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Autore: Remeny    27/09/2015    1 recensioni
Yves muore in una calda giornata di fine luglio, in una piccola città della Francia.
Yves è un ragazzo che nessuno ha mai davvero capito, nè la sorella Paulette, nè gli amici Ezra e Cécile, nè tantomeno Alain, il suo ragazzo.
Una sera,poco prima che il destino li separi per sempre, gli amici di Yves vogliono ricordarlo.
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The sky above us shoots to kill.

I know you have felt much more love than you've shown [...]
I begged you to hear me,
there’s more than flesh and bones
Let the dead bury the dead,
they will come out in droves
But take the spade from my hands
and fill in the holes you’ve made
Mumford and Sons; Thistle and Weeds.


Yves era morto da soltanto un mese, ed era già iniziato lo sciacallaggio.
Del resto, Amilly era un comune che contava poco meno di duemila anime, un avvenimento come quello era davvero terribile in una piccola comunità per bene. Tutti avevano iniziato a chiedersi il perchè, le indagini non erano neanche state necessarie, si era trattato chiaramente di un suicidio.
Suicidio? E per cosa, poi? La famiglia di Yves Deboiré era una delle più rispettabili- e rispettate - della zona, il ragazzo aveva tutto ciò che potesse desiderare!
Nessuno nel quartiere riusciva a spiegarsi il perchè di quel folle gesto, e loro quattro del resto, non ci provavano neanche.
Quella calda sera di fine agosto era certamente inconsueta ; non era il caldo a stranire, quanto la sensazione di non poter respirare, non tirava un filo di vento, e tutto in torno a lui era statico, persino gli alberi erano immobili.
O forse, Alain aveva questa sensazione perchè da quando era morto Yves, anche lui aveva effettivamente smesso di respirare.
Non aveva mai pensato a come sarebbe stata la vita senza di lui, perchè fino a quel momento non aveva avuto il reale bisogno di farlo. Nella sua immaginazione, un po' contorta e sicuramente ingenua, loro due sarebbero rimasti insieme, come era stato sin da bambini.
Sospirò pesantemente e uscì di casa senza neanche avvertire Thomas, l'uomo che quando i suoi genitori erano via per lavoro- cosa che accadeva di frequente - si prendeva cura di lui e della casa. Thomas probabilmente era stato quanto di più vicino ad un padre potesse esistere, ma in quel momento non aveva voglia di parlare con lui, perchè non avrebbe capito, nessuno poteva.
Si limitò a chiudere la porta di casa, sfuggendo ancora una volta alle domande e agli sguardi preoccupati dell'uomo che l'aveva cresciuto.
Salì in macchina e mise su il CD degli Arctic Monkeys che tanto piaceva ad Yves e iniziò a guidare, mentre le note di Arabella invadevano timidamente l'abitacolo.
In quei giorni qualcuno si era rivolto anche a lui, lui che poteva essere considerato il suo migliore amico. Gli avevano chiesto se avesse notato qualcosa di strano in Yves, ma come spiegare che quel ragazzo, che non sembrava neanche appartenere a quel mondo, non era fatto per essere capito? Come fare a notare un cambiamento in una persona che non sembra avere un carattere, un'indole ben definita?
Yves era così; un'anima melliflua, quasi evanescente, un ragazzo dai mille volti, ricco di sfaccettature che spesso non venivano percepite.
Alain aveva lottato per anni con quella che all'inizio aveva catalogato come una classica mancanza di spina dorsale, forse mista ad un certo snobismo, ed un pizzico di spocchiosità.
I primi mesi l'aveva odiato, perchè sembrava non volersi abbassare al suo livello neanche per giocare insieme, nonostante anche la famiglia di Alain fosse una famiglia assolutamente rispettabile; erano dei semplici bambini e frequentavano entrambi la stessa scuola privata, Alain si sentiva talmente offeso allora.
Poi, crescendo, l'odio aveva lasciato il passo ad un grande affetto.
Non aveva mai davvero capito Yves, sarebbe stato inutile anche provarci, e così si limitava a stargli accanto in modo discreto; in compenso, l'aveva amato con tutto se stesso, ed era riuscito a far si che il ragazzo ricambiasse il suo amore.
Aveva amato Yves di un amore timido e sincero, talmente profondo e totalizzante che quando lui era morto, una parte di Alain era morta con lui.
