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Autore: Sherlocked_Alien    23/09/2015    1 recensioni
-Mr. Barlow.. ha un momento per me?-
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Gary Barlow, Mark Owen
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Tryna get back to where we're from


-E’ stato un piacere rivederti, Mark- disse un uomo mentre gli stringeva la mano, in segno di congedo.

-Anche per me- rispose il padrone di casa.

-Tesoro, andiamo? Si è fatto tardi-

La moglie dell’uomo, vecchia amica di Emma, abbracciò la donna e le promise di organizzare nuovamente una serata come quella appena trascorsa.
Emma prese dal tavolo la bottiglia di vino, svuotata solo a metà, che la coppia aveva portato per la cena e la restituì.

-Di sicuro la apprezzate più voi, noi non beviamo. Non più almeno-

Mark accusò il colpo, capendo chiaramente a cosa si stesse riferendo la moglie. Si schiarì la voce per spezzare quel silenzio leggermente imbarazzato che era calato. L’uomo gli diede una pacca sulla spalla e passò un braccio intorno al bacino di sua moglie.

-Buonanotte ragazzi, alla prossima-

I due si allontanarono nel vialetto, fino a sparire dalla loro visita. Mark andò verso il divano, sul quale i suoi figli si erano addormentati qualche ora prima. Li prese in braccio e salì le scale. Fece fatica a mettergli il pigiama mentre dormivano, ma non avrebbe avuto la forza di svegliarli. I loro visetti rilassati e privi di preoccupazioni lo facevano stare bene. Non avevano niente di negativo a cui pensare. Mark rimpiangeva il periodo nel quale anche lui non aveva preoccupazioni, quando il suo sorriso era autentico. Erano anni ormai che recitava, e gli veniva incredibilmente bene. Diede un bacio sulla fronte ad entrambi i bambini, e gli si sciolse il cuore quando il maschietto gli strinse la mano. Lo coprì con la coperta e spense la piccola lucina sul comodino. Il guardò per qualche secondo prima di chiudersi la porta alle spalle.
Dal piano di sotto arrivava il tintinnio dei piatti e delle posate che Emma stava portando in cucina. Fece gli ultimi gradini, prese la vaschetta con il pane e i tovaglioli che erano rimasti sul tavolo. Li portò in cucina e riordinò l’ambiente mettendo in frigo la torta avanzata e le bottiglie d’acqua.

-Dormono?- chiese Emma.

-Si, sono tranquilli- rispose Mark.

Senza aggiungere altro andò nel suo studio. Era situato in taverna e l’aria era fresca. Inspirò a fondo l’odore di quel luogo che tanto amava, ma che da qualche tempo a quella parte non gli aveva dato soddisfazioni. Il legno delle chitarre emanava il solito profumo caratteristico, le tastiere erano silenziose, appoggiate contro una parete. Il pianoforte troneggiava al centro del locale. La scrivania era ricoperte da un leggero strato di polvere, la palla di cristallo con la neve era immobile, intoccata da tempo. La adorava. Adorava il fatto che non ci fossero i soliti castelli o paesaggi natalizi al suo interno. Non c’era niente, se non la neve. Si sedette al piano e fece scivolare le sue dita sui tasti, improvvisando qualche nota. Niente di entusiasmante. Si ritrovò a suonare canzoni vecchie scritte da lui o dai suoi ex compagni. Le ricordava ancora alla perfezione, e si chiese se avesse mai potuto dimenticare qualche nota. Si disse di no, che non sarebbe mai potuto succedere. Era felice in quel periodo, aveva passato i momenti più belli della sua vita con loro. I problemi arrivarono quando si sciolsero. Uno scandalo dopo l’altro, la tensione a cui erano sottoposti era troppa da reggere. I litigi tra Robbie e loro erano sempre più frequenti, e Mark non sopportava questa cosa. Aveva sempre cercato di placare i loro animi, ma con scarsi risultati. Quando l’uomo aveva annunciato la sua imminente separazione dal gruppo, Mark non sapeva come sentirsi. Si sentiva crudele solo a ricordarlo, ma aveva pensato che senza Robbie le cose sarebbero potute tornare come prima. Sapeva che non avrebbe perso nessuno di loro, e che era solo una soluzione dolorosa per continuare tutti a fare quello che amavano e sapevano fare, anche se non più insieme. Le sue dita persero il tocco leggero e le note iniziarono a risuonare gravi e stridule.

