Anime & Manga > Soukyuu no Fafner/Fafner in the Azure
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Autore: SiriusLoire    24/09/2015    0 recensioni
La paura di andarsene da questo mondo, di perdere una persona amata e starle lontano...
La forza che le persone che tengono a noi sono in grado di infonderci...
La vita è un bene prezioso, sebbene sia facile perderla.
[Ambientata in un momento imprecisato dopo gli eventi della prima stagione di EXODUS. Sono presenti spoiler.]
Genere: Angst, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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Il Mark Sein cadde tra le braccia del Mark Nicht.
Ormai era entrato in una spirale di dolore dalla quale era sicuro di non uscirne. Il braccio destro era praticamente inutilizzabile, era immobile, con la mano ancora bloccata nel vano del Nibelung System. Il torace gli faceva male a causa dei colpi ricevuti durante il combattimento e la caduta. Le palpebre si facevano sempre più pesanti e faceva fatica a guardare in direzione del nemico che lo aveva ferito.
“Come ho potuto commettere un errore del genere?” si domandò, isolandosi dal mondo caotico che lo circondava. Rimase qualche secondo fermo, fissando il nemico. La creatura aliena stava facendo una strage di unità e piloti.
“Non è il momento per riposare!” pensò, riuscendo a muovere il braccio. Sentì dolore, ma non gli importava: aveva altro da fare, il tempo per lamentarsi delle ferite non era ancora giunto.
-KAZUKI!-
-Soshi… Sto bene…- disse, con un filo di voce. La sua unità riiniziò a muoversi.
-Ritiriamoci, non sei in grado di continuare!- sentenziò l’amico, con un’evidente nota di preoccupazione.
-Mi… basta un solo colpo…- continuò Kazuki, passando l’arma del Sein dalla mano destra alla mano sinistra. –Devi… distrarlo.-
Soshi tacque. Il Mark Nicht si librò in aria, raggiungendo il Festum e bloccandolo. Il Mark Sieben piombò al fianco dell’unità di Kazuki.
-Kazuki-kun!- esclamò Maya, puntando il Dragon Tooth contro il Festum –Io e Minashiro ti copriremo le spalle!-
-Sì…- rispose, raccogliendo le ultime forze e aspettando il momento giusto per colpire. Sapeva che da un momento all’altro sarebbe svenuto, ma voleva fare tutto il possibile per vincere la battaglia.
Per un momento sembrò che Soshi fosse riuscito ad aprire un varco nella difesa del nemico, ma, qualche secondo dopo, la creatura riprese ad attaccare brutalmente. Kazuki vide il Mark Nicht evitare magistralmente i colpi del suo avversario, ma non riusciva ad attaccarlo.
“È possibile che abbia paura che io non riesca?” si domandò, continuando a seguire i movimenti dei due sopra di lui.
Nel frattempo, il Mark Sieben aveva puntato la sua arma verso l’avversario.
-Sono pronta a premere il grilletto in qualsiasi momento.- affermò Maya, con tono serio e pacato. –Devo solo aspettare che il nemico si scopra leggermente di più, poi faremo la nostra mossa.-
-Va… bene…- rispose. Le forze stavano cominciando ad abbandonarlo, la vista gli si annebbiava sempre di più. La fronte gli grondava di sudore, stava faticando moltissimo per restare cosciente. La parte destra della Synergetic Suit era probabilmente intrisa di sangue a causa del profondo taglio nel tricipite destro, tant’è che gli sembrava di avere qualcosa di rovente attaccato alla pelle.
In quel momento il Mark Nicht attaccò il nemico.
-Kazuki!- esclamò Soshi, aprendo un varco nella difesa del Festum. Il Mark Sein sfrecciò in aria, puntando la Luger Lance contro il nucleo dell’alieno.
“Posso farcela!” pensò, spingendo al massimo la sua unità. “Ancora un po’…”
Il Mark Sieben iniziò a sparare in direzione delle braccia dell’essere che iniziò a guardarsi intorno, non capendo cosa stesse accadendo, aprendo così una breccia ancora più grande.
“Adesso!” sussultò Kazuki. Per un attimo il dolore svanì, permettendogli di andare al massimo delle sue capacità. La lancia penetrò il torace del nemico e si aprì in due, premettendo al colpo energetico precedentemente caricato di farsi strada verso il nucleo.
L’essere iniziò a contorcersi a causa dei danni subiti.
-Kazuki! Spostati!- ordinò Soshi, riavvicinandosi al nemico: se Kazuki fosse rimasto lì ancora per qualche secondo, sarebbe stato colpito dall’onda d’urto. Il ragazzo provò a spostarsi, ma non riuscì a sfilare la lama dal nemico, era troppo debole e l’ultimo attacco gli aveva prosciugato le forze. Più ci provava, più non riusciva a rimuovere la Luger.
