti.
   Un’ombra imperversa sul corvino, seguita da una voci amiche, “Haru, sei stato fantastico!”
   “Haru-chan, ce l’hai fatta!”.
   “Haruka-senpai, è stato davvero strabiliante!”.
   Davanti a sé, Rei si stringe forte il petto all’altezza del cuore, Nagisa si trattiene dal saltargli addosso all’istante e Makoto gli porge la mano destra, come ha sempre fatto da che ha memoria. Il freestyler l’afferra, lasciandosi trascinare fuori.
   E’ a quel punto che il sauro cede all’emozione, balzando in braccio al senpai, stritolandogli le costole tra le ginocchia e gridando, “Haru-chan, ti voglio bene!”, ignorando bellamente le flebili intimidazioni di quest’ultimo su quanto il biondo possa essere pesante, “Ce l’abbiamo fatta!”.
   “Potremo davvero andare ai regionali!”, dichiara quasi incredulo il più prestante dei quattro.
   Un ragazzino fulvo circonda il collo dei suoi compagni di classe, raccogliendo nell’abbraccio anche il quarto saltellante elemento del team. Quello bruno si limita ad accettare la stretta con un sorriso dolce sul viso. E l’ultimo moro protesta per il troppo e inaspettato contatto.
   Non è cambiato proprio nulla dalla prima staffetta, a parte una farfalla dai diversi colori che rende il ricordo melanconico.

Lunedì - Liceo Iwatobi
   E’ una calda mattinata di inizio estate ed il preside ha riunito l’intero gruppo studentesco nel cortile atletico dell’istituto, dove è stato allestito un piccolo palcoscenico, alla sinistra del quale si trovano gli insegnanti e alla destra il vostro team.
   “Pur essendo un nuovissimo club […]”, introduce la calda voce del rettore, “[…] la signorina [Cognome] e i nostri nuotatori si sono posizioni al primo e all’ottavo posto alle provinciali, e si sono qualificati per le regionali. Speriamo riescano ad arrivare alle nazionali”.
   Per l’occasione è stato pure riciclato uno striscione di congratulazioni, sul quale è stato modificata l’intestazione iniziale.
   “E’ ovvio che ne abbiano usato uno vecchio”, riflette Rei leggermente deluso, “Ma la notizia della nostra vittoria si sta finalmente diffondendo”.
   “Ci tratteranno da eroi non appena arriveremo in classe”, ridacchia Nagisa, seguito dal turchino e Gou, unitasi a Chigusa, la quale ha colto subito l’occasione per prenderla un po’ in giro da buona amica, “Esci con dei ragazzi, eh? Si addice al tuo nome”.
   “Molto divertente”, ti unisci, ridacchiando a tua volta.
   “Non capisco”, arcua un sopracciglio la schernita.
   “Cosa c’è che non capisci?”, prosegue l’altra, “Parlavo di come fosse divertente che tu abbia un nome maschile ed esca con dei ragazzi. Cognome-senpai l’ha capito subito”.
   “Smettila”.
   “Non c’è bisogno di essere così formale, Hana-chan”, riprendi, riutilizzando il suo nomignolo.
   “Oh okay, ______-senpai”.
   “Così va meglio”.
   Poco più indietro, Haruka rimane immobile a guardare lo striscione, “Abbiamo vinto?”, bisbiglia, raggiungendo il gruppo con un perplesso Makoto al seguito.

   Le lezioni di Scienze Sociali sulla formazione dell’identità sono sempre state piuttosto interessanti, abbastanza da attirare l’attenzione del moro. Almeno fino ad oggi.
   Si sostiene il mento con il palmo e fissa il vuoto al di là della finestra, mischiando il blu delle sue iridi con quello del cielo estivo. Il suo sguardo improvvisamente si appanna, come se un liquido gli scorresse lungo il suo viso, impedendogli la visuale. Perde un battito, quando le voci dei suoi amici riecheggiano nella sua memoria. Una strana sensazione gli stringe il cuore. Un miscuglio di novità e ricordi di qualcosa già provato in un’età così tenera, da essere quasi troppo flebile per riconoscerlo.
   Suona la campanella della pausa pranzo, segnale acustico che permette al delfino di schizzare fuori dall’aula con ancora la mano sul cuore. Pronunciare a gran voce il suo nome è inutile. Troppo lontano per udire il richiamo.