-Faresti meglio a smettere, potresti dare fastidio al vicinato- disse Emma.

Era apparsa alle sue spalle, appoggiata allo stipite della porta lo guardava con le braccia conserte. Mark inspirò, cercando di rimanere calmo. Passò le mani improvvisamente sudate sulle sue ginocchia. Espirò.

-Hai ragione tesoro, scusa. Avevo bisogno di venire qui giù-

Si voltò e la guardò per un attimo, sforzandosi di sorriderle.

-Io vado a letto, tu vieni?-

-Pensavo di stare ancora un momento qui.. mi metto a comporre qualcosa, magari è la serata giusta per scrivere-

Emma assentì con il capo.

-Notizie dagli altri?-

Mark portò lo sguardo sulle chitarre davanti a lui.

-Jason sta bene, era negli stati uniti, in vacanza.. Howard mi ha mandato una foto di lui vestito da uomo ragno e mi chiedeva se il rosso e il blu gli donano-

-Sempre il solito.. Robbie invece?-

-Lui sta bene, la sua carriera va bene e ne è soddisfatto. Sempre pazzo e fuori di testa-

-E Gary invece?-

Un silenzio di qualche secondo seguì quella domanda.

Gary.

Come stava Gary? Dov’era Gary? Cosa faceva? I suoi occhi scivolarono sui tasti bianchi e neri che quell’uomo sapeva domare come nessun’altro.

-Sta bene, niente di nuovo nella sua vita. Il solito monotono-

-Non capisco perché dopo tutti questi anni non ti sei ancora deciso ad organizzare qualcosa con loro. Una cena come quella di stasera, i Take That e le loro famiglie. O solo voi cinque, se preferisci. Ma non prendi mai un’iniziativa. Sembra che non ti interessi niente di loro-

Le dita di Mark si strinsero sulle sue gambe fino a diventare bianche.

-Vedrò di organizzare allora. Vai pure, non aspettarmi sveglia.. potrei stare qui tutta la notte-

-Ok, buonanotte allora-

-Dormi bene- rispose lui.

Sentì i suoi passi che si allontanavano, ma i suoi occhi non riuscivano a lasciare i tasti. Un moto di tristezza si fece strada in lui, sgomitando tra i sentimenti più contrastanti. Nella pace dello studio, la sua mente vagò, come non faceva da tempo.  Emma lo spronava spesso a scrivere, comporre, suonare. Lei si impegnava perché il marito non lasciasse indietro la sua più grande passione, soprattutto dopo quello che era successo. Allo scioglimento del gruppo, il rapporto tra Gary e Robbie era più incrinato che mai, e Mark, che era sempre stato quello più sensibile, non riusciva a sopportare di vedere due dei suoi migliori amici litigare così. Aveva sofferto più di loro, ma a differenza di Robbie, Gary aveva preso le distanze da tutti. Si era isolato, e per quanto gli altri avessero cercato di stargli accanto e dargli forza, aveva vinto. Robbie aveva avuto la maturità di capire che era meglio se non si fosse ripresentato nella vita di Gary, almeno fino a quando lui sarebbe stato pronto a riallacciare i rapporti con gli altri. Howard e Jason avevano concordato poco più tardi, dopo aver passato innumerevoli giornate a cercare di contattarlo.
Ma Mark no. Lui era rimasto, voleva stargli vicino nonostante tutto quello che stava passando. C’era quando era stato licenziato dalla casa discografica, quando era entrato in depressione, quando la moglie aveva chiesto il divorzio ottenendo la totale custodia dei figli. C’era quando l’amico aveva lasciato la sua villa per ritirarsi in un piccolo appartamento , da solo. C’era sempre stato, capiva i suoi comportamenti e cercava di rendersi il più utile possibile. Ma Gary voleva solo stare da solo. E alla fine era riuscito a perdere anche Mark.