Non sarebbe mai più stato lo stesso, era un dato di fatto, e Yves- ne era convinto - questo lo sapeva.
Ma allora perchè abbandonarlo?
Si fermò davanti alla figura esile e slanciata di una ragazza dai lunghi capelli neri e dai perforanti occhi azzurri, lo stava aspettando.
Paulette, la splendida Paulette, l'unica che non aveva fatto domande dolorose, l'unica con cui riusciva nonostante tutto a condividere il suo dolore, la sorella di Yves.
<< Ciao Al, come stai oggi? >>, chiese entrando in macchina, e un forte odore di tabacco e lamponi invase l'abitacolo.
Lui, come al solito, scrollò le spalle e non rispose. Era una domanda di routine quella, una di quelle che tutti gli ponevano, ma entrambi sapevano che nessuna risposta sarebbe mai stata vera; in compenso, Paulette accennò un sorriso stanco e malinconico quando sentì gli Arctic Monkeys, e tutto finì lì per un po'.
Avevano ancora un po' di tempo, così guidò tranquillamente verso la spiaggia, ma evidentemente quella sera era una di quelle per Paulette, così il ragazzo si preparò al peggio.
<< Hai mangiato ultimamente? >>, gli chiese diretta come solo lei sapeva essere.
Alain non riusciva a parlare, non ricordava più come si facesse. Aveva smesso di farlo circa un mese prima, così fece segno di no con la testa, e lo accompagnò con un triste sorriso.
Lei non gli rispose, ma sarebbe stato uno stupido a credere che la discussione fosse davvero finita lì; infatti, dopo neanche cinque minuti, un sospiro pesante lo distrasse.
<< Non è vita questa, Alain, non è più vita la tua >>, sussurrò la ragazza, sospirando nuovamente.
Alain capì che stava cercando di trattenere le lacrime con tutta se stessa, ma sapeva che non ci sarebbe riuscita ancora a lungo. Da quando il fratello era morto, Paulette aveva delle crisi di pianto abbastanza frequenti, lo psicologo riteneva si trattasse di un disturbo da stress post-traumatico.
In pratica, era convinta che, ora che Yves non c'era più, anche gli altri avrebbero cominciato a morire, lasciandola da sola. Secondo il signor Lux, che da un mese aveva in cura Paulette, la ragazza accusava Yves di star spingendo gli altri a morire, così da odiarlo, e da non soffrire eccessivamente per la sua morte.
Era un meccanismo di difesa che il cervello della sua amica aveva messo su per proteggerla, una cosa difficile da accettare, specialmente per Alain, ma c'era poco da fare.
Si fermò in uno spiazzo appena gli fu possibile, erano vicini alla spiaggia in ogni caso, avrebbero potuto tranquillamente proseguire a piedi da lì se Paulette se la fosse sentita.
Si girò verso di lei e si lasciò carezzare in viso; sentì le dita minute soffici di lei sfiorargli gli zigomi pronunciati, le labbra screpolate e risalire per tracciare il contorno dei suoi occhi- occhi verdi che incantano, così diceva Yves -, soffermandosi su quelle profonde occhiaie.
<< Da quanto non dormi, eh? >>, gli chiese ancora.
Lui non non rispose, che senso avrebbe avuto? Da quando il suo amore ero morto parlava di rado, come se nessuna parola avesse più senso, dal momento che nessuna sarebbe più stata ascoltata da lui.
Nelle prime settimane in cui Alain aveva capito di essere amato da Yves, aveva scoperto una grande verità. Era sempre stato un bambino taciturno, un po' musone, uno di quelli che gli altri bambini evitano. Quando c'era Yves, però, lui non faceva che parlare, di qualsiasi cosa.
Era come se ogni parola acquistasse un senso, e col tempo questo non era cambiato. Tuttavia, ora che lui non c'era più , intorno ad Alain era tornato a regnare il nero silenzio. Duro, severo, era venuto a reclamare tutti i suoi anni felici, e li aveva portati con sé.
Venne scosso da Paulette e si svegliò, abbandonò i ricordi e i pensieri che lo attanagliavano e osservò attentamente la situazione. Lei era triste, calde lacrime bagnavano il suo viso; quando aveva iniziato a piangere? Non se n'era accorto, impegnato com'era a rivangare il passato.