   Finito il bentō, il club di nuoto s’incammina verso la piscina scolastica ed è allora che Gou cede allo stimolo di chiedere: “Dov’è Haruka-senpai?”. Punti gli occhi [aggettivo colore] su di lei, osservi la sua espressione, le sopracciglia leggermente sollevate, la ciocca centrale della frangetta troppo lunga che le ricade sul setto nasale, e per la prima volta noti davvero quanto somigli a suo fratello e all’aria ingenua che aveva da bambino.
   Makoto si gratta il mento, cercando di nascondere un mezzo sorriso con la mano, causato dall’atteggiamento schivo dell’amico, “Si è allontanato”.
   “E’ andato a casa?”, s’imbrunisce Rei preoccupato.
   “Beh, lo fa tutte le volte”, replichi rassicurante facendo spallucce, ma è l’entusiasmo contagioso di Nagisa e rischiarare gli animi.
   “Comunque, abbiamo raggiunto l’obiettivo di piazzarci a un torneo, quindi dovremmo ricevere un budget più grande e usarlo per nuotare tutto il tempo in palestra!”.
   “Come puoi dire una cosa del genere?!”, strepita la rossa, smorzando gli animi, “Non avete sentito il preside? Il nostro prossimo obiettivo e quello di vincere le nazionali!”, blocca il passo improvvisamente, puntando l’indice verso di voi e poi in direzione del sole, facendoti rimembrare ancora una volta il Rin determinato delle elementari, “Bisogna sempre puntare in alto!”.
   “Youshi! Facciamo del nostro meglio per vincere le nazionali!”, esulta il sauro, emulando il gesto della coscritta.
   La farfalla sistema saccente gli occhiali sul naso, bisbiglia un sì e aggiunge il suo pugno, intonando in inglese, “Fly…”.
   “…high!”, seguito dal resto dei primini.
   “Fly high?”, pone l’orca confuso, venendo bellamente ignorato.
   “Arriverò per primo al club”, sgambetta la rana.
   Matsuoka coglie il guanto di sfida al volo, “Non credo proprio!”, ride.
   “Pensate di poter battere un ex-atleta di corsa e atletica leggera?! Vi faccio vedere io!”, partecipa il più alto dei tre.
   Posi un mano sull’avambraccio del bruno, sorridendogli dolcemente, “Conosci Nagisa: una volta che ha un progetto in mente, niente e nessuno può distoglierlo dall’obiettivo, possiamo solo partecipare al suo delirio”.
   In risposta il dorsista si schiaffeggia sorridente le guance, “Ok!”.

   Giungete al quartier generale, togliete le scarpe e infilate le ciabatte, per poi dirigervi verso la scaletta che, da una parte porta alle docce esterne e, dall’altra, alla vasca da venticinque metri.
   “Per il momento, faremo principalmente esercitazioni consecutive”, informi il team, controllando la cartellina con le annotazioni su ogni singolo nuotatore, “Rei, tu lavorerai sulla bracciata. Ti allenerai per svilupparne una più forte e veloce”.
   “Ricevuto”.
   “Nagisa, tu ti concentrerai a rinforzare la tua bracciata a stile libero”.
   “Ok”.
   “Makoto, tu devi lavorare per rendere più uniforme l’accelerazione”.
   “Capito”.
   “Cominciamo il riscaldamento, allora!”.
   Uno schizzo d’acqua ti bagna la caviglia scoperta, costringendoti a voltarti verso la piscina sorpresa, “Eh?”.
   “Haru!”, conferma il capitano, mentre l’interpellato si scrolla l’acqua in eccesso, scuotendo il capo con veemenza.
   “Eri già qui”, sorride il biondo.
   Gou raccoglie gli asciugamani dalla panca, porgendone uno al freestyler, “Da quanto stavi nuotando?”.
   “Da non molto”, si strofina alla ben e meglio il volto.
   “Haru-chan è davvero motivato”, afferma Nagisa, cercando di ricordare se mai avesse visto l’amico d’infanzia a quel modo.
   “Forse è turbato per aver perso nello stile libero”, considera il compagno di classe.
   “Può darsi”.
  Gli occhi smeraldini di Makoto si scuriscono in un piatto verde muschio, cogliendo sfumature di Haruka che pochi riescono davvero a vedere, come la vice-manager che, con le gote imporporate e i rubini che brillano, commenta, “Sono felice di vederti così motivato, Haruka-senpai”.
   “Non lo sono”, smorza l’altro, lasciando scivolare via il telo dalla chioma corvina e fissando tre formiche che attraversano le piastrelle biancastre, “Stavo nuotando perché non sapevo cosa fare”, successivamente si volta verso la distesa trasparente, “Ho pensato di dover chiedere all’acqua questione che riguardano l’acqua”.
   “Che intendi dire?”, si acciglia la ragazza.
   “Beh, adesso siamo tutti qui”, svia il discorso il castano, “Cominciamo l’allenamento”.
   “Sì, hai ragione. Dovreste tutti iniziare a riscaldarvi”.
   “Roger!”, asserisce il pinguino, imitando il saluto militare, per poi raggiungere il bordo-piscina smanioso di tuffarsi.
   “Ehi! Non correre!”, lo riprende Rei. Troppo tardi, perché riecheggiò un yahoo, seguito da uno splash!.
   In tralice non riesci a distogliere lo sguardo da quello che Makoto riserva per il suo migliore amico. Un’occhiata carica di quesiti, apprensione e inquietudini.