“Dannazione!” pensò, cercando di allontanarsi, ma senza alcun risultato.
-KAZUKI!-
Il Mark Nicht piombò sul Mark Sein, spingendolo via con forza. Con l’impatto, la placca del Nibelung System che stava sulla spalla destra di Kazuki si strappò di colpo, trascinando con sé pelle e tessuto della Suit, lasciando profondi tagli sul suo corpo. Buttò fuori tutta l’aria che aveva nei polmoni, fino a sentirli bruciare.
Soshi fece in modo che il Sein non fosse sbalzato lontano, afferrandolo per il braccio sinistro e tirandolo verso se, evitando che i due mecha si scontrassero e l’impatto causasse più danni al pilota.
Kazuki sentì il suo nome venir ripetuto parecchie volte, ma la sua attenzione era rivolta verso il Festum che, contorcendosi, venne annientato qualche secondo dopo. Chiuse gli occhi e cercò di respirare lentamente, ma un forte dolore al torace gli impediva di farlo adeguatamente.
-So… shi…- mormorò, agonizzante. La gola gli bruciava come se avesse deglutito un tizzone acceso e sentiva fitte micidiali in tutto il corpo.
“Per me… è finita?” pensò. Da quel momento in poi non capì più nulla. Sentiva voci diverse, qualche volta riusciva a riconoscere quella di Soshi, Maya e degli altri compagni. Molto probabilmente venne trasportato in un luogo sicuro e tranquillo, dato che non sentiva più il putiferio di prima. Era così privo di forze da non essersi accorto del momento in cui lo hanno tirato fuori dalla cabina di comando del suo Fafner.
“Io… devo… tornare a casa… L’ho promesso a tutti: a papà, a Canon… alla mamma… Tutti aspettano il mio ritorno, non deve finire così…”
Il suo corpo iniziò a bruciare dal dolore. Dalla sua bocca uscì un altro urlo straziante. Qualcuno stava facendo qualcosa alle parti lese del suo corpo, non sapeva cosa, ma dal dolore pensò che gli stessero strappando le membra.
-NO! LASCIATEMI!- urlò, muovendo le gambe, scalciando e puntando i piedi contro la superficie orizzontale dove era sdraiato. –QUALCUNO MI AIUTI! SOSHI! AIUTAMI!- Il dolore continuò ad aumentare a dismisura. Gridava a squarciagola e piangeva, implorando di essere lasciato in pace. –LASCIATEMI ANDARE! IO… IO DEVO TORNARE A CASA! IO VOGLIO TORNARE A CASA!!!-
Qualcuno gli afferrò delicatamente la mano sinistra e la sollevò leggermente.
-Kazuki, calmati, andrà tutto bene. Sono qui, vicino a te… Senti? Ti sto tenendo la mano.-
Kazuki voltò la testa verso la sua sinistra. Non riusciva a vedere bene a causa della luce puntatagli addosso e delle lacrime che scorrevano come un fiume in piena. Vide una sagoma. Era un ragazzo con i capelli lunghi e chiari.
-So…shi…- mormorò con un filo di voce. Riuscì a intravedere che la figura accanto a lui stava annuendo.
-Devi calmarti, Kazuki. Vedrai che andrà tutto bene.- commentò Soshi, spostandogli i capelli che, per l’agitazione, gli erano finiti sugli occhi e gli si erano attaccati alla fronte e al viso.
-Io… non voglio… morire…- disse Kazuki, chiudendo gli occhi. Le lacrime continuarono a scendere copiosamente.
-Non morirai. Adesso smettila di fare così, devi stare tranquillo…- continuò Soshi, finendogli di sistemare i capelli e asciugandogli le lacrime dall’occhio sinistro usando il pollice della mano destra.
-Io… voglio… tornare a casa… Aiutami…-
-Adesso ti addormenterai per un po’, ma non ti devi preoccupare: resterò qui al tuo fianco fino a quando non avranno finito di curarti, va bene? Prima di tutto calmati, altrimenti chi ti può aiutare non sarà in grado di farti sentire meglio.-
-Soshi…- continuò a biascicare mentre le palpebre si chiudevano lentamente. –Voglio tornare… a casa…-
-Torneremo senz’altro a casa.-
-Aiutami…-
-Sono qui. Non ti lascerò mai.-
-Fa… male…-
-Ci sono io con te. Non preoccuparti, andrà tutto bene, vedrai.-
-So... shi…-
Dopo aver mormorato quelle parole, Kazuki chiuse lentamente gli occhi e cadde in un sonno profondo.
   
 
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