E per cosa piangeva, poi, per chi? Per lui? Avrebbe tanto voluto dirle che non valeva la pena piangere, ma le parole non volevano saperne di uscire. Si disse che prima o poi avrebbe dovuto parlarle, perchè la situazione lo richiedeva e Paulette era una delle persone più care che aveva, e non poteva tirarsi indietro.
<< Se tu potessi amarmi, Alain, sarei disposta ad amare per entrambi, se tu solo me lo concedessi! >>, sussurrò lei impercettibilmente, così piano che il ragazzo comprese a fatica ciò che gli stava dicendo, e per un attimo credette di aver sentito male.
Ma no, lo sapeva.
Paulette, dolce Paulette, innamorata da sempre di un morto che cammina. Doveva assolutamente sforzarsi e parlare, per spiegarle chiaramente come stavano le cose, glielo doveva.
<< Io non posso, Paulette, davvero non posso farlo >>, riuscì a risponderle con voce tentennante e tono colpevole, nonostante pensasse di non riuscire più ad emettere un suono.
<< Ma perchè? >>, piagnucolò lei con maggior disperazione, << io saprei essere tutto ciò che mio fratello non è mai stato in grado di essere! Sono innamorata di te da sempre, amo ogni cosa di te e so che riusciresti a dimenticarlo, ad andare avanti >>.
Era sempre la stessa storia: Paulette aveva una crisi, gli dichiarava il suo amore e sperava che lui si convincesse a ricambiarla. Questo succedeva anche quando Yves era ancora tra loro.
Alain sapeva che Yves non era certo la prsona migliore del mondo; era possessivo e terribilmente geloso, lunatico e iroso alle volte. Spesso si era ritrovato a soffrire per questo, e Paulette era sempre stata lì per lui, ma mai, neanche per un attimo aveva pensato di chiuderla con lui.
Non avrebbe potuto, semplicemente lo amava troppo per farlo, e adesso era stanco di temporeggiare e sperare chela ragazza rinunciasse a lui, doveva essere lui stesso a recidere quel legame. Se era necessario, avrebbe anche smesso di vederla, nonostante il solo pensiero gli provocasse un dolore insostenibile al centro del petto.
<< Guardati, Alain, guardati, non sei più tu! Ma con me torneresti a vivere, e quei tuoi begli occhi smetterebbero di piangere per Yves >>, continuò.
Alain non ne poteva più.
Ci furono un paio di istanti di silenzio in quella macchina, istanti in cui pensò e ripensò a come spiegarle la situazione il più chiaramente possibile.
Non che gli interessasse di risultare rude, o di farsi odiare, sapeva che l'avrebbe odiato in ogni caso. Ma le doveva chiarezza, e improvvisamente capì, e si sentì sollevato per aver trovato le giuste parole.
<< Tu sei innamorata di un ragazzo che non esiste più. Non esiste perchè tutte le cose che tu dici di amare erano le più care che avevo, le stesse che amava Yves, le stesse che si è portato via un mese fa. E non piango per lui, Paulette, non crederlo! Non ha senso disperarsi per i morti, io piango per chi è rimasto, per il fantasma di me stesso, perchè il dolore a cui tuo fratello mi ha costretto è insopportabile. Io credo di starmi lasciando morire, e se tu fossi una persona furba mi gireresti a largo adesso,perche non ha senso amare chi è già morto >>, spiegò.
Aveva parlato molto lentamente, e ad ogni parola lo sguardò di Paulette si era riempito di orrore e nuova disperazione, nuovo dolore, e il suo pianto ricordava una vecchia litanìa, era davvero una scena triste e terribilmente angosciante.
Gli dispiaceva così tanto farla soffrire. Sapeva dei sentimenti di Paulette; lo sapeva da quando Yves una sera, dopo aver fatto l'amore, gli aveva rivelato questo segreto, affinchè lui lo custodisse e mutasse il suo atteggiamento verso di lei, ché non poteva più essere affettuoso come prima, o l'avrebbe illusa.
<< Tu ami solo me, vero? >>, gli aveva poi chiesto, con la sua miglior espressione imbronciata e insicura. Era geloso Yves, quando qualcosa- o qualcuno - diventava suo, lo si capiva immediatamente.
E Alain era il suo bon amour, gli aveva detto così una sera, con le lacrime agli occhi e tanta dolcezza sulle labbra. E queste parole lui le aveva scolpite nel cuore e nella mente, per non dimenticarle mai.
