You’re alive, John
Ovunque, intorno a lui, era bianco.
Bianco il cielo, bianca la terra su cui camminava,
così tanto bianco che non riusciva neanche a scorgere l’orizzonte.
Non aveva assolutamente alcuna idea di dove fosse.
Avrebbe potuto benissimo dire di trovarsi in Paradiso. Dopotutto, se l’era
sempre immaginato così, giusto? Bianco.
Ci doveva essere solo questo colore in Paradiso. Niente azzurro, niente verde.
Neanche il giallo o l’oro erano ammessi. Il motivo era difficile da dire.
Forse a Dio non piaceva nient’altro che il bianco.
Oppure, e ridacchiò
al pensiero, oppure nel momento in cui Dio aveva avuto l’idea di creare il
Paradiso il bianco era stato l’unico colore disponibile per l’arredamento.
Quasi poteva immaginarselo, Dio, mentre andava dall’arredatore.
“Mi scusi, mi sta dicendo per caso che vi sono
rimasti solo mobili bianchi?”
“È proprio così, Signore.”
“Ma com’è possibile? Vi ho appena creato e sono già
andate a ruba tutte le altre tonalità disponibili?”
“Sono desolato, Signore,
ho anche controllato in magazzino, ma è così. Se fosse arrivato un attimo prima
del signor Lucifero, forse avrebbe trovato qualcosa. Ma purtroppo lui ha
ordinato un numero inimmaginabile di elementi d’arredo e li ha voluti dei
colori più disparati.”
“Bene, allora. Datemi tutto ciò che vi è rimasto. Ma
si ricordi, avete appena perso un cliente molto prezioso.”
John Lennon rise nuovamente, pensando che avrebbe
tanto voluto assistere a una scena del genere. Chissà, forse era andata davvero
così. E di conseguenza, Dio aveva deciso che chiunque fosse arrivato in
Paradiso, sarebbe anch’egli diventato bianco. Altrimenti tutti quei colori
mischiati avrebbero stonato con l’arredamento
che li circondava.
Ed ecco, quindi, anche John Lennon si ritrovò essere
fatto solo di bianco. C’era una luce che emanava lui stesso, era quasi
accecante talmente era intensa e candida.
Se non fosse stato totalmente consapevole di avere
un corpo, avrebbe quasi potuto avanzare l’ipotesi che sì, era lui stesso la
luce.
Ma come poteva essere vero? Gli esseri umani sono
fatti di carne e ossa. Non esisteva nulla al mondo la cui essenza fosse
impalpabile eppure così visibile come la luce. Forse solo gli angeli potevano
essere considerati in questo modo. Sempre che uno ci credesse, ovviamente, alla
loro esistenza. E John sicuramente credeva negli angeli, ma da qui a
paragonarsi a uno di loro la strada era assai lunga.
Non era un angelo, non lo era mai stato e mai
sarebbe potuto esserlo.
Per cui non capiva, non capiva più né dove fosse, né
chi o cosa fosse e soprattutto, non aveva alcuna idea di che cazzo stesse
succedendo.
L’unica cosa di cui fosse certo era il calore che
abitava il suo corpo, lo stesso che bruciava in lui da quando era nato, lo
stesso che il suo cuore pompava ad ogni battito. Ne era assolutamente certo
perché, strano ma vero, in quel momento, ad ogni battito, il calore dentro di
lui diminuiva sempre più.
Era come se John si stesse raffreddando.
Era come, ma non poteva essere vero… era come se il
calore stesse fuoriuscendo dal suo corpo con la consistenza liquida di un
fluido. Qualcosa di liquido e viscoso e caldo.
Qualcosa di…
John abbassò il capo, cercando non sapeva bene cosa,
ma quando lo vide decise che fosse proprio alla ricerca di quello.
Rosso.
Qualcosa di rosso. Rosso sangue. Il suo sangue.
Fuoriusciva dal petto in quattro punti vicino a dove
una volta c’era il suo cuore. Ora però John non sentiva più i suoi battiti.
Sentiva solo freddo, un freddo che congelava le sue
ossa. E sentiva il sangue scorrere fuori dal suo corpo.
Sollevò una mano per poggiarla sul petto, nella
speranza vana di fermare la sua corsa, ma non c’era niente da fare. Portò la
mano ancora più in alto, davanti ai suoi occhi… era sporca di sangue.
Quel rosso scuro spiccava in modo sbalorditivo con
tutto quel bianco e quella luce accecante.
Forse era per quello che Dio aveva scelto il bianco
come colore per il Paradiso.
Così
vedi di che colore è la morte.
Perché John era morto, no?
Doveva essere così.
Ma John non voleva morire, era troppo giovane per
morire, aveva ancora così tante cose da fare e sentiva di avere ancora tanto da
dare al mondo. Sì, probabilmente quest’ultimo era un pensiero da megalomane, e
allora? Sappiamo tutti che era così.
E poi, John aveva troppe persone a cui badare per
morire.
Mimi, per quanto gli seccasse ammetterlo, non avrebbe di certo retto il colpo. Figuriamoci.
Inoltre, c’era Julian, come avrebbe potuto
abbandonarlo? Era il suo unico figlio, il suo bambino, così piccolo e indifeso,
e aveva bisogno di lui.
E ancora i suoi amici, i Beatles, e Paul… Paul!
Anche Paul aveva bisogno di John, almeno quanto lui
ne avesse di Paul.
Non poteva morire e lasciare Paul.
A quel pensiero, John chiuse a pugno la mano sporca
di sangue. Il liquido denso e rosso colò fra le sue dita fredde, le stesse dita
che si erano intrecciate con quelle calde di Paul quando era ancora vivo. Solo
in questo momento si rese conto quanto la sua mano stretta a quella dell’altro ragazzo
gli ricordasse che fosse vivo.
