2.
IL SUO SORRISO
«Cosa
ha combinato
questa volta?» domandò.
Non stava piangendo, era troppo orgogliosa per scoppiare a piangere, ma i suoi occhi erano offuscati da un'ombra di lacrime, e Iris seppe che Davide doveva aver combinato un'altra delle sue.
Sofia sedette al solito posto, era visibilmente abbattuta, nonostante cercasse di non darlo a vedere.
«Indovina» rispose con un sorriso mesto.
«Immagino che sabato non possa uscire perché è impegnato a studiare» rispose Iris acida. Non era la prima volta che Davide dava buca a Sofia il giorno prima del loro appuntamento e accampava una scusa diversa ogni volta. A Iris questo comportamento stava iniziando a scocciare.
Sofia e Davide stavano insieme da tre mesi, ormai, ma la loro relazione sembrava progressivamente virare irrimediabilmente verso un punto morto: il ragazzo, dopo un primo momento di entusiasmo, non pareva più mostrare il benché minimo interesse nei confronti della ragazza.
«Mi tratta come se fossi un giocattolo che non gli interessa più» le aveva confidato Sofia, e nonostante Iris avesse cercato di smentirla, in cuor suo non poteva che darle ragione. Si erano visti ormai più di tre settimane fa ed era stata Sofia ad andare da lui. Dal canto suo, Davide non aveva mostrato segni di voler vedere quella che in fin dei conti era la sua fidanzata.
La distanza non aiutava, ma il ragazzo non pareva sforzarsi minimamente per tentare di trovare una soluzione: nonostante avesse la patente, non si era mai preso la briga di andare fino a lì per vederla, e si trattava di niente più che un'ora di macchina.
«Deve studiare matematica con i suoi compagni» confermò Sofia.
«Non smetterò mai di dire che quel ragazzo è un'idiota» Iris lo pensava davvero, Davide si stava dimostrando sempre più immeritevole di Sofia. Era una ragazza stupenda e un'amica insostituibile: era leale e sincera, spontanea e un po' folle, all'apparenza arrogante e presuntuosa ma in realtà dolce e tenera; spesse volte, però, si faceva prendere dallo sconforto e da pensieri tristi e deprimenti. Per questo le serviva un ragazzo che la meritasse davvero, che si prendesse cura di lei e la sostenesse, non uno come Davide che c'era una volta sì e tutte le altre no.
Iris, però, non aveva mai dato voce ai suoi pensieri, si vedeva lontano un miglio che Sofia era completamente presa da Davide, non se la sentiva di dirle che doveva lasciarlo e trovarne uno che si rendesse davvero conto della gemma che stringeva tra le mani.
Eppure, anche così facendo, Sofia soffriva e a Iris faceva male. Avrebbe voluto abbracciarla, stringerla talmente forte da rimettere insieme ogni parte spezzata di lei e da assorbire tutti i pensieri tristi, le preoccupazioni e le elucubrazioni mentali che ottenebravano la ragazza; ma Sofia odiava gli abbracci, così, come sempre, si limitò ad accarezzarla dolcemente sulla schiena. Avrebbe tanto voluto riuscire a fare di più, ma non sapeva mai cosa dire per consolarla, ogni cosa che pensava le sembrava stupida o inutile, allora il più delle volte, si limitava a tacere e accarezzarla, cercando così di sfiorare anche i suoi dolori interiori e alleviarli un pochino.
Sofia sollevò un poco il viso e l'angolo della bocca si sollevò in una lieve piega malinconica, ma ricca di gratitudine. Iris rimase impigliata in quel sorriso: era ben diverso da quello scherzoso e malizioso che ogni tanto le increspava le labbra o da quello radioso che le illuminava il viso e le accendeva gli occhi, come fossero stelle. Era un sorriso languente, morbido, fragile e bellissimo.
Iris si sarebbe volentieri accoccolata in quel sorriso e avrebbe vissuto lì per sempre.