Samezuka - tardo pomeriggio

   Gli allenamenti del team sono volti al termine e la piscina coperta dell’istituto sarebbe deserta già da una buona mezz’ora, se non fosse per la forza di volontà di Rin ad andare ogni giorno di più oltre i propri limiti, grazie al sudore della fronte e alla forza della schiena di un uomo. Schiaffeggia il palmo sulla parete, sopra la quale ergono i blocchi di partenza, ed espone la testa dall’acqua con l’affanno, strappandosi la cuffia nera dai capelli magenta. Una volta aver regolarizzato al minimo il respiro, rema per raggiungere la scaletta in metallo, esausto per far leva sui bicipiti e sollevarsi oltre il pelo dell’acqua. Silenzioso raggiunge lo spogliatoio, ignorando il compagno di stanza che lo segue con ancora il cronometro stretto tra le dita.
   Entrambi si fanno una doccia veloce per togliersi il cloro e dirigersi ai rispettivi armadietti.
   Aprendo lo sportello del proprio, Nitori si volta giulivo verso il mentore, “Senpai, stai nuotando bene”.
   “Probabilmente”, vaneggia il secondo apatico, infilandosi la giacca della tuta, senza badare completamente alle parole del kohai.
   “Hai stabilito un record personale nella fase a gironi, quindi sembra che la scelta di puntare sui 100 metri a stile libero abbia dato i suoi frutti”, s’intristisce appena, “Io non sono riuscito ad arrivare alla finale”.
   “Già, peccato”, mormora l’altro monocorde.
   “Ma, senpai, tu devi fare del tuo meglio!”, si rischiara nuovamente l’argenteo, “Farò tutto ciò che posso per sostenerti!”.
   Lo squalo non risponde, anzi, fissa cupo l’interno dell’armadietto e solo all’ennesimo senpai del più giovane afferra la brocca d’acqua, emettendo un flebile suono in assenso. S’incammina verso la panca, dove giace il suo asciugamano rosso, lo raccoglie e se lo posa sui capelli umidicci, sedendosi.
   “Qualcosa non va?”, chiede la matricola.
   “Niente di che”, replica lapidario il pesce carnivoro, portandosi la bevanda alle labbra e trangugiandone dei bei sorsi.
   “Eri così felice di aver battuto Nanase-san”.
   “Già”, sussurra Rin, evitando di incrociare quello sguardo così puro e innocente, quanto sprovveduto e fanciullesco.
   “Allora adesso puoi andare avanti!”, esclama il più esile entusiasta.
   Rin sgrana per un secondo le pupille di lava solida, che tremano, conscio che non è cambiato assolutamente nulla, che manca ancora qualcosa, che non ha superato la situazione.
   La porta del corridoio viene aperta improvvisamente, mettendo fine alla conversazione. Mikoshiba-buchou li scruta aggrottato, tenendo ancora una mano sulla maniglia e l’altra nella tasca dei bermuda.
   “Ehi, sbrigatevi, ce ne stiamo andando”.
   “Dove andiamo?”, pone Nitori.
   “Non hai sentito? Andiamo a pregare per la vittoria”, sorride.
   “Ah, è vero! Oggi c’è l’Hachiman-sama no…”.