Non che fosse possibile in tutti i casi. Anzi, era più che sicuro, adesso, che Yves avesse giocato con tutti loro, ma non poteva fargliene una colpa.
Erano stati loro a farsi trasportare dal suo fascino e dalla sua capacità di ammaliare con un discorso ben costruito e un'occhiata perforante; Yves era un ragno, e loro le povere mosche rimaste intrappolate nella sua tela.
Osservò ancora la ragazza che ancora piangeva, ma le sue braccia non avevano più calore da offrire, che senso avrebbe avuto allora stringerla?
Si limitò a sfiorarla con cura, temendo che potesse svanire da un momento all'altro, come il fratello, e le dedicò parole di conforto, sapendo che non sarebbero mai state abbastanza.
<< Ti amo così tanto, Alain >>, gli disse nuovamente, tentando di mandar via le lacrime.
Non piangeva più, ma intorno a loro c'era ancora una sensazione di irrisolto, una strana saudade che li avvolgeva. Le parole della ragazza erano sincere adesso, non era più la disperazione a parlare per lei, e la situazione fu chiara ad entrambi.
Paulette avrebbe continuato ad amarlo, maledicendosi per non essere un uomo, per non essere Yves, e Alain l'avrebbe maledetta per lo stesso motivo.
<< Mi dispiace >>, riuscì solo a dirle, e da parte di lei non ci furono più parole.
Alain la guardò attentamente prima di accendere il motore e ripartire- era sempre stato un buon osservatore - e notò un sottile velo di rassegnazione scendere sul viso della ragazza che per anni aveva considerato la sorella che i suoi genitori gli avevano sempre negato. L'osservò bene e poi ripartì, chè non aveva la forza per trascinare il suo mucchio di merda fino alla spiaggia.

Quando arrivarono, gli altri erano già lì.
Paulette indossò la sua felpa, l'aria lì era decisamente più fresca che in città, mentre Alain lasciò che il freddo gli penetrasse nelle ossa, perchè c'era abituato e perchè solo così sentiva qualcosa.
Si avvicinarono al gruppo camminando lentamente e mantenendo una certa distanza di sicurezza e quando arrivarono davanti al piccolo falò improvvisato, si sedettero sulla sabbia.
<< Ciao belli miei >>, esordì Ezra, con il suo velato accento americano, che non era proprio riuscito a nascondere negli anni.
Dodici anni che abitava in Francia e quel concentrato di lentiggini e dolcezza non aveva voluto saperne di assumere un accento quantomeno francese.
<< Io sono americano, il mio accento è americano >>
, rispondeva a chiunque gli facesse notare questa sua piccola incoerenza, e alla fine tutti avevano smesso di fare appunti al riguardo.
Cécile, invece, si limitò ad accoglierli con un timido sorriso, la mano stretta in quella di Ezra. Era stato Yves a farli mettere insieme, perchè secondo lui erano nati per diventare l'uno l'amore dell'altra, ed entrambi avevano subito capito quanto lui avesse ragione.
In effetti, Ezra e Cécile si completavano a vicenda; il carattere esuberante e impetuoso di lui veniva compensato e placato da quello mite e razionale di lei, che sapeva come prenderlo e riportarlo con i piedi per terra. Al contrario, lui riusciva sempre a farla ridere e a farle provare la gioia della spensieratezza, che Cécile provava solo in rari momenti, troppo impegnata a dare il meglio nelle sue lezioni di danza classica.
Per un po' nessuno parlò, tutti si lasciarono cullare dal dolce andirivieni delle onde, ognuno perso nei propri pensieri. Alla fine giunse davvero il momento che tutti aspettavano e temevano da giorni, e una voce ruppe il silenzio.
<< Allora, chi inizia? >>, chiese Paulette.
Era curiosa di sapere che piega avrebbe preso quella serata, e allo stesso tempo ne aveva paura, perchè la morte di Yves aveva spezzato ogni equilibrio preesistente, e aveva tolto qualcosa ad ognuno di loro.
Per questo erano lì, nel loro angolo di spiaggia, a guardarsi negli occhi e a sentirsi sconosciuti, per ricordare quel ragazzo che li aveva uniti tutti, e che poi li aveva abbandonati.
<< Prima di tutto, ho un regalo per noi >>, esclamò Ezra, ricordandosi all'improvviso di quello che aveva comprato con tanta fatica - maledetti francesi! - quel pomeriggio.