Non stava piangendo, era troppo orgogliosa per scoppiare a piangere, ma i suoi occhi erano offuscati da un'ombra di lacrime, e Iris seppe che Davide doveva aver combinato un'altra delle sue.
Sofia sedette al solito posto, era visibilmente abbattuta, nonostante cercasse di non darlo a vedere.
«Indovina» rispose con un sorriso mesto.
«Immagino che sabato non possa uscire perché è impegnato a studiare» rispose Iris acida. Non era la prima volta che Davide dava buca a Sofia il giorno prima del loro appuntamento e accampava una scusa diversa ogni volta. A Iris questo comportamento stava iniziando a scocciare.
Sofia e Davide stavano insieme da tre mesi, ormai, ma la loro relazione sembrava progressivamente virare irrimediabilmente verso un punto morto: il ragazzo, dopo un primo momento di entusiasmo, non pareva più mostrare il benché minimo interesse nei confronti della ragazza.
«Mi tratta come se fossi un giocattolo che non gli interessa più» le aveva confidato Sofia, e nonostante Iris avesse cercato di smentirla, in cuor suo non poteva che darle ragione. Si erano visti ormai più di tre settimane fa ed era stata Sofia ad andare da lui. Dal canto suo, Davide non aveva mostrato segni di voler vedere quella che in fin dei conti era la sua fidanzata.
La distanza non aiutava, ma il ragazzo non pareva sforzarsi minimamente per tentare di trovare una soluzione: nonostante avesse la patente, non si era mai preso la briga di andare fino a lì per vederla, e si trattava di niente più che un'ora di macchina.
«Deve studiare matematica con i suoi compagni» confermò Sofia.
«Non smetterò mai di dire che quel ragazzo è un'idiota» Iris lo pensava davvero, Davide si stava dimostrando sempre più immeritevole di Sofia. Era una ragazza stupenda e un'amica insostituibile: era leale e sincera, spontanea e un po' folle, all'apparenza arrogante e presuntuosa ma in realtà dolce e tenera; spesse volte, però, si faceva prendere dallo sconforto e da pensieri tristi e deprimenti. Per questo le serviva un ragazzo che la meritasse davvero, che si prendesse cura di lei e la sostenesse, non uno come Davide che c'era una volta sì e tutte le altre no.
Iris, però, non aveva mai dato voce ai suoi pensieri, si vedeva lontano un miglio che Sofia era completamente presa da Davide, non se la sentiva di dirle che doveva lasciarlo e trovarne uno che si rendesse davvero conto della gemma che stringeva tra le mani.
Eppure, anche così facendo, Sofia soffriva e a Iris faceva male. Avrebbe voluto abbracciarla, stringerla talmente forte da rimettere insieme ogni parte spezzata di lei e da assorbire tutti i pensieri tristi, le preoccupazioni e le elucubrazioni mentali che ottenebravano la ragazza; ma Sofia odiava gli abbracci, così, come sempre, si limitò ad accarezzarla dolcemente sulla schiena. Avrebbe tanto voluto riuscire a fare di più, ma non sapeva mai cosa dire per consolarla, ogni cosa che pensava le sembrava stupida o inutile, allora il più delle volte, si limitava a tacere e accarezzarla, cercando così di sfiorare anche i suoi dolori interiori e alleviarli un pochino.
Sofia sollevò un poco il viso e l'angolo della bocca si sollevò in una lieve piega malinconica, ma ricca di gratitudine. Iris rimase impigliata in quel sorriso: era ben diverso da quello scherzoso e malizioso che ogni tanto le increspava le labbra o da quello radioso che le illuminava il viso e le accendeva gli occhi, come fossero stelle. Era un sorriso languente, morbido, fragile e bellissimo.
Iris si sarebbe volentieri accoccolata in quel sorriso e avrebbe vissuto lì per sempre.