Contemporaneamente a casa Nanase

   “…masturi?”, pondera il delfino, esaminando l’abbigliamento serale dei due amici oltre la soglia della sua proprietà, uno dei quali, Nagisa, con indosso un coloratissimo yukata.
   “Sì, c’è un festival estivo per Hachiman-sama!”, esclama il biondo, scuotendo un ventaglio dalla forma circolare, “Andiamo, Haru-chan! Sarà divertentissimo!”.
   Haruka volta il capo di lato, “Io…”.
   “Il santuario ospita anche un festival per il Dio dell’acqua”, interviene Makoto, “Dovremmo andare a visitarlo prima delle regionali. Se a te sta bene, Haru”.
   “Rei-chan si aspetta che tu ti unisca a noi”, prosegue il più basso, cambiando, successivamente, cadenza, “Noi quattro dobbiamo andare insieme on non ha senso. Parole sue”.
   L’orca ridacchia, “Quella doveva essere un’imitazione di Rei?”.
   “Ho anche sentito ______-chan dire a Gou-chan che lei e Hana-chan potevano andare da lei a prepararsi. Perciò stasera ci sarà anche lei”, solleva più volte le sopracciglia saure come chiaro segno d’intesa, “Magari porterà pure lei uno yukata”.
   “Nagisa…”, lo riprende il bruno.
   “Ok”, prorompe il vice-capitano, “Vado a vestirmi”.

… e a casa tua…

   “Oh, ______-chan! Ma quanto ci impieghi a sistemarti il trucco?!”, sbraita così forte Gou, da far fuggire la tua gattina fuori dalla camera.
   “Se continui a disturbarmi non finirò mai. Anzi, mi farai sbagliare a mettere l’eyeliner, così dovrò ricominciare da capo”.
   “Povero Onii-chan! Chissà quanto gli toccherà aspettare prima che tu sia pronta per uscire con lui”.
   “G-gou! Che cosa vorresti dire?!”, la fulmini.
   Che sappia dell’appuntamento?
   “Eheheh…Perché stai usato tre ombretti diversi?”, svia furbamente la primina"
   “______-senpai sta facendo uno smokey-eye”, ridacchia Chigusa, come se fosse un'informazione nota a tutto il mondo femminile
   “Non vi seguo”, ammette infine la cardinale.
   “E’ un modo di truccarsi che mette in risalto la forma e l’intensità dell’occhio…”, cominci a spiegare, “… e si può realizzare con qualunque sfumatura di ombretto desideri. Io li scelgo sempre in base a come mi vestirò. Dunque…”, indichi il capo di abbigliamento poggiato sul letto, “… il mio yukata è [colore di base] con foglie di bambù alle estremità. Basandomi su questo ho scelto tre ombretti [colori che si avvicinino a quello dello yukata] in scala dal più chiaro al più scuro”, fai segno alla matricola di avvicinarsi allo specchio, per mostrale su di te come fare, “Parti con l’ombretto più chiaro da stendere su tutta la palpebra mobile. Poi, con il pennello controlli l’angolazione del tuo occhio. Una volta fatto usi l’ombretto più scuro per definire la coda dell’occhio e la piega che unisce la palpebra mobile a quella fissa, cercando di schiarirlo sempre più man mano che ti avvicini all’interno. Una volta terminato, usi l’ombretto dalla sfumatura intermedia per rendere uniforme il passaggio da scuro a chiaro, poi usi dell'ombretto bianco per illuminare l'angolo interno dell'occhio”, riponi il pennello al suo posto nella trousse ed estrai uno sfumino, “Successivamente con questo togli l’ombretto in eccesso per rendere il trucco più naturale. Infine con l’eyeliner delinei l'attaccatura delle ciglia con una linea sottile e la coda dell’occhio e metti il mascara”, ti alzi dalla sedia, voltandoti verso le due ragazze che ti fissano estasiate, “Per esperienza personale, vi consiglio anche di mettere una matita bianca all’interno della palpebra inferiore e di creare una linea leggera all'attaccatura delle ciglia inferiori con l'ombretto più scuro che avete usato: rende l’occhio più grande e contrasta l’effetto collaterale che l’uso di certi colori nello smokey-eye ha, ovvero quello di rimpicciolirlo”, fai un breve applauso, “Bene, chi vuole essere truccata!”.
   “Io, io!”, si sbracciano all’unisono Gou e Chigusa, costringendoti a ridere.
   “Ok, ok! Una alla volta”, le osservi a lungo, non sapendo da chi iniziare, poi un’illuminazione: “Ah! Mi è venuta un’idea: Hana-chan, ti sai acconciarti i capelli molto bene, che ne pensi se partiamo da Kou e, mentre la trucco, tu la pettini?”.
   “Mi sembra fantastico! Sia tu che Gou-chan avete dei capelli stupendi!”.
   “Perfetto! Mettiamoci al lavoro!”.