“Non ho bisogno di nessuno, tanto meno di te. Sparisci dalla mia vita, Mark”

Quelle parole dette con sincera cattiveria erano ancora una cicatrice aperta sul suo cuore. Non si aspettava che il suo più grande amico potesse dire cose così cattive, ma soprattutto con così tanta convinzione. E’ stato in quel momento che Mark si è sentito cadere il mondo addosso. Tutte le sue certezze non avevano più senso. La band non esisteva più, il suo lavoro era sparito con lei, il suo migliore amico e confidente li aveva seguiti. Pensò e cercò di intraprendere una carriera da solista, ma non riusciva ad impegnarsi abbastanza. Credeva che con Emma e la famiglia che avevano creato avrebbe potuto riacquistare un po’ di felicità. Col passare del tempo si rese conto però che era una felicità diversa quella che stava cercando, la cui assenza lo stava logorando dentro. Amava i suoi figli, ma non si sentiva completo. Cercava di sembrare quello di sempre agli occhi della moglie. Lei lo amava. Il suo sentimento era talmente vero e genuino che aveva capito il comportamenti di Mark. Lo aveva aiutato e appoggiato, sempre e comunque, sebbene lui l’avesse ferita. Emma sapeva che il marito aveva avuto parecchie amanti, ma lo aveva perdonato, proprio perché sapeva che cercava un modo per colmare l’assenza di Gary nella sua vita. Avevano litigato tanto, avevano sofferto entrambi, ma poi Emma era rimasta incinta, e Mark si sentì felice. Una nuova vita stava nascendo. Andò tutto bene fino alla seconda gravidanza, quando lui cadde nuovamente nell’oblio. Sentiva ancora di più la mancanza dell’amico. Iniziò a bere. Prima si limitava solo ad un bicchierino di amaro dopo cena, poi iniziò ad assumere alcol sempre più di frequente. La cosa gli sfuggì di mano, non capì come arrivò ad avere problemi di alcolismo. Rappresentava un problema per la sua immagine, ma soprattutto per la sua famiglia. Soffrì ancora di più quando Howard e Jason iniziarono a presentarsi a casa sua per stargli vicino. Facevano a turno: uno stava con i bambini e l’altro parlava con Mark, cercando di fargli capire che così non avrebbe risolto niente. Emma coglieva l’occasione per uscire di casa e prendere una boccata d’aria fresca, andare a fare la spesa senza avere l’ansia di tornare a casa e trovare il marito ubriaco, o anche peggio. I bambini amavano che lo zio Jas e lo zio Howie andassero a trovarli, così come amavano anche le frequenti visite e telefonate dello zio Robbie. Loro tre gli erano stati vicini, e Robbie più degli altri si era impegnato a farlo uscire, portarlo con sé nei suoi studi di registrazione, sperando che l’ambiente famigliare lo avrebbe fatto tornare il Mark di un tempo. Robbie si sentiva in qualche modo responsabile di quella situazione. Era stato lui a litigare con Gary e causare che la band si sciogliesse, e automaticamente tutto il resto. Con il loro aiuto e con tanto impegno, Mark aveva detto addio all’alcol. Era tornato ad essere quello di prima, ma la tristezza viveva ancora in lui. Per quanto tenesse ad Emma, si rendeva conto che era solamente grazie al proprio autocontrollo che certe volte non le rispondeva male. Ancora quella sera. Lei lo spronava a scrivere, e per una volta che era sceso nello studio, gli chiedeva di smettere per non disturbare. Non si sentiva capito, aveva bisogno di parlare con Gary, di vederlo, di sapere che stava bene. Era arrivato a mentire a sua moglie. Le aveva detto di sentirlo ogni tanto, per fare in modo che lei non si preoccupasse.
L’orologio sulla parete segnava la mezzanotte e mezza. Un’idea malsana gli saltò in testa, e il suo corpo si ritrovò ad assecondarla. Nel giro di pochi minuti aveva infilato un giacchino in pelle e il suo cappello preferito. Si avvolse il collo in un foulard colorato e uscì di casa, attento a non fare rumore. Prese la macchina e guidò nella notte, allontanandosi di qualche quartiere da casa sua. Parcheggiò con calma e controllò il numero civico. Non aveva più l’indirizzo, ma sperò che la sua memoria non lo stesse ingannando. Il palazzo davanti a lui sembrava dormire, se non per una luce che proveniva da una finestra del terzo piano, dove abitava Gary. Scese dal veicolo e diede un’occhiata ai nomi sul citofono. Identificò quasi subito “Barlow”. Mentre decideva se suonare o meno, una ragazza gli passò dietro ed entrò nel portone.
 
