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Autore: SAranel    11/02/2009    14 recensioni
Joker.Le sue cicatrici.La storia vera,la storia falsa. Non si sa se mai la scopriremo.
Una fiction sulla prima versione della storia.
Scene violente,non moltissimo, ma è sempre meglio avvisare.
Genere: Horror, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Follia

 

Dedicato ad Heath Ledger,la meravigliosa persona,il magnifico attore che più di ogni altro, è riuscito a interpretare al meglio il carattere,la personalità, le mille sfaccettature e la follia della nemesi di Batman per eccellenza. Joker.

 

*

 

Un pianto disperato rompe il silenzio che regnava a casa mia poco prima che lui tornasse.

E’ mia madre che come sempre,lo ha visto entrare in casa barcollante e con quel puzzo di whisky e chissà quale altro intruglio che tanto lo contraddistingue.

Lo sento. Sento il fruscio sommesso del suo giaccone lercio e consunto gettato con noncuranza sul pavimento trascurato.

La mamma ormai non ha più la forza di fare nulla. Se ne sta tutto il giorno a letto,tra le lenzuola aggrinzite e sporche da giorni, a crogiolarsi fra i ricordi e fra i lamenti per quanto faccia schifo la sua vita.

Sento un altro rumore. Riconosco anche quello,quello della sua fedele bottiglia sbattuta sul legno grezzo del tavolo. Il rumore è acuto,non pesante. La bottiglia è già vuota.

Sento le lacrime salire,e inumidirmi gli occhi. Li stringo,forte non devo piangere. Un vero uomo non piange mai. Nemmeno se vede la sua famiglia andare in pezzi.

Sento mio padre urlare e chiamare la mamma con i suoi soliti insulti pesanti e inopportuni. Sento lei che chiede scusa,in un primo momento,spaventata supplicandolo di non toccarla. Poi la paura prende il sopravvento e sento che anche lei prende ad insultarlo. Mi sporgo leggermente dalla piccola colonna di cemento dietro la quale mi ero nascosto. L’ha colpita,con un pugno,con le nocche,come fa più male. Lei è accasciata a terra il viso rosso e tumefatto,la maglia scolorita è strappata in più punti,la gonna, dilaniata, è divisa in stracci, per lo più sparsi per le piastrelle opache della cucina.

Mio padre apre freneticamente la dispensa alla ricerca di qualcos’altro da bere. Vedo mia madre strisciare sul pavimento mentre lui non guarda,intento com’è nella sua famelica ricerca. Apre lenta un cassetto e ne estrae un coltello,di quelli piccoli a lama seghettata ma ugualmente letale.

Si avvicina a lui sempre strisciando,ma urta qualcosa. E lui la sente.

All’improvviso si volta,con uno sguardo orrendo,assassino,cattivo.

La scuote tenendola per i gomiti e la solleva scaraventandola sul tavolo,facendola urlare di dolore. Prende il coltello dalle sue mani e lo osserva,indeciso sul da farsi.

Non posso più restare li.

Corro verso di loro e raccogliendo tutto il coraggio che riesco a trovare mi avvento sulla mano di mio padre cercando di privarlo del coltello. Lo graffio,mordo con tutta la forza che ho. Lui ridendo,con un solo gesto del braccio mi separa da se e cozzo violentemente sul muro scrostato, di schiena. L’urto è così doloroso che l’urlo mi si strozza in gola. Sento un rivolo di sangue scendere tra i capelli.

“Il piccolo Jack vuole fare l’eroe eh? Piccolo dolce Jackie….” Dice con la sua voce falsamente dolce. E’… è spaventosa.

“Ora ti faccio vedere cosa succede se cerchi di nuovo di immischiarti nelle faccende di papà…”

La mamma mi guarda,spaventata,con i suoi occhi mi implora di fuggire, di salvarmi. Ma non riesco a schiodarmi da li.

Fu un movimento veloce,impercettibile. L’urlo di mia madre riempie i miei timpani,non riesco a sentire altro. La colpisce col coltello,in un fiotto denso di sangue,mettendo fine alla sua vita. Ride di gusto mentre la uccide,come se fosse la cosa più divertente che gli sia capitata di fare fino a quel giorno.

Un misto di rabbia,gelo,terrore e paura si era impadronito del mio corpo. Non riuscivo a muovermi o a parlare. Lo vedevo avanzare verso di me.

“Visto Jack?…stai attento piccolo dolce Jackie…”

Emetto un gemito e mi stringo verso il muro cercando un riparo che non può offrirmi.

“Piccolo Jack…si può sapere perché…” mi dice con la sua aria famelica,gli occhi iniettati di sangue e sbarrati all’inverosimile.

“…Perché sei così serio?” mi chiede.

Alza la lama all’altezza dei miei occhi così che io possa osservarla bene. E’ sporca di sangue.

La infila nella mia bocca,sento il freddo a contatto con la mia guancia e la lingua.

Chiudo gli occhi.

“Hai perso la lingua Jackie?” mi chiede di nuovo facendo scorrere la lama sui miei denti fino all’altra guancia.

“Perché sei così serio?” mi chiede ancora,mentre la sua voce si altera. C’è più odio,più esasperazione più crudeltà.

“Allora su! Mettiamo un bel sorriso su questo bel faccino!” esclama. La lama squarcia in un secondo la mia guancia. Urlo,e non faccio in tempo a dimenarmi dalla sua stretta che la lama lacera anche l’altra. Il dolore è insopportabile. Il dolore mi annulla completamente. La vista comincia ad oscurarsi. Prego che sia finita.

Mio padre ride,incontrollabile.

“Adesso sarai il ragazzino più allegro del quartiere Jackie! Non sei contento?” mi grida,mentre scaraventa per terra tutte le bottiglie nella dispensa. Schizzi di liquido ambrato e pezzi di vetro infranti si mescolano alla pozza di sangue sul pavimento.

Mi tocco le guance incapace di pensare. Le mie mani sono imbrattate di sangue così come la camicia candida che indosso. Resto cosciente solo quei pochi minuti in cui sento le ultime parole di mio padre.

 

“D’ora in poi sorriderai sempre, Jackie!”

 

*

  
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