Colui che una volta era stato un uomo, John Lennon, provò
a sospirare il dolce nome di Paul nella speranza che potesse aiutarlo ad
accettare quanto fosse accaduto, ma i muscoli del suo corpo non risposero. Non
aveva più fiato, né forza per aprire la bocca né per fare alcunché.
Paul.
John chiuse gli occhi e il nome di Paul risuonò
nelle sue orecchie…
Paul.
Ricordò perfettamente il tono delicato della sua
voce quando lo sussurrava…
Paul.
E come gli occhi di Paul brillassero ogni volta,
pieni di amore e sorpresa…
“Paul!”
La sorpresa, l’immensa sorpresa ora fu quella di
John quando si accorse di aver appena urlato quel nome.
Proprio ora le forze e il calore erano tornati nel
suo corpo, così John spalancò subito gli occhi.
Quello che vide fu ancora bianco, un soffitto
dipinto di bianco, e luce, ma questa era infinitamente più debole di quella a
cui aveva cercato di abituarsi negli ultimi minuti. La camera era illuminata da
questi timidi e fiochi raggi di sole che si facevano strada attraverso le
tapparelle abbassate per la notte.
John si accorse di avere il fiato corto e il viso
sudato. Sollevò una mano davanti ai suoi occhi, mentre il suo petto tutto
integro, per fortuna, si abbassava e alzava velocemente per permettergli di
respirare.
Le dita della sua mano erano pulite, bianche, non vi
era alcuna traccia di sangue. Non più almeno. O forse non vi era mai stata?
“Che ti prende, John?” domandò una voce impastata
dal sonno accanto a lui.
John batté le palpebre, ancora sconcertato da quanto
stesse accadendo, e si voltò alla sua sinistra per trovare gli occhi grandi, ma
socchiusi, di Paul guardarlo preoccupati.
Il ragazzo era adagiato su candide lenzuola, sdraiato
su un fianco con una gamba appoggiata sopra quelle di John, e la sua pelle così
in mostra era più bianca che mai. Il che poneva un importante dubbio: o John
era ancora in Paradiso e per fortuna Paul l’aveva raggiunto per rendere più
interessante il suo soggiorno, oppure era stato tutto uno stupido sogno.
“Io… non lo so, veramente…” mormorò titubante, “Pensavo
di essere morto.”
Paul sospirò, passandogli una mano sul viso sudato
per voltarlo verso di sé, e probabilmente per rassicurarlo. Non c’era niente di
meglio del tocco di Paul per allontanare le paure di John.
“Era solo un incubo, amore, qualunque cosa fosse,
era solo un incubo.” affermò il giovane uomo, appoggiando il capo sulla sua
spalla e permettendo alla sua mano di vagare sul petto caldo di John.
“Un incubo, dici?” domandò John, sollevando un
sopracciglio.
Effettivamente poteva anche darsi che fosse andata
così. Avrebbe spiegato molte cose.
“Sì, tu non sei morto.” disse Paul, lasciando che le
sue dita affusolate trovassero e si intrecciassero ora con quelle di John,
“Vedi?”
“Oh, sembra proprio di no.”
Paul annuì e si chinò a baciare la punta della
spalla di John, mormorando un verso di approvazione che fu soffocato dalla sua
pelle ora assai più calda.
“Infatti, io dico che sei più vivo che mai.”
“Addirittura?” domandò John, sorridendo mentre i
baci di Paul coprivano il suo petto e lui scivolava sul suo grembo.
“Addirittura.” ripeté Paul, sollevando il capo per
guardarlo nel momento stesso in cui le braccia di John lo avvolsero e tennero
vicino a sé, “E se non ne sei convinto, penso di poterti aiutare a sentire
ancora più vivo.”
No, John non aveva bisogno di essere convinto. Sapeva
perfettamente di essere vivo, sapeva che non era mai stato morto e che aveva
solo avuto un terribile incubo. E più di tutto questo sapeva di essere lì con
Paul, di avere il suo corpo caldo tra le braccia e la sua bocca che accarezzava
la sua pelle. Sapeva che tutto questo gli bastava per essere vivo, questo, avere Paul con sé, di modo che
lui potesse aggrapparsi al suo splendido ragazzo ogni qualvolta ne sentisse il
bisogno. Sapeva che Paul l’avrebbe protetto, che si sarebbe assicurato
personalmente che fosse vivo e che avrebbe impedito che qualcosa di male
potesse capitare a John.
No, John non aveva bisogno di ulteriori conferme.
Eppure…
“Bene, allora.” mormorò John, baciandolo sulla bocca
e stringendolo a sé.
Eppure non si sa mai, meglio controllare.
Per sicurezza, si capisce…
“Convincimi.”
Note
dell’autrice: buongiorno. :3
Che bello tornare su efp
dopo quasi tre mesi. :)
Questa piccola os l’ho
scritta in estate, dopo un periodo molto stressante in cui non riuscivo a leggere
e tutto ciò che scrivevo mi faceva schifo al quadrato. >_<
Comunque, ho ritrovato un po’ di ispirazione, anche
grazie ad Anya che mi ha consigliato un libro bellissimo, Buona apocalisse a tutti. Difatti questa os
è molto ispirata a quel libro. :3
Sono sicura di essere un po’ arrugginita e questa
non è la storia migliore che abbia scritto, ma ci tenevo a pubblicarla e spero
di tornare presto con qualcosa di meglio.
Intanto grazie ad Anya, che ha corretto e che
dovunque e comunque mi sostiene e incoraggia e senza di lei sarei proprio
persa.
Grazie anche a Chiara che è una personcina deliziosa
e trova sempre le parole per confortarmi.
E grazie in anticipo a chiunque leggerà.
A presto… spero… :3
kia