Lasciò le mani di Cécile e aprì il suo eastpack arancione, che col tempo e l'usura aveva assunto una tonalità decisamente più scura, rivelando alcune bottiglie di birra e una di tequila.
<< Non dite di no, nessuno di noi sarebbe capace di esternare qualcosa di sincero altrimenti >>,sentenziò allora Cécele.
Forse il suo voleva essere un modo per sdrammatizzare, ma alle orecchie di tutti suonò come una triste verità.
Parecchie birre dopo, quando anche la tequila era finita, la ballerina iniziò a parlare.
<< Sapete quanto amo la danza, è davvero una tra le poche ragioni per le quali sono ancora qui. Un po' di tempo fa, comunque, le mie insegnanti dicevano che ero troppo in carne per diventare una ballerina professionista, che le mie gambe erano storte, e che per questo non sarei mai riuscita ad eseguire dei perfetti arabesque, e che un mio grand jeté sarebbe sempre valso meno rispetto a quello delle mie compagne. Yves non lo credeva, lui pensava che fossi perfetta. Pensavo che lo dicesse per farmi piacere, son-ero la sua migliore amica, siamo cresciuti insieme, era normale che non volesse buttarmi giù. Tutt'ora non so se quel che diceva Yves sia vero, ma so che tra due settimane entrerò al Royal Ballet, ed è solo merito suo se ho fatto l'audizione due mesi fa. Io non volevo, sapete, l'Inghilterra non è casa mia, e pensavo che saremmo rimasti tutti insieme, perciò.. Ma lui mi ha spinta ad andare, e mi hanno presa!
Era il mio migliore amico, lo adoravo talmente tanto... e adesso.. >>, ma non continuò.
La dolce Cécile iniziò a singhiozzare, rifugiandosi nel caldo abbraccio di Ezra, facendo si che i lunghi capelli biondi le ricadessero davanti al viso e le coprissero gli stanchi occhi color miele, e non aggiunse altro.
<< Per te dev'essere uno strazio >>, constatò ad un tratto Paulette, << hai perso Yves e a breve anche Ezra partirà >>.
Per un attimo calò il silenzio, Ezrà irrigidì le spalle e Cécile se ne accorse ma non disse nulla. Quanto dolore le stava riservando quella serata? E quanto gliene avrebbe riservato il futuro?
<< Si, è vero, ma forse è così che dovevano andare le cose, sin dal principio >>, tentò di ribattere la bionda. Sapeva dove Paulette voleva andare a parare, ed era così crudele.
<< O forse è colpa di Yves.. Lui sapeva che Ezra prima o poi sarebbe tornato in America, lo sapevamo tutti. Yves, Alain ed io. Che senso ha avuto allora farvi conoscere, far si che tra voi sbocciasse l'amore, se adesso dovete separarvi? >>, inveì ancora Paulette.
<< Perchè lo odi così tanto? Mi ricordo com'era tra di voi, tu amavi tuo fratello, e ora ne parli così? Infami il suo ricordo, Paulette >>, s'intromise Ezra.
<< Anche questo adesso? Anche voi dovete farmi la ramanzina, come i miei genitori? Perchè, mi chiedi? Mi ha rubato tutto. Mi ha portato via tutto quello che avevo. La gioia, gli amici, Alain.. >>, disse senza guardare mai verso Alain.
<< Io capisco il tuo discorso, ma non riesco davvero a condividerlo. Hai ragione, Yves forse non avrebbe dovuto farmi conoscere Cécile, probabilmente adesso vivrei più serenamente, e partirei alla volta della mia amata America con il cuore più leggero. Ma i mesi che ho passato con lei sono stati i più belli e gioiosi della mia vita, perchè avrei dovuto privarmene? Anch'io un po' odio Yves, alzi la mano chi tra i qui presenti non lo odia nemmeno un po', ma non posso fare a meno di essergli grato per tutto quello che ha fatto per me, sin da quando eravamo adolescenti >>, concluse Ezra, e si voltò a guardare la sua ragazza intensamente, con un carico d'amore tale che ad Alain fece male, perchè l'unico che l'aveva mai guardato con quegli occhi non c'era più.
<< Rimpiangi cose che non sono mai state tue,Paulette, non interamente, almeno >>, esordì Alain, e tutti si voltarono a guardarlo. Nessuno credeva che avrebbe davvero parlato quella sera, nonostante fossero tutti lì per ricordare Yves.