All’Hachiman-sama no Matsuri

   Sono le 8:00 passate quando Rei, fasciato nel suo elegante yukata nero a linee geometriche grigie, scopre il polso per scorgere l’ora. Il resto della squadra è ufficialmente in ritardo e l’atleta comincia a convincersi che il vice-capitano abbia declinato l’invito dopo una lunga, insistente - a causa di Nagisa - serie di vani tentativi. Lascia cadere il braccio lungo il fianco, esalando un sospiro, quando improvvisamente ode un gridolino familiare. Si volta in direzione del suono, notando un coloratissimo pinguino che lo chiama a gran voce, sollevandosi sulle punte, mentre agita entrambe le braccia. Osserva le figure dietro di lui, incrociando lo sguardo vacuo del corvino. Sorride rincuorato, mentre i tre gli si avvicinano.
   “Hai aspettato molto?”, pone il biondo al coscritto.
   “No, sono appena arrivato”, mente l’interpellato.
   “Wow! Bene, Rei-chan! Mako-chan, Haru-chan, se arrivate tardi a un appuntamento, questo è quel che dovete dire”, lo deride bonariamente l’amico.
   “Sì, sì”, conviene il leader, cambiando repentinamente discorso, “Visitiamo il santuario”.
   “Bene, let’s gooo”.
   
   La comitiva percorrono la via principale del paese marittimo, raggiungendo il cuore del festival stanziato proprio in riva al mare. Il riflesso delle lanterne di carta e dei variopinti yukata spicca in superficie, come sgargianti ninfee al chiaro di luna.
   Camminano per le bancarelle, facendosi spazio tra la fiumana che si è già formata, tra le quali si scorge, persino sotto-forma di pupazzo, il simbolo di Hachiman-sama: il calamaro. Quelle a tema culinario sono le più frequentate, dato che invitano i commensali a gustare le innumerevoli varianti di quel mollusco.
   Il pinguino non sa più da che parte posare i suoi occhi languidi d’ingordigia, sa solo ripetere all’infinito: “Calamari!”.
   “Wow, ci sono calamari ovunque qui, molto bene”, conclude con un leggero languorino e colpito che il tempo non abbia cambiato nulla almeno in quell’occasione.
   “Solo calamaretti”, biascica Rei deluso.
   “Ne, da che punto dovremmo iniziare?”, chiede il sauro al capitano.
   “Non ignorarmi!”.
   “Calamari che afferrano il Paradiso sta per iniziare”, osserva Makoto.
   “Che razza di strano evento è questo?”, si lamenta nuovamente l’occhialuto, per poi trasalire all’occhiatina dei suoi amici, “E-eh, perché mi state guardando?”.
   “Rei-chan”.
   “Mi rifiuto”, intona all’istante, immaginandosi le più imbarazzanti macchinazioni del compagno di classe.
   “Dovresti partecipare”.
   “Mi rifiuto!”, ripete aumentando la voce di un’ottava, “Suona così… viscido!”.
   “Provaci!”.
   “Assolutamente no!”.
   “Oh, l’evento è laggiù!”, incalza Nagisa, prendendolo per una manica e cominciando a tiralo dietro di sé, “Hayaku, hayaku!”.
   “Ah? Aspetta!”.
   “Haru”, chiama il castano, facendo trasalire un distratto Haruka, intento a fissare le palline galleggianti di un gioco di pesca, preso da chissà quali attanaglianti pensieri, “Non ci conviene perdere di vista Nagisa e Rei”. Il tono dell’orca è gentile, traspare il suo spirito fraterno, ma nasconde preoccupazione nei confronti del suo migliore amico.
   “Sì”, asserisce il moro.
   I quattro si appropinquano alla piccola folla divertita dalle movenze goffe impacciate dei pescatori amatoriali, intenti ad acchiappare grandi calamari vivi a mani nude.
   “Sembra divertente”, gli occhi del sauro sono lucidi come lamponi maturi, “Rei-chan, sei ancora in tempo per le iscrizioni”.
   “Non succederà mai”, taglia corto l’interpellato, evitando lo sguardo del ranocchio.
   “Ja, Mako-chan, tu che ne dici?”, ritenta.
   “Passerò anch’io”, il leader sorride a metà tra il difensivo e il dispiaciuto.
   “Ehi, siete tutti qui”, Makoto si volta all’istante in risposta ad una voce familiare: la tua.
   “Ah, ______-chan, Gou-chan”, conferma Nagisa.
   “B-buonasera”, s’inchina un poco imbarazzata Hana-chan, attenta a non perdere la presa sul suo calamaro grigliato.
   “Indossate lo yukata!”.
   “Siete molto carine”, prende parola il bruno.
   Chigusa si lascia sfuggire un sospiro soddisfatto, guardandovi per un secondo, prima di rivolgersi cinguettante al più alto dei ragazzi, “Intendi dire solo il nostro yukata?”.
   Il ragazzone sbianca, non sapendo quale sia la cosa più appropriata da dire, “Non esattamente”. Lei ridacchia, coprendosi la bocca a bocciolo con il dorso della mano.
   Sollevi involontariamente un sopracciglio, Cosa stai cercando di fare, Hana-chan?
   “Cos’è quello sguardo accigliato, ______-chan?”, ti richiama il biondo, facendoti arrossire perché presa in fallo.
   “Quale sguardo?”, fai la gnorri.
   “Questo”, afferma, irrigidendo la mimica facciale, affilando lo sguardo e incrociando le braccia al petto.
   “Non mi sto affatto comportando così”, sentenzi.
   “Guarda: lo hai rifatto”.
   “Ya!”, pronunci in coreano - abitudine presa dagli amici conosciuti in vacanza in quel paese.
   “Dovremmo prendere qualcosa da mangiare”, cambia discorso Rei.
   “Vi consiglio di provare la paella di calamari”, conviene Chigusa, smorzando la tensione.
   “Sembra deliziosa!”, conferma il sauro.
   “Beh, noi guarderemo la gara di calligrafia con l’inchiostro di calamaro”.
   “Ok, ciao!”, agita il braccio il più basso.
   “Magari ci incontreremo ancora durante la serata”, sorridi.