-Deve entrare?- chiese, cortesemente.
 
-Si, grazie-
 
Mark approfittò e la seguì all’interno. Salì lentamente le scale fino ad arrivare al terzo piano. C’erano solamente due porte, ma lui ricordava a quale avrebbe dovuto suonare il campanello. Si avvicinò, sorrise al vecchio ombrello di Gary. Controllò l’ora. Era tardi, ma ormai era lì. Voleva vederlo. Aveva bisogno di parlargli. Il suono metallico del campanello risuonò all’interno dell’abitazione, seguito da un silenzio innaturale. Gary aveva spento la televisione, e Mark poteva distinguere i suoi passi verso la porta. Le sue gambe divennero molli, il suo cuore prese a battere forte. Sentì il rumore dello spioncino che si apriva. Gary lo stava guardando. Mark trattenne il respiro e abbassò la testa, cercando di darsi un controllo. La serratura scattò. E la porta si aprì.
 
-Mr. Barlow.. ha un momento per me?-
                                                         
Mentre parlava, Mark alzò gli occhi e si ritrovò davanti Gary. Aveva un’aria stanca, la barba poco più lunga del solito. Indossava i pantaloni di una tuta e una canotta. Si guardarono in silenzio per quella che parse un’eternità. Gary non si aspettava una visita a quell’ora della notte, ne tanto meno da Mark. Si spostò e gli lasciò lo spazio per entrare. L’uomo mosse qualche passo all’interno della casa, incerto.
Gary andò in cucina e, senza dire niente, mise sul fornello una teiera. Prendevano sempre il the assieme ai tempi dei Take That. Era una loro abitudine, esclusiva. Mark sospirò quando l’uomo appoggiò al tavolo le due tazze.
 
-A che devo questa visita?- chiese.
 
Mark si tolse il cappello e lo appoggiò alla sedia. Cercò di stare calmo, ma non aveva intenzione di recitare.
 
-Sei stato uno stronzo- sentenziò.
 
Gary accusò il colpo. Fece un cenno di assenso con la testa.
 
-Sai cosa non riesco a concepire?-
 
Nella voce di Mark c’era la rabbia che aveva nascosto fino a quel momento.
 
-Io ti sono stato vicino nei tuoi anni bui, ti ho dato tutto il mio aiuto, mi sono fatto in mille per te. Ma quado sono stato male io? Quando sono diventato un alcolizzato per colpa tua, dov’eri?-
 
Gary a fatica parlò.
 
-Non potevo sopportare di vederti così, Mark..- cercò di giustificarsi.
 
-Smettila. Mi hai cacciato dalla tua vita, non mi volevi più-
 
-Lo sai che ero entrato in depressione..-
 
-Certo, ma fa male sentirsi dire cose del genere! Mi sono impegnato per starti vicino, anche quando tu e Dawn avete divorziato, e cosa ho ottenuto? Un bel niente. E quando sono stato male io? Eri uscito dalla depressione, per quanto mi risulta-
 
-Te l ho detto, Mark. Non sopportavo di vederti star male per colpa mia, ma non sopportavo neanche vederti stare bene senza di me.
 
-Non sono mai stato bene senza di te, Gary. Avremmo potuto avere lo stesso rapporto di prima anche senza la band. Non era il gruppo che ci teneva uniti, eravamo noi due e la nostra amicizia, e tu mi hai cacciato dalla tua vita-
 
La rabbia di Mark aveva preso il sopravvento. Giurò di aver visto Gary con gli occhi lucidi.
 
-Mi dispiace, non volevo farti soffrire.. speravo che non vedendoti sarei stato meglio..-
 
Il loro occhi si incrociarono, questa volta anche quelli di Mark erano più umidi.
 
-Io ero innamorato di te, cazzo- sfiatò Mark, prima di arrendersi ad un pianto isterico ma silenzioso.
 
Il cuore di Gary perse dei battiti. Si avvicinò all’uomo. Aveva aspettato e desiderato quel momento per tantissimi anni, non pensava che il suo sentimento fosse corrisposto. Si era sposato con Dawn subito dopo la fine dei TT per cercare di dimenticare Mark, ma non era riuscito.
 