<< Cosa intendi? >>,gli chiese quella, curiosa.
Nonostante tutto il male che sentiva, la parola di Alain per lei contava molto, e l'avrebbe sempre ascoltato, anche se le sue parole facevano male come stilettate in pieno petto.
<< Come spesso ti ho detto nel corso degli anni, la vita è dolore. Soffriamo perchè sentiamo qualcosa, avvertiamo il cambiamento delle cose dentro e fuori di noi, avvertiamo il rifiuto, proviamo dolore fisico. Nasciamo nel dolore e nel dolore torniamo alla terra. In base a ciò, la gioia che vivevi era effimera, ma posso capire che tu ne reclami il possesso e ne senta la mancanza, è comune negli uomini accaparrarsi beni che ci sono stati concessi in prestito. I tuoi amici, invece, non sono mai stati unicamente tuoi, li hai sempre condivisi con Yves, che tuttavia non ti ha mai esclusa dalla sua vita, mettendoti sempre al primo posto, anche prima di me. Per lui eri una persona preziosa, e per questo ti ha sempre custodito con gelosia e amore, evitando che il male entrasse a contatto con te. Per questo, capisco anche il senso di smarrimento che stai provando adesso, al male tu sei sempre stata estranea; semplicemente non ci sei abituata. E quando tutto questo male ti si è avvicinato, il tuo cervello non ce l'ha fatta a somatizzarlo, è normale. Sono sicuro questo è uno dei più grandi dispiacer idi Yves, essersene andato senza averti preparata a rimanere da sola. Per quanto riguarda me, invece, io non sono mai stato tuo.E questa è una cosa che proprio non capisco. Conosco i tuoi sentimenti, ma sai che sono sempre stato votato ad Yves, che dall'infanzia l'ho amato come un'amico, poi un fratello e poi ancora un amante. E tu non sei mai stata una sciocca, Paulette, come fai ad imputare a tuo fratello colpe che non ha, senza star male? >>, concluse.
Paulette non piangeva, Alain ebbe il sentore che dopo la loro conversazione in macchina,non avrebbe più versato una lacrima. Il suo sguardo era un po' più duro, la la testa incassata nelle spalle, la mascella serrata.
Lui,dal canto suo, si rese conto di star boccheggiando per quel lungo discorso tenuto senza pause, perchè aveva avuto paura che non sarebbe riuscito a continuare se si fosse fermato a pensare a ciò che stava dicendo.
All'improvviso, voleva che Paulette lo odiasse. Forse, così, entrambi avrebbero sentito meno male a settembre, quando lei sarebbe partita per Milano, così da poter lavorare in uno dei più prestigiosi atelier italiani.
<< Gran bel discorso amico mio >>, intervenne Ezra, poggiandogli un braccio sulla spalla, a mo' di abbraccio.
Quel ragazzone, doveva ammetterlo, gli sarebbe mancato. Ezra non era uno sprovveduto, aveva le spalle abbastanza larghe per sopportare l'imminente separazione da Cécile, e probabilmente era per questo che Yves li aveva fatti incontrare, sapeva che entrambi avrebbero goduto appieno del loro tempo assieme, senza pensar troppo alle conseguenze.
Chi vuol esser lieto, sia, di doman non c'è certezza! , diceva sempre Yves, citando Lorenzo De' Medici, uno di quei personaggi che Alain conosceva e ricordava non grazie alla scuola, ma al suo amore e alla sua sconfinata cultura.
<< Quindi, ti iscriverai alla Sorbonne? >>, gli chiese Cécile, stava meglio adesso.
La Sorbonne. Sembravano troppo lontani i giorni in cui aveva deciso di iscriversi all'università e l'aveva comunicato ai suoi amici e ad Yves. Cos'avrebbe dovuto fare adesso? Contava di affittare un appartamento con lui a Parigi, così da ufficializzare finalmente la loro relazione, ma ora era tutto in fumo.
<< Non saprei >>, rispose mestamente.
<< Devi farlo, Yves ti vorrebbe uccidere se sapesse che non ti sei iscritto >>, ribattè Ezra.
<< Ho ancora tempo, probabilmente sceglierò un'università più vicina a casa >>.
<< Non ti farebbe bene stare qui, parti e creati una nuova vita. Qui tra un po' non avrai più nulla >>, intervenne Paulette.