Alla stazione di Iwatobi

   Rin e Nitori sono gli ultima a scendere dal treno e a riunirsi alla squadra Samezuka nel punto che sarà quello di ritrovo nel momento del ritorno. Il primo tiene le mani in tasca e la schiena ricurva come un modello in passerella, se non fosse per l’espressione spenta; il secondo, invece, osserva le prime lanterne che guidano la folla al centro della cittadina con occhi sognanti, entusiasta per aver scoperto un nuovo luogo marittimo che lo potesse rendere ancora più vicino al suo senpai.
   “Tutti indossano uno yukata stasera”, pigola il più piccolo, “avremmo dovuto indossare i nostri. Oh! Credo che per te questa zona sia familiare, senpai”, continua, ricevendo in risposta solo un’indifferente già da parte del pescecane, intento a scrutare le strade, gli incroci, le abitazioni semplice, per poi concentrasi su un quartetto di preadolescenti. Quello con il berretto turchese li ha appena raggiunti, venendo accolto da uno stizzito “Sei in ritardo!” da colui che sembra essere il capobranco della situazione, a giudicare dalla posa arrogante e dalle braccia incrociate dietro la nuca.
   “Scusate”, ansa l’altro.
   “Ehi, quanti soldi vi hanno dato?”, l’aniki si rivolge al resto del gruppo.
   “Ne ho ricevuti un bel po’”, annuncia sorridente quello in canotta.
   “Dobbiamo provare le mele caramellate!”.
   “Eh?”, interviene per la prima volta l’unico ragazzino seduto sulla panchina, “Io voglio giocare ai giochi di tiro!”.
   “Possiamo ancora farlo! Ma le mele caramellate prima di tutto!”, insiste l’amico.
   Gli occhi di vino si caricano di nostalgia, rendendo ancora più evidente l’incompresa malinconia che li attanagliano.
   “Ci siamo tutti?”, incalza Mikoshiba, “Allora andiamo”.
   Il team si dirige al tempio del dio dell’Acqua. Ognuno getta un’offerta nell’urna esterna, batte le mani due volte, dopo che il capitano ha suonato il grande campanaccio, e s’inchina in segno di preghiera e rispetto.
   Davanti al muro di lanterne gialle del tempio, il Seijuurou congeda i membri della squadra, raccomandandosi che non si mettano nei guai e ribadendo l’ora e il luogo di ritrovo.
   “Senpai, diamo un’occhiata qui intorno”, propone Nitori al rosso, il quale, con le mani in tasca, si avvia al torii del tempio senza degnarlo nemmeno di una risposta.
   “Aspettami!”, lo rincorre il kohai.