-Ti ho allontanato da me perché non potevo permettermi di vederti continuare la tua vita felice, e con me come un semplice amico.. quando hai sposato Emma sono stato male, e quando hai sviluppato la tua dipendenza mi sono sentito morire..-
Le parole di Gary vennero interrotte dai singhiozzi causati dal pianto liberatorio che lo aveva colpito. Mark lo guardò mentre si avvicinava a lui.
 
-Io non ho mai smesso di amarti. Mai, neanche per un momento..-
 
Gary prese il suo foulard tra le mani e o portò a sé. I loro nasi si sfiorarono, si guardarono per molto tempo, rapiti da quel momento. Con una mano, Gary accarezzò il viso i Mark e azzerò la distanza tra loro. Le loro labbra si scontrarono per la prima volta. Il dolce contatto era stato talmente desiderato da entrambi che ora non gli sembrava neanche vero. Mark passò le sue mani sulla nuca di Gary per poterlo avvicinare ancora di più a sé. Il bacio divenne prepotente, liberatorio. Il bacio di due uomini che volevano dimostrarsi reciprocamente quell’amore tenuto nascosto fino a quel momento. Le dita di Gary scivolarono tra i capelli di Mark. Aveva sempre adorato la loro lunghezza, il taglio sbarazzino. Amava seriamente ogni cosa di lui. Era sempre stato così provocante, sensuale, affascinante. Il suo sorrise era diverso da quello di chiunque altro avesse conosciuto: vero, sincero. In tutti quegli anni gli era mancato. Non vedere Mark era stato devastante, e ora che lo aveva lì, avrebbe dato l’anima per vederlo sorridere come solo lui sapeva fare.
Gary spinse Mark verso la camera da letto. Si muovevano ad occhi chiusi, e a Mark sembrava di volare. Il suo respiro si fece corto, a causa dell’eccitazione.
 
-Scusami..- soffiò fuori Gary.
 
-Sei stato uno stronzo..- ripeté Mark, per la seconda volta quella sera –ma mi sei mancato tanto..-
 
Mark si sedette sul letto e si prese il viso tra le mani. Gary si chinò davanti a lui e gli accarezzò le gambe. Il piccolo corpo di Mark era scosso da brividi. Tutti quello che aveva tenuto dentro fino a quel momento stava uscendo, e non riusciva più a darsi un contegno. Si sentiva esposto come mai prima d’ora, ma finalmente Gary era di nuovo con lui.
 
-Mi perdonerai mai..?- chiese a testa bassa.
 
Mark lo guardò e gli prese il viso tra le mani.
 
-Non riuscirei a vivere ancora senza di te-
 
Mark lo baciò teneramente sulle labbra, sulla mascella, lo abbracciò forte. Si adagiarono sul materasso, spogliandosi dei loro inutili abiti. Si studiarono, toccarono, baciarono. Sembrava tutto tremendamente naturale, come se non fosse la prima volta.
 
-Cosa stiamo facendo..?- disse Gary, mentre ad occhi chiusi baciava il petto di Mark.
 
-Non lo so, ma non voglio tornare indietro.. voglio essere tuo, e voglio che tu sia mio..-
 
La loro libido era alle stelle. Si desideravano da sempre, ma erano troppo spaventati per ammetterlo. Si liberarono dei pantaloni e dell’intimo, i loro corpi nudi sfregarono l’uno sull’altro. La loro pelle calda li fece gemere di piacere, il contatto tanto desiderato e aspettato li stava facendo impazzire. Gary passò le mani sotto le gambe dell’uomo e le portò al suo petto.
-Sei pronto?- chiese.
Mark sorrise. Il cuore di Gary diventò improvvisamente leggero. Quel sorriso che lo aveva fatto innamorare era tornato sulle labbra di Mark. Gary si spinse dentro di lui con una dolcezza inaudita. Si guardavano e sorridevano, come entrambi non facevano da tempo. Ogni tanto una  lacrima scivolava sui loro visi, ma questa volta erano di gioia. I loro corpi si muovevano assieme, con movimenti dolci ma decisi. Raggiunsero il piacere insieme, stanchi e felici. Le urla di Mark lo avevano mandato in estasi. Si sdraiarono uno accanto all’altro e rimasero a fissarsi per svariati minuti. In quel momento sembrò tutto perfetto, come se non si fossero mai allontanati. Un mondo meraviglioso.
  
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