Alain s'incupì, e la guardò, perchè non lo odiava? Glielo chiese.
<< Perchè ho condiviso tutto con mio fratello, anche l'amore per te, e ora che sono rimasta da sola, ti amo anche per lui >>, gli rispose, spiazzandolo.
<< Tu piuttosto, quando partirai? >>, chiese Cécile all'altra ragazza.
<< Tra poco meno di un mese, la burocrazia italiana è davvero una palla al piede >>, sospirò Paulette, abbracciandosi le ginocchia e poggiandovi il mento sopra.
<< Ho una comunicazione: ho deciso di iscrivermi all'università! Ho ricevuto risposta dalla Brown e da Yale, devo solo decidere e immatricolarmi >>, sorrise Ezra.
Cécile lo guardò ammirata, prima di saltargli al collo e baciarlo con foga, non ci sperava più ormai! Gli diede una lieve botta dietro il collo per non averglielo detto prima, e tornò a baciarlo, dopo avergli dato del crétin.
Risero insieme come non gli capitava da un bel po', e quella sera passò in fretta, così come i mesi a venire.

Molto tempo dopo, durante un trasloco, ritrovò la lettera che Yves, prima di impiccarsi, aveva scritto per lui. Si prese del tempo, e la lesse di nuovo, tutta d'un fiato, come allora.

Dolcissimo Alain,
Mi dispiace che a trovarmi sarai tu, ma penso che in un certo senso sia giusto così. Ti sto mostrando come saremmo finiti stando insieme, dove il nostro amore c'avrebbe portato; siamo due esseri autodistruttivi, ci piace star male e forse, ce ne saremmo fatti più del necessario.
Non nego il mio profondo e sincero amore per te, ti ho amato come non ho mai fatto prima, e mi hai regalato una gioia e una pace che non pensavo di poter provare.
Ma la gioia è effimera, mon amour, e la spensieratezza è solo un'evasione momentanea.
Non starò qui a spiegarti il perchè del mio gesto, non capiresti; non capiresti neanche se te lo spiegassi. Tuttavia, se lo facessi, sprecheresti questi anni a pensarci, e allora non sarei neanche riuscito a donarti la pace che meriti.
Senza di me, tu vivrai, anche meglio di quanto tu stia facendo adesso.
Promettimi solo che ti prenderai cura di Paulette, anche se so già che non potrai mai farlo come vuole lei.
Inoltre, promettimi che amerai ancora.
Egoisticamente, anche adesso, vorrei dirti di rimanere per sempre legato al mio ricordo,di non smettere mai d'amarmi.
Ma questo non era il nostro destino, amore mio, non lo è mai stato. Forse, in un futuro, le nostre anime si incontreranno di nuovo; per allora, spero di ricordarmi il tuo profumo e la bellezza dei tuoi occhi, e spero che tu mi abbia perdonato per averti lasciato qui, per non averti chiesto di venir giù con me.
So bene che avresti voluto, i nostri corpi non sono fatti per vivere separati, ma con che coraggio ti avrei guardato nel momento prima di morire?
Ci incontreremo di nuovo, non so quando, o sotto quale cielo, non so con che forma.. ma accadrà.



Ti amerò per sempre,
Yves.


E Alain finalmente non piangeva più, perchè adesso capiva, capiva davvero. E nell'aria si sparse un profumo di orchidea, e lui riuscì quasi a non far caso al fatto che le orchidee piacevano tanto ad Yves.


Rem's corner

Lo so, lo so, sono pessima.
Dovrei aggiornare più spesso le mie long invece di star quì a postare OS, ma questa dovete proprio concedermela.
E' una delle prime storie che la mia mente malata ha partorito, ma non ho mai avuto il coraggio di postarla. Sostanzialmente, accaparravo scuse su scuse, quando ho finalmente capito che " chissene, al massimo non la recensiscono e via ", quindi insomma, eccola qui.
Ho volutamente taciuto sul futuro di questi ragazzi, perchè secondo me è bello che ognuno li immagini in un certo modo; ovviamente, ho le mie idee a tal proposito, e in effetti qualche coraggiosa amica, che ha letto la storia in anteprima, mi ha chiesto di aggiungere qualche capitolo. Voi cosa ne pensate?
Fatemi un po' sapere!
Un bacio,
Rem:)
  
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