Nel cuore del festival

   Nagisa si volta a destra, strepitando: “Hamburger di calamaro!”.
   “Vorrei provare calamari e patatine”, riflette ad alta voce l’indaco.
   “Cercate di non perdervi, ragazzi”, scuote la mano il pinguino ai due senpai.
   “Lo sappiamo”, risponde il capitano vagamente scocciato.
   In quel preciso istante gli occhi di Rei si oscurano, mentre dà un colpetto sul braccio del coscritto.
   “Che c’è, Rei-chan?”, aguzza lo sguardo dietro la spalla dell’amico per poi deglutire a fatica, “Rin-chan?!”.
   I due si acquattano, nascondendosi dietro i ventagli, e l’occhialuto bisbiglia: “Pessimo tempismo, non credi?”.
   “Assolutamente…”.
   “Qualcosa non va?”, pone confuso Makoto, facendoli trasalire.
   “Oh, ci chiedevamo quante polpette di calamaro riusciamo a mangiare”.
   “Mangerai così tanto?”, solleva un sopracciglio Haruka, mentre in sottofondo si odono le voci di Nitori e l’amaranto che discutono su come passare la serata. Il freestyler segue il suono con lo sguardo, ma il sauro gli si para prontamente davanti, alzando la voce, “Ah! Comprerò hamburger di calamaro per tutti!”.
   “Gentile da parte tua, Nagisa-kun!”, lo imita Rei.
   “Potete aspettarci nella zona relax laggiù”, indica ai più grandi.
   Il dorsista è contrariato, “Io non ne voglio”.
   Il ranocchio comincia a sudare freddo, “Beh, ma noi sì”, balbetta, facendogli l’occhiolino.
   Makoto coglie all’istante il segnale, “Andiamo allora, Haru? Dobbiamo trovare un posto per tutti e quattro”.
   “Ok”, s’incamminano.
   Le due matricole sospirano di sollievo per poi essere rapiti da una nuova preoccupazione: la possibilità che il delfino e lo squalo s’incontrino.
   “Ho invitato io Haru-chan al festival per distogliere la sua mente dal nuoto”, s’imbrunisce il biondo.
   “Ma c’è la possibilità di ottenere l’effetto opposto”, conviene l’amico.
   “Potrebbe abbandonare la staffetta delle regionali!”.
   “Questo sarebbe lo scenario peggiore”.
   “Voglio che Haru-chan nuoti con noi…”.
   “Anch’io voglio nuotare con Haruka-senpai”.
   Nagisa si porta una mano sotto il mento, “Quindi dobbiamo assicurarci che non si incontrino”.
   “Esatto”.
   Ritrovata la tempra tipica del pinguino, quest’ultimo afferra Quattrocchi per la spalla e dice: “Rei-chan, tu segui Rin-chan”.
   “Eh?!”.
    “Mi dici dove si trova, così posso portare Haru-chan da qualche altra parte”.
   L’altro solleva un sopracciglio scettico, “Nagisa-kun, tutto ciò sembra divertirti…”.
   Ma l’altro lo blocca a metà, sollevandosi in piedi e sollevando un dito al cielo, infiammato dall’entusiasmo, “Forza, ispettore Rei-chan!”.

   “Hai portato un bel po’ di cibo”, i senpai osservano stupiti l’abbondante tavolata difronte a loro, imbandita di qualunque pietanza reperibile ad un matsuri: burger di calamaro, spaghetti di soia alle verdure, calamari alla griglia, pannocchie calde, mele caramellate.
   “Dov’è Rei?”, pone Makoto.
   “Ah! Eto… ha incontrato un conoscente e stanno facendo insieme un giro del festival”.
   “Capisco”.
   “C-comunque, mangiamo”.
   Il moro si alza da tavola, “Vado a comprare qualcosa da bere”.
   “Ah! Tu resta qui, Haru-chan!”, strepita il sauro intimorito, “Ci vado io”.
   “Ja”, interviene il capitano, “verrò con te. Potrebbero essere più di quanto tu possa portarne”.
   Il ranocchio dà al cetaceo cinerino, che lo guarda alquanto perplesso, il suo calamaro grigliato, “Aspetta qui”.
   Al distributore automatico finalmente il bruno trova l’occasione per chiedere cosa stia succedendo.
   “Rin-chan è qui al festival”, rivela il kohai.
   “Rin è qui?”, replica sorpreso.
   “Uh, perciò Rei-chan lo sta seguendo”, afferma febbricitante.

In missione!

   Rei è appostato all’ombra di una bancarella meditabondo, L’altezza del bersaglio è di circa 177 centimetri. Massa corporea di circa 68 chili. Ha capelli rossi e denti appuntiti, sistema gli occhiali sul naso, Cominciare l’inseguimento.
   Con fare a dir poco sospetto, si reca acquattato al prossimo stand, abbastanza vicino da poter avvertire l’eau de parfum di Rin, che, dalla nota virile e sofisticata, sembrerebbe essere una versione intense pensata proprio per la notte.
   Accanto a quest’ultimo, Nitori blatera indisturbato, “Il capitano Mikoshiba ha comprato lo zucchero filato, le banane al cioccolato e le mele caramellate. Non credevo gli sarebbero piaciute”.
   Il sesto senso del pescecane scatta, egli si arresta e si gira all’improvviso verso uno sconosciuto mascherato, ovvero uno schivo Rei completamente immedesimatosi nella figura del detective segreto.
   “Qualcosa non va?”, domanda l’anatroccolo allo studente più grande, il quale, grattandosi la nuca, risponde che non è niente di che.
   Sudando freddo, con il battito accelerato e il fiato corto, la farfalla dell’Iwatobi si leva la maschera sorridendo, Non male.
   Il venditore lo punta ardito, “Quella costa 500 yen”.

Voglio quella console da gioco, ambisce Nagisa allungandosi sul banco da gioco con un fucile a palline, ma tenendolo con una sola mano si sbilancia, mancando il bersaglio, “Accidenti”, sospira, mentre trilla una notifica del cellulare, “Mako-chan, potresti tenermi questo?”, gli porge l’arma da fuoco finta.
   “Certamente”.
   Dà loro le spalle ed apre la nuova email:


❮ Entrata (1)                                                                             
Da:
Ryugazaki Rei
A: Hazuki Nagisa
                                                                                                                                                               
Il bersaglio sta attualmente camminando tra le bancarelle in spiaggia e si sta dirigendo verso la strada principale, passo.

Annulla                                                    Re:                                                          Invia                                                                    
A:
Ryugazaki Rei
                                                                                                                                                                
Ricevuto.

   “Ho bisogno di andare in bagno”, afferma Haruka, una volta terminato il gioco a premi.
   “Il più vicino è nel negozio sulla strada principale”, lo informa il migliore amico, mettendo il sauro sull’attenti dato che la strada principale della cittadina è in riva al mare.
   “Aspetta!”, lo afferra per l’avambraccio, “Potresti tenertela un altro po’?”.
   “Eh?”, chiede il vice-capitano stranito.
   “Oh giusto, potrebbe esserci un bagno chimico laggiù”, il dorsista indica il lato opposto della via, “Dovrebbe essere vicino”.
   “Va bene”, accetta il moro diffidente.
   “Vengo con te”.

   Le lanterne delineano il perimetro del lungo mare. Rin e Aichirou si sono allontanati di molto dalla via principale del matsuri, nonostante si senta ancora il fragore della folla dietro di loro, abbastanza forte da coprire il rumore degli zōri dell’indaco.
   “Qui non c’è nessuna bancarella”, l’argentato avverte titubante il mentore.
   “Lo so”, replica piatto il rosso.
   “Torniamo indietro”.
   “Tu puoi tornare indietro”, sentenzia il mentore, distanziandolo di qualche passo con le mani in tasca e il capo chino.
   Nitori si ferma, guardandolo andarsene con il magone, “Matsuoka-senpai…”.
   Rei lo supera discreto per proseguire con l’inseguimento, quando…
   “Rin?”.

 

Note d'Autore

Eilà, chi si rivede!!
Vi ho fatto aspettare davvero troppo troppo tempo e non ho parole a sufficienza per dirvi quanto mi dispiace. Posso solo ringraziare coloro che hanno atteso un aggiornamento fino ad ora e che mi hanno contattata per avere notizie. Mi avete fatta sentire molto importante. Questo capitolo è stato davvero faticoso da scrivere. Non avevo più ispirazione, voglia né tempo. Non avrei mai pensato che gli orari universitari e le sessioni d'esame fossero così debilitanti, ma per fortuna stare in Giappone mi ha ridato la carica e rimessa in pista.
Grazie infinite a tutti/e quanti/e. Grazie per l'incoraggiamento, la fiducia e l'entusiasmo che mi trasmettete ogni volta.
Spero che anche questo capitolo sia all'altezza di tutti gli altri e delle vostre aspettative dopo una attesa così lunga.
See you next water time!
Claire DeLune

 
 
 